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Giunta Regionale. Piano Sanitario Regionale. Seconda Parte.

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Pubblichiamo la seconda parte del PSR 22 – 26. E’ il vero e prorio piano. Pubblicazione integrale, meno i grafici che saranno, per la loro importanza pubblicati separatamente. La prossima pubblicazione riguarderà appunto alcuni grafici esplicativi. (ndr)

SOMMARIO

INTRODUZIONE ……………………………………………………………………………………………………………… 4

L’APPROCCIO METODOLOGICO PER LA STESURA DEL PSR 2022 – 2026 4 IL QUADRO ECONOMICO-FINANZIARIO 6 IL PROFILO DI SALUTE DELLA POPOLAZIONE 8

LE SEI STRATEGIE ………………………………………………………………………………………………………….. 15

LE DODICI PRIORITÀ………………………………………………………………………………………………………. 18

3.1: LA GOVERNANCE DEL SISTEMA 18

3.1.1. LA GESTIONE DEL CAMBIAMENTO PER BILANCIARE ORDINARIO E COVID-19………………………… 18 3.1.2. L’ARTICOLAZIONE ORGANIZZATIVA PER GESTIRE I PROGETTI ……………………………………………… 24 3.1.3. IL MODELLO DI GOVERNANCE…………………………………………………………………………………………. 26 3.1.4. L’ACCREDITAMENTO ISTITUZIONALE ……………………………………………………………………………….. 29

3.2: SERVIZI PIÙ VICINI AI BISOGNI DEL CITTADINO 31

3.2.1. LA RIORGANIZZAZIONE DELL’ASSISTENZA TERRITORIALE……………………………………………………. 32 3.2.2 LA REVISIONE DELLE RETI DI PATOLOGIA…………………………………………………………………………… 43 3.2.3. LA MEDICINA DI INIZIATIVA TERRITORIALE ……………………………………………………………………….. 51 3.2.4. LA PREVENZIONE E PROMOZIONE DELLA SALUTE ……………………………………………………………… 54 3.2.5. L’IMPORTANZA DELL’ASSISTENZA NEL FINE VITA ………………………………………………………………. 59

3.3: RICERCA E SVILUPPO PER L’EVOLUZIONE DEL SSR 61

3.3.1. LA RICERCA E LA SPECIALIZZAZIONE NEL SSR UMBRO ………………………………………………………… 61

3.3.2. VERSO UN ECOSISTEMA DI SERVIZI DI SANITÀ DIGITALE …………………………………………………….. 65

3.4: INTEGRAZIONE SOCIO SANITARIA 78

3.4.1. LA RIFORMA PER DARE CENTRALITÀ AI BISOGNI DEL CITTADINO ………………………………………… 78

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4.MONITORAGGIO E VALUTAZIONE DEL PIANO ………………………………………………………………………… 81 5.VANTAGGI PER IL CITTADINO………………………………………………………………………………………………. 83

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  1. INTRODUZIONE
    L’APPROCCIO METODOLOGICO PER LA STESURA DEL PSR 2022 – 2026

L’ultimo Piano Sanitario Regionale dell’Umbria (PSR) 2009-2011, è stato approvato con DGR 28 aprile 2009 n. 298, da oltre un decennio. Molto è cambiato, da allora, sia a livello normativo che della programmazione nazionale, essendo intervenute numerose norme di settore che hanno modificato profondamente l’assetto di riferimento. La Regione nel tempo ha provveduto ad adeguare la configurazione del Sistema Sanitario Regionale (SSR) in modo coerente con tali mutamenti. Tuttavia, è mancato un documento che, in modo unitario, ridefinisse principi, cornice e modalità organizzative del sistema e anche lo schema del PSR 2019-2021, preadottato dalla Giunta regionale uscente con DGR 8 maggio 2019, n. 635, non assolveva a tale compito. L’insediamento, a fine novembre del 2019, della nuova Giunta regionale ha sostanzialmente coinciso con l’emanazione (31/01/2020) dello stato di emergenza nazionale a causa della pandemia da COVID-19 con conseguente mobilitazione generale dell’Amministrazione regionale, di tutto l’Assessorato e della Direzione Salute e Welfare per gestire una pandemia da cui non si è ancora definitivamente usciti. Tutto ciò non ha comunque impedito di procedere alla stesura del nuovo Piano Sanitario che ha continuato a costituire obiettivo di primaria rilevanza per la politica, ma con una consapevolezza in più: la sanità del dopo COVID non sarebbe stata più la stessa. La crisi sanitaria originata dalla pandemia ha causato a sua volta una grave crisi economica che avrà conseguenze importanti sul benessere presente e futuro delle persone e della società. In particolare, lo shock sanitario causato dall’irruenta circolazione del virus ha messo ancor più in luce le fragilità latenti dei nostri sistemi sanitari ed evidenziato la necessità impellente di inserire la resilienza della sanità fra le dimensioni chiave di valutazione della performance dei sistemi sanitari, alla stregua dell’accessibilità, della qualità delle cure e dell’efficienza.

L’avvenuto avvicendamento politico, realizzato con l’inizio della XI legislatura, ha determinato la necessità, da parte della nuova Giunta, di avere contezza della situazione esistente: con il Libro Bianco Sanità e Sociale 2019, l’Assessorato alla Salute e Politiche Sociali della Regione Umbria ha voluto realizzare un documento di analisi dello stato del sistema sanitario e sociale al 31.12.2019, finalizzato a disporre di una “fotografia” dell’esistente, analizzare le relative criticità e fissare il primo step da cui prendere le mosse per la stesura del nuovo PSR. Il percorso per la definizione delle azioni di programmazione a medio-lungo termine e dell’elaborazione delle strategie da adottare è partito

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da un’attenta analisi di tali criticità e dalla identificazione di grandi temi che sono poi stati sottoposti ad esperti, individuati per specifiche competenze in ciascuna materia, allo scopo di sviluppare soluzioni e scelte percorribili e/o suggerite, alla luce della normativa nazionale di riferimento.
È stato così possibile definire le strategie e le priorità d’intervento del nuovo Piano Sanitario Regionale 2022 – 2026, condividendole con l’organo politico e con alcuni stakeholders (DGR 26 febbraio 2021, n.134). La fase di progettazione del percorso si è conclusa con l’individuazione della struttura organizzativa deputata alla stesura del PSR e alla definizione della tempistica prevista per la sua realizzazione. Pur nella consapevolezza che il contesto attuale è caratterizzato dal potenziale mutamento delle variabili di riferimento (modifica del DM 70/2015, relativo alla “definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all’assistenza ospedaliera” e l’ipotesi allo studio di modelli e standard anche per lo sviluppo dell’assistenza territoriale nel SSN), occorre procedere e completare la redazione del PSR in base alla cornice di riferimento attualmente delineata, salvo eventualmente apportare correttivi all’impostazione iniziale nel caso dell’emanazione di disposizioni incompatibili con le linee strategiche definite. Lo schema di PSR 2021-2025 consta di un testo molto snello rispetto ai precedenti Piani sanitari, con un lasso temporale di vigenza variato, in quanto è stata prevista una validità quinquennale rispetto alla precedente valenza triennale. Tale scelta è stata necessaria per adeguare i tempi di vigenza del nuovo Piano ai tempi di realizzazione dei progetti del nuovo Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Il documento pertanto si configura ad un livello di programmazione sufficientemente alto, da consentire non solo il parallelo sviluppo dei progetti finanziati dal PNRR, ma anche l’adeguamento alla redigenda normativa, sia di revisione del DM 70/2015, sia di definizione di modelli e standard per lo sviluppo dell’assistenza nel territorio.

Per questo alle strategie delineate dal presente Piano, fondamenta del sistema sanitario umbro nel periodo di vigenza, seguirà l’elaborazione di specifiche schede intervento, che, per ogni strategia delineata, specificheranno obiettivi generali, obiettivi specifici, azioni attuative, con relativi target e cronoprogrammi di realizzazione, che saranno oggetto di costante monitoraggio per misurarne il livello di raggiungimento.

Il taglio particolare del nuovo PSR, rispetto a precedenti atti di programmazione sanitaria, fa rilevare inoltre, non certo a volerne sminuire importanza e centralità nel sistema sanitario, l’assenza di riferimenti ad alcune tematiche rilevanti per l’assistenza sanitaria e socio sanitaria, quali gli ambiti della salute mentale, le dipendenze, la salute materno infantile e dell’età evolutiva, gli interventi a

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sostegno delle persone con disabilità, le malattie rare, la medicina di genere, l’assistenza agli immigrati e la salute in carcere. Le criticità riportate a tal proposito nel Libro Bianco sono oggetto di attenta analisi ed approfondimento e le specifiche strategie da mettere in campo al fine di superarle saranno definite in successivi e specifici documenti di programmazione – corredati da apposite schede intervento – che troveranno nei nuovi assetti dell’organizzazione territoriale il principale presupposto di realizzazione.

Per delineare la cornice di riferimento del nuovo Piano Sanitario occorre fare riferimento a due aspetti fondamentali:

  • −  il quadro economico-finanziario;
  • −  il profilo di salute della popolazione.

IL QUADRO ECONOMICO-FINANZIARIO

Il livello del fabbisogno nazionale standard determina il finanziamento complessivo della sanità cui concorre lo Stato ed è definito in coerenza con il quadro macroeconomico complessivo e nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica e degli obblighi assunti dall’Italia in sede comunitaria. Pertanto, si tratta di un livello programmato che costituisce il valore di risorse che lo Stato è nelle condizioni di destinare al Servizio Sanitario Nazionale per l’erogazione dei livelli essenziali di assistenza (LEA, definiti da ultimo DPCM 12 gennaio 2017).

Per quanto riguarda i criteri con i quali il fabbisogno sanitario standard nazionale viene ripartito tra le Regioni, ad oggi quello prevalente è la numerosità della popolazione di cui viene valutato – anche se parzialmente – il consumo di prestazioni sanitarie in relazione alle diverse fasce di età. La composizione del finanziamento del SSN è evidenziata nei cosiddetti “riparti” (assegnazione del fabbisogno alle singole Regioni ed individuazione delle fonti di finanziamento) proposti dal Ministero della Salute sui quali si raggiunge un’intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni e che sono poi recepiti con propria delibera dal Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile- CIPESS.

A livello regionale il fabbisogno sanitario standard, si traduce nel volume complessivo delle risorse che alimenta il Fondo Sanitario Regionale distribuito in favore delle Aziende Sanitarie regionali che lo impiegano per garantire ai cittadini l’erogazione delle prestazioni di loro competenza, previste dai Livelli essenziali di assistenza.

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A partire dal 2016 le risorse che annualmente la legge di stabilità, ora di “Bilancio dello Stato” destina alla copertura del cosiddetto “fabbisogno sanitario standard” hanno ripreso un ritmo di crescita, a valenza pluriennale.
La Legge 30 dicembre 2021, n. 234 (legge di Bilancio 2022) incrementa il Fondo Sanitario nazionale di 2 miliardi l’anno per i prossimi tre anni, in particolare il comma 258 fissa il livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato in 124.061 milioni di euro per l’anno 2022, in 126.061 milioni di euro per l’anno 2023 e in 128.061 milioni di euro a decorrere dall’anno 2024.

E’ da rilevare tuttavia che, a fronte di tale incremento, le Regioni e le Province autonome devono garantire, a titolo di esempio, anche tutte le attività connesse al piano strategico-operativo nazionale di preparazione e risposta a una pandemia influenzale 2021-2023 (PANFLU), la proroga dei rapporti di lavoro flessibile e eventuale stabilizzazione del personale e ancora, il potenziamento dell’assistenza territoriale e la gestione delle liste e dei tempi di attesa quale attività finalizzata ad assicurare al cittadino la miglior performance possibile nell’erogazione delle prestazioni sanitarie e socio-sanitarie. Quest’ultimo aspetto, ritenuto prioritario, aveva già determinato l’elaborazione del Piano di Recupero per le Liste d’attesa, trasmesso al Ministero della Salute tramite il sistema documentale SiVeAS con prot. n.12 del 24.02.2022,

L’art. 1, commi 276-279 della Legge di bilancio 2022, al fine di garantire la piena attuazione del Piano Operativo per i recuperi delle liste di attesa, ha stabilito che le disposizioni previste dall’articolo 26, commi 1 e 2, del decreto legge 25 maggio 2021, n. 73, siano prorogate fino al 31 dicembre 2022.
In ragione di ciò la Regione Umbria con DGR 347 del 13/04/2022 ha adottato il “Piano di Recupero per le Liste d’attesa rimodulato ai sensi della vigente normativa”, già trasmesso al Ministero tramite il sistema documentale SiVeAS con prot. n. 12 del 24.02.2022,

È del tutto evidente inoltre, come il quadro economico-finanziario attuale e previsionale dei prossimi anni sia inevitabilmente condizionato dalle sfide che il sistema sanitario dovrà affrontare in seguito alla Pandemia, anche in previsione della fase inter pandemica.
Sulla base di tale quadro nazionale il SSR umbro conferma l’obiettivo di operare su più fronti che consentano, anche negli anni futuri, di utilizzare efficacemente le risorse, contestualmente ad un importante processo di razionalizzazione e soprattutto riqualificazione della spesa sanitaria. L’efficientamento della spesa avverrà attraverso la razionalizzazione/centralizzazione dei processi di acquisizione di beni e servizi, la riorganizzazione dei processi, l’efficientamento delle politiche

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assunzionali, mantenendo un continuo presidio e coordinamento delle Aziende Sanitarie, nell’attuazione delle misure necessarie per assicurare il rispetto della programmazione economico- finanziaria regionale ed un processo continuo di digitalizzazione.
Coerentemente con le azioni e gli interventi complessivi previsti per i prossimi anni, sia in termini di attuazione del PNRR che delle politiche socio-sanitarie da mettere in campo, anche il sistema di finanziamento delle Aziende Sanitarie regionali dovrà essere adeguato al fine di valorizzare e rafforzare le specificità del territorio e al contempo ripensare alle funzioni esercitate dalle aziende ospedaliere della Regione verso un sistema che valorizzi le singole prestazioni prodotte.

IL PROFILO DI SALUTE DELLA POPOLAZIONE

Il contesto demografico e socioeconomico

L’analisi del contesto demografico e socio economico, insieme ai dati epidemiologici relativi allo stato di salute dei cittadini umbri, che di seguito verranno sinteticamente esposti, hanno costituito elemento di valutazione per l’elaborazione del Nuovo Piano Regionale della Prevenzione 2020-2025, cui è dedicata ampia disamina nel paragrafo 3.2.4., dedicato alla Prevenzione e Promozione della salute.

In Umbria la popolazione è in costante calo dal 2013 per lo squilibrio legato a dinamiche demografiche deboli sul versante del ricambio della popolazione. Nel 2020 la pandemia da SARS CoV-2 ha accentuato tali dinamiche: dal 01/01/2020 al 01/01/2021 la popolazione umbra è passata da 870.165 a 865.013 abitanti, con un decremento di 5.9 x 1000 residenti. La distribuzione della popolazione, inoltre, è disomogenea all’interno del territorio regionale, con zone ad alta densità demografica (distretto del Perugino) e zone dove la popolazione è molto più ripartita (distretto della Valnerina). Costante è anche l’invecchiamento della popolazione umbra: nel 2020 la popolazione anziana rappresentava il 26,2%, rispetto al dato nazionale del 23,5%. Percentuale, in costante aumento, che colloca l’Umbria tra le regioni più anziane d’Italia. Anche la distribuzione di tale popolazione presenta una ampia variabilità di allocazione nel territorio regionale, andando dal 23.9% del distretto dell’Assisano, fino a raggiungere la sua maggior concentrazione nel distretto dell’Orvietano con il 29.9%. Relativamente alla popolazione straniera, essa è pari al 10,6% della popolazione umbra, rispetto all’8,5% della media nazionale. Nella popolazione 6-10 anni, la

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componente straniera rappresenta in entrambi i sessi il 14% dei residenti. Anche tale popolazione si distribuisce nel territorio regionale in maniera disomogenea, dal 7.1% del distretto dell’Alto Chiascio, all’ 11.9% del distretto del Perugino.
Il livello dell’istruzione in Umbria, tra il 2011 ed il 2019, è migliorato, in linea con quanto si registra a livello nazionale. La percentuale di persone con un titolo di studio secondario o superiore è il 54,1% della popolazione.

Il tasso di disoccupazione è in calo dal 2017 rimanendo comunque più alto nelle donne.
Il reddito familiare medio è superiore a quello medio nazionale ed a quello stimato per il complesso delle regioni del centro. La concentrazione dei redditi è minore rispetto al resto del paese. Anche in Umbria si rileva il progressivo assottigliamento delle dimensioni familiari: dal 2014 al 2019 il numero delle famiglie aumenta, ma il numero medio di componenti diminuisce (2,24).

Lo stato di salute

In Umbria, la speranza di vita alla nascita e a 65 anni si mantengono superiori rispetto alla media italiana, anche se nel 2020, come nel resto del paese, c’è stato un calo rispetto al 2019 a seguito della pandemia. Tra le cause principali di morte nel periodo 2012 – 2018 si osservano le malattie del sistema cardiocircolatorio, seguite dalle demenze e dai tumori maligni del polmone, che rappresentano la causa di morte oncologica più frequente e la quarta causa per numero di decessi in assoluto nel genere maschile. I tumori maligni del seno rappresentano la causa di morte oncologica più frequente e la settima causa per numero di decessi in assoluto nel genere femminile. Nello stesso periodo sono aumentate le malattie croniche respiratorie, le malattie infettive e parassitarie, che hanno superato i tumori del pancreas ed i tumori maligni dello stomaco. Sono in aumento anche i decessi causati da influenza e polmonite. L’Umbria, in entrambe le province, è una delle regioni con la mortalità evitabile più bassa, soprattutto per i maschi, sia per la frazione legata alla prevenzione, che quella legata al trattamento. Le malattie cardiovascolari rappresentano la causa più frequente di mortalità. Tra i 18-69 anni, quasi 4 persone su 10 hanno almeno 3 dei fattori di rischio cardiovascolare e solo una piccolissima quota (meno del 3%) risulta del tutto libera dall’esposizione al rischio cardiovascolare noto.

La prevalenza di ipertensione arteriosa è circa il 21% tra i 18 e i 69 anni, mentre quella del diabete è intorno al 5%; entrambi i fattori di rischio sono più frequenti tra gli uomini, tra le classi socialmente più svantaggiate per istruzione o per difficoltà economiche, tra i cittadini italiani e in coloro che sono

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in eccesso ponderale. In Umbria si registrano, per il 2019, circa 6.400 nuove diagnosi di tumore maligno. Le sedi più frequenti nei maschi sono prostata, polmone, colon-retto; nelle donne mammella, colon-retto, polmone. Si assiste, negli uomini, ad un notevole calo, tra i più consistenti a livello nazionale, dell’incidenza dei tumori del colon-retto dovuto, molto probabilmente, all’introduzione dello screening a livello regionale. Viceversa, nelle donne, si osserva un trend in aumento per incidenza e mortalità per il tumore del polmone particolarmente significativo nella nostra regione.

Infortuni

Nel 2019 sono state registrate 10.613 denunce di infortuni sul lavoro, 223 in più del 2018, ma comunque del 37% in meno rispetto al 2010, contro un decremento a livello nazionale di circa il 26%. Nel 2020 si sono registrate 8.003 denunce con un calo del 24% rispetto all’anno precedente. I settori più colpiti sono industria e servizi (70%), dipendenti delle Amministrazioni dello Stato (20%) e agricoltura (10%). Il 14% di tutti gli infortuni hanno causato menomazioni permanenti o il decesso dell’infortunato. L’indicatore “tasso standardizzato di infortunio ogni 1.000 occupati” pone l’Umbria al 3° posto della graduatoria (19 infortuni ogni 1.000 addetti), configurandosi come una delle regioni in cui tale indicatore è più elevato anche se l’indice di gravità (% di infortuni con postumi permanenti e mortali sul totale degli infortuni accaduti), pari al 19%, pone l’Umbria al 12° posto in graduatoria. Dei fenomeni infortunistici, l’edilizia rappresenta uno dei comparti più a rischio e contribuisce per circa il 20% al numero di infortuni mortali, collocandosi al secondo posto dopo il settore agricoltura (circa il 30%). Quest’ultimo è stato sempre un settore ad elevata rischiosità, anche se la percentuale di infortuni con postumi sembra ridursi negli ultimi tre anni. Per quanto riguarda le malattie professionali si registra un incremento rilevante delle patologie a carico del sistema osteomuscolare e del tessuto connettivo (62%), malattie a carico del sistema nervoso (21%), malattie dell’orecchio (8%) ed infine tumori (3%). Tra i settori in cui si sono registrate denunce di malattie professionali troviamo quello delle costruzioni (16%), dell’agricoltura (12%) e delle attività manifatturiere. Nel 2019 dei 627 lavoratori a cui è stata riconosciuta una patologia professionale, 608 hanno avuto il riconoscimento di menomazione permanente e 9 di esito mortale. Rispetto al 2018 nel 2019 diminuiscono, in modo più consistente che nel resto del paese, sia gli incidenti stradali che i feriti, ma nel contempo aumenta il numero delle vittime della strada del 6,3%, a fronte di un calo in Italia del 4,8%. Dal 2008 si osserva una riduzione, seppur non significativa, delle persone che hanno

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guidato sotto effetto dell’alcol. Comportamento riferito più spesso dagli uomini, dai 25-34enni e da coloro che hanno un maggior livello di istruzione. L’utilizzo dei dispositivi di sicurezza individuale è andato nel tempo aumentando, anche se in modo meno rilevante tra le persone più svantaggiate, per istruzione e/o per reddito. Gli incidenti domestici in Umbria presentano un trend in lieve flessione, ma sostanzialmente stabile negli ultimi 5 anni. La percezione del rischio di infortunio in ambito domestico è scarsa, al di sotto del dato medio nazionale. La frequenza delle cadute aumenta con l’età e non presenta differenze di genere, risultando comunque maggiore fra le persone con difficoltà economiche. L’indice di salute mentale in Umbria è in crescita negli ultimi anni rimanendo, tuttavia, costantemente sotto la media italiana e tra i valori più bassi a livello nazionale. Circa l’8% degli adulti di età 18-69 anni riferisce sintomi depressivi, valori tra i più elevati a livello nazionale, anche se nel tempo (dal 2012) si osserva una chiara tendenza alla riduzione di tale indice. Sono più colpiti gli anziani, le donne, le persone socialmente più svantaggiate, chi non possiede un lavoro regolare, chi riferisce almeno una diagnosi di patologia cronica e chi vive da solo. Conseguentemente il consumo di farmaci antidepressivi risulta tra i più elevati a livello nazionale. Per quanto riguarda la salute materno-infantile in Umbria il maggior rischio di controlli tardivi (prima visita effettuata oltre l’undicesima settimana di gestazione) è associato alla giovane età (< 20 anni), all’essere straniera o con scolarità medio-bassa. Sotto la media nazionale la percentuale di parti con taglio cesareo (22,1%). In netta riduzione negli ultimi anni, e al di sotto dei valori medi nazionali, risulta, in Umbria, il consumo di antibiotici.

I fattori di rischio comportamentali

Obesità e sovrappeso

In Umbria, l’eccesso ponderale riguarda 1 bambino su 3, 2 adulti su 5 e 3 anziani su 5.
L’analisi dei trend mostra una leggera diminuzione dell’obesità nei bambini e una stabilità della quota di persone adulte in eccesso ponderale. Il consumo di frutta e verdura risulta costante nel tempo. Per quanto riguarda il sovrappeso, ad essere più esposti al fattore di rischio sono gli uomini di 65-74 anni. Le disuguaglianze incidono per le donne in tutte le classi di età, soprattutto per quelle nella fascia 30-44 anni. Eliminando le disuguaglianze il rischio di mortalità per il fattore sovrappeso si ridurrebbe per le donne di 55-64 anni del 2,3% e per le donne di 65-74 anni del 2,4%.

Attività fisica

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La popolazione umbra è in maggior misura attiva o parzialmente attiva; la percentuale di sedentari tra i 18-69enni risulta significativamente inferiore rispetto al dato medio nazionale. La sedentarietà è più frequente nelle donne e tra le persone svantaggiate per condizione economica o istruzione. Le disuguaglianze incidono maggiormente per le donne nelle classi di età 45-54 e 65-74 e per gli uomini nelle classi 45-54 e 55-64 anni. Eliminando le disuguaglianze il rischio di mortalità per il fattore sedentarietà si ridurrebbe per gli uomini di 45-54 anni del 6,8% e per le donne di 45-54 anni del 5,9%. L’Umbria conferma valori migliori rispetto a quelli medi nazionali, nonostante sia ancora troppo bassa l’attenzione degli operatori sanitari al problema della scarsa attività fisica, anche nei confronti di persone in eccesso ponderale o con patologie croniche.

Fumo e alcol

La nostra regione presenta la più alta prevalenza di fumatori: tra i 18-69 anni, infatti, circa 1 su 4 è fumatore, con un trend stabile e comunque in controtendenza rispetto al dato nazionale in costante diminuzione. La percezione del rispetto del divieto di fumo nei locali pubblici e nei luoghi di lavoro e la percentuale di case “libere da fumo” sono sotto la media italiana. Per quanto riguarda l’abitudine al fumo, ad essere più esposti al fattore di rischio risultano gli uomini di 30-44 e 45-54 anni. Le disuguaglianze incidono soprattutto per le donne nella classe di età 30-44, per gli uomini maggiormente nella classe di età 65-74, ma significativamente anche in quelle 45-54 e 30-44 anni. Eliminando le disuguaglianze il rischio di mortalità per il fattore abitudine al fumo si ridurrebbe per gli uomini di 30-44 anni del 6,8% e per quelli di 45-54 anni del 7,8%.

Il consumo di alcol a maggior rischio e il consumo binge sono in Umbria più alti della media nazionale. Molto bassa è l’attenzione degli operatori verso tale problema. Sia l’abitudine al fumo che il consumo di alcol sono più diffusi tra i giovani, gli uomini e le persone con istruzione media.

I programmi di popolazione

Per quanto riguarda le vaccinazioni, l’Umbria ha sempre registrato, nel corso degli ultimi anni, coperture vaccinali al di sopra della media nazionale. Le coperture relative alla vaccinazione anti HPV, sia nei maschi, sia nelle femmine, sono anch’esse sopra la media del paese. Inoltre, sono state introdotte nel calendario vaccinale, la vaccinazione contro l’Herpes Zoster nei sessantacinquenni e nelle categorie a rischio previste dal Piano Nazionale Prevenzione Vaccinale, la vaccinazione anti HPV alle ragazze di 25 anni, non vaccinate in precedenza, in occasione della prima chiamata per lo

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screening del tumore del collo dell’utero e l’offerta attiva e gratuita del vaccino anti HPV alle donne con storia documentata di lesioni da HPV recentemente trattate. I dati sulla vaccinazione antinfluenzale mostrano, nella campagna vaccinale 2020-2021, coperture decisamente migliori di quelli del periodo precedente e decisamente superiori alla media nazionale. Le coperture dei tre screening (screening mammografico, tumore alla cervice uterina e colon retto) si confermano tra le più alte in Italia, con un andamento stabile nel tempo. Tuttavia, anche se gli screening in Umbria hanno resistito molto bene all’impatto dell’epidemia, occorre recuperare il lieve calo nell’adesione per lo screening cervicale e per quello del colon-retto.

La sicurezza alimentare

L’attività di controllo in tema di sicurezza alimentare si sviluppa nell’ambito del Piano di Controllo pluriennale della Regione Umbria che prevede indagini utili ai fini della prevenzione delle tossinfezioni alimentari. Nello specifico sono contemplati:

  • −  controllo microbiologico dei parametri di Sicurezza alimentare (le positività riscontrate hanno confermato che Salmonella spp. rimane tra i pericoli microbiologici maggiormente significativi, seguita da Listeria Monocytogenesis);
  • −  controllo della presenza di parassiti nei pesci d’acqua dolce (parassiti incistati nelle carni dei pesci d’acqua dolce possono rappresentare causa di zoonosi);
  • −  ricerca di allergeni negli alimenti (nello svolgimento del Piano sono stati presi in considerazione la presenza di sostanze allergeniche negli alimenti e le non conformità registrate sono risultate quasi esclusivamente presenza di soia non dichiarata in etichetta);
  • −  controllo sui residui di prodotti fitosanitari in alimenti di origine vegetale e di residui di antiparassitari in alimenti di origine vegetale e animale (in generale la situazione registrata può far pensare ad un livello di rischio estremamente basso);
  • −  ricerca di micotossine negli alimenti (nessuna non conformità negli ultimi anni).
    Il sistema dei controlli sulla filiera alimentare è molto complesso sia a livello nazionale che nei diversi territori regionali. Da considerare, altresì, la numerosità degli Enti coinvolti nell’effettuazione dei controlli che determina spesso sovrapposizione tra le varie autorità di controllo, con conseguente disomogeneità nell’approccio e differenze anche sostanziali negli esiti. Bisogna comunque ricordare che l’obiettivo fondamentale è prevenire, eliminare o ridurre a livelli accettabili i rischi per gli esseri umani e gli animali, sia nel caso di rischi diretti, che in quelli veicolati dall’ambiente. Per questa

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possono essere raggiunte tramite formazione continua degli operatori sanitari.

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  1. LE SEI STRATEGIE

L’approccio metodologico descritto nel capitolo precedente ha portato alla definizione di sei strategie, principi cardine del presente Piano. Tali strategie dovranno essere applicate in maniera modulare, in funzione del contenuto dell’argomento trattato, nell’attuazione di ognuna delle dodici priorità di intervento descritte nel capitolo successivo.

Le sei strategie si sostanziano in:

  1. COVID-19 LA SFIDA: l’emergenza sanitaria da Covid-19 ha sottoposto a dura prova l’intero sistema sanitario, sia nazionale che regionale, e se da un lato ha messo in luce tutte le criticità e fragilità del sistema, dall’altro è stata un’opportunità per rafforzare la collaborazione tra i vari livelli di assistenza sanitaria ospedaliera e territoriale. In questa situazione sono stati sviluppati modelli organizzativi innovativi, consistenti nella rapida riallocazione delle risorse in funzione delle priorità (es. posti letto ed organico negli stabilimenti ospedalieri), nell’attuazione di diverse modalità di programmazione (es. campagna vaccinale), nell’utilizzo della tecnologia per lo sviluppo dei servizi di sanità digitale (es. televisite e telemonitoraggi), nell’analisi ed interpretazione dei dati epidemiologici al fine di operare scelte efficaci e previsionali, nello sviluppo di azioni volte al contenimento del contagio (contact tracing, Drive-through), in nuove modalità di lavoro agile (smart working) e gestione delle emergenze a seconda della complessità del momento. La sfida che si pone il SSR umbro nel periodo di validità del Piano è proprio questa: applicare all’attività ordinaria le best practice acquisite nel periodo emergenziale per il contrasto della pandemia.
  2. INTEGRAZIONE: è la nuova parola d’ordine per aderire ai bisogni del cittadino, ovvero un sistema integrato di politiche di promozione della salute in nome dell’approccio One Health, di integrazione professionale tra medicina di base e specialistica, tra assistenza ospedaliera e territoriale, tra sanità e servizi sociali, in modo tale da garantire la riduzione delle disuguaglianze di salute anche e soprattutto per gli individui più disagiati della comunità;
  3. SEMPLIFICAZIONE: occorre facilitare i rapporti tra il cittadino e il SSR attraverso lo snellimento dei processi burocratico-amministrativi finalizzandoli ad una maggior chiarezza nelle modalità di richiesta delle prestazioni e dell’assistenza sanitaria, definendo in modo preciso gli interlocutori ed i punti di accesso secondo le diverse necessità dell’utenza,

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introducendo altresì strumenti innovativi di sanità digitale, per un SSR agile, più vicino alle

esigenze della collettività;
4. ASSICURAZIONE: la disomogeneità nelle modalità di accesso, nei tempi di risposta e

nell’erogazione delle prestazioni specialistiche ed assistenziali rilevabile nel territorio regionale, rende necessario un cambio di passo, in linea con i principi fondamentali di universalità, uguaglianza ed equità che caratterizzano il SSN sin dalla sua istituzione, al fine di assicurare al cittadino di potere accedere in maniera equa ad un sistema di servizi di qualità omogenei su tutto il territorio regionale;

  1. ATTENZIONE PER IL PERSONALE: la pandemia da covid-19 ha evidenziato, tra l’altro, come il fattore umano sia elemento fondamentale per garantire al sistema la possibilità di rispondere ai bisogni dei cittadini; pertanto si rendono necessari interventi volti a valorizzare le competenze per la crescita del personale sanitario, considerando le soft skills, promuovendo un clima di benessere organizzativo, investendo in maniera massiccia sul rafforzamento dell’organico dei luoghi di cura, sia in termini numerici che di qualità professionale, di qualità del rapporto di lavoro, nonché sulla formazione, facendo sì che il SSR umbro diventi un polo attrattivo per le eccellenze professionali, invertendo il trend degli ultimi anni;
  2. SANITÀ A MISURA DEL CITTADINO: garantire una sanità a misura del cittadino significa definire un’organizzazione sanitaria regionale più vicina alle sue esigenze, meno burocratica, più efficace ed efficiente. Ciò vuol dire assicurare prestazioni appropriate, con l’impiego della congrua quantità di risorse, con particolare riferimento ai diversi setting assistenziali ed ai professionisti coinvolti con il fine di pervenire al miglior rapporto costi – benefici, e non aumentare la quantità o i punti di erogazione dei servizi.

Ne costituiscono corollario/fondamento la qualità delle prestazioni, la sicurezza delle cure e l’equità di accesso ai servizi da parte dei cittadini. Tali benefici saranno realizzabili attraverso il recupero del ruolo centrale della medicina di base, di azioni di promozione della salute e stili di vita sani, implementando le modalità di presa in carico del paziente cronico, come elemento di sviluppo della medicina di iniziativa, con l’applicazione di un approccio proattivo del sistema verso i più fragili e la progressiva transizione digitale di alcuni servizi di assistenza sanitaria.

Figura 2.1 Le sei strategie

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  1. LE DODICI PRIORITÀ
    3.1: LA GOVERNANCE DEL SISTEMA
    3.1.1. LA GESTIONE DEL CAMBIAMENTO PER BILANCIARE ORDINARIO E COVID-19

Nonostante il Servizio Sanitario Nazionale del nostro paese continui ad occupare le posizioni più alte nelle classifiche internazionali della sanità, nel tempo è stato progressivamente indebolito da provvedimenti di contrazione della spesa dedicata, dalla sempre più preoccupante carenza di personale medico ed infermieristico e da una frammentazione che, di fatto, ha creato un’Italia dai sistemi sanitari “a macchia di leopardo” diversamente performanti, tali da non garantire ai cittadini un grado di assistenza omogenea.

Queste criticità sono state evidenziate, in modo ancor più marcato, dalla pandemia da COVID-19. Ciò ha richiesto, non solo al nostro paese, uno sforzo economico senza precedenti per fronteggiare e scongiurare il dilagare della pandemia ed ha comportato, da un lato il ricorso all’inserimento massiccio di operatori sanitari, dall’altro l’avocazione straordinaria, a livello centrale, di interventi sottratti alla disponibilità regionale, per far sì che la protezione dei cittadini italiani, a fronte di un evento eccezionale, fosse garantita in modo unitario ed uniforme sul territorio nazionale. La pandemia da COVID-19 ha confermato quindi l’universalità del valore della salute, la sua natura di bene pubblico fondamentale e la rilevanza macroeconomica dei servizi sanitari pubblici, mettendo in luce un’inaspettata resilienza dei Servizi Sanitari con l’introduzione di alcuni processi di cambiamento irrealizzabili in condizioni di normalità. Nella prima fase pandemica si è reso necessario, per contenere la circolazione del virus, ridimensionare l’offerta di alcuni servizi assistenziali, soprattutto relativi all’attività di elezione. Con l’avanzamento della campagna vaccinale ed il superamento dei momenti più drammatici, sia in termini di vite umane perse che di ospedalizzazioni, è stato possibile prevedere nuovi modelli organizzativi, con adeguato utilizzo delle tecnologie più avanzate, facendo affidamento su nuove modalità di erogazione delle prestazioni e delle cure. Tutto ciò, con il fine di allineare i servizi ai bisogni di cura dei pazienti, cercando di coniugare la ripresa delle attività assistenziali ordinarie con la perdurante gestione della pandemia. Nel contempo il COVID ha reso ancora più evidenti alcuni aspetti critici di natura strutturale, che in prospettiva potrebbero essere aggravati dall’accresciuta domanda di cure derivante dalle tendenze demografiche, epidemiologiche e sociali in atto, quali il progressivo invecchiamento della

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popolazione che da tempo impone un ripensamento della clinical governance. La pandemia, superando inerzie storiche, ha determinato la necessità di rivedere rapidamente i modelli organizzativi, con la rivalutazione dell’assistenza sul territorio e la relazione tra questa e l’assistenza ospedaliera. È quindi indispensabile capitalizzare l’esperienza maturata nel periodo emergenziale, trasformando la criticità in una fonte di expertise, che consenta una più efficace presa in carico dei bisogni con un utilizzo più appropriato delle risorse.

A tal fine, a partire dall’utilizzo dei finanziamenti messi a disposizione per garantire la “ricostruzione” post pandemia, sarà necessario che la programmazione regionale ed aziendale siano improntate su nuovi modelli organizzativi che, mutuando da tali esperienze, consentano la contestuale gestione dell’attività ordinaria con la gestione di eventuali emergenze, attraverso un’adeguata revisione dei processi e della conseguente corretta allocazione delle risorse.

Pertanto, ad un maggiore trasferimento di risorse per il potenziamento dell’assistenza sul territorio, che sarà adeguatamente sviluppato nel capitolo dedicato, dovrà corrispondere la ridefinizione della vocazione delle strutture ospedaliere, con conseguente riorganizzazione ed ammodernamento delle stesse attraverso il ricorso a strumenti di diversa natura come i cambiamenti di destinazioni d’uso, accorpamenti e disattivazioni di strutture esistenti, interventi di ammodernamento di strutture obsolete, dismissione di vecchi complessi ospedalieri e/o loro ricostruzione ex novo in siti più idonei, in modo coerente con quanto previsto dalla nuova programmazione delle reti ospedaliere e territoriali. Inoltre, la valorizzazione e la gestione di tali patrimoni immobiliari diventano significativamente più efficaci se inquadrati nell’ambito di più vasti processi di concertazione istituzionale mediante l’adozione di modelli operativi che coinvolgono tutti coloro che hanno specifici obiettivi da perseguire in relazione a determinate azioni, attraverso l’impiego di strumenti e procedure che, di volta in volta, verranno individuati come più idonei rispetto alle specifiche condizioni di contesto. L’impiego dei fondi relativi all’ex art. 20 della L. 67/1988, cui si sono aggiunti altri fondi nazionali relativi a specifiche politiche di settore, nonché i fondi messi a disposizione durante il periodo emergenziale per il riordino della rete ospedaliera, integrati da quelli regionali, sta consentendo di attuare un vasto programma di ammodernamento e qualificazione volto all’integrale rinnovo della rete ospedaliera regionale. A ciò vanno aggiunte le linee di finanziamento provenienti dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza con disponibilità per le Regione Umbria delle risorse che verranno impiegate per la valorizzazione/riqualificazione delle strutture deputate

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Piano Sanitario Regionale 2022 – 2026 Umbria, la Salute al Centro all’erogazione dell’assistenza sanitaria attraverso investimenti mirati, con particolare attenzione

all’adeguamento alla normativa antincendio ed alla riduzione della vulnerabilità sismica.

Tab. 3.1.1 risorse previste a favore della Regione Umbria con la nuova programmazione

Tutto ciò rappresenta il presupposto per puntare ad una reingegnerizzazione del sistema assistenziale regionale nelle sue varie declinazioni (assistenza ospedaliera, territoriale, delle cure intermedie e del supporto socioassistenziale), non solo in termini di servizi e responsabilità, ma con una nuova visione finalizzata ad evidenziare i diversi percorsi degli utenti in relazione alle principali tipologie di bisogni/domande a cui i servizi della salute devono e dovranno rispondere. Questa nuova visione avrà come presupposto ineludibile la costituzione di un sistema integrato dei servizi sanitari e sociosanitari in grado di rispondere alle domande di salute attraverso il coinvolgimento “in rete” di tutti i livelli (One Health).

A tal fine, come già accennato, saranno strategiche le risorse messe a disposizione dalla Commissione europea nell’ambito del Bilancio UE 2021-2027 (per un ammontare pari a 750 miliardi di euro, di cui 390 miliardi a fondo perduto e 360 miliardi di prestiti), con l’introduzione del Recovery Fund (Next Generation EU), come strumento per la ripresa economica post crisi da Covid-19.

Il fondo poggia su 3 pilastri fondamentali:

  1. il primo, volto a sostenere la ripresa dei paesi membri, con l’obiettivo delle Riforme strutturali e dell’EU Green Deal;
  2. il secondo, finalizzato a rilanciare l’economia e sostenere gli investimenti privati, con l’obiettivo della digitalizzazione e sostegno alle imprese;

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Piano Sanitario Regionale 2022 – 2026 Umbria, la Salute al Centro 3. il terzo, per la salute, la sicurezza e la ricerca scientifica traendo insegnamento dalla crisi

pandemica.

All’Italia competeranno 191,5 miliardi di euro, di cui 68,9 a fondo perduto e 122,6 consistenti in prestiti (pari al 64% delle risorse assegnate), oltre ad ulteriori 30,6 miliardi che sono parte di un Fondo complementare, finanziato attraverso lo scostamento pluriennale di bilancio.
Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) è articolato in sei missioni, aree tematiche di intervento (Digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura; Rivoluzione verde e transizione ecologica; Infrastrutture per una mobilità sostenibile; Istruzione e ricerca; Inclusione e coesione; Salute). La sesta missione, Salute, stanzia complessivamente 18,5 miliardi (15,6 miliardi dal Dispositivo per la Ripresa e la Resilienza e 2,9 miliardi dal Fondo), di cui € 106.010.459,95 destinati alla Regione Umbria, secondo quanto stabilito dal DM n. 57 del 20 gennaio 2022, concernente la Ripartizione programmatica delle risorse alle regioni e alle province autonome per i progetti del Piano nazionale di ripresa e resilienza e del Piano per gli investimenti complementari. Il suo obiettivo è rafforzare la prevenzione e i servizi sanitari sul territorio, modernizzare e digitalizzare il sistema sanitario e garantire equità di accesso alle cure. In tale ambito la Regione Umbria ha costituito con DGR n. 1249 del 10 dicembre 2021 una struttura di governance ad hoc deputata all’attuazione degli interventi previsti dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) – Italia Domani e per il raccordo con la Programmazione Europea 2021-2027 e con le ulteriori scelte programmatiche relative ad altre tipologie di finanziamento.

Altra riflessione sollecitata dall’esperienza della gestione della Pandemia da COVID-19 riguarda la disponibilità di risorse umane con particolare riguardo alla formazione degli operatori della sanità e in special modo dei medici, la cui carenza è ormai un dato inconfutabile, ma che nel periodo in considerazione ha toccato livelli di assoluta criticità, tanto da far adottare misure impensabili prima del 2020. La Corte dei Conti nel Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica ha fatto rilevare come l’emergenza sanitaria abbia messo in evidenza, oltre ai punti di forza, le criticità del Servizio sanitario nazionale, attribuibili soprattutto alle scelte operate negli ultimi anni, specie per quanto riguarda le politiche delle risorse umane, una delle voci di spesa di maggior rilievo nei bilanci aziendali. Tra le criticità segnalate in questo ambito si registrano il permanere, per un lungo periodo, di vincoli alla dinamica della spesa per personale e le carenze, specie in alcuni ambiti, di personale specialistico. In effetti i provvedimenti di contrazione della spesa con il blocco del turn-over nelle Regioni in piano di rientro e le misure di contenimento delle assunzioni adottate anche in altre

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Regioni (con il vincolo alla spesa), hanno determinato nell’ultimo decennio una consistente riduzione del personale a tempo indeterminato del SSN, ulteriormente aggravato da alcune finestre previdenziali, quali la c.d. “quota cento”, che ha favorito l’uscita dal lavoro di numerosi sanitari. Nel contempo, il ricorso a personale flessibile ha, solo in parte, compensato questo calo. Va inoltre rilevato che la formazione di personale sanitario, particolarmente per i medici, richiede lunghi periodi e che le politiche di razionalizzazione degli accessi non consentono di sincronizzare la crescente domanda di tali professionisti con un’adeguata offerta. La crisi pandemica ha determinato la necessità di rafforzare alcune misure già messe in atto dal c.d. Decreto Calabria (allentamento dei vincoli di spesa e superamento dell’imbuto formativo). Per fronteggiare l’emergenza, sono state utilizzate procedure straordinarie di reclutamento del personale in deroga alla disciplina vigente per incrementare le risorse umane a disposizione, in particolare, nei settori maggiormente interessati dall’impatto della pandemia (anestesia e rianimazione, pneumologia, malattie infettive ecc.). Ciò ha permesso al Servizio sanitario di contrastare, in modo emergenziale, la crisi epidemiologica in atto fino al termine dello stato di emergenza prevedendo al contempo azioni a lungo termine, quali il reclutamento di medici ed infermieri. Sono stati disposti incentivi ed incarichi di lavoro autonomo e, per garantire l’assistenza in caso di sostituzione del medico di medicina generale, la possibilità di esercitare la professione di medico-chirurgo subito dopo il conseguimento della laurea in Medicina e Chirurgia, previo giudizio di idoneità (cd. laurea abilitante). Inoltre, per far fronte alla carenza di specialisti per l’assistenza per patologie da COVID 19, la normativa nazionale emanata a tutt’oggi per affrontare la pandemia, consente la possibilità di assegnare incarichi presso le strutture sanitarie anche ai medici specializzandi. È quindi evidente che, in tale contesto emergenziale, anche il reclutamento, in particolare nelle strutture ospedaliere con maggior carico di ricoverati per COVID, degli specializzandi di alcune specifiche scuole di specializzazione, potrebbe risultare fondamentale. Poiché alcune di queste specializzazioni non sono presenti presso l’Università degli Studi di Perugia sarà necessario prevedere modifiche e/o integrazioni all’articolo 58 quinquies della LR 11/2015 e ss.mm.ii. al fine di consentire l’attivazione di contratti aggiuntivi a finanziamento regionale presso università di altre Regioni.

Infine, il contesto sanitario e sociosanitario, condizionato dalla pandemia da SARS-COV-2, ha reso ancor più stringente la necessità di una forte integrazione fra Regione, Aziende Sanitarie e Società in house, anche in rapporto alle azioni di supporto formativo, sia nei confronti degli operatori del SSR, che di tutti gli altri soggetti che con esso si interfacciano (enti locali, sociale, scuola, mondo del

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lavoro, ecc.). I vincoli imposti dall’emergenza hanno peraltro comportato una completa riconfigurazione delle attività formative in modalità distance learning, richiedendo a tutti gli attori coinvolti lo sviluppo di nuove competenze e la messa in campo di metodologie didattiche e di apprendimento basate sull’uso di tecnologie ancora molto poco diffuse nelle pratiche formative del SSR e di cui il Sistema potrà continuare ad avvalersi, anche con vantaggi economici. La Regione Umbria ha sempre posto al centro delle sue iniziative, a sostegno della qualità e sicurezza delle cure, la formazione quale fattore strategico necessario per il raggiungimento degli obiettivi previsti dalla programmazione regionale, potendo contare, per tale finalità, sia sulle attività svolte presso le Aziende sanitarie regionali, che su quelle erogate attraverso il Consorzio Scuola Umbra di Amministrazione Pubblica Villa Umbra (S.U.A.P.) in base a quanto previsto dalla LR 23.12.2008, n. 24. Tuttavia, da un lato la crescente necessità di aumentare i livelli di equità ed omogeneità nell’erogazione dei servizi e accesso alle cure da parte dei cittadini, dall’altro la ridondanza e l’autoreferenzialità presente nei piani formativi realizzati a livello aziendale, richiedono un processo di riorganizzazione dell’attività formativa, accentrando le attività didattiche comuni in un unico centro di formazione interaziendale che, pur permettendo ad ogni Azienda di attuare una propria limitata pianificazione didattica a supporto della specificità dei servizi offerti, permetta di realizzare:

  • −  un’uniformità a livello regionale nei contenuti della formazione a supporto delle strategie e delle politiche regionali;
  • −  una razionalizzazione della spesa sanitaria.
    Nel presente Piano, le progettualità del PNRR e la nuova visione dei servizi per la salute basata sul modello “One Health”, modificano in modo significativo l’assetto istituzionale e i modelli organizzativo-assistenziali del nostro Sistema Sanitario, richiedendo una profonda riqualificazione dell’offerta formativa, in grado di sostenere davvero l’innovazione e il cambiamento necessari. In questa direzione deve puntare l’attuazione del Centro Unico di formazione e valorizzazione delle risorse umane già previsto dalla D.G.R. n. 1170/2018.
    Gli obiettivi che tale riqualificazione dovrà perseguire, anche attraverso il Centro Unico, sono:
  • −  rendere nuovamente il SSR umbro un polo attrattivo per le competenze professionali;
  • −  favorire uno scambio continuo tra Università e tutti gli altri Attori coinvolti nel sistema formativo regionale (Aziende, Consorzio SUAP) per garantire un progetto comune di formazione e per dare coerenza, circolarità e sinergia tra formazione di base e formazione

continua delle professioni sanitarie; 23

Piano Sanitario Regionale 2022 – 2026 Umbria, la Salute al Centro

  • −  rendere dialoganti i sistemi di formazione continua con quelli della comunicazione pubblica, della promozione della salute e dell’empowerment del cittadino per allineare le conoscenze e le competenze degli operatori sanitari e i processi di partecipazione dei cittadini, sempre più ritenuti indispensabili co-autori del proprio progetto di salute;
  • −  sviluppare un sistema di governance regionale della formazione in ambito sanitario, che leghi la programmazione, la pianificazione e la progettazione formativa ai bisogni di salute e agli obiettivi e necessità del Sistema Sanitario Regionale;
  • −  definire un sistema omogeneo e strutturato di analisi dei bisogni, di pianificazione, progettazione, individuazione delle metodologie didattiche e degli strumenti di valutazione della formazione più efficaci;
  • −  individuare le migliori strategie formative per lo sviluppo di un sistema di formazione manageriale continuo e innovativo dedicato a tutti i ruoli di responsabilità del SSR;
  • −  implementare un sistema regionale di distance learning e web-based learning e di prodotti formativi web-based in favore di tutto il SSR, anche mediante azioni progettuali sinergiche tra le diverse Società in house, che operano in favore del SSR (Consorzio SUAP e Puntozero s.c.a r.l.).

3.1.2. L’ARTICOLAZIONE ORGANIZZATIVA PER GESTIRE I PROGETTI

L’attuazione dei contenuti del presente Piano Sanitario e la necessità di dare attuazione alle progettualità del PNRR necessitano di definire modalità organizzative idonee ai cambiamenti da introdurre. Risulta pertanto necessario dotarsi di una “gestione dedicata” che possa affiancare la gestione ordinaria e quindi consentire di introdurre quei cambiamenti che portino ai risultati desiderati e possano conseguentemente accompagnare il ridisegno del Sistema Sanitario Regionale. Tale attività sarà diretta e coordinata dalla Direzione Salute e Welfare attraverso meccanismi di monitoraggio e definizione delle responsabilità da parte dei Dirigenti di riferimento con il ruolo di responsabili di progetto. La governance della gestione progetti sarà quindi diretta dalla Direzione Salute e Welfare, con la collaborazione di Puntozero S.c.a r.l., al fine di rendere sinergiche le progettualità del PSR e quelle previste dal PNRR. La gestione dei singoli progetti rappresenta quindi lo strumento manageriale che deve consentire l’introduzione dei cambiamenti caratterizzati dalla

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logica revisionale e non incrementale, evitando che si generino sovrastrutture. La gestione del cambiamento diviene un elemento strategico per l’implementazione del Piano Sanitario e dovrà essere supportata da azioni costanti di monitoraggio e formazione del personale.
L’organizzazione di ogni singolo progetto dovrà prevedere:

  • −  un responsabile di progetto con il compito di rispettare tempi, costi e risultati e potrà essere un Dirigente della Direzione Salute e Welfare o personale delle articolazioni organizzative della Direzione Salute e Welfare;
  • −  un team di supporto al Responsabile di progetto che dovrà gestire la pianificazione e programmazione delle attività di progetto e dei suoi rischi e la comunicazione dello stesso. Tale team potrà essere costituito da personale della Direzione Salute e Welfare, delle Aziende Sanitarie / Aziende Ospedaliere, dell’Università di Perugia e/o delle società in house (Consorzio SUAP e Puntozero s.c.a r.l. , ecc.) in funzione del contenuto del progetto;
  • −  più gruppi di lavoro, in funzione della tipologia e contenuto della progettualità da sviluppare, con il compito di realizzare i cambiamenti necessari per tradurre il progetto in risultati. Anche i gruppi di lavoro, in funzione del contenuto del progetto e del mandato ricevuto, potranno essere costituiti da gruppi multidisciplinari e multiprofessionali, da personale della Direzione Salute e Welfare, delle Aziende Sanitarie / Aziende Ospedaliere, dell’Università di Perugia e/o delle società in house (Consorzio SUAP e Puntozero s.c.a r.l. , ecc.).

Il Responsabile di progetto ha il compito di seguirne periodicamente il monitoraggio e comunicare alla Cabina di Regia lo stato di avanzamento e le eventuali criticità secondo lo schema di cui alla Figura 3.1.2. Questa configurazione consente alla Cabina di Regia di avere il governo e contezza di tutte le progettualità, siano esse inserite nel PNRR, che nel Piano Sanitario

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Figura 3.1.2 Organizzazione della gestione progetti

Sarà pertanto necessario sviluppare azioni mirate di formazione, su temi manageriali, per tutto il periodo di attuazione del Piano Sanitario, per uno sviluppo culturale che possa accompagnare il cambiamento e consolidare le nuove pratiche, siano esse gestionali, che cliniche.

3.1.3. IL MODELLO DI GOVERNANCE

L’attuale assetto istituzionale del SSR è il prodotto di un progressivo accorpamento delle Aziende Sanitarie delineato, da ultimo, ad opera della L.R. n. 18 del 12/11/2012, confluita nel Testo unico in materia di sanità e servizi sociali (L.R. 09/04/2015, n. 11), con cui sono state riunite le preesistenti quattro Aziende territoriali nelle attuali due Aziende Unità Sanitarie Locali (USL Umbria n. 1 e USL Umbria n. 2), mantenendo, nel contempo, le due Aziende Ospedaliere di rilievo nazionale di alta Specialità (Azienda Ospedaliera di Perugia Santa Maria della Misericordia e Azienda Ospedaliera Santa Maria di Terni). Il modello organizzativo delle Aziende Sanitarie regionali è quello

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dipartimentale e nello specifico le due Aziende USL, oltre ai dipartimenti, sono articolate in Distretti e Presidi Ospedalieri. Inoltre, come supporto alle attività per il governo del SSR, vanno ricordate le competenze allocate presso la società in house della Regione Puntozero s.c.a r.l. per ciò che concerne la razionalizzazione e centralizzazione dei processi di acquisizione di beni e servizi, la digitalizzazione e la gestione dei flussi del Sistema informativo sanitario regionale, la cura delle attività per l’erogazione dei servizi preordinati alla tutela della salute e la gestione dell’Osservatorio epidemiologico regionale e presso il Consorzio Scuola Umbra di Amministrazione Pubblica (SUAP) per quanto riguarda le attività formative di interesse regionale rivolte al personale dipendente e convenzionato del Servizio sanitario regionale. In attuazione, infine, al disposto dell’art. 83, comma 2 della L.R. 11/2015, al fine di verificare la sostenibilità economica e amministrativa delle azioni attuative della programmazione regionale, specie nei settori a maggiore impatto economico, con l’obiettivo di assicurare la sostenibilità del SSR coniugata con l’erogazione di servizi assistenziali di qualità alla cittadinanza, è stato recentemente istituito con D.G.R. n. 606 del 30/06/2021 il Comitato Regionale di Valutazione (C.RE.VA), quale organismo interno alla Direzione regionale Salute e Welfare ed a supporto della Giunta Regionale. Il Comitato esercita le sue funzioni rilasciando pareri di coerenza con la programmazione regionale, relativamente alla sostenibilità economico finanziaria ed alla conformità sugli aspetti tecnico sanitari attraverso la metodologia Health Technology Assessment (HTA). L’attuale organizzazione del SSR non risponde più, in maniera adeguata, ai fabbisogni complessi di un territorio caratterizzato principalmente da tre esigenze: prima tra tutte quella di bilanciare, in una Regione dalle ridotte dimensioni, una visione centrale più forte con il rispetto delle tradizioni (peculiarità) locali; la seconda è sicuramente quella di accentrare, nelle sedi congrue, alcune casistiche delle alte specialità, decentrando le prestazioni ordinarie e quelle della presa in carico della cronicità; terza ed ultima esigenza è stabilire maggiori sinergie operative centralizzando alcuni servizi ed attività di supporto. Per rispondere a tali esigenze è stato definito un modello di governance caratterizzato dalla presenza di:

  1. una Cabina di regia politica con funzioni di ascolto ed indirizzo, composta dalla Presidente della Giunta regionale e dall’Assessore alla Salute e Politiche Sociali;
  2. un Board costituito dal Direttore regionale Salute e Welfare, dai Direttori generali delle Aziende sanitarie e dall’Amministratore Unico di Puntozero s.c.a r.l. Tale organismo opererà con riunioni periodiche che consentiranno di analizzare, discutere e valutare i diversi argomenti al fine di poter esercitare le funzioni di:

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  1. Pianificazione strategica e definizione delle strategie di investimento;
  2. Determinazione della vocazione di ogni stabilimento ospedaliero e le conseguenti

politiche di reclutamento dei vertici professionali;

  1. Sviluppo di strategie per il governo del territorio;
  2. Ricerca di sinergie comuni per le attività e servizi di supporto.

La società in House Puntozero s.c.a r.l. oltre ad essere componente del Board dovrà, parallelamente, garantire le attività di raccolta, analisi ed elaborazione dati, oltreché predisporre la documentazione e gli scenari alternativi necessari alla fase decisionale, anche avvalendosi dell’attività svolta sia dall’Osservatorio epidemiologico regionale che dal Registro Tumori Umbro di Popolazione (RTUP). In sinergia con i Servizi della Direzione Salute e Welfare, Puntozero s.c.a r.l. dovrà altresì partecipare alla definizione dei cruscotti di monitoraggio e all’attività di reportistica periodica dell’attuazione dei progetti di cui al precedente paragrafo 3.1.3 in base alla metodologia che verrà esplicitata nel successivo capitolo 4.

Figura 3.1.3 Board per il governo del SSR

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Piano Sanitario Regionale 2022 – 2026 Umbria, la Salute al Centro 3.1.4. L’ACCREDITAMENTO ISTITUZIONALE

Per “Governo clinico” si intende un approccio integrato tra vari elementi che concorrono allo sviluppo del SS, che pone al centro della programmazione e gestione dei servizi sanitari i bisogni dei cittadini e valorizza nel contempo il ruolo e la responsabilità degli operatori sanitari. Al fine di garantire la qualità e la sicurezza delle cure, nonché i migliori risultati possibili in termine di salute e uso efficiente delle risorse, l’accreditamento istituzionale rappresenta un elemento di fondamentale importanza anche in rapporto allo sviluppo dei modelli delle reti assistenziali secondo il principio della continuità delle cure, della responsabilizzazione delle diverse professioni all’interno dei piani di cura e della multidisciplinarietà delle risposte. In tale ambito, la Regione Umbria ha approvato con il Regolamento Regionale n.10 del 2018 la nuova «Disciplina in materia di accreditamento istituzionale delle strutture sanitarie e socio-sanitarie pubbliche e private» che sviluppa gli 8 criteri definiti dagli Accordi Stato-Regioni del 2012 e del 2015 facendo riferimento alle varie dimensioni della qualità dell’assistenza. Le fasi del procedimento per il rilascio di accreditamento istituzionale sono:

  1. l’OAIA (Organismo Amministrativamente ed Istituzionalmente Accreditante) riceve la domanda di accreditamento, effettua l’istruttoria amministrativa di ammissibilità (completezza della domanda, possesso autorizzazione all’esercizio, verifica con programmazione regionale, requisiti dei soggetti giuridici), ed invia la documentazione all’OTAR in caso di esito positivo;
  2. l’OTAR (Organismo Tecnicamente Accreditante Regionale) effettua l’istruttoria tecnica, volta a verificare la conformità ai requisiti di qualità previsti nel R.R. 10 del 2018, pianifica gli audit e costituisce il gruppo audit; ne approva il rapporto ed esprime il parere di accreditabilità, rinviando la documentazione all’OAIA;
  3. l’OAIA provvede alla conclusione del procedimento con l’adozione del relativo provvedimento.

L’OTAR si configura come l’“organismo esterno” nel processo sistematico di valutazione finalizzato al rilascio dell’accreditamento istituzionale. Le modalità di funzionamento dell’Organismo sono descritte nel “Manuale del Sistema di Gestione dell’Organismo Tecnicamente Accreditante Regionale – OTAR”, adottato con DGR n.672 del 27.07.2020, che è stato redatto tenendo conto:

  • –  degli indirizzi forniti dall’Intesa tra il Governo, le Regioni e le Province Autonome in materia di adempimenti relativi all’accreditamento delle strutture sanitarie del 19 febbraio 2015;
  • –  del lavoro condotto dall’Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali (AGENAS)

finalizzato alla definizione dei requisiti organizzativi degli Organismi Tecnicamente Accreditanti, che sono oggetto di verifica periodica da parte del Tavolo per la Revisione dell’Accreditamento (TRAC), così come previsto dall’Intesa Stato-Regioni del 20 dicembre 2012;

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Piano Sanitario Regionale 2022 – 2026 Umbria, la Salute al Centro – del Manuale di valutazione degli Organismi Tecnicamente Accreditanti (OTA) dell’AGENAS

(maggio 2019);

Affinché il sistema di accreditamento istituzionale rappresenti un efficace strumento di governance del sistema sanitario e di governo continuo, occorre tuttavia che l’attività dell’OTAR venga perfezionata e consolidata, garantendone la piena operatività e completando il percorso di accreditamento delle strutture pubbliche

L’ACCREDITAMENTO SOCIALE E SOCIO SANITARIO

Per meglio orientare l’attuazione di politiche volte ad incentivare pratiche di innovazione sociale si rende necessaria una revisione dei percorsi di autorizzazione e di accreditamento delle strutture operanti nel sociale, con particolare riferimento alle prestazioni sociali a rilevanza sanitaria.

Gli ambiti del sanitario e del sociale, seppur distinti per settori di attività e relative normative di riferimento (rispettivamente D. Lgs. 502/1992 e s.m.i. e L. 328/2000 e DPCM 308/2001), andranno riallineati entro un quadro di integrazione e innovazione, così come anticipato nel documento del 2020 “Riorientare l’azione regionale nelle politiche sociali in Umbria”. Attraverso la qualificazione delle prestazioni sociali, l’efficientamento dei rapporti con i soggetti del Terzo Settore, nonché la semplificazione della governance del sistema, si dovrà sviluppare una effettiva ed efficace integrazione sociosanitaria, al fine di garantire il soddisfacimento dei Liveas e dei Lea.

Obiettivo primario sarà pertanto l’omogeneizzazione della qualità dei servizi erogati in tutta la Regione, concependo l’accreditamento come strumento di programmazione integrata con funzione regolativa nell’ambito dei servizi e degli interventi sociali, nell’alveo dell’integrazione sociosanitaria. Dovrà essere garantito un sistema di servizi alla persona che si informi a criteri di omogeneità sia qualitativa, che quantitativa, selezionando a tale scopo gli operatori pubblici e privati che meglio rispondano alla necessità di soddisfare i bisogni dei cittadini con servizi di qualità, appropriati, efficaci attraverso un percorso di accreditamento dei servizi, delle strutture e dei singoli professionisti. Occorrerà procedere al coordinamento/standardizzazione dei percorsi di autorizzazione ed accreditamento del sociosanitario e del sociale per qualificare il sistema di welfare umbro, individuando requisiti minimi nel modello di autorizzazione per tutte le strutture e i servizi sociali.

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3.2: SERVIZI PIÙ VICINI AI BISOGNI DEL CITTADINO

La fotografia demografica della Regione Umbria riporta un costante invecchiamento della popolazione che la colloca tra le regioni con una popolazione anziana superiore alla media nazionale e tra le prime in Italia.

Grafico. 3.2.1 Percentuale di Popolazione ultrasessantacinquenne distribuita per Regioni anno 2021. Fonte dati ISTAT

Tale andamento impone una riorganizzazione dell’assetto assistenziale, sia sul versante ospedaliero che territoriale al fine di soddisfare la crescente domanda di salute. I prossimi anni saranno testimoni di un radicale cambiamento dell’attuale organizzazione sanitaria, declinata nei suoi vari aspetti di prevenzione, cura e riabilitazione, alla luce della non più possibile sostenibilità economica dell’attuale sistema, delle modificate caratteristiche demografiche/epidemiologiche, nonché della necessità di far fronte alla ricomparsa di vecchie/nuove patologie conseguenti a flussi migratori di popolazioni che presentano un’alta incidenza di malattie ritenute debellate alle nostre latitudini. Inoltre, il progressivo miglioramento delle conoscenze tecniche e del progresso tecnologico

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comporterà un’evoluzione della pratica clinica quale ad esempio, una sempre minore invasività operatoria con, da un lato, abbattimento dei tempi di degenza, quando e se necessaria, e dall’altro una rimodulazione dell’offerta ospedaliera. Di qui la necessità di rivedere le funzioni ed i compiti dell’ospedale, da caratterizzare come luogo di elezione per la cura della acuzie, anziché come luogo inappropriato alla gestione della cronicità, in grado di rispondere a necessità di gestione di quadri clinici complessi e/o di interventi chirurgici di alta specializzazione, di alta complessità e richiedenti approcci multidisciplinari. A tale cambiamento della funzione della “sanità ospedaliera” farà da contrappeso una radicale trasformazione dell’organizzazione della “medicina territoriale”, che progressivamente assumerà il ruolo di fulcro dell’organizzazione e gestione della sanità. Passaggio di consegna che comporterà una reale implementazione di modelli assistenziali innovativi, nonché la concreta realizzazione dei sempre annunciati, ma mai completamente realizzati, modelli di lavoro in équipe dei Medici di Medicina Generale (MMG), quali le Aggregazioni Funzionali Territoriali (AFT), le Unità Complesse di Cure Primarie (UCCP), ed i più recenti modelli organizzativi rappresentati dalle Case della Comunità ed Ospedali di Comunità. Tale modello organizzativo rappresenta una vera e propria rivoluzione dell’attività del MMG che passa da una medicina di pura attesa ad una medicina di iniziativa, secondo il modello del Chronic Care Model, con una gestione attiva ed organizzata delle patologie croniche. L’integrazione con gli altri soggetti della rete assistenziale, prevalentemente ospedaliera, verrà realizzata attraverso una implementazione delle nuove tecnologie, garantendo flussi informativi bidirezionali. L’obiettivo di questo nuovo modello è duplice: “migliorare” la qualità delle prestazioni erogate dalla Medicina Generale e da tutti i servizi territoriali, garantendo la presa in carico dei pazienti affetti da cronicità e contribuire a ridurre gli accessi/ricoveri impropri al Dipartimento Emergenza e Accettazione (DEA).

3.2.1. LA RIORGANIZZAZIONE DELL’ASSISTENZA TERRITORIALE

La rete di assistenza territoriale del SSR umbro è caratterizzata da una forte disomogeneità nelle modalità di erogazione delle prestazioni, conseguenza di un’eccessiva frammentazione delle articolazioni territoriali distrettuali, come messo in luce anche dall’emergenza da Covid-19 e che necessita, pertanto, di un cambio di prospettiva verso un sistema sanitario più vicino alla comunità, in grado di garantire equità nell’accesso ai servizi. Il raggiungimento di tale obiettivo prioritario si realizza attraverso l’attuazione di operazioni di rafforzamento e valorizzazione dei suddetti servizi

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territoriali rendendo più appropriato l’utilizzo delle risorse con particolare riferimento, sia all’aspetto strutturale dei setting assistenziali, che ai professionisti coinvolti, che all’offerta dei servizi ai cittadini. Tale prossimità assistenziale dovrà prevedere anche il coinvolgimento della “Farmacia dei Servizi” quale ulteriore presidio assistenziale, che, grazie alla capillare diffusione sul territorio, è in grado di assolvere alle funzioni normativamente definite. Da ciò discende la necessità di una riorganizzazione dell’assistenza territoriale, i cui elementi fondamentali sono riportati di seguito.

Riorganizzazione strutturale e funzionale del nuovo distretto

Il Distretto, così come disciplinato nel Testo unico in materia di sanità e servizi sociali (L.R. 09/04/2015, n. 11), è l’articolazione territoriale ed organizzativa della unità sanitaria locale per lo svolgimento delle attività finalizzate alla promozione della salute, alla prevenzione, alle cure e alla riabilitazione, tramite la gestione integrata delle risorse della unità sanitaria locale e degli enti locali. Rappresenta, quindi, il luogo privilegiato ed istituzionale di gestione e di coordinamento funzionale ed organizzativo della rete dei servizi sociosanitari e sanitari territoriali e centro di riferimento per l’accesso a tutti i servizi erogati dalle Aziende territoriali. È inoltre deputato al perseguimento dell’integrazione tra le diverse strutture sanitarie, sociosanitarie e socioassistenziali presenti sul territorio, in modo da assicurare una risposta coordinata e continua ai bisogni della popolazione, garantendo uniformità dei livelli di assistenza in un contesto di pluralità dell’offerta. Attualmente l’eccessivo numero di Distretti presente nel territorio regionale, oltreché non conforme agli standard di riferimento, non garantisce uniformità ed efficiente erogazione dei servizi. Pertanto, per avere un’organizzazione più aderente ad una logica di ragionevole allocazione delle risorse, si procederà a realizzare:

  1. La razionalizzazione e riduzione del numero dei Distretti;
  2. Una modifica organizzativo-gestionale dell’attuale assetto con:
    1. l’introduzione della figura del “Coordinatore dei distretti” al fine di garantire l’erogazione di servizi di qualità omogenea in tutto il territorio regionale;
    2. Il rafforzamento del ruolo della medicina generale e dell’assistenza domiciliare;
    3. Lo sviluppo della Centrale Operativa Territoriale (COT) e istituzione del 116117

(Numero Europeo Armonizzato – NEA – per le cure mediche non urgenti);

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  1. L’istituzione delle Case della Comunità (CdC)
  2. L’istituzione degli Ospedali di Comunità (OdC)

Il progetto di revisione della distribuzione geografica e numerosità dei Distretti, che prevede la riduzione dagli attuali 12 ai futuri 4, è stato realizzato attraverso un’attenta analisi degli indici demografici di ogni territorio, delle loro caratteristiche morfologiche ed orografiche, tenendo conto della capillarità delle vie di comunicazione, della presenza di strutture di assistenza sia primaria, che ospedaliera, nonché dei punti di primo soccorso, al fine di concepire il miglior scenario possibile per la valorizzazione dei territori, senza però incorrere in complesse operazioni di ingegneria istituzionale. Il nuovo assetto che si andrà a delineare negli anni di vigenza del presente Piano è riportato nelle figure di seguito e dalle successive tabelle che riepilogano sinteticamente i principali dati caratterizzanti le nuove articolazioni organizzative.

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2.a. L’introduzione di un “Coordinatore dei distretti”, per ogni Azienda Sanitaria USL, ha l’obiettivo di garantire l’omogeneità dei servizi nel territorio di riferimento. Questa nuova figura risponde principalmente all’esigenza di garantire unitarietà nell’attuazione della programmazione regionale e nella corretta applicazione dei percorsi clinico-assistenziali nell’ambito delle cure primarie.

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2.b. L’attuale organizzazione con cui vengono erogate le cure primarie, prevalentemente dalla medicina di base (MMG) e dai pediatri di libera scelta (PLS) in forma ambulatoriale e domiciliare, non è più adeguata a svolgere le funzioni e le attività che le competono, quali ad esempio la presa in carico dei pazienti cronici non gravi, utile a ridurre gli accessi in codice bianco al Pronto Soccorso e le prestazioni inappropriate della specialistica ambulatoriale. Al fine di rafforzare il ruolo ricoperto dalla Medicina Generale, la cui importanza strategica per la presa in carico del paziente è stata evidente nel corso della pandemia da Covid-19, si procederà attraverso la costituzione anche delle AFT pediatriche e la completa messa a regime di quelle esistenti, in modo tale da garantire, attraverso una partecipazione attiva del MMG e del PLS, le azioni di prevenzione e promozione della salute e stili di vita sani ed un’efficace presa in carico del paziente cronico. Inoltre, al fine di promuovere una maggiore accessibilità e fruibilità dell’assistenza sanitaria e sociosanitaria, verranno avviati percorsi di collaborazione multidisciplinare tra professionisti, attraverso équipe composte dai MMG, PLS, specialisti ambulatoriali, assistenti sociali, infermieri e nuove figure professionali specializzate, quale quella dell’infermiere di famiglia e di comunità. Quest’ultimo ruolo, previsto dal D.L. n. 34/2020, art. 1 c. 5, convertito in L. 17 luglio 2020, n. 77, e dalle “Linee di Indirizzo Infermiere di Famiglia/Comunità” della Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome (Documento preadottato dalla Giunta regionale con DGR 08/09/2021, n. 835), verrà ricoperto da un professionista con specifica formazione e forte orientamento alla gestione proattiva della salute che opererà rispondendo ai bisogni di salute della popolazione di uno specifico ambito di riferimento territoriale e comunitario, favorendo l’integrazione sanitaria e sociale dei servizi. La sua funzione sarà orientata ad una presenza continuativa e proattiva nella comunità territoriale di riferimento facilitando il percorso della presa in carico e della continuità dell’assistenza, favorendo l’integrazione e la collaborazione tra le figure professionali e i servizi sociosanitari presenti sul territorio. Il potenziamento dell’assistenza domiciliare, servizio a valenza distrettuale, finalizzato all’erogazione al domicilio di interventi caratterizzati da un livello di intensità e complessità assistenziale variabile nell’ambito di specifici percorsi di cura e di un piano personalizzato di assistenza, si svilupperà attraverso il recupero del domicilio stesso come primo luogo di cura ed il recupero del ruolo del MMG e PLS quale responsabile clinico del paziente. L’assistenza domiciliare, distinta in varie fattispecie (assistenza Domiciliare di livello Base, Assistenza Domiciliari Integrate ADI di I livello, ADI di II livello, ADI di III livello e Cure Palliative Domiciliari (CPD) livello base e CPD livello specialistico), si realizza attraverso trattamenti medici, infermieristici, riabilitativi ecc.,

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prestati da personale sanitario e socio-sanitario qualificato per la cura e l’assistenza alle persone non autosufficienti e in condizioni di fragilità, con patologie in atto o esiti delle stesse, al fine di stabilizzarne il quadro clinico, limitarne il declino funzionale e migliorare la qualità della vita quotidiana. Le risposte assistenziali previste nell’ambito dell’assistenza domiciliare sono quindi articolate in differenti livelli di intensità e complessità assistenziale, che vengono individuati a partire dalla Valutazione Multidimensionale ad opera dell’Unità di Valutazione Multidimensionale (UVM), e dalla conseguente formulazione di un Piano Assistenziale Individuale (PAI) che comprende, quando necessario, anche il Piano di Riabilitazione Individuale (PRI). A tale proposito la Regione intende consolidare l’INTER-RAI LCTF, ampiamente validato a livello nazionale ed internazionale, come strumento di valutazione multidimensionale a livello delle strutture residenziali e dei distretti che si fanno carico dell’assistenza residenziale, domiciliare, comprese le cure palliative e le dimissioni protette. Tale metodologia, in coerenza con le indicazioni di cui agli art. 21-22 del DPCM 12 gennaio 2017 sui nuovi LEA, è utilizzata per profilare il bisogno assistenziale delle persone e consentirne il monitoraggio ed il governo clinico in relazione ai diversi livelli di intensità e complessità assistenziale. L’integrazione delle funzioni dei servizi di assistenza domiciliare con altri servizi assistenziali distrettuali, che rispondono ai bisogni della persona assistita a domicilio, avviene grazie al ruolo di coordinamento e raccordo della COT.

2.c. L’obiettivo della Centrale operativa unica territoriale (COT) è quello di assicurare continuità, accessibilità ed integrazione dell’assistenza sanitaria e sociosanitaria, attraverso un servizio rivolto prevalentemente ad operatori sanitari e sociosanitari. La COT si sviluppa nel territorio regionale con una sede Hub e 4 sedi spoke, una per ogni Distretto, articolate in 2 moduli ciascuna, assolvendo funzioni distinte e specifiche, seppur tra loro interdipendenti:

  • –  Coordinamento della presa in carico della persona tra i servizi e i professionisti sanitari coinvolti nei diversi setting assistenziali (transizione tra i diversi setting: ammissione/dimissione nelle strutture ospedaliere, ammissione/dimissione trattamento temporaneo e/o definitivo residenziale, ammissione/dimissione presso le strutture di ricovero intermedie o dimissione domiciliare);
  • –  Coordinamento/ottimizzazione degli interventi, attivando soggetti e risorse della rete assistenziale;
  • –  Tracciamento e monitoraggio delle transizioni da un luogo di cura all’altro o da un livello clinico assistenziale all’altro;

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  • –  Supporto informativo e logistico, ai professionisti della rete (MMG, PLS, MCA, IFeC ecc.), riguardo le attività e servizi distrettuali;
  • –  Monitoraggio, anche attraverso strumenti di telemedicina, dei pazienti in assistenza domiciliare e gestione della piattaforma tecnologica di supporto per la presa in carico della persona, (telemedicina, strumenti di e-health, ecc.), utilizzata operativamente dalle CdC e dagli altri servizi afferenti al distretto, al fine di raccogliere, decodificare e classificare il bisogno.

In particolare, competeranno alla COT hub le funzioni di indirizzo e coordinamento a livello centrale, anche per garantire l’omogeneità delle prestazioni ed azioni sul territorio, nonché le funzioni sovradistrettuali per la gestione di casistiche complesse e che non possono trovare soluzione all’interno del distretto di riferimento, mentre spetteranno alle COT spoke le funzioni gestionali nell’area di competenza, nonché di attuazione ed operatività delle indicazioni fornite dalla centrale Hub. Ciascun Direttore di distretto assume il ruolo di dirigente responsabile della COT spoke di riferimento, mentre la responsabilità della COT hub è affidata ai Coordinatori di distretto con (eventuale) rotazione annuale previa valutazione dell’attività svolta.

La COT potrà essere attivata da tutti gli attori del sistema: personale distrettuale e ospedaliero, medici di medicina generale, pediatri di libera scelta, medici di continuità assistenziale, medici specialisti ambulatoriali interni e dagli altri professionisti sanitari presenti nei servizi aziendali e distrettuali, nonché dal personale delle strutture di ricovero intermedie, residenziali e semiresidenziali, dai servizi sociali, e dai familiari, limitatamente ai pazienti protetti e critici, che ne costituiscono il target di riferimento. Al fine di svolgere le sue funzioni la COT sarà operativa 7 giorni su 7 h24 e dovrà essere dotata di adeguate infrastrutture tecnologiche ed informatiche, quali ad esempio una piattaforma comune integrata con i principali applicativi di gestione aziendale, software con accesso al FSE e ai principali database aziendali e software di registrazione delle chiamate. Inoltre, al fine di garantire un accesso alla totalità dei servizi disponibili sul territorio, nonché ad affrontare situazioni complesse o di emergenza, è fondamentale che la COT, a livello regionale, usufruisca di un sistema informativo condiviso ed interconnesso con la Centrale Operativa Regionale 116-117, sede del Numero Europeo Armonizzato – NEA – per le cure mediche non urgenti. In base a quanto previsto dalle Linee di indirizzo nazionali (Accordo Stato-Regioni del 7/02/2013 e successivamente con Accordo Stato-Regioni del 24 novembre 2016), nonché, da ultimo, dallo schema di decreto del Ministro della salute recante “Modelli e standard per lo sviluppo

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dell’Assistenza Territoriale nel Servizio Sanitario Nazionale”, la Centrale Operativa 116117 offre un servizio telefonico gratuito alla popolazione per il bacino di utenza regionale, attivo 24 ore su 24 e 7 giorni su 7 per tutte le prestazioni sanitarie e sociosanitarie a bassa intensità assistenziale, raccordandosi anche con il servizio di Continuità Assistenziale e di Emergenza Urgenza.

La Centrale Operativa NEA 116117 sarà collocata presso la sede della COT hub e sarà organizzata per fornire assistenza, tramite personale sanitario affiancato da personale amministrativo al fine di erogare i seguenti servizi:
– servizi che garantiscono una risposta operativa con trasferimento di chiamata per:

  • prestazioni e/o consigli medici non urgenti nelle ore di apertura del servizio di Continuità Assistenziale;
  • individuazione e trasferimento delle richieste di soccorso sanitario urgente al 118/112; – servizi che garantiscono la risposta di tipo informativo.
    Inoltre sarà prevista anche la risposta operativa con trasferimento di chiamata per:
  • modalità di accesso a MMG/PLS anche in caso di difficoltà di reperimento;
  • consigli sanitari non urgenti prima dell’orario di apertura del servizio di Continuità

Assistenziale e dopo l’orario di chiusura con eventuale inoltro della chiamata al 118;

  • modalità di accesso alla Guardia medica turistica.

Altri servizi potranno essere erogati dalla Regione secondo quanto indicato nell’Accordo Stato Regioni del 24 novembre 2016 (integrazione sociosanitaria, sanità pubblica, trasporto sanitario, ecc.). La Centrale Operativa 116117 sarà oggetto di specifico progetto, che richiederà l’autorizzazione da parte del Ministero della Salute.

2.d.1. La Casa della Comunità (CdC), come articolazione del Distretto, rappresenta il modello organizzativo che rende concreta l’assistenza di prossimità per la popolazione. Rappresenta il punto di riferimento delle cure primarie, attiva h24 7 giorni su 7, garantendo anche il collegamento con gli ambulatori di medicina generale dislocati nei territori. Trattasi di uno strumento di intervento integrato e multidisciplinare per la progettazione e l’erogazione di interventi sanitari e di integrazione sociale, in attuazione ai principi di equità di accesso e di presa in carico, secondo il modello della medicina d’iniziativa, e di qualità dell’assistenza declinata nelle sue varie dimensioni (es. appropriatezza, sicurezza, coordinamento/continuità, efficienza). La CdC sarà messa in rete con gli altri setting assistenziali, sia territoriali (quali l’assistenza domiciliare, gli Ospedali di Comunità,

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Hospice e rete delle cure palliative, RSA e altre forme di strutture e servizi intermedi), che ospedalieri, grazie all’ausilio di piattaforme informatiche, come in particolare quella della specialistica ambulatoriale o di day service per la gestione comune dei malati cronici più complessi soggetti a frequenti ricoveri. Lo strumento attraverso il quale avverrà tale coordinamento a rete sarà la Centrale operativa territoriale (COT), che opererà come vettore di collegamento e raccordo tra i nodi ed i professionisti delle diverse reti. Attualmente nel nostro SSR vi sono quattro strutture rientranti nella suddetta fattispecie, ovvero le Case della Salute (CdS) di Marsciano, di Città della Pieve e di Trevi, nonché il Palazzo della Salute di Bastia Umbra e si prevede, attraverso l’impiego dei fondi derivanti dal Recovery Fund, la costituzione di ulteriori strutture da distribuire nel territorio regionale. Alla luce del Decreto del Ministero della Salute 20 gennaio 2022, recante la ripartizione programmatica delle risorse alle Regioni e PP.AA. per le specifiche linee progettuali all’interno della Mission 6 del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) con DGR 28.02.2022, n. 152 è stato approvato il documento recante la Dislocazione e finanziamenti Case di Comunità, Ospedali di Comunità e Centrali Operative Territoriali – PNRR – MISSIONE 6 COMPONENT 1 – RETI DI PROSSIMITÀ, STRUTTURE E TELEMEDICINA PER L’ASSISTENZA SANITARIA TERRITORIALE”.

Legenda: Casa di Comunità = CDC; Ospedale di Comunità = ODC; Centrale Operativa Territoriale = COT

2.d.2. L’Ospedale di Comunità (OdC), come previsto dalla normativa vigente e dagli atti concertativi di riferimento (DM 70/2015, Patto per la Salute 2014-2016, Piano nazionale della cronicità, Accordo in Conferenza Stato-Regioni del 20.02.2020) opera in forte integrazione con gli altri servizi sanitari: quelli sociali, le associazioni di volontariato, la rete delle cure intermedie, i servizi di assistenza specialistica ambulatoriale ed i servizi di emergenza urgenza territoriali. Svolge quindi una funzione intermedia tra il domicilio e il ricovero ospedaliero con la finalità di evitare ricoveri ospedalieri impropri, di favorire dimissioni protette in luoghi più idonei al prevalere di fabbisogni sociosanitari, di stabilizzazione clinica, di recupero funzionale e più prossimi al domicilio. L’OdC è una struttura di ricovero breve rivolta a pazienti che, a seguito di un episodio di acuzie minore o per la riacutizzazione di patologie croniche, necessitano di interventi sanitari a bassa intensità clinica potenzialmente

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erogabili a domicilio, ma che necessitano di assistenza/sorveglianza sanitaria infermieristica continuativa, anche notturna, non erogabile a domicilio o in mancanza di idoneità del domicilio stesso (strutturale e/o familiare). L’OdC ha un numero di posti letto di norma tra 15 e 20 e può avere una sede propria, essere collocato in una Casa della Comunità, in strutture sanitarie polifunzionali, presso presidi ospedalieri riconvertiti, presso strutture residenziali sociosanitarie, oppure essere situato in una struttura ospedaliera, ma è gerarchicamente sempre riconducibile all’assistenza territoriale distrettuale per garantire la coerenza rispetto alle finalità, ai destinatari ed alle modalità di gestione.

I pazienti eleggibili, in sintesi, sono classificabili secondo quattro tipologie:

  1. 1)  pazienti fragili e/o cronici provenienti dal domicilio per la presenza di riacutizzazione di condizione esistente;
  2. 2)  pazienti affetti da multimorbidità provenienti da struttura ospedaliera, clinicamente dimissibili, ma con condizioni richiedenti assistenza infermieristica continuativa;
  3. 3)  pazienti che necessitano di assistenza nella somministrazione di farmaci o nella gestione di presidi o dispositivi con interventi di affiancamento, educazione e addestramento del paziente e del caregiver prima del ritorno a domicilio;
  4. 4)  pazienti che necessitano di supporto riabilitativo rieducativo (interventi fisioterapici nell’ambito del PDTA già attivato, counselling ed educazione terapeutica al paziente con disabilità motoria, cognitiva e funzionale) finalizzati al rientro al domicilio.

L’accesso avviene su proposta del MMG, dello specialista o del pronto soccorso, mentre il ricovero ha una durata massima di 20/30 giorni. L’assistenza infermieristica è garantita nelle 24 ore e 7 giorni su 7 con il supporto degli operatori sociosanitari in base al Piano assistenziale individuale ed in sinergia con il responsabile clinico e gli altri professionisti coinvolti. L’assistenza medica invece è assicurata per almeno 4 ore al giorno, 6 giorni su 7, mentre nel turno notturno 20-8 e diurno festivo viene garantita con forma di pronta disponibilità (anche con medici della continuità assistenziale) anche organizzata per più strutture dello stesso territorio. Sfruttando i fondi del Recovery Fund si prevede la realizzazione di 5 presidi entro il 2026, anche attraverso l’adeguamento e la riorganizzazione delle attuali Residenze Sanitarie Assistite (RSA) presenti nel territorio regionale. La figura di seguito riportata riassume i vari setting dell’assistenza territoriale presenti nel distretto, così come sopra descritti e con le reciproche interdipendenze:

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Piano Sanitario Regionale 2022 – 2026 Umbria, la Salute al Centro Fig. 3.2.1.4 Organizzazione di un Distretto ideale/tipo di 100.000 abitanti di un’area urbana (Fonte: Agenas “Modelli e standard per

lo sviluppo dell’Assistenza Territoriale nel Sistema Sanitario Nazionale”)

La distribuzione geografica sul territorio regionale delle Case della Comunità e degli Ospedali di comunità e delle Centrali Operative territoriali con le risorse del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, in base al riparto di cui al Decreto del Ministero della Salute 20 gennaio 2022, è stata definita con DGR 28 febbraio 2022, n. 152 ed è riportata sinteticamente nella figura seguente:

Fig. 3.2.1.5 Dislocazione Case di Comunità (figura a sinistra) ed Ospedali di Comunità (figura a destra) (Fonte: DGR 152/2022 “Dislocazione e finanziamenti Case di Comunità, Ospedali di Comunità e Centrali Operative Territoriali – PNRR – MISSIONE 6 COMPONENT 1 – RETI DI PROSSIMITÀ, STRUTTURE E TELEMEDICINA PER L’ASSISTENZA SANITARIA TERRITORIALE”)

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3.2.2 LA REVISIONE DELLE RETI DI PATOLOGIA

La pandemia da COVID-19 ha confermato l’universalità del valore della salute, la sua natura di bene pubblico fondamentale e la rilevanza macro-economica dei servizi sanitari pubblici, nonché l’importanza di poter contare su un adeguato sfruttamento delle tecnologie più avanzate, su elevate competenze digitali, professionali e manageriali, su nuovi processi di erogazione delle prestazioni e delle cure e su un più efficace collegamento fra la ricerca, l’analisi dei dati, le cure e la loro programmazione a livello di sistema. In tale contesto è da rilevare come l’invecchiamento della popolazione stia progressivamente modificando il quadro di morbilità presupponendo, pertanto, un adeguamento delle risorse assistenziali sia a livello clinico, che organizzativo gestionale.

Il progressivo aumento della popolazione anziana non ha ricadute soltanto economiche, ma impone un cambiamento della clinical governance obbligando una inversione culturale nella gestione dei percorsi assistenziali. Tale scelta è ulteriormente stimolata dalla riduzione delle risorse economiche disponibili al mantenimento degli attuali standard assistenziali e dalla confermata tendenza ad un sempre maggiore trasferimento di risorse economiche a livello territoriale. Tutto ciò rappresenta il presupposto per una reingegnerizzazione del sistema assistenziale regionale nelle sue varie declinazioni di assistenza ospedaliera, territoriale, delle cure intermedie e del supporto socio assistenziale, declinandole non solo in termini di servizi e responsabilità ma con una nuova visione finalizzata ad evidenziare i diversi percorsi degli utenti in relazione alle principali tipologie di bisogni/domande a cui i servizi della salute dovranno rispondere. L’OMS afferma che “la salute è uno stato completo di benessere fisico, mentale e sociale e non consiste solo in un’assenza di malattia o infermità” e nel recente modello di politica europea per la salute denominato salute 2020 la salute è considerata una risorsa per la vita quotidiana. La salute come concetto positivo che valorizza le risorse personali e sociali, come pure le capacità fisiche e la cui promozione è il processo che mette in grado le persone di controllarla e migliorarla. Concetto positivo che insiste sulle risorse sociali e personali, oltre che sulle capacità fisiche. Salute quale aspetto fondamentale della qualità della vita. La Regione Umbria intende pertanto far propri gli obiettivi del documento condiviso Salute 2020: “migliorare in modo significativo la salute e il benessere delle popolazioni, ridurre le diseguaglianze di salute, rafforzare la sanità pubblica e garantire sistemi sanitari con al centro la persona, universali, equi, sostenibili e di alta qualità”. Ciò comporta, in una visione olistica, di

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intervenire anche nei determinanti della salute di tipo socio economico, ambientale, sugli stili di vita e sull’equità dell’accesso ai servizi. Perno fondamentale alla ridefinizione dell’organizzazione sanitaria regionale sarà la messa in rete di tutti i soggetti coinvolti nel progetto salute, valorizzando l’integrazione e la sinergia tra essi.

Obiettivo/Finalità

Promuovere la qualità dell’assistenza, la sicurezza delle cure, l’uso appropriato delle risorse, implementando forme alternative al ricovero con l’obiettivo di raggiungere un sistema basato sull’integrazione tra i servizi ospedalieri e nel contempo l’integrazione tra la rete ospedaliera e la rete dei servizi territoriali, rendendo più specifica la missione assistenziale affidata agli ospedali declinata alla luce della normativa vigente (DM 70/2015) relativamente ai livelli gerarchici delle strutture ospedaliere, ai bacini d’utenza per l’individuazione delle strutture di degenza e dei servizi e dei volumi d’attività per l’adeguatezza degli esiti. In tal senso l’ospedale dovrà assolvere ad una funzione specifica di gestione delle problematiche assistenziali dei soggetti affetti da patologie internistiche o chirurgiche ad insorgenza acuta e con rilevante compromissione funzionale, ovvero di gestione di attività programmabile che richiedano, comunque, un contesto tecnologicamente ed organizzativamente articolato e complesso capace di affrontare, in maniera adeguata, peculiari esigenze sanitarie sia acute, che post-acute e riabilitative. In ogni caso l’ospedale dovrà assicurare la gestione del percorso diagnostico terapeutico (PDT), del problema clinico sia all’interno del presidio, che all’interno della rete ospedaliera, garantendo l’allocazione del paziente presso la struttura che disponga di un livello organizzativo coerente con la complessità assistenziale del caso. Ciò verrà declinato considerando livelli gerarchici di complessità delle strutture ospedaliere con un modello in rete organizzato in base alla specificità del contesto assistenziale. Sarà pertanto necessario promuovere un uso appropriato dell’ospedale al fine di migliorare la qualità dell’assistenza, offrendo al paziente la giusta intensità di cura in relazione alle condizioni cliniche in un contesto assistenziale più rispondente ai suoi bisogni, ridefinendo pertanto criteri specifici per l’ammissione ai trattamenti ospedalieri sia di elezione, che in condizione di emergenza urgenza. Obiettivo sarà pertanto la possibilità di garantire risposte sanitarie accessibili a tutti i cittadini con contenuti clinico assistenziali e riabilitativi adeguati in un contesto di garanzia della sicurezza e qualità delle prestazioni, specializzazione delle équipe mediche e sostenibilità degli investimenti,

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con la concentrazione della casistica per le risposte a maggiore complessità organizzativa e tecnologica. Tale modello di riorganizzazione in rete sarà finalizzato ad una maggiore integrazione operativa in una visione di sistema che permetta la revisione dei modelli organizzativi delle singole reti cliniche e che nel contempo tenga conto dei diversi approcci da adottare per la costruzione e attivazione di ogni rete. Fondamentale nel perseguimento degli obiettivi sarà la cooperazione ed il coordinamento di un alto numero di soggetti e professionalità con la presenza e l’attivazione di tutte le componenti che concorrono al percorso assistenziale (multidisciplinarietà e multiprofessionalità). Ciò permetterà di rispondere in modo organico alla frammentazione del percorso di cura, a trattamenti inappropriati, garantendo una maggiore e più uniforme applicazione di linee guida per una “gestione integrata della malattia”, definita come “l’approccio organizzativo, propositivo e multifattoriale all’assistenza sanitaria fornita a tutti i membri di una popolazione affetti da una specifica patologia. L’assistenza è incentrata ed integrata sui diversi aspetti della malattia e delle relative complicanze, sulla prevenzione delle condizioni di comorbilità e su aspetti rilevanti del sistema di erogazione”. Organizzazione in rete quale presupposto funzionale al miglioramento dell’efficacia e dell’efficienza del sistema, garantendo al paziente percorsi agili e flessibili di integrazione delle attività di prevenzione, diagnosi, cura, riabilitazione e fine vita tramite la presa in carico, focalizzando l’efficacia dell’intervento non sulla singola prestazione, ma sull’intero processo assistenziale. Tale modello organizzativo rappresenta il presupposto per declinare il principio funzionale di “chi fa cosa” nell’ambito di un sistema di organizzazione in rete dei presidi, individuandone la specificità operativa in una visione di rete regionale, garantendo livelli di attività e prestazioni aderenti ai principi normativi di qualità dell’esito in rapporto al volume di attività relativamente sia alla gestione del paziente acuto, che nell’ambito dell’attività assistenziale programmabile. A tal fine, in conformità a quanto stabilito dalla Giunta regionale, si è provveduto a coinvolgere alcuni professionisti con il mandato specifico di formulare delle proposte di ridefinizione delle reti di patologia e dei servizi clinici generali previste dal DM 70/2015, per garantire la conformità ai parametri stabiliti dal Decreto stesso. Ciò consentirà di elaborare una revisione della rete ospedaliera regionale, che avrà come obiettivo quello di ridefinire la capacità delle strutture ospedaliere e rideterminarne la vocazione, al fine di assicurare un’elevata sicurezza e qualità nell’erogazione delle cure ai cittadini.

Un tale modello di ridefinizione funzionale della rete assistenziale ospedaliera non potrà, inoltre, non avere quale ulteriore presupposto anche un nuovo modello di “accreditamento” e valutazione

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professionale basato sulla capacità operativa dei singoli professionisti valutabile sulla base del Programma Nazionale Esiti (P.N.E.). Ciò varrà prevalentemente per i ruoli apicali delle strutture, siano esse a direzione ospedaliera che universitaria, derivanti da specifico protocollo d’intesa, a cui è demandata la funzione di organizzazione e programmazione dell’attività della relativa struttura. La non aderenza a tali parametri, dopo due anni dal conferimento dell’incarico, comporterà un’azione di attenta valutazione e verifica tra il mandato conferito e l’esito dell’attività svolta con l’assunzione delle conseguenti azioni finalizzate al rientro nei suddetti parametri.

Il percorso del paziente in Pronto Soccorso

I cambiamenti in ambito sanitario intervenuti negli anni hanno portato alla ridefinizione del ruolo della medicina d’emergenza-urgenza ed alla rivalutazione delle strutture di Pronto Soccorso, intese non più come luogo di “transito”, ma come luogo di diagnosi e cura. Infatti. nel tempo si è determinata, da un lato la prolungata permanenza dei pazienti in pronto soccorso e dall’altro la necessità di una maggiore appropriatezza dei ricoveri attraverso un migliore inquadramento diagnostico terapeutico, frutto dell’utilizzo di nuove tecnologie sia in ambito radiologico, che laboratoristico; tutto ciò al fine di ottimizzare e rendere congruo l’utilizzo dei posti letto in rapporto alle necessità assistenziali del paziente. Questo richiede una ridefinizione dei compiti del P.S. in grado di gestire in modo efficace, efficiente e in tempi brevi patologie acute senza ricorrere a ricoveri ospedalieri impropri. È pertanto necessario definire un’organizzazione che miri ad una riduzione delle attese al triage con una immediata ed appropriata individuazione dei codici di priorità, permettendo l’inserimento del paziente nel corretto percorso di diagnosi e cura e semplificando, nel contempo, gli adempimenti amministrativi. In tale contesto sarà necessario prevedere una riorganizzazione delle modalità di accesso dei pazienti richiedenti una valutazione essenzialmente mono specialistica quali, ma non solo, pazienti pediatrici e delle donne in gravidanza attraverso percorsi facilitati e veloci di inquadramento ed eventuale ricovero (Fast Track). Va pertanto migliorata l’organizzazione complessiva dell’ospedale per garantire la rapida consulenza specialistica o l’esecuzione di esami diagnostici richiesti dal P.S. ai fini di un’efficace, efficiente e tempestiva gestione del percorso. Vanno quindi potenziati gli strumenti informativi volti ad accelerare il percorso diagnostico/consulenziale e ad individuare in tempo reale la disponibilità di posti letto presso le unità operative di degenza coeve con la complessità del caso. In considerazione dell’eccessivo/improprio accesso al P.S. di codici bianchi dovranno essere previsti, per tali condizioni, percorsi differenziati al fine di rendere sempre più appropriato l’utilizzo di aree dedicate 46

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all’emergenza-urgenza con un più corretto utilizzo delle aree per i casi realmente “acuti” garantendo, nel contempo, al P.S. la possibilità di inviare direttamente i pazienti alle strutture intermedie, oltre a quanto già attualmente previsto dai percorsi vigenti (OBI, dimissioni a domicilio, ricovero etc..). A tal fine si potranno prevedere anche forme di deterrenza agli accessi impropri, prevalentemente dei codici bianchi o dei nuovi codici numerici, attraverso il pagamento di Ticket per singola prestazione. Tale modello organizzativo dovrà essere implementato in ogni ospedale e P.S., garantendo spazi e strutture funzionali ai diversi scopi e permettendo un monitoraggio continuo dei tempi d’attesa e forme organizzative flessibili per il personale. L’appropriatezza degli accessi al P.S. deriverà anche dalla realizzazione delle misure di riorganizzazione dell’assistenza territoriale in grado di “assorbire”, all’interno della propria organizzazione assistenziale, tutte quelle condizioni che richiedano prestazioni eseguibili nei livelli intermedi territoriali, garantendone, comunque, l’appropriatezza, l’efficacia e quanto più possibile la prossimità dell’intervento assistenziale. Nella gestione delle condizioni di reale acuzie e di appropriatezza degli accessi, ineludibile sarà la realizzazione di percorsi assistenziali che secondo un modello di Hub&Spoke dovrà garantire la migliore allocazione del paziente nelle sedi opportune per la corretta gestione del quadro clinico, secondo procedure codificate, capaci di assicurare i migliori risultati in termini di efficacia, efficienza dell’intervento e congruenza del percorso assistenziale polispecialistico e del conseguente esito. L’implementazione di tale modello organizzativo presuppone per la sua realizzazione la definizione di procedure condivise nell’ambito delle singole reti dell’emergenza- urgenza tra gli Hub e gli Spoke, la piena realizzazione di procedure di teletrasmissione dei referti, tale da abbattere i tempi di intervento, garantendo l’inserimento del paziente nel corretto setting assistenziale previa valutazione in rete della disponibilità dei posti letto in essi presenti. Elemento, quest’ultimo, garantito dalla realizzazione della centrale unica del 118 con sede presso l’Azienda USL Umbria n. 1 (DGR 01.09.2021, n. 812) quale epilogo del processo di sperimentazione attivato in collaborazione con l’Azienda Ospedaliera di Perugia. Fondamentale sarà, inoltre, la riorganizzazione della rete dei mezzi di soccorso con una loro razionale distribuzione territoriale per livelli crescenti di assistenza con il contemporaneo sviluppo e realizzazione di Mezzi di Soccorso Avanzato. Ulteriore elemento qualificante sarà l’implementazione, esclusivamente per la Regione Umbria, dell’Elisoccorso in grado di soddisfare richieste di intervento urgente a copertura delle zone più carenti o periferiche della Regione. Elementi fondamentali e di presupposto saranno da un lato la realizzazione di percorsi formativi per il personale medico ed infermieristico finalizzati, quest’ultimi,

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alla definizione di protocolli infermieristici per il soccorso avanzato, individuando all’uopo una sede unica regionale di formazione, e dall’altro lo sviluppo della telemedicina per una reale interazione tra il personale sanitario che gestisce l’evento e la centrale operativa e la rete ospedaliera.
La ridefinizione delle reti dell’emergenza-urgenza, oggetto di specifica valutazione, dovrà, pertanto, avere come riferimento imprescindibile due elementi fondamentali:

  1. a)  l’adesione ai corretti tempi di intervento;
  2. b)  l’allocazione del paziente nella struttura che, per dotazione tecnologica e professionalità in

essa presenti, garantisca la migliore gestione del quadro clinico per il raggiungimento del migliore esito, con conseguente abbattimento della mortalità e morbilità post acuzie.

Il paziente non urgente programmabile

Per i pazienti non in condizioni critiche si assume come modello organizzativo quello della rete delle strutture ospedaliere quali luoghi di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione che in un’ottica di appropriatezza e sicurezza, assicurano, all’interno del percorso di cura, procedure/interventi e prestazioni che richiedono competenze e tecnologie specifiche, tali da garantire al paziente un percorso che si struttura all’interno della rete stessa. In questo percorso l’ospedale viene attivato come nodo della rete in base alle specificità tecnologiche, strutturali e delle proprie competenze professionali. In tale organizzazione in rete, le strutture definite come Spoke assumeranno il ruolo di ospedali di prossimità, in grado di garantire all’utente tutte le prestazioni di bassa e media intensità erogabili in condizioni di massima sicurezza, garantendo nel contempo, una specificità funzionale che ne permetta una caratterizzazione in un contesto di organizzazione regionale. Diventano, in tale ambito, obiettivi da perseguire una corretta programmazione degli interventi chirurgici, sia in regime ordinario che di Day Surgery/Week Surgery con una gestione centralizzata ed informatizzata degli esami preoperatori, dei posti letto disponibili nelle varie declinazioni e di terapia intensiva, delle sale operatorie e delle liste d’attesa. Tale modello presuppone, da un lato l’implementazione di un sistema informatico in grado di mettere in rete in una dimensione regionale sia le procedure diagnostiche strumentali-laboratoristiche di pre ospedalizzazione, che la disponibilità dei posti letto nei vari presidi ospedalieri, per garantire, nel rispetto dei requisiti ministeriali, i volumi di attività che assicurino il rispetto dei tempi di intervento e la specializzazione funzionale dei vari presidi ospedalieri, per interventi appropriati e sicuri. A tal fine occorre definire un modello interaziendale delle équipe chirurgiche, capace di garantire la crescita professionale e

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le abilità operative dei suoi componenti evitando, pertanto, la “ghettizzazione” delle strutture periferiche, attraverso équipe chirurgiche itineranti. Tale modello di riorganizzazione funzionale della rete assistenziale ospedaliera da un lato permetterebbe di definire specifiche mission dei diversi Spoke e dall’altro di delegare agli Hub attività di alta specializzazione a maggior complessità operativa ed assistenziale, realizzabile solo in contesti in grado di garantire una più complessa multidisciplinarietà della gestione del paziente. Nell’ambito dell’area medica sarà obiettivo da perseguire lo sviluppo di modalità organizzative in grado di garantire un’offerta di prestazioni integrate che determini il minor impegno possibile del paziente, un più rapido inquadramento diagnostico, una migliore definizione del piano terapeutico ed una maggiore economicità del percorso assistenziale, anche attraverso l’implementazione di nuovi modelli quali il “day service”, tali da garantire il progressivo passaggio dal ricovero ordinario, al ricovero in Day Hospital, alla gestione ambulatoriale, secondo quanto previsto dalla normativa vigente. Quanto suddetto è riferito sia all’area chirurgica che medica e dovrà garantire un appropriato utilizzo dei posti letto di area critica a maggiore intensità di cura, finalizzati alla gestione dei pazienti più complessi che richiedono un maggior impegno assistenziale polispecialistico. Non secondaria sarà la rimodulazione della rete riabilitativa particolarmente per le alte specialità (unità spinali e di neuroriabilitazione), uniformando l’offerta a livello territoriale, sviluppando modalità di presa in carico relativamente a percorsi riabilitativi cardiologico, neurologico e neurocognitivo, ortopedico, pneumologico etc. in un contesto di continuità di cura, a garanzia della riduzione delle disabilità e miglioramento della qualità di vita.

Il paziente cronico assistito attraverso l’integrazione funzionale ospedale-territorio

Il dato demografico epidemiologico regionale fotografa una situazione di progressivo invecchiamento della popolazione gravata di patologie croniche, che per le loro caratteristiche sono soggette a frequenti riacutizzazioni nella loro evoluzione e per la cui gestione si rende necessario un ripensamento del modello organizzativo-assistenziale ospedaliero che sia più aderente e congruo alle mutevoli necessità assistenziali. Tale modello organizzativo non potrà prescindere da una stretta integrazione funzionale/operativa ospedale-territorio anche alla luce della implementazione, a livello territoriale, di nuovi modelli assistenziali previsti dalla recente normativa. Sarà pertanto necessario ridefinire il ruolo dell’ospedale e del territorio nella presa in carico del paziente nelle sue varie fasi di malattia garantendo setting assistenziali appropriati al quadro clinico attuale, assicurando una condivisione delle informazioni e dei protocolli di gestione assistenziale 49

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che evitino soluzioni di continuità nel percorso di cura. Sempre maggiore sarà la necessità di implementare una medicina di iniziativa a livello territoriale con un ruolo pro attivo verso l’anticipazione delle necessità assistenziali, inviando il paziente a percorsi di ricovero specifici, evitando accessi urgenti ed impropri al P.S. con ricoveri urgenti magari in ambiti assistenziali non congrui. La necessità, pertanto, di far fronte ad una tipologia di “acuzie programmata”, tipica delle condizioni croniche instabili soggette a frequenti fasi di riacutizzazione, richiede un ripensamento del modello di assistenza ospedaliera meglio commisurato a tale tipologia di utenti. In riferimento a questo target di pazienti diventa necessario introdurre in ospedale modelli organizzativi in cui gli stessi possano essere presi in carico anticipatamente in una determinata area di ricovero (nella fase iniziale di instabilità/riacutizzazione), programmando una presa in carico prima che il paziente sia instabile e acuto, anticipando accessi impropri al PS. Presupposto a tale modello organizzativo è che il livello ospedaliero e territoriale possano condividere tutte le informazioni ed i protocolli necessari alla comune gestione del caso in una relazione bidirezionale tra i professionisti coinvolti (MMG, Medici di Distretto, Medici Ospedalieri). Questa fondamentale comunicazione dovrà svilupparsi attraverso l’adozione e l’implementazione di moderni sistemi di comunicazione per via telematica al fine di renderla più tempestiva ed efficiente possibile. La definizione di percorsi condivisi in grado di anticipare il ricorso al ricovero urgente tramite il P.S. consentirà di gestire il paziente secondo una logica di “continuità di cura”, evitando la necessità di sottoporlo a ripetute fasi di inquadramento diagnostico-terapeutico, trasmettendogli la consapevolezza di essere assistito e preso in carico dal “sistema sanitario” nelle sue varie articolazioni. Il modello proposto, coerente al concetto di ospedale inteso come parte di un processo assistenziale e percorso di cura, presuppone, quale elemento fondamentale, la definizione di protocolli condivisi che stabiliscano nel dettaglio i criteri di inclusione/esclusione dei pazienti, evitando che sia snaturata la missione ospedaliera quale struttura finalizzata alla gestione delle fasi acute dei percorsi di cura. Per i pazienti per i quali il percorso preveda comunque un ingresso in pronto soccorso dovrà essere prevista, oltre all’attivazione delle consuete modalità di gestione (OBI, Ricovero, Domicilio), anche la possibilità, valutata ed attivata dal PS, di presa in carico presso strutture intermedie, qualora considerate più congrue alla gestione del quadro clinico. Obiettivo di tale modello di ridefinizione operativa funzionale delle strutture ospedaliera nella gestione del paziente cronico instabile, è la definizione di protocolli condivisi ospedalieri ed extra-ospedalieri per la gestione dei pazienti cronici condivisa tra MMG, specialisti e distretto, nonché la definizione e realizzazione di modalità operative di

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Piano Sanitario Regionale 2022 – 2026 Umbria, la Salute al Centro supporto degli specialisti ospedalieri ai medici del territorio (consulenze, telerefertazione, tele

consulenze).

3.2.3. LA MEDICINA DI INIZIATIVA TERRITORIALE

Per essere realmente efficaci i servizi sanitari devono essere in grado di tutelare la salute dell’intera popolazione e non solo di coloro che richiedono attivamente una prestazione sanitaria o sociale.
In quest’ambito la Medicina di iniziativa si pone quale modello assistenziale di gestione delle malattie croniche, fondato su un’assistenza proattiva all’individuo dalle fasi di prevenzione ed educazione alla salute fino alle fasi precoci e conclamate della condizione morbosa. La necessità di attuazione di tale modalità assistenziale, legata al progressivo invecchiamento della popolazione e all’incremento del numero dei malati cronici, è tanto più sentita nel contesto umbro in cui si registra una persistente inversione della piramide demografica con ovvie ripercussioni sulla prevalenza delle patologie croniche e della multimorbidità, come raffigurato nel grafico sottostante:

Fig. 3.2.3.1 Patologie croniche riferite nella popolazione umbra per fasce di età. Fonte dati PASSI 2015-2018 (18-69enni) e PASSI d’Argento 2016-2018 (ultra65enni)

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Al fine di attuare il modello assistenziale predetto si richiede ai professionisti ed al Sistema nel suo complesso un radicale cambio di passo: da una medicina in attesa del cittadino che richiede prestazioni sanitarie (sanità di attesa), ad una medicina che “va incontro” al paziente sul territorio prima che le patologie insorgano o si aggravino, attraverso interventi appropriati e differenziati in rapporto al livello di rischio. La strategia per applicare efficacemente tale modello di presa in carico del paziente cronico, coerentemente sia con la riorganizzazione dell’assetto territoriale delineata dal PNRR, sia con l’obiettivo di rendere effettivamente operative le AFT anche con la collaborazione di équipe multiprofessionali, prevede un percorso articolato nelle seguenti fasi:

  1. la stratificazione della popolazione per classi di patologia al fine di costruire una banca dati attuale;
  2. la definizione della modalità di reclutamento del paziente cronico, stabilendo quindi la modalità di “contatto” tra il cittadino ed il SSR;
  3. la definizione di un vettore di presa in carico del paziente, ovvero un sistema operativo che sia in grado di raccogliere il piano assistenziale individuale dell’assistito, di prenotare da back office tutte le prestazioni necessarie, di avvisare adeguatamente l’utente con appositi alert e di verificare il rispetto del piano di cura;
  4. l’individuazione del Referente Clinico, responsabile del paziente a seconda dei diversi stadi della malattia;
  5. la definizione di un sistema organizzativo ed operativo in grado di proporre terapie personalizzate;
  6. lo sviluppo di un sistema informativo che consenta il passaggio di conoscenze tra i professionisti, in modo da collegare i diversi attori del SSR.

Punto di partenza della strategia di gestione della cronicità nel SSR umbro, attraverso il modello della medicina d’iniziativa, sarà il reclutamento dei pazienti monomorbidi (popolazione affetta da una sola patologia quale diabete, broncopneumopatia cronica ostruttiva e scompenso cardiaco), in quanto ciò consentirà di intervenire su una platea più vasta di utenti, con maggior impatto di costi a carico del SSR e testare l’efficacia del sistema per poi procedere ai plurimorbidi, la cui gestione risulta di fatto più complessa.

Di seguito si rappresenta l’ipotesi di percorso per la presa in carico del paziente cronico:

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Piano Sanitario Regionale 2022 – 2026 Umbria, la Salute al Centro Fig. 3.2.3.1 Ipotesi di percorso di presa in carico di un paziente cronico

Di particolare importanza in quest’ambito sarà l’operato della Medicina di base che proattivamente procederà con il reclutamento del proprio assistito affetto da patologia cronica e grazie alla messa a regime delle Aggregazioni Funzionali Territoriali AFT, di concerto con gli altri professionisti sanitari quali l’infermiere di comunità e di famiglia, provvederà alla stesura del piano di cura personalizzato del paziente. Inoltre, la nuova funzione della Centrale Operativa Territoriale (COT), quale “gestore delle transizioni”, renderà omogeneo il passaggio da un setting assistenziale ad un altro con procedure formalizzate, in modo tale da fornire una risposta operativa alla necessità di coordinamento unitario del percorso di cura ed assistenza. Ciò renderà altresì indispensabile l’adeguamento dei PDTA attualmente definiti. Fondamentale, inoltre, sarà il supporto degli strumenti digitali nella gestione dei pazienti cronici per migliorare l’efficienza e la sostenibilità della continuità di cura. La telemedicina ed il telemonitoraggio, ad esempio, per le cui specifiche si rimanda al paragrafo dedicato 3.3.2 Verso un ecosistema di servizi di sanità digitale, possono facilitare la possibilità di operare in rete, con una più facile accessibilità a cure integrate, anche nei contesti più svantaggiati dal punto di vista geografico, favorendo la gestione domiciliare della cura e riducendo gli spostamenti. Inoltre, la sanità digitale consentirà di sviluppare il paradigma di “visita al bisogno”, in funzione dello stato di salute del paziente cronico e non più a frequenza temporale.

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Il modello organizzativo sopra descritto, con la riorganizzazione dell’assistenza territoriale, della rete ospedaliera regionale e l’impulso alla medicina d’iniziativa, oltre ad ottimizzare la qualità dei servizi offerti al cittadino, consentirà altresì di contrarre considerevolmente i tempi di attesa sia in riferimento alle prestazioni ambulatoriali che chirurgiche.

3.2.4. LA PREVENZIONE E PROMOZIONE DELLA SALUTE

La recente esperienza legata alla pandemia da COVID-19 ha messo in luce l’indispensabilità di una programmazione sanitaria basata su una rete coordinata ed integrata delle diverse strutture ed attività presenti sul territorio, al fine di disporre di sistemi flessibili in grado di rispondere con tempestività ai bisogni della popolazione, sia in caso di emergenze infettive, sia per garantire interventi di prevenzione, che per affrontare le sfide della promozione della salute, della diagnosi precoce e presa in carico integrata della cronicità. Il nuovo Piano Nazionale della Prevenzione (PNP) 2020-2025, approvato dall’Intesa Stato-Regioni PP.AA. con atto n. 127/CSR del 06 agosto 2020, rappresenta, oltre al Piano dei Controlli Nazionale Pluriennale (PCNP) ed alle attività di pertinenza dettate dai LEA e dai Piani e Linee Guida adottati a livello nazionale, lo strumento fondamentale di pianificazione centrale degli interventi di prevenzione e promozione della salute che dovranno essere realizzati sul territorio e mira a garantire sia la salute individuale e collettiva, sia la sostenibilità del Servizio Sanitario Nazionale. Tali documenti programmatori (PNP, PRP e PCNP) inoltre, ricoprono un importante ruolo di orientamento e governance favorendo il collegamento e l’integrazione tra le azioni previste da leggi, regolamenti e Piani di settore.

Ciò dovrà realizzarsi attraverso azioni quanto più possibile basate su evidenze di efficacia, equità e sostenibilità, oltreché su alleanze e sinergie intersettoriali tra forze diverse, con il fine di accompagnare il cittadino in tutte le fasi della vita, nei luoghi in cui vive ed in cui lavora. Il Nuovo Piano Nazionale della Prevenzione impegna, inoltre, le singole Regioni alla sua adozione ed alla predisposizione di un proprio Piano regionale che declini i contenuti, le linee di azione, gli indicatori ed i sei macro-obiettivi, riportati di seguito, all’interno del proprio contesto territoriale di riferimento:

  1. Malattie croniche non trasmissibili;
  2. Dipendenze da sostanze e comportamenti;
  3. Incidenti domestici e stradali;

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  1. Infortuni e incidenti sul lavoro, malattie professionali;
  2. Ambiente, Clima e Salute;
  3. Malattie infettive prioritarie.

In conformità a tali indicazioni la Regione Umbria con DGR n. 1308 del 29/12/2020 ha recepito il Piano Nazionale della Prevenzione 2020-2025, avviando successivamente un percorso di progettazione che, sfruttando l’esperienza di stesura e realizzazione del precedente Piano Regionale della Prevenzione (PRP) 2014-2018, da un lato fornisse continuità ai programmi già in essere e, sulla scorta dei risultati già raggiunti e delle criticità evidenziate, permettesse di redigere il nuovo Piano Regionale, volto a delineare le strategie e gli obiettivi programmatici regionali, coerentemente con gli indirizzi forniti a livello centrale. Tale nuovo PRP viene redatto contemporaneamente al Piano Sanitario Regionale (PSR) 2022 – 2026, al Pan-Flu 2020-2023 ad ai progetti del PNRR. La stesura simultanea dei suddetti elaborati consente di pianificare in maniera sinergica, complementare ed integrata tutti i documenti in base alla stessa vision ed agli stessi principi, potendo orientare le scelte e le risorse verso le stesse priorità e azioni/interventi utilizzando modelli di governance, di gestione e di controllo sovrapponibili, rafforzando le scelte di policy e di programmazione sanitaria, il tutto finalizzato a migliorare le performance dei sistemi e dei processi, oltreché gli esiti di salute della popolazione in tutte le fasce d’età ed in tutti i contesti. Nello specifico il nuovo documento è articolato in programmi trasversali che hanno lo scopo di coprire tutti i macro-obiettivi e tutti gli Obiettivi strategici del Piano Nazionale, derivanti dall’analisi delle specificità del contesto territoriale documentate nel profilo di salute e di equità e dalle potenzialità del Sistema Sanitario Regionale (SSR) in termini di organizzazione, risorse e funzioni del sistema. L’individuazione di ognuno dei programmi ha portato alla definizione del relativo obiettivo prioritario cui è collegato, alle azioni necessarie per il raggiungimento, agli indicatori di monitoraggio ed ai relativi standard di sostenibilità. Il Piano Nazionale della Prevenzione ed il conseguente Piano Regionale della Prevenzione prendono spunto dai principali indirizzi delle istituzioni internazionali ed europee i cui principi ispiratori sono rappresentati da:

− l’ottica One Health e gli obiettivi di sviluppo sostenibile: riconoscendo che la salute delle persone, degli animali e degli ecosistemi sono interconnesse, promuove l’applicazione di un approccio multidisciplinare, intersettoriale e coordinato per affrontare i rischi potenziali o già esistenti che hanno origine dall’interfaccia tra ambiente-animali-ecosistemi umani. L’approccio

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One Health consente di affrontare la questione trasversale della biodiversità e della salute umana, così come di contrastare in maniera efficace l’antimicrobico-resistenza, problema crescente di dimensioni globali;

  • −  la promozione della salute e la prevenzione: l’elemento strategico di innovazione del PNP 2020- 2025 sta nella scelta di sostenere il riorientamento di tutto il sistema della prevenzione (nella sua articolazione di compiti e responsabilità che coinvolge tutti i servizi socio-sanitari del territorio, sviluppata e/o orientata dai Dipartimenti di Prevenzione) verso un “approccio” di Promozione della Salute, rendendo quindi trasversale a tutti i Macro Obiettivi lo sviluppo di strategie di empowerment e capacity building raccomandate dalla letteratura internazionale e dall’OMS;
  • −  l’Intersettorialità e la Salute in tutte le politiche: l’intersettorialità si basa sul riconoscimento della salute quale processo complesso e dinamico che implica interdipendenza tra fattori e determinanti personali, socioeconomici e ambientali. Per agire efficacemente su tutti i determinanti di salute sono necessarie alleanze e sinergie tra forze diverse. “Salute in tutte le Politiche” (Health in Policies) significa quindi riconoscere nelle decisioni politiche dei diversi settori il benessere generale della popolazione come obiettivo comune;
  • −  la centralità della persona: la persona al centro è uno dei temi più ricorrenti delle politiche sanitarie e sociosanitarie introdotte in questi ultimi anni a livello nazionale ed internazionale. Si intende consolidare l’attenzione sulla centralità della persona, tenendo conto che questa si esprime anche attraverso le azioni finalizzate a migliorare l’Health literacy (alfabetizzazione sanitaria) e ad accrescere la capacità degli individui di agire per la propria salute e per quella della collettività (empowerment) e di interagire con il sistema sanitario (engagement) attraverso relazioni basate sulla fiducia. MMG e Pediatri di Libera Scelta (PLS) sono figure chiave per la prevenzione e promozione della salute, per favorire l’health literacy e l’empowerment dei cittadini e per contrastare le disuguaglianze;
  • −  l’approccio life-course, per setting e di genere: l’approccio life course consente di ridurre i fattori di rischio individuali e rimuovere le cause che impediscono ai cittadini l’accesso ad ambienti ed a scelte di vita salutari, mettendo in atto l’azione preventiva già a partire dai primi 1000 giorni di vita. Si mira a migliorare l’approccio per setting (la scuola, l’ambiente di lavoro, la comunità e i servizi sanitari), favorendone una maggiore interazione e individuando l’Ente locale (Comune) quale “super-setting” in cui gli altri convergono. L’approccio di genere come un

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cambio di prospettiva e culturale, affinché la valutazione delle variabili biologiche, ambientali e sociali, dalle quali possono dipendere le differenze dello stato di salute tra i sessi, diventi una pratica ordinaria al fine di migliorare l’appropriatezza degli interventi di prevenzione e contribuire a rafforzare la “centralità della persona”;

  • −  l’efficacia degli interventi ed efficienza dei modelli organizzativi: si intende basare l’azione quanto più possibile su prove di efficacia e sulla misura dei risultati (valutazione di processo e di esito), avvalendosi dell’Evidence-Based-Prevention (EBP). Tale approccio promuove l’adozione di modelli organizzativi rinnovati, con sistemi di pianificazione e monitoraggio declinati localmente;
  • −  l’equità nell’azione: la riduzione delle principali disuguaglianze sociali e geografiche che si osservano nel Paese rappresenta una priorità trasversale a tutti gli obiettivi del Piano, che richiede di avvalersi dei dati scientifici, dei metodi e degli strumenti disponibili e validati, per garantire l’equità nell’azione, in una prospettiva coerente con l’approccio di Salute in tutte le politiche;
  • −  il Profilo di salute ed equità della comunità: rappresenta il punto di partenza per la condivisione con la comunità e l’identificazione di obiettivi, priorità e azioni sui quali attivare le risorse della prevenzione e al tempo stesso misurare i cambiamenti del contesto e dello stato di salute, confrontare l’offerta dei servizi con i bisogni della popolazione, monitorando e valutando lo stato di avanzamento, nonché l’efficacia delle azioni messe in campo. Si tratta di uno strumento irrinunciabile a sostegno di istituzioni, decisori e operatori.

Ai Programmi Predefiniti (PP) dal PNP vanno aggiunti 6 Programmi Liberi (PL) individuati al fine di coprire tutti gli obiettivi strategici riconducibili ai 6 Macro-Obiettivi del Piano nazionale, qualificanti le scelte regionali:

    1. PP1 – Scuole che Promuovono Salute;
    2. PP2 – Comunità attive;
    3. PP3 – Luoghi di lavoro che promuovono salute;
    4. PP4 – Dipendenze;
    5. PP5 – Sicurezza negli ambienti di vita;
    6. PP6 – Piano mirato di prevenzione;
    7. PP7 – Prevenzione in Edilizia e Agricoltura;

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  1. PP8 – Prevenzione del rischio cancerogeno professionale delle patologie professionali dell’apparato muscolo-scheletrico e del rischio stress collegato al lavoro;
  2. PP9 – Ambiente, clima e salute;
  3. PP10 – Misure per il contrasto dell’Antimicrobico-Resistenza;
  4. PL11 – Promozione della salute materno infantile e dei primi 1000 giorni di vita;
  5. PL12 – Alimenti, nutrizione e sicurezza;
  6. PL13 – Percorso Preventivo Diagnostico Terapeutico Assistenziale delle MCNT;
  7. PL14 – Screening oncologici;
  8. PL15 – Transizione culturale ecologica ed esperienziale sui riferimenti base del PNP;
  9. PL16 – Riduzione della frequenza delle malattie trasmissibili: strategie ed interventi di

prevenzione, sorveglianza e controllo.

Tra le novità rilevanti introdotte dal Piano Nazionale della Prevenzione va evidenziato il Macro Obiettivo M05 Ambiente, clima e salute ed il relativo Programma Predefinito PP9, in quanto all’interno di tale ambito sono stati individuati a livello regionale importanti interventi, quale ad esempio quello volto alla sorveglianza dello stato di salute della popolazione residente derivante dalla sorveglianza della qualità dell’aria in aree di particolare interesse quali la “Conca Ternana”.

La realizzazione degli obiettivi e dei programmi previsti dal PRP 2021-2025 dovranno essere accompagnati da interventi strutturali finalizzati a:

  • −  potenziare le risorse umane sia in termini numerici, che di specifiche professionalità in tutte le articolazioni dei due Dipartimenti di Prevenzione presenti in ognuna delle due AUSL della Regione, anche alla luce delle criticità professionali messe in luce dalla pandemia da COVID-19, che ha comportato una riallocazione delle figure professionali a scapito della gestione delle altre attività proprie della prevenzione;
  • −  strutturazione funzionale dei DIP (strutture semplici o complesse a seconda delle aree);
  • −  rafforzare e adeguare la produzione e l’utilizzo dei dati con consolidamento dei flussi informativi e sviluppo dell’interoperabilità dei sistemi informativi per favorire lo scambio di informazioni

ed il dialogo tra le varie banche dati;

  • −  identificare i Sistemi di Sorveglianze e dei Registri di mortalità, di tumori e di altre patologie che

sono fondamentali per la programmazione, il monitoraggio, la valutazione, la ricerca ed il governo in ogni ambito sanitario dalla prevenzione alla cura, tracciando al contempo i confini del trattamento dei dati personali e sensibili a tutela della privacy;

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Piano Sanitario Regionale 2022 – 2026 Umbria, la Salute al Centro

  • −  dare nuovo impulso alle organizzazioni più “fragili”, quali le reti per la promozione della salute, necessarie anche per l’attuazione del programma di Work Health Promotion e l’epidemiologia, prevedendo la messa a regime dell’Osservatorio Epidemiologico;
  • −  creare un Laboratorio HEA (Health Equity Audit) nell’ambito del CERSAG (Centro Regionale Salute Globale) per l’identificazione del profilo di equità e la rilevazione delle diseguaglianze e delle disparità stratificate per setting, per età, occupazione etc.;
  • −  continuare il percorso di miglioramento della qualità delle prestazioni e di accreditamento dei servizi dei DIP;
  • −  definire adeguati percorsi formativi rivolti agli operatori sanitari e di raccordo tra diverse istituzioni (Regione, Università, Istituto Zooprofilattico, Aziende Sanitarie);
  • −  adottare un piano regionale di marketing sociale per la promozione di stili di vita salutari e la prevenzione di fattori di rischio comportamentali nelle diverse fasi di vita.

3.2.5. L’IMPORTANZA DELL’ASSISTENZA NEL FINE VITA

La Legge 38 del 2010 “disposizioni per garantire l’accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore” ha rappresentato un importante traguardo del sistema sanitario nazionale, declinando i principi della presa in carico del malato affetto da patologie croniche evolutive. In essa venivano specificati i principi fondamentali rappresentati dalla:

    • −  tutela della dignità e dell’autonomia del malato;
    • −  tutela e promozione della qualità della vita fino al suo termine;
    • −  sostegno sanitario e socioassistenziale non solo del malato, ma dell’intera famiglia.

Nel contempo, veniva definita la tipologia del “malato” a cui far riferimento e, cosa oltremodo qualificante della normativa, si definiva la modalità di presa in carico del malato e della famiglia in un contesto di rete assistenziale in cui i vari soggetti intervengono nelle diverse fasi di malattia con un approccio multiprofessionale e multidimensionale dei diversi setting di cura (ospedaliero, ambulatoriale, residenziale e domiciliare). Tali disposizioni hanno non solo rafforzato i principi della normativa di riferimento, ma hanno declinato le caratteristiche organizzative dei vari setting assistenziali e le caratteristiche professionali dei soggetti chiamati alla gestione del malato nei diversi ambiti, nonché una progressiva tendenza alla domiciliarizzazione del malato. La situazione umbra, fotografata dal “Libro bianco” ha rilevato alcune criticità quali la carenza di personale, la 59

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ridotta offerta residenziale non adeguata alla normativa (DM 43/2007) e la completa assenza della rete delle cure palliative pediatriche. Inoltre con l’Intesa Stato Regioni del 25 luglio 2012 (Rep. Atti 151/CSR) è stato approvato il “Documento sui requisiti minimi e le modalità organizzative necessari per l’accreditamento delle strutture di assistenza ai malati in fase terminale e delle unità di cure palliative e della terapia del dolore”, e in data 25 marzo 2021 è stato sancito l’Accordo Stato-Regioni (Rep. Atti 30/CSR) sul documento “Accreditamento della rete di terapia del dolore e cure palliative pediatriche, ai sensi della legge 15 marzo 2010, n. 38”. È su tali criticità ed in ossequio alle suddette disposizioni che dovrà essere declinato il nuovo assetto organizzativo delle cure palliative e della terapia del dolore, rivolta non solo ai pazienti oncologici, che ne rappresentano, purtroppo, i principali fruitori, ma a tutti i malati affetti da patologie croniche evolutive per i quali non vi sono terapie efficaci, o che risultano inefficienti per la stabilizzazione della malattia o per un prolungamento significativo della vita. Sarà pertanto indispensabile un adeguamento alla citata normativa relativa all’aumento del numero dei posti letto in regime residenziale (18/20 p.l.), ma elemento ancor più importante sarà la qualificazione e l’implementazione della territorialità delle cure con il potenziamento delle figure professionali, la realizzazione di percorsi formativi professionalizzanti; il tutto propedeutico all’attuazione e definizione di modelli operativi condivisi. In tale contesto importante sarà anche il coinvolgimento di tutte quelle associazioni di volontariato no profit che già oggi partecipano alla gestione dei pazienti nel fine vita e/o del paziente cronico attraverso le competenze presenti nelle stesse e/o acquisite, ma la cui attività dovrà in un’ottica di rete e di compartecipazione resa organica e valutabile in un contesto di sinergia con il SSR non quale soggetto vicariante, ma quale valore aggiunto del sistema sanitario della nostra regione. La complessità delle condizioni a cui tale rete assistenziale si rivolge dovrà comportare un precoce coinvolgimento dei professionisti della rete delle cure palliative e della terapia del dolore nella fase iniziale di definizione del percorso terapeutico assistenziale, tale da evitare soluzioni di continuità nella presa in carico. Sarà nel contempo fondamentale una ridefinizione del ruolo dell’Hospice attualmente identificato come il punto finale del percorso rendendolo, di converso, uno dei nodi della rete assistenziale in cui attivare approcci assistenziali non eseguibili a domicilio e che risulterebbero impropri quali ricoveri ospedalieri. Un tale mandato non potrà che essere assolto attraverso una implementazione ed adeguamento professionale di tali strutture in aderenza alla vigente normativa, chiamate ad assolvere non solo un servizio assistenziale sanitario, ma anche socioassistenziale e di supporto psicologico. Capitolo fondamentale sarà l’organizzazione della rete

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regista

del sistema mirante alla:

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Piano Sanitario Regionale 2022 – 2026 Umbria, la Salute al Centro

delle cure palliative dell’età pediatrica che inizierà da una valutazione dei bisogni con un censimento della popolazione pediatrica affetta da patologie inguaribili (che necessitano di almeno un device e/o ausilio per la ventilazione, per la deambulazione o per la nutrizione), nonché una valutazione di tutte le patologie rare presenti nel registro regionale con il fine di individuare tutte quelle patologie attualmente definite non guaribili e che necessitano di accedere al percorso delle Cure Palliative Pediatriche. Anche in tale ambito sarà fondamentale la costruzione di una rete assistenziale che veda il coinvolgimento dei vari setting assistenziali e dei PLS quali responsabili clinici del percorso assistenziale e già inseriti nel percorso di assistenza domiciliare dell’Unità di Cure Palliative (UCP). Sarà realizzato, nel contempo, e sulla base della valutazione dei fabbisogni, l’adeguamento al DPCM 20 gennaio 2000 relativamente alla implementazione delle strutture di residenzialità pediatrica (Hospice pediatrico), nonché il coinvolgimento dei Reparti Pediatrici per la risposta assistenziale ospedaliera. La necessità di omogeneizzare i percorsi assistenziali potrà prevedere la costituzione di un Centro di Coordinamento regionale delle cure palliative pediatriche quale riferimento per la definizione dei percorsi formativi di ricerca, funzionamento e sostegno della rete.

3.3: RICERCA E SVILUPPO PER L’EVOLUZIONE DEL SSR 3.3.1. LA RICERCA E LA SPECIALIZZAZIONE NEL SSR UMBRO

La ricerca sanitaria di eccellenza è un investimento che alimenta le conoscenze scientifiche ed operative a beneficio dello stato di salute dei cittadini, della qualità del servizio sanitario e dello sviluppo dell’intero sistema economico regionale. La capacità di ricerca è perciò un capitale da valorizzare a tutti i livelli del Servizio Sanitario regionale, secondo le mission istituzionali dei singoli soggetti, ribadendo i principi guida della coerenza con gli indirizzi della programmazione regionale, dell’orientamento mirato ai bisogni di salute dei cittadini e allo sviluppo del sistema regionale e della sostenibilità economica ed efficiente utilizzo delle risorse. Il ruolo della Regione rimane quello di

  • −  determinazione delle priorità;
  • −  coordinamento a supporto della ricerca;
  • −  valorizzazione delle reti tra i diversi soggetti;
  • −  definizione di sistemi di premialità per le eccellenze;
  • −  valorizzazione dei benefici raggiunti e monitoraggio degli esiti.

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Alle Regioni compete inoltre, per mandato istituzionale, la promozione della ricerca sanitaria, intesa come parte integrante tra le attività del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) secondo quanto previsto dal D. Lgs. 502/92. Va ribadito che, dato il particolare ruolo istituzionale della Regione e considerato che le risorse destinate alla ricerca sono limitate, spetta ad essa il compito ineludibile di orientarne la programmazione verso obiettivi finalizzati al miglioramento delle attività assistenziali. Occorre, dunque, promuovere il raccordo e l’integrazione tra tutti gli ambiti della ricerca in sanità e cioè tra ricerca base e traslazionale (biomedica), la ricerca clinico-assistenziale e quella dei servizi sanitari:

  • −  la ricerca di base e traslazionale comprende la ricerca preclinica e clinica in genomica, proteomica, metabolomica, systems biology or biological networks. Tale ambito è soprattutto generatore di ipotesi sperimentali da verificare poi nella ricerca clinico-assistenziale, inoltre questo settore della ricerca, pur di non stretta competenza delle Regioni, richiede una forte integrazione con quegli Enti deputati ad essa quali Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (IRCCS), Istituti Zooprofilattici Sperimentali (IIZZSS) ed Università presenti sul territorio. Nel caso umbro trattasi dell’Università degli Studi di Perugia e Terni e dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell’Umbria e delle Marche “Togo Rosati”.
  • −  La ricerca clinico-assistenziale include gli studi clinici di fase I, II e III necessari per testare l’applicazione di nuove tecnologie sanitarie sull’uomo (farmaci, dispositivi, attrezzature diagnostiche, nuovi modelli organizzativi…); tali sperimentazioni mirano a valutare l’efficacia e la sicurezza cosiddetta teorica (efficacy/safety) cioè su popolazioni selezionate sia che si tratti di terapie, strumenti diagnostici, marcatori prognostici o altro. Imprescindibile rimane la collaborazione delle Aziende Sanitarie regionali, dell’Università degli Studi di Perugia e dei Privati (Aziende farmaceutiche). Le evidenze scientifiche prodotte in questo ambito costituiscono la base della cosiddetta Medicina Basata sull’Evidenza (Evidence Based Medicine- EBM).
  • −  La ricerca dei servizi sanitari comprende gli studi comparativi finalizzati alla valutazione di efficacia o costo-efficacia di interventi sanitari condotti nel setting della pratica clinica generale, studi epidemiologici e di farmacoepidemiologia. La ricerca sui servizi sanitari tende quindi a testare l’efficacia reale (effectiveness) degli interventi diagnostici e terapeutici. Tale settore è di interesse prioritario delle istituzioni sanitarie (Stato e Regioni), in quanto essenziale alla propria mission di programmazione e controllo dell’erogazione delle prestazioni sanitarie. Oggi grazie all’estesa informatizzazione delle prestazioni sanitarie, erogate tramite i Database

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sanitari-amministrativi regionali e il Fascicolo Sanitario Elettronico, questo settore di ricerca sta avendo un impulso notevolissimo ed ha generato importantissimi progetti quale il Programma Nazionale Esiti, coordinato dall’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (AGENAS) a cui partecipano tutte le Regioni ed il Sistema di Valutazione della Performance coordinato dal Laboratorio Management e Sanità (MeS) della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, cui ha aderito anche la Regione Umbria.

È intuitivo comprendere come solo dal confronto tra evidenze generate in laboratorio o in setting controllati e quanto succede nei setting reali si può avere un quadro completo di qualsiasi intervento (terapeutico, diagnostico, prognostico…) introdotto nel sistema sanitario e allo stesso tempo generare nuove ipotesi di ricerca (anche di base) in un’ottica che non può essere che di circolarità del sapere. Una volta individuati particolari settori di interesse della ricerca sanitaria implementabili in Umbria questi possono trovare collocazione all’interno di diversi setting progettuali ove è possibile anche reperire fondi ad hoc e/o con co-finanziamento regionale. I principali sono:

  • −  bandi ministeriali di Ricerca Finalizzata;
  • −  bando Ricerca Finalizzata regionale (ultimo espletato nel 2014);
  • −  progetti di ricerca finanziati dall’Unione Europea;
  • −  progetto Mattone Internazionale (PRO.M.I.S.);
  • −  progetti con AIFA, ISS, AGENAS, Privati, etc.

Alla luce delle esperienze di ricerca sanitaria condotte negli anni scorsi in Umbria e che l’hanno vista protagonista in diversi ambiti si individuano le seguenti priorità:

  • −  istituzione di organismo regionale di riferimento per la ricerca sanitaria al fine di avere una governance integrata dei diversi ambiti della ricerca ove la Regione svolga il ruolo di regista istituzionale capace di interpretare le esigenze dei diversi attori in campo;
  • −  realizzazione di un IRCCS ai sensi della normativa vigente (D.lgs. 288/2003), attualmente in corso di revisione, con la previsione di riconoscere gli IRCCS secondo le categorie scientifiche internazionalmente riconosciute. Allo stato è possibile soltanto prevedere la realizzazione di un IRCCS in Umbria a vocazione Emato-Oncologica con ambiti di ricerca traslazionale sulle malattie oncologiche, ematologiche e nell’ambito trapiantologico, la cui sede è individuabile presso l’Istituto di Ematologia dell’Azienda Ospedaliera di Perugia.

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  • −  implementazione della transizione digitale in Sanità in relazione al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), incrementando le risorse destinate alla ricerca biomedica e sanitaria e sviluppando le competenze che possano facilitare il trasferimento tecnologico;
  • −  impulso alla ricerca biomedica e sanitaria in un’ottica di cosiddetta One Health ovvero non limitata all’uomo, ma in sinergia con la valutazione dello stato sanitario degli animali e di quello dell’ambiente e, in era COVID-19, anche della Global Health, che sottolinea l’importanza di considerare i fattori di rischio sanitario in una dimensione globale e non limitata ad un territorio ristretto. Il mercato globale e la rapidità dei flussi migratori e commerciali hanno sostanzialmente abbattuto ogni frontiera politica e naturale: non esistono più emergenze sanitarie che non ci riguardino direttamente, anche se il paese colpito è molto distante.

Rapporti con l’Università

L’attività assistenziale necessaria per lo svolgimento dei compiti istituzionali dell’Università è determinata nel quadro della programmazione nazionale e regionale in modo da assicurare la funzionalità e la coerenza con le esigenze di didattica e della ricerca. Le attività assistenziali, di ricerca e di didattica sono tra loro compenetrate ed i rapporti con l’Università sono improntati al principio della leale cooperazione. Tale reciproca leale cooperazione sinergica tra Regione e Università deve essere funzionale a incrementare l’efficienza e l’efficacia dell’una e dell’altra nel perseguimento dei rispettivi compiti istituzionali. La collaborazione tra Servizio Sanitario regionale e l’Università degli Studi di Perugia e l’apporto di questa all’attività assistenziale del servizio sanitario stesso è regolata dal Protocollo generale d’intesa tra Regione Umbria e Università degli Studi di Perugia in attuazione dell’art. 1, comma 1, D. Lgs. 21 dicembre 1999, n. 517, del DPCM 24 maggio 2001 e ai sensi della legge 30 dicembre 2010, n. 240 e della legge regionale 9 aprile 2015, n. 11, preadottato con DGR 20.04.2022, n. 364, con cui è prevista la costituzione dell’Azienda ospedaliero- universitaria di Perugia e l’Azienda ospedaliero-universitaria di Terni quali strutture in cui si realizzi la piena integrazione tra le Parti e che costituiscano, nel contempo, elemento fondamentale del Sistema Sanitario Regionale

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Piano Sanitario Regionale 2022 – 2026 Umbria, la Salute al Centro 3.3.2. VERSO UN ECOSISTEMA DI SERVIZI DI SANITÀ DIGITALE

A causa degli eventi pandemici, il mondo del digitale nella sanità non è più percepito come un ambito accessorio e marginale ma come la principale leva di intervento per promuovere la collaborazione professionale, rimodellare i servizi, ridefinire gli assetti organizzativi ed assistenziali, semplificare l’accesso e incoraggiare il coinvolgimento attivo dei cittadini. La semplificazione delle modalità di contatto e di accesso apportata dai servizi digitali permette al servizio sanitario pubblico di giocare un ruolo nuovo negli ambiti della prevenzione, dell’educazione alla salute e nella diffusione di informazioni scientifiche verificate. La pandemia da COVID-19 ha ribaltato quindi l’equazione del rischio aziendale e clinico, rendendo ora i rischi dell’inazione digitale notevolmente superiori ai rischi dell’azione. La velocità e l’efficacia della transizione digitale in sanità sono quindi un obiettivo organizzativo di primo piano per il Sistema Sanitario Regionale Umbro.

Una roadmap per l’Umbria

Nella logica del “digital first”, la strategia della sanità digitale del PSR deve partire dai servizi al

cittadino. Un primo esempio della direzione intrapresa sono i servizi pubblicati con la app SanitApp

alla fine del 2020, (tempi di attesa per accesso al pronto soccorso, prenotazioni CUP, prenotazioni

vaccino covid) che diverrà uno dei moduli di un ecosistema digitale dei servizi sociosanitari della

regione Umbria (EDSS), integrato con il Fascicolo Sanitario Elettronico regionale per i documenti

essenziali, come previsto nel piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR). Ulteriore ambito di

sviluppo è quello della telemedicina e delle relative piattaforme abilitanti per tele-visita, tele-

consulto e tele-monitoraggio, coordinate con lo sviluppo degli strumenti della COT. Come collante

dell’ecosistema, si prevede l’adozione sistematica, già sperimentata nel periodo pandemico, di un

Customer Relationship Management (CRM), strumento che consente l’ottimizzazione della

multicanalità e supporta gli operatori e gli utenti nelle transizioni tra i diversi setting assistenziali dei

percorsi di cura. Infine, l’ulteriore direttrice di sviluppo è quella della valorizzazione delle

informazioni e dei dati, mediante la creazione di un data lake di livello regionale, con dati strutturati

e non strutturati, finalizzati non solo alla valutazione della performance e alla programmazione dei

servizi ma anche quale patrimonio di informazioni cliniche a supporto della ricerca e dei

professionisti della sanità, per determinare il miglior approccio possibile alla cura (Figura 3.3.2.).

Figura 3.3.2. Strategia per la sanità digitale del PSR

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Piano Sanitario Regionale 2022 – 2026 Umbria, la Salute al Centro

Il processo di cambiamento dovrà essere rapido, come nel dettato del PNRR, procedendo con strategie quick wins, per ottenere risultati concreti già nel breve periodo.

L’ecosistema digitale dei servizi per il cittadino, dalla cronicità agli stili di vita

Il modello di ecosistema digitale dovrà tendere ad essere progressivamente aperto (openness). Attualmente la logica prevalente presente nei sistemi informativi sanitari è quella verticale e ad arcipelago (ecosistema non partecipante). Ogni singola componente ha valore all’interno del singolo momento dell’accesso al sistema sanitario del cittadino. Il passaggio intermedio deve essere quello della partecipazione collaborativa delle singole componenti con l’obiettivo di rilasciare i servizi al cittadino in diversi momenti dell’accesso al sistema sanitario (ecosistema collaborativo). Infine, la piena orchestrazione dell’ecosistema deve permettere l’erogazione di servizi al cittadino trasversalmente alle unità organizzative sanitarie (Aziende Ospedaliere, Aziende Sanitarie Locali, Distretti, Farmacie e Medici Medicina Generale e Pediatri di Libera Scelta) in relazione al percorso di cura del cittadino in una logica aperta dell’ecosistema nel suo complesso (Figura 3.3.3.).

Figura 3.3.3. Percorso verso un ecosistema openness ed orchestrato

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Logica a servizi per il cittadino: attivazione e modellazione nel contesto regionale dei servizi

L’ecosistema digitale dei servizi sociosanitari del cittadino della Regione Umbria (EDSS) dovrà sfruttare le moderne piattaforme cloud oriented e le capacità applicative basate su principi e architetture orientate ai servizi, consentendo agli operatori sanitari di adattare agilmente il proprio modello operativo.

L’ecosistema deve combinare questi elementi:

  • −  strumenti di composizione ed orchestrazione delle componenti dell’ecosistema in grado di

creare esperienze digitali (Web Apps o Apps quali SanitApp e ioApp) su misura per un’ampia

gamma di cittadini (presentazione);

  • −  una libreria di componenti software predefiniti che possono essere utilizzati per scalare

rapidamente nuove funzionalità del SSR (microservizi);

  • −  un data lake che fornisce connettori e modelli di dati sanitari per liberare le informazioni

contenute nelle applicazioni silos in uso (persistenza);

  • −  un sistema di identity manager unico che permette l’autenticazione a tutti i servizi (accesso);
  • −  una Customer Relationship Management (CRM) per la gestione delle canalità con il paziente

nelle sue relazioni con i servizi offerti dal SSR

  • −  Uno strato di sicurezza trasversale a tutti i livelli applicativi

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Piano Sanitario Regionale 2022 – 2026 Umbria, la Salute al Centro L’architettura ad alto livello dell’ecosistema è rappresentata dalla figura riportata di seguito:

Figure 3.3.4. Architettura del EDSS

FSE verso il cittadino e nella logica del PNRR

All’interno del PSR con l’architettura del EDSS l’obiettivo è il potenziamento del FSE coerentemente con il PNRR, al fine di garantire la diffusione e l’accessibilità su tutto il territorio regionale. EDSS permetterà di evolvere verso FSE 2.0, ossia un ecosistema basato sui dati e servizi.
Il FSE 2.0 deve puntare a svolgere tre funzioni chiave: (i) punto di accesso per la fruizione di servizi essenziali forniti dal SSR; (ii) base dati per i professionisti sanitari contenente informazioni cliniche omogenee che includeranno l’intera storia clinica del paziente; (iii) strumento per le Aziende che potranno utilizzare le informazioni contenute nel FSE per effettuare analisi di dati clinici e migliorare la prestazione dei servizi. Coerentemente con le azioni per il FSE 2.0 previste nel PNRR, il presente Piano prevede:

  • −  la piena integrazione di tutti i documenti sanitari e tipologie di dati;
  • −  la creazione e implementazione di un’architettura centrale regionale;
  • −  l’interoperabilità basata sui dati (HL7 FHIR) e la piattaforma di servizi;
  • −  la progettazione di un’interfaccia utente standardizzata e la definizione dei servizi che il FSE

dovrà fornire;

  • −  il dispiegamento e la formazione degli operatori del SSR.

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Piano Sanitario Regionale 2022 – 2026 Umbria, la Salute al Centro

SanitApp Regione Umbria: accesso digitale ai servizi della sanità

Nella logica del “mobile first” i servizi erogati tramite l’EDSS verranno resi fruibili, non solo via Web, ma anche tramite dispositivi mobili, sulla app SanitApp della Regione Umbria. In questa ottica, si prevede la possibilità di fornire al cittadino servizi specialistici accessibili tramite app, appartenenti all’ecosistema definito dalla piattaforma, validati e approvati dai professionisti del SSR ed in grado di implementare gli strumenti per il trattamento di alcune patologie.

La telemedicina nei processi organizzativi per la presa in carico del cittadino

Il SSR deve passare da una strategia di adozione di strumenti della telemedicina reattive al COVID- 19, alla creazione proattiva di una strategia coerente all’ecosistema dei servizi che includa l’implementazione simultanea di un’ampia gamma di servizi virtuali come chatbot, consultazioni video, rilevazione parametri per il monitoraggio remoto dei pazienti, servizi ospedalieri a domicilio. Sebbene l’adozione di strumenti della telemedicina sia in aumento, la maggior parte delle soluzioni riflette ancora casi d’uso ristretti, basati su soluzioni verticali. Il SSR deve permettere l’implementazione simultanea di più casi d’uso, identificando e implementando piattaforme tecnologiche neutrali rispetto al fornitore in grado di integrare più livelli di servizio dell’ecosistema, utilizzando un approccio metodologico che consenta di rendere la tecnologia abilitante e di essere attrattivi nei confronti degli operatori sanitari. Questi vantaggi si possono ottenere attraverso lo sviluppo della telemedicina nell’ottica del percorso paziente; i bisogni derivanti dalla condizione e dalla patologia (es. per la cronicità il diabete, la BPCO, lo scompenso cardiaco, ecc.) guideranno la revisione dei processi. (percorso verticale illustrato in Figura 3.3.5.).

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Piano Sanitario Regionale 2022 – 2026 Umbria, la Salute al Centro Figura 3.3.5. Fonte: Tecnologie digitali e cronicità: un binomio imprescindibile

Come evidenziato, prendendo a riferimento il paziente diabetico di Tipo 2 seguito dal Medico di Medicina Generale (MMG) il percorso del paziente potrebbe necessitare del telemonitoraggio per seguire le condizioni del paziente, la tele-visita in caso di necessità per l’aggravarsi di un parametro clinico e forse anche di un teleconsulto tra MMG e specialista ospedaliero (Diabetologo) per un confronto tra specialisti sulla gestione del paziente. Nell’ottica del paziente saremo quindi in grado di monitorare:

  • −  lo stato di salute (es. servizio dedicato tramite SanitApp);
  • −  l’adesione al Piano di Cura prescritto dal MMG;
  • −  il miglioramento dei parametri clinici.

Il modello che si intende adottare per la realizzazione di servizi verticali (es. gestione delle malattie croniche, tele-visita, ecc.) che si appoggiano sulla piattaforma EDSS si sviluppa nelle seguenti fasi:

  1. definizione del modello organizzativo, necessario a supportare il cambiamento introdotto dall’introduzione di nuove tecnologie e nuove modalità di lavoro;
  2. identificazione dei requisiti tecnici, gestionali e clinici dell’app in relazione ai diversi ambiti in cui la stessa verrà utilizzata;
  3. valutazione della compliance rispetto alle normative vigenti (focus su fase di privacy e raccolta dati e modalità con cui l’app si integra con i sistemi sanitari regionali già presenti);
  4. implementazione e sperimentazione su un gruppo ristretto di utenti al fine di valutare l’efficacia dell’app, prima di essere dispiegata e rilasciata a tutti gli utenti.

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Centrale Operativa Territoriale (COT) e ruolo della componente CRM del EDSS

L’EDSS si pone alla base della realizzazione della Centrale Operativa delle Transazioni che ha come obiettivo quello di superare la dicotomia ospedale/territorio e l’integrazione nel patient journey di tutti gli attori del sistema sociosanitario regionale, inclusi MMG e PLS.
In un ambiente ad alta intensità informativa quale quello sociosanitario è necessario sviluppare un modello organizzativo basato sulla logica della rete, in cui la multidisciplinarietà è fondamentale per affrontare la multidimensionalità e l’evoluzione nel tempo dei bisogni del paziente. In questa visione, le cure primarie cessano di essere prerogativa del singolo medico di famiglia e si configurano come un sistema articolato di atti sociosanitari ad opera di una rete di attori variamente distribuiti sul territorio. Il collettore delle transazioni può essere realizzato tramite il sistema di CRM, presente nell’architettura EDSS che traccia il percorso del cittadino/assistito e lo facilita nelle relazioni con i servizi sociosanitari della Regione Umbria, sfruttando molteplici canali di comunicazione.

Nella COT la telemedicina svolge un ruolo importante nelle funzioni del monitoraggio a distanza, estendendo gli obiettivi del progetto stesso ad ulteriori ambiti quali ad esempio:

  • −  Monitoraggio sia dei pazienti critici in ADI che di quelli cronici (relativamente all’applicazione del piano di cura ed al suo esito) ma anche di quelli a distanza (tramite l’attivazione della televisita);
  • −  Supporto ai MMG/PLS da parte dei Medici Specialisti e collaborazione multispecialistica, tramite il teleconsulto.

Data lake della Sanità Digitale: il dato a supporto della programmazione e l’utilizzo dei modelli predittivi verso la medicina personalizzata

La corretta gestione dei flussi informativi rappresenta il nodo iniziale e imprescindibile per la disponibilità di un patrimonio informativo agile da consultare, affidabile nei contenuti e aggiornato nelle informazioni. Tale gestione è realizzata dall’Osservatorio Epidemiologico Regionale come previsto dalla nuova L.R. 13/2021 che include oltre l’epidemiologia valutativa e anche le funzioni di data analysis, trasversalmente a tutte le strutture e a supporto dei decisori del SSR.

La gestione del data lake della Sanità Digitale prevede nello specifico:
− il recepimento dei contenuti dei flussi informativi trasmessi dalle Aziende Sanitarie ed

Ospedaliere;

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Piano Sanitario Regionale 2022 – 2026 Umbria, la Salute al Centro

  • −  il controllo logico-formale della qualità del dato (es. rispetto delle regole di compilazione predisposte per i singoli flussi informativi);
  • −  il controllo di appropriatezza clinica dei contenuti;
  • −  la validazione e certificazione della qualità del dato;
  • −  l’elaborazione delle informazioni, mediante la gestione diretta dei più moderni strumenti di

analisi, integrazione e gestione dei dati raccolti;

  • −  la generazione di indicatori e cruscotti direzionali mediante tecniche avanzate di machine

learning per rendere il Big data un Right Data;

  • −  la pubblicazione e la diffusione delle elaborazioni;
  • −  la definizione di proposte di azioni correttive da implementare da parte degli attori oggetto di

studio per risolvere le eventuali criticità riscontrate;

  • −  il mantenimento delle relazioni con tutti gli attori del SSN (es. Ministero della Salute) per

l’adempimento di tutte le attività/debiti informativi previsti dai Livelli Essenziali di Assistenza

(LEA)

  • −  l’attivazione di una reportistica a livello regionale sempre più sintetica e focalizzata su singoli

aspetti dell’attività, al fine di garantire all’Area Sanità e Sociale, Aziende sanitarie/distretti un’agile consultazione delle informazioni, mirata all’individuazione delle migliori pratiche ed, eventualmente, delle criticità in materia di erogazione dei servizi socio sanitari;

  • −  il potenziamento dell’attività di definizione di indicatori dedicati alle Aziende sanitarie/distretti in modo da assicurare la disponibilità di un unico “metodo di misura”, l’omogeneità territoriale nell’adozione degli algoritmi e nella valutazione dei fenomeni da esaminare, garantendo efficienti strumenti di confronto tra i vari attori del SSR.

Stato dell’arte della sanità digitale e sua evoluzione verso il modello EDSS

Ad oggi sono presenti alcuni sistemi integrati a livello regionale quali il CUP unico regionale, l’ERP, il sistema di Anatomia Patologica, lo Screening, il sistema territoriale Atlante, cartella diabetologica, cartella oncologica ed altri. Tutte le Aziende sanitarie hanno inoltre sviluppato sistemi informativi simili nelle componenti verticali, sia pure con diverso grado di maturità delle soluzioni (HIS, LIS, RIS, trasfusionale, assistenza protesica, portale della medicina generale, e altri). Nonostante ciò, la logica

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complessiva è tuttora frammentata e mostra l’obsolescenza delle applicazioni. I servizi digitali oggi disponibili, anche quelli realizzati nel corso della pandemia, devono interfacciarsi con queste applicazioni preesistenti dalle quali ereditano i limiti in termini di rigidità e di vulnerabilità. La sfida dei prossimi anni è superare questa frammentarietà prevedendo quindi anche l’evoluzione del patrimonio applicativo esistente in modo coerente con lo sviluppo del nuovo ecosistema. Il presente piano intende indicare quindi, nell’ambito della road map, ulteriori azioni organizzative ritenute abilitanti per l’evoluzione dell’intero sistema digitale regionale.

  • −  Definizione delle politiche di investimento e di gestione delle infrastrutture e reclutamento delle risorse umane dell’ambito ICT, sia nelle aziende sanitarie che nella società in house, completata dall’acquisizione sul mercato di servizi di supporto tecnico specialistico;
  • −  Evoluzione dei sistemi sanitari ospedalieri e territoriali su dimensione regionale;
  • −  Attivazione di una specifica funzione centralizzata per il procurement dell’ambito ICT;
  • −  Definizione di una nuova organizzazione per il coordinamento dei servizi IT delle Aziende

sanitarie e della società in house;

  • −  Sviluppo delle competenze digitali degli operatori e dei cittadini.

Infrastruttura regionale: rete RUN, DRCU e servizi di sicurezza informatica

Nel prossimo quinquennio la presenza di BUL (banda ultralarga) sarà un requisito abilitante per tutti i servizi sanitari, in particolare per quelli di tipo territoriale. Uno dei punti di forza della nostra regione è la presenza di una rete a banda larga, in fibra ottica e di proprietà pubblica, (RUN) che raggiunge i maggiori centri ospedalieri della regione, essendo integrata con i servizi del sistema pubblico di connettività (SPC) per il collegamento di tutte le sedi della sanità pubblica. Mantenendo questa logica di integrazione tra rete di proprietà e reti di mercato, è importante che tutte le strutture sanitarie siano raggiunte dalla BUL; nuova attenzione deve essere riservata quindi alle sedi territoriali delle aziende sanitarie, alle aggregazioni della medicina di base, ai servizi residenziali ed ambulatoriali che si affiancheranno agli ospedali nell’erogazione dei servizi di telemedicina. La rete RUN deve superare la fase pionieristica che ha caratterizzato il suo avvio e diventare un’infrastruttura più matura e pienamente efficiente, attraverso l’attivazione di un centro di competenza, individuato nella società in house quale deputata alla conduzione del servizio. L’organizzazione del centro di competenza dovrà operare in stretto coordinamento con i servizi tecnici delle aziende sanitarie che curano la gestione delle reti di ambito aziendale. La rete RUN

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dovrà inoltre essere consolidata con ulteriori investimenti per garantire la ridondanza dei collegamenti critici e gli adeguati livelli di servizio e di continuità operativa richiesti dai servizi per la salute. Il data center regionale (DCRU) ospita oggi le componenti comuni del Sistema informativo integrato della sanità ed alcuni servizi di livello aziendale. L’evoluzione del DCRU verso un sistema più ampio che chiameremo “Umbria Cloud” avverrà introducendo una logica di ibridazione su cloud dell’infrastruttura oggi esistente, sfruttando dove necessario le architetture distribuite dell’edge cloud ed i modelli del next generation cloud per garantire scalabilità, ridondanza e disponibilità. La direzione dell’infrastruttura IaaS è quella della logica liquida e del pay as you use. Sarà quindi obiettivo primario la certificazione della società in house come Cloud Service Provider oltre che il consolidamento di un centro di competenza, complementare a quello per i servizi di rete sopra illustrato, che garantisca le necessarie professionalità ed il supporto tecnico operativo, in particolare nelle fasi di migrazione dei data center di classe B, ancora presenti nel servizio sanitario regionale. Nell’ambito delle componenti infrastrutturali particolare attenzione deve essere dedicata alla questione della sicurezza informatica. Il settore sanitario è un obiettivo verso il quale il numero e la gravità degli attacchi sono in progressivo aumento. L’eterogeneità dei processi, la riservatezza delle informazioni, la presenza di dispositivi medicali, rendono il settore sanitario un mondo complesso come ben pochi altri nell’ambito della cybersecurity. È necessario intraprendere una rapida crescita su tutti gli aspetti della sicurezza, migliorando la protezione, le azioni di rilevamento e la capacità di risposta agli attacchi, con un forte investimento in strumentazione e in professionalità, entrambi oggi insufficienti. Si intende sviluppare un Security Operation Center SOC regionale nell’ambito della società in house, ritenendo che la sanità non possa fare a meno di un centro di competenza specializzato e dedicato, i cui servizi potranno essere in parte integrati con processi di esternalizzazione delle attività e del rischio. È infine fondamentale porre attenzione all’aspetto culturale poiché spesso gli attacchi sono portati a termine sfruttando le disattenzioni o comportamenti superficiali degli operatori. Uno specifico training sulla consapevolezza dei rischi cyber e sulla riservatezza dei dati deve essere parte integrante della formazione continua di tutti gli operatori della sanità regionale.

Evoluzione dei sistemi sanitari ospedalieri e territoriali

I sistemi informativi ospedalieri hanno raggiunto in Umbria un buon livello di maturità e si collocano, seppur con leggere differenze, ad uno stadio omogeneo di digitalizzazione.

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Tutti gli ospedali sono dotati di una cartella clinica elettronica di ricovero con la piena adesione di tutti gli operatori con le seguenti funzionalità che sono utilizzate a regime in tutti i reparti:

  • −  Consultazione referti e immagini;
  • −  Order entry per Laboratorio, Radiologia, Trasfusionale, Anatomia patologia, Consulenze

specialistiche;

  • −  Anamnesi/Inquadramento clinico;
  • −  Gestione delle informazioni di riepilogo sul paziente;
  • −  Gestione del diario medico e/o infermieristico;
  • −  Prescrizione e somministrazione terapie al letto del paziente;
  • −  Identificazione del paziente.

La refertazione nelle aree diagnostiche è completamente dematerializzata ed è sottoscritta con firma digitale (radiologia, laboratorio, anatomia patologica). La cartella clinica invece, seppur gestita con strumenti di CCE, viene stampata al termine del ricovero e sottoscritta in modo tradizionale, per la conservazione di legge. L’ambito ambulatoriale presenta una situazione meno evoluta; ci sono branche specialistiche dotate di sistemi dipartimentali, tra le quali l’oncologia, la nefrologia, la diabetologia, la gastroenterologia. Sono presenti ancora molte aree disciplinari di ambito ambulatoriale che utilizzano i sistemi digitali in modo frammentato e non integrato al HIS, spesso per le sole funzionalità minime (liste pazienti, validazione erogato, prescrizione informatizzata, refertazione su fogli di videoscrittura). L’evoluzione nell’ambito dei sistemi ospedalieri deve condurre tutte le installazioni aziendali verso una architettura standard, le cui componenti infrastrutturali, così come i dipartimentali della diagnostica, saranno consolidati a livello regionale. Considerata la dimensione piccola della regione, concentrare sul livello regionale l’infrastruttura applicativa ed in particolare le componenti di base, quali il Master Patient Index, lo strato Esb di integrazione, i repository EHR, l’identity management, riduce notevolmente la complessità, e semplifica la circolarità delle informazioni. Si indicano inoltre le seguenti ulteriori azioni per il consolidamento e l’evoluzione dei sistemi ospedalieri:

  • −  Completamento dei processi di acquisizioni centralizzate dei sistemi per la diagnostica LIS, RIS-PACS-VNA, SIT, Digital pathology;
  • −  Consolidamento della gestione digitale in ambito ambulatoriale di tutte le discipline;
  • −  Introduzione di sistemi di supporto alle decisioni cliniche integrati nella CCE;
  • −  Integrazione della CCE con gli strumenti di collaborazione dell’ecosistema;

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  • −  Introduzione della firma digitale sui documenti di ricovero;
  • −  Evoluzione dei sistemi territoriali (Atlante, GoProtesis, Ambulatoriale, etc.) verso la logica

dell’ecosistema dei servizi EDSS;

  • −  Evoluzione del portale del MMG/PLS per rendere disponibile gli strumenti di collaborazione,

multicanalità e telemedicina dell’ecosistema EDSS.

Procurement IT

La centralità della rivoluzione digitale e delle azioni previste dal PNRR impongono un ampio ricorso al procurement del settore IT, per l’acquisto di beni e servizi con forte connotazione progettuale, in modo particolare quando si ricorre a metodi di tipo ricorsivo, es. metodo Agile, al fine di ottenere risultati verificabili ma anche prodotti e servizi destinati ad una continua evoluzione e adattamento. E’ necessario quindi definire una funzione specifica posta in capo al soggetto aggregatore, completamente dedicata al procurement ICT, con competenze specifiche nel settore dell’innovazione tecnologica, indispensabili per la definizione dei requisiti tecnici e funzionali, degli elementi di valutazione delle offerte e delle clausole contrattuali.

Definizione del modello organizzativo

Il ruolo fondamentale sarà quello svolto dalla società in house, con i suoi centri di competenza specialistici, che dovranno agire in stretto coordinamento con i servizi IT delle singole aziende sanitarie, nel rispetto delle competenze e delle esigenze di ciascuna. A loro volta, le quattro Aziende dovranno sviluppare un modello organizzativo integrato dei propri servizi IT mediante la costituzione di un dipartimento interaziendale che garantisca sia la gestione efficiente delle risorse umane e tecnologiche, evitando duplicazioni e sovrapposizioni tra le funzioni interne dei servizi IT, e le funzioni della società in house, sia la tempestività e la qualità dei flussi informativi ministeriali e regionali.

Sviluppo delle competenze digitali

La complessità del cambiamento richiede lo sviluppo di competenze specifiche, in particolare negli ambiti della sicurezza, della riservatezza, della qualità dei dati, del ruolo e delle responsabilità di ciascuno rispetto alle nuove tecnologie. Prioritario è un programma formativo e informativo, ampio

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e strutturato, dedicato specificamente ai temi della sanità digitale, in grado di raggiungere l’intera platea degli operatori. I programmi formativi dovranno essere completi, finalizzati cioè a fornire competenze di base, specialistiche e di e-leadership. L’investimento in formazione deve accompagnare e completare tutti gli investimenti tecnologici previsti nei prossimi anni, anche supportando specifici percorsi di certificazione delle competenze digitali, sia nelle professioni sanitarie che nei ruoli tecnici e amministrativi della sanità. Oltre alla formazione operativa, è importante diffondere una conoscenza complessiva del sistema e-health, coinvolgendo le professionalità e gli stessi utenti già nella fase di progettazione dei nuovi servizi.

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Piano Sanitario Regionale 2022 – 2026 Umbria, la Salute al Centro 3.4: INTEGRAZIONE SOCIO SANITARIA

L’integrazione socio-sanitaria si realizza attraverso il coordinamento tra interventi di natura sanitaria e sanitario-assistenziale con interventi di natura sociale, a fronte di bisogni di salute molteplici e complessi, sulla base di progetti assistenziali personalizzati. L’integrazione sociosanitaria costituisce sempre più una strategia fondante del modello di cure territoriali, da perseguire a tutti i livelli del sistema, quale approccio che interpreta in modo completo l’obiettivo di tutelare la salute e il benessere dei cittadini.

3.4.1. LA RIFORMA PER DARE CENTRALITÀ AI BISOGNI DEL CITTADINO

Storicamente il nostro sistema di welfare si è sviluppato su filiere parallele, separate per competenze (il sociale, il sanitario, educativo, lo scolastico, il lavoro, etc.), incentrate sulla logica del bisogno e sull’offerta di risposte diversificate per categorie, aree di intervento, età delle persone, livelli di gravità. Porre al centro della programmazione regionale i bisogni dei cittadini ed i loro diritti impone un suo ripensamento fondato sul protagonismo della persona, considerata nella sua unitarietà. Di fronte a bisogni sempre più complessi e articolati, anche a seguito dell’emergenza Covid-19, è necessario rafforzare la governance complessiva, puntando sulla integrazione delle politiche, dei servizi, degli interventi, delle competenze, delle risorse e sulla valorizzazione del capitale relazionale, al fine di accrescere la qualità della vita nelle comunità locali. Obiettivo strategico della nuova programmazione regionale è quello di superare l’attuale frammentazione e settorializzazione, attraverso un rafforzamento della programmazione integrata tra sociale e sanitario, del relativo monitoraggio e valutazione.

Soltanto la sinergia di tutti gli attori territoriali, pubblici e privati, attraverso un approccio bio-psico- sociale, permette di migliorare le risposte alla complessità e molteplicità dei bisogni delle persone e dare coerenza al sistema. Ne discende, in particolare, la necessità di assicurare una programmazione integrata tra sociale e sanitario, che, per tale specifico ambito, può realizzarsi anche attraverso l’integrazione della cabina di regia politica, prevista al capitolo 3.1.3 (Il modello di governance), con un rappresentante del Comitato delle Autonomie Locali (CAL).

Il consolidamento ed il rafforzamento dell’integrazione sociosanitaria si inserisce, quindi, in un percorso virtuoso volto ad evitare duplicazioni di interventi, un uso più efficiente ed efficace delle risorse professionali e finanziarie, la prontezza, appropriatezza e continuità delle risposte a vecchi e

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nuovi bisogni puntando, nel contempo, sulla prevenzione. La prima e più immediata forma di integrazione è quella che si realizza tra le politiche sociali e le politiche sanitarie. Essa coinvolge tre diversi livelli:

  • −  istituzionale, fra le diverse politiche e i diversi enti di governo;
  • −  organizzativo e gestionale, fra i servizi dello stesso ente e di enti diversi;
  • −  professionale, tra operatori di diversa formazione e competenza.

Solitamente i percorsi di integrazione sociosanitaria tendono a concentrarsi su una sola di queste dimensioni, con forte rischio di insuccesso, mentre l’integrazione va promossa contemporaneamente su tutti e tre i piani. Gli strumenti a disposizione delle Zone sociali e dei Distretti sanitari per perseguire l’integrazione nelle diverse fasi della programmazione sanitaria, sociale e sociosanitaria nel territorio di riferimento, sono rispettivamente rappresentati dai Piani sociali di Zona (PdZ) e dai Programmi delle Attività Territoriali (PAT).

Il Piano sociale di Zona è lo strumento mediante il quale la Zona sociale programma gli interventi e i servizi sociali e stabilisce i criteri per l’erogazione dei servizi sociali e per la loro attuazione. Ai fini dell’integrazione socio sanitaria tiene conto del Piano regionale integrato per la non autosufficienza (PRINA)1, del Piano attuativo delle aziende sanitarie regionali e del Programma delle Attività Territoriali (PAT) di distretto di cui costituisce parte integrante. Nel Programma delle Attività Territoriali sono definiti i bisogni prioritari e gli interventi di natura sanitaria e socio-sanitaria necessari per soddisfarli. Basato sulla intersettorialità degli interventi cui concorrono le diverse strutture operative, contiene la localizzazione dei servizi e delle strutture afferenti al distretto e la determinazione delle risorse per l’integrazione socio-sanitaria e delle quote rispettivamente a carico dell’unità sanitaria locale e dei comuni.

L’imminente approvazione del c.d. DM 71, recante i Modelli e standard per lo sviluppo dell’Assistenza territoriale nel SSN, costituisce occasione unica per sistematizzare le azioni, in modo da ridurre la “sanitarizzazione” degli interventi ed accrescere la responsabilità ed il coinvolgimento di operatori, dell’utente con la sua rete familiare e sociale attraverso interventi non standardizzati, ma personalizzati.

1 Il Piano regionale integrato per la non autosufficienza (PRINA) – alimentato da un fondo con risorse provenienti dal riparto del Fondo Nazionale per la non Autosufficienza (FNNA) e da risorse proprie del bilancio regionale, sanitarie e sociali – è lo strumento di programmazione regionale che permette ad Aziende USL e Zone sociali di attuare, le strategie indicate dagli organi regionali.

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In quest’ottica le Case della Comunità, le Centrali Operative Territoriali e gli Ospedali di Comunità finanziati con i fondi del PNRR, già descritte al paragrafo 3.2.1, consentiranno di definire percorsi che attraverso un efficiente utilizzazione delle risorse forniranno al cittadino la possibilità di ricevere risposte appropriate ai suoi bisogni, in luoghi di prossimità e ben identificabili, mettendo contestualmente a leva risorse familiari e sociali di cui lo stesso possa beneficiare. Il relativo modello organizzativo troverà realizzazione attraverso il Punto Unico di Accesso (P.U.A.) – collocato all’interno delle Case di Comunità – così come definito da ultimo dall’art. 1, co 163 della L. 30.12.2021, n. 234, che consentirà l’accesso unitario alla rete dei servizi, in cui con il coordinamento di più professionisti e il dialogo costante di sistemi, risorse e percorsi, non unitariamente governati (SSR e Comuni), sarà possibile garantire:

  • la rilevazione del bisogno;
  • la progettazione dell’intervento personalizzato;
  • la programmazione delle attività;
  • la verifica dei risultati in termini di salute e di costi.
    Figura 3.4.1.1 Modello di sviluppo della rete integrata dei servizi territoriali (Fonte: Agenas “Modelli e standard per lo sviluppo

dell’Assistenza Territoriale nel Sistema Sanitario Nazionale”)

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4.MONITORAGGIO E VALUTAZIONE DEL PIANO

Il monitoraggio e valutazione del nuovo Piano Sanitario Regionale sarà caratterizzato da un sistema di misurazione delle performance che preveda una valutazione iniziale, una valutazione in itinere ed una finale. La valutazione iniziale (valutazione ex-ante) è caratterizzata dalla “diagnosi iniziale del SSR” rappresentata nel Libro Bianco e nel Profilo di Salute, documento fondamentale per i dati epidemiologici che rappresentano lo stato di salute della popolazione umbra. La valutazione intermedia (valutazione di processo) verrà eseguita tramite la valutazione dello stato di avanzamento delle progettualità e macro-azioni previste nel Piano. Questo aspetto viene gestito, a livello di sistema sanitario, tramite l’assegnazione degli obiettivi strategici annuali, tra loro correlati ed integrati, alle Aziende Sanitarie, alla Direzione Salute e Welfare ed alle Società in house alla Regione Umbria, in modo da rendere effettivamente coordinata sia l’attività di perseguimento degli obiettivi posti dal Piano, sia l’offerta dei servizi ai cittadini. Infine, la valutazione finale (valutazione ex-post) che avverrà tramite:

  • −  il Nuovo Sistema di Garanzia (NSG) che al contrario della Griglia LEA non sintetizza in un unico punteggio la valutazione relativa alle tre Aree (Prevenzione, Distrettuale, Ospedaliera), ma misura in maniera indipendente la garanzia per i cittadini offerta a ciascuna di esse. La nuova metodologia, integrata con la modalità di verifica degli adempimenti, è basata su un sistema di indicatori, che associa a ciascun LEA gli attributi rilevanti dei processi di erogazione delle prestazioni, quali efficienza e appropriatezza organizzativa, efficacia e appropriatezza clinica, sicurezza delle cure;
  • −  il Sistema di Valutazione delle Performance dei Sistemi Sanitari Regionali, curato dal laboratorio Management e Sanità della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, costituito da oltre 200 indicatori di benchmarking raggruppati in circa 50 indicatori di sintesi, che risponde all’obiettivo di fornire a ciascuna Regione una modalità di misurazione, confronto e rappresentazione del livello della propria offerta sanitaria;
  • −  l’aggiornamento del profilo di salute in modo che si possano valutare gli impatti delle azioni di sistema rispetto allo stato di salute della popolazione. Quest’ultimo strumento è comunque da prendere in considerazione con l’avvertenza che alcuni indicatori e determinanti di salute pubblica non comportano grandi variazioni nel breve periodo (3-5 anni).

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Piano Sanitario Regionale 2022 – 2026 Umbria, la Salute al Centro Figura 4.1 Modello di valutazione di impatto del nuovo Piano Sanitario Regionale dell’Umbria 2022 – 2026 2021 – 2025

Fase della valutazione

Valutazione iniziale

Valutazione intermedia

Valutazione finale

Contenuti

Libro Bianco Profilo di Salute

Monitoraggio obiettivi:

  1. Direzione Salute e Welfare b. Direttori Generali ASL/AO c. Amministratori società

partecipate

Nuovo Sistema di Garanzia Sistema di Valutazione delle

Finalità

Definire il punto di partenza del Sistema Sanitario come base di diagnosi per stabilire le priorità di intervento

Monitorare lo stato di attuazione delle progettualità e delle macro-azioni che devono tradurre i cambiamenti indicati nel Piano Sanitario.

Valutare i risultati ottenuti, in termini di salute e di performance, del Sistema Sanitario Regionale in seguito all’applicazione dei contenuti del Piano Sanitario.

Performance dei Sanitari Regionali

Profilo di Salute

Sistemi

5.VANTAGGI PER IL CITTADINO

Il primo passo verso una sanità migliore, costruita attorno alle reali esigenze della popolazione, è quello di rendere evidenti e comprensibili le novità apportate dal Piano Sanitario. I principali vantaggi derivanti dall’introduzione dei cambiamenti rappresentati nei capitoli precedenti sono i seguenti:

Equità nell’accesso ai servizi su tutto il territorio regionale: i mutamenti introdotti nell’ambito della riorganizzazione dell’assistenza sul territorio, con particolare riferimento alla riduzione dei Distretti ed all’introduzione dei Coordinatori dei Distretti, garantirà a tutti i cittadini parità di trattamento e di disponibilità dei servizi, prestazioni e percorsi di cura, in ogni territorio della Regione;

Accesso semplificato ai servizi del Sistema Sanitario: l’introduzione delle Case della Comunità permetterà al cittadino di individuare fin da subito la struttura deputata all’assistenza territoriale per le prestazioni ordinarie. Tali strutture, infatti, aperte h24 e collegate con gli ambulatori della medicina generale e agli ospedali di comunità, fungeranno da punto di riferimento sul territorio per l’accesso al sistema sanitario, offrendo tutti quei servizi sanitari, sociosanitari nonché di prevenzione, di promozione della salute e continuità assistenziale necessari a fornire un’assistenza più appropriata e costante al cittadino. Inoltre, l’introduzione delle Case della Comunità consentirà di ridurre gli accessi inappropriati al Pronto soccorso, i ricoveri per condizioni sensibili al trattamento ambulatoriale e di incrementare gli episodi in assistenza domiciliare integrata infermieristica e/o medica;

Sicurezza nella erogazione delle cure: la riorganizzazione delle reti di patologia e servizi clinici generali sulla base dei parametri forniti dalla normativa di riferimento, DM 70/2015, assicurerà all’utenza prestazioni sicure e di qualità erogate da personale e strutture qualificati. La vocazione chiara di ogni presidio ospedaliero e la definizione dei percorsi diagnostico terapeutico assistenziali, infatti, consentirà al personale di ogni struttura di specializzarsi nell’ambito di riferimento, acquisendo conoscenze e sviluppando buone pratiche cliniche innalzando il livello dell’assistenza fornita oltreché di incrementare la mobilità attiva sia di pazienti che di professionisti;

Uso appropriato delle risorse: l’utilizzo adeguato delle strutture di assistenza sanitaria con l’impiego della giusta quantità di risorse, con particolare riferimento ai diversi setting assistenziali ed ai

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Piano Sanitario Regionale 2022 – 2026 Umbria, la Salute al Centro professionisti coinvolti, renderà possibile erogare i servizi al miglior rapporto costi – benefici a

vantaggio quindi della qualità e varietà dei servizi offerti al paziente;

Riduzione dei tempi di attesa: l’applicazione della medicina d’iniziativa nella presa in carico dei pazienti cronici affetti da una sola patologia, che si realizzerà anche attraverso la prenotazione del piano di cura direttamente da back office, consentirà, assieme alla rimodulazione dell’offerta dei servizi e prestazioni su tutto il territorio regionale, un miglior governo delle liste di attesa ed una consistente riduzione delle code ai CUP;

Garanzia di una reale ed efficace presa in carico: l’attuazione degli interventi di integrazione ospedale-territorio, l’introduzione dell’infermiere di famiglia e di comunità e l’applicazione della medicina d’iniziativa anche con l’ausilio di tecnologie digitali, consentirà al cittadino di sentirsi realmente al centro del sistema sanitario riducendo gli spostamenti superflui verso le strutture sanitarie per le richieste di informazioni ed anche per l’effettuazione e/o la prenotazione delle prestazioni;

Accesso garantito ai servizi ordinari anche in situazioni emergenziali: grazie alle buone pratiche acquisite nella gestione dell’emergenza sanitaria da Covid-19, verranno fornite risposte tempestive e qualificate per il contrasto dell’emergenza pandemica e contestualmente sarà garantito l’accesso a tutti i servizi ordinari, al fine di non penalizzare i bisogni di salute di tutti i cittadini;

Coinvolgimento del cittadino nelle in tutte le azioni di prevenzione: l’attuazione dei programmi del nuovo Piano regionale della prevenzione in linea con quello nazionale, garantiranno il coinvolgimento del cittadino sia negli interventi di contrasto al Covid 19, che per la gestione delle attività di promozione della salute, anche con l’ausilio delle tecnologie digitali (es. campagne di prevenzione e comunicazione, APP di monitoraggio e promozione degli stili di vita sani);

Una sanità digitale più semplice e fruibile: le informazioni relative alla storia clinica dei cittadini verranno utilizzate dai professionisti della sanità per i percorsi di cura e di presa in carico del paziente tramite l’ausilio di tecnologie digitali. Inoltre, verranno implementati i servizi attraverso lo sviluppo di APP e strumenti per la telemedicina, garantendo un presidio costante sulla sicurezza dei dati personali, al fine di creare un ecosistema di servizi di sanità digitale che renderà più agevole il rapporto tra il cittadino ed il SSR;

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Maggiore integrazione sociosanitaria: il cittadino verrà posto al centro delle politiche regionali e locali con l’obiettivo di realizzare servizi su misura in base ai bisogni che esprime. Inoltre, grazie allo sviluppo del sistema di accreditamento sociale e sociosanitario potrà beneficiare di strutture, personale e servizi validati nel rispetto degli standard regionali;

Comunicazione chiara ed affidabile: i vantaggi fin qui evidenziati porteranno benefici concreti ai cittadini anche grazie ad un sistema integrato di comunicazione fondato sulla cultura dell’ascolto e sull’empowerment della persona. Le strategie di comunicazione, basate su un mix di piattaforme e di strumenti, vedranno la collaborazione e il coordinamento tra istituzioni, in modo da raggiungere in maniera capillare tutti i target di popolazione, con messaggi comprensibili e basati sulle migliori evidenze scientifiche.

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