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Volpi “Lo stravolgimento della Costituzione ridurrà democrazia e diritti”

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Città della Pieve. Domenica 27 novembre, nella sala grande di Palazzo Corgna a Città della Pieve, si è tenuto un incontro pubblico sulle ragioni del NO al Referendum Costituzionale.

Relatore della serata è stato il Professor Mauro Volpi, docente di Diritto comparato alla Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Perugia e membro del Comitato per il NO, inoltre sono intervenuti Filippo Gallinella parlamentare M5s, Oscar Monaco segretario provinciale Prc, Nicola Torrini segretario locale A.N.P.I., Vasco Cajarelli segretario regionale CGIL.

Gli ospiti hanno preso la parola spiegando le motivazioni per cui le parti politiche e le associazioni da loro rappresentate hanno deciso di votare NO a questa riforma, poi il Professor Volpi è entrato nel merito degli articoli che il 4 dicembre dovremo andare a votare.

Le ragioni che giustificano la scelta del NO sono molteplici, ha detto Volpi, innanzitutto di metodo. La riforma è stata voluta dal Governo e approvata dalla sola maggioranza con l’apporto di pochi transfughi (verdiniani ed ex leghisti), in questo modo la Costituzione viene trasformata da “casa comune” degli Italiani in una legge politica di maggioranza. E’ stata inoltre approvata da un Parlamento politicamente delegittimato, in quanto eletto con una legge dichiarata incostituzionale e per di più viene sottoposto ad un unico voto un testo eterogeneo che modifica 47 articoli, violando la libertà dei cittadini, costretti a votare in blocco tutte le modifiche proposte. Infine il testo è scritto in un pessimo italiano, confuso e incomprensibile, con una devastazione della Costituzione attuale che brilla per chiarezza e concisione.

I contenuti della riforma non sono realmente innovativi o addirittura peggiorano la Costituzione. La tanto sbandierata riduzione dei costi della politica, relativa soprattutto alle indennità dei senatori, rappresenta un risparmio insignificante. Il superamento del bicameralismo perfetto viene realizzato non con l’abolizione del Senato, come falsamente ripetono gli esponenti del Governo, ma con la sua trasformazione in un camerino, nel quale troveranno rifugio consiglieri regionali e sindaci, eletti dai Consigli regionali, i quali acquisiranno l’immunità penale.

Il “nuovo” Senato, ha proseguito Volpi, non più rappresentativo della volontà popolare, avrà gli stessi poteri della Camera per l’approvazione di leggi importanti, come quelle che modificano la Costituzione, e per tutte le leggi monocamerali potrà proporre modifiche alla Camera. Non ci sarà nessuna semplificazione, in quanto il testo prevede almeno sette diversi procedimenti legislativi a seconda delle materie e ciò produrrà conflitti e ricorsi alla Corte costituzionale. La Camera viene eletta con un sistema elettorale, approvato a colpi di fiducia, l’Italicum, figlio di quello precedente (Porcellum), che ripropone un abnorme premio di maggioranza a favore di un’unica lista anche con un numero ridotto di voti e con il sistema dei capilista bloccati (eletti senza preferenze) in cento collegi sottrarrà alla scelta degli elettori più della metà dei deputati. La minoranza trasformata in maggioranza dal premio avrà poteri enormi, come quello di deliberare lo stato di guerra.

Si produrrà quindi una forte verticalizzazione del potere con l’adozione di fatto di una forma di governo presidenziale, ma senza contrappesi adeguati. Infatti la maggioranza della Camera potrà mettere le mani sui titolari di organi di garanzia (come il Presidente della Repubblica e i giudici costituzionali) e saranno ridotti i poteri del Capo dello Stato (nomina del Governo e scioglimento). Neppure gli istituti di partecipazione popolare vengono rafforzati. Al contrario: per le leggi di iniziativa popolare sono richieste non più 50.000, ma 150.000 firme, i referendum propositivi sono rinviati a una futura legge costituzionale, l’abbassamento del quorum di validità del referendum abrogativo è condizionato alla raccolta di 800.000 firme. La riforma produce, ha concluso il professor Volpi, anche una centralizzazione del potere in quanto sposta molte competenze dalle Regioni allo Stato e attribuisce al centro il potere finanziario che può comprimere a suo piacimento il ruolo di Regioni e Comuni. Inoltre il Governo potrà far intervenire il Parlamento anche su una materia di competenza regionale, invocando la violazione dell’interesse nazionale, che servirà da paravento per colpire le Regioni politicamente “nemiche”. Queste nuove regole non si applicano alle Regioni a statuto speciale finché non saranno rivisti i loro statuti sulla base di un’intesa fra ciascuna di esse e lo Stato e quindi si allargherà in modo abnorme il fossato fra Regioni ordinarie e Regioni speciali.

In definitiva verticalizzazione e centralizzazione dei poteri stravolgeranno la Repubblica democratica nata dalla Resistenza e consentiranno ad un governo non voluto dalla maggioranza degli elettori di continuare ad approvare leggi antipopolari e lesive dei diritti (al lavoro, alla salute, all’istruzione, all’ambiente).

Lo stravolgimento della Costituzione ridurrà gli spazi democratici e i diritti e quindi peggiorerà la situazione della grande maggioranza dei cittadini, ad eccezione di quella minuscola parte di arricchiti dalla crisi che si sono già pronunciati per il SI. Inoltre non è affatto vero che la vittoria del NO impedirebbe qualsiasi revisione futura. Al contrario renderebbe possibile approvare con un’amplissima maggioranza alcune utili riforme con la modifica di 5 o 6 articoli della Costituzione vigente.

Votare NO è quindi indispensabile per salvaguardare i principi di democrazia e di partecipazione popolare che stanno alla base della nostra Costituzione e per una riforma vera al posto di una “deforma” come quella proposta.

Ilaria Gabrielli