Pieroni “I ritardi dei treni… vengono da lontano”

by redazione

(Riceviamo e pubblichiamo)

Agli orali degli esami di Stato, ormai quasi mezzo secolo fa, il professore di scienza delle finanze, che sapeva della mia provenienza da una famiglia di ferrovieri, mi fece una domanda riguardante il costo dei biglietti dei treni. Risposi che il biglietto di prima classe doveva superare il costo di produzione del servizio reso, mentre quello di seconda classe doveva essere inferiore. Ciò avrebbe comunque determinato un bilancio in rosso delle Ferrovie dello Stato ma avrebbe garantito il diritto di muoversi, con  costi contenuti,  a tutti i cittadini. Un servizio universale, di opportunità, crescita  e libertà. La mia risposta non fu figlia di personali riflessioni ma solamente la citazione condivisibile di uno dei più grandi esperti mondiali di economia, desunta dal libro di testo di allora.

Le Ferrovie dello Stato di un tempo, insieme ad altri grandi Enti pubblici, a onor del vero, svolgevano anche un altro compito sociale: assumevano personale anche dove non c’era bisogno. Questo era sicuramente un aspetto su cui riflettere e provvedere. I tempi cambiarono. Il primo snodo fondamentale, secondo me sbagliato, fu stabilire che il bilancio della ferrovia, Ente monopolistico del trasporto su rotaia di merci e persone, dovesse obbligatoriamente chiudere in pareggio. Lo scenario, a grandi passi, cambiò radicalmente. La filosofia del trasporto per tutti a prezzi modici, fu travolta da una più remunerativa visione di bilancio per cui occorreva effettuare solo treni redditizi e ridurre, con l’accetta, il numero dei ferrovieri. Quest’ultimo fu attuato con incentivi e pensionamenti anticipati di massa, che ancora oggi, pensando al futuro dei giovani, gridano vendetta. In molti casi si è esagerato.

Tante stazioni che pullulavano di ferrovieri sono state chiuse a chiave, in molti casi pregiudicando anche la sicurezza e la tranquillità dei viaggiatori. Nel frattempo la tecnologia innovativa faceva passi da gigante. L’introduzione di positivi sistemi di sicurezza avanzati permise di avviare un percorso che metteva in seria discussione la “presenza fisica” del ferroviere. La realizzazione della Direttissima Roma-Firenze e a seguire delle linee Alta Velocità/ Alta Capacità Bologna-Milano, Firenze-Bologna, Roma-Napoli, Milano-Torino, la regionalizzazione del trasporto locale-pendolare, la divisione tra la proprietà dei binari e delle stazioni (RFI= rete ferroviaria italiana) e le imprese di trasporto pubbliche e private, hanno cambiato totalmente il mondo della rotaia. Occorre dare atto che questi provvedimenti hanno fatto svoltare, in positivo, coloro che vivono o lavorano nelle grandi città. Con i treni AV, che siano eurostar fs o Italo, in poco più di un’ora si va da Roma a Napoli, con 37 minuti da Firenze a Bologna, con 2 ore e 59 minuti da Roma a Milano. Inoltre , nella gran parte dei casi, queste stazioni hanno un collegamento diretto con i relativi aeroporti. I prezzi non sempre sono modici, ma comunque concorrenziali con quelli degli aerei. Nelle fasce orarie più “calde”, tenuto conto dell’aumento della domanda, i treni AV sono praticamente uno appiccicato all’altro. Ma la medaglia ha il suo rovescio. Tale vantaggioso servizio, spesso cozza con gli interessi e la necessità di puntualità del resto dei clienti. Clienti e non più utenti, per chi se ne intende la differenza non è di poco conto. I viaggiatori pendolari sono praticamente diventati un impiccio, una fastidiosa complicazione. I treni che i pendolari utilizzano non subiscono la legge della concorrenza e alla fin fine… quando arrivano, arrivano. Tanto, nella maggior parte dei casi, non sono disponibili mezzi alternativi di trasporto.

La situazione attuale di sistematici ritardi e soppressioni è dovuta a molti fattori ma mi preme sottolinearne due su tutti. Il primo è che ci si è affidati, quasi supinamente, alla tecnologia. E’ un programma, un computer, che decide quanti treni può sopportare un determinato tratto di linea, quale treno ha la precedenza su un altro, quale far percorrere una linea anziché un’altra. Il programma considera condizioni ottimali che spesso però sono disturbate da molteplici e non preventibabili problemi. E’ vero che le “mani” che controllano e dirigono un tratto di linea possono sovvertire l’ordine della macchina ma occorre prendersi delle responsabilità, spesso redarguite anche pesantemente, se qualcosa non va per il verso giusto.

Parlando di “mani” ho introdotto il secondo grande problema che provoca criticità. Da alcuni anni è in atto, nel settore trasporti, un ricambio generazionale di entità senza precedenti. Si tratta di decine di migliaia di assunzioni. Ragazzi sicuramente più acculturati, più reattivi all’innovazione, ma senza alcuna esperienza, soprattutto, spesso, senza nessuno accanto che gliela possa trasmettere. Mossi dalla necessità di coprire posti vacanti e dalla volontà di risparmiare, si assumono giovani inquadrandoli a dei livelli di grande responsabilità, livelli che una volta si raggiungevano per gradi, magari dopo lunghi anni di anzianità e lavoro sul campo. L’esperienza non si compra al mercato!

Concludo con una provocazione.

  Mi spieghereste perché in un Paese dove ormai non funziona più niente, dove non abbiamo né referenti né riferimenti in nessuno dei servizi essenziali, i treni dovrebbero arrivare tutti puntuali? Non vi sembra di chiedere troppo?

Giorgio Pieroni

 

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