Vorrei parlare un po’ di Umbria. Territorio umbro, il cuore (non solo per forma e posizione) d’Italia.
Sento in qualche modo il bisogno di parlarne per sacrificare questo periodo così oscuro: covid, incertezza politica, drammaticità economica e perfino la campagna vaccinale. Sì sacrificare tutto in una catarsi che mi faccia riscoprire, almeno per un po’, di essere parte della natura, del cosmo, cellula della socialità, essere, umano e spirituale scaturito dalla tradizione e proiettato nel futuro. Voglio ricordarmi di me e della mia anima, insomma. E per fare questo penso all’Umbria. Questa regione che da sempre , nel mio immaginare, rimane un baluardo di umanità nell’imperare della tecnologia e della smania di futuro virtual-tecnologico.
Quando vivevo a Napoli e ancora ( secolo scorso ) non ero stato in Umbria, nel mio cuore e nel mio cervello (ora poi cervello: non vorrei esagerare pompando troppo l’autostima) già avevo precisa percezione di cosa fosse e di cosa rappresentasse questa regione nell’immaginario collettivo degli italiani. Sapevo cosa avrei trovato visitandola. Era chiaro nella parte intima di me, come la vista si sarebbe calmata non più distratta da infinite ammiccanti luminosità cittadine spesso inutili. Immaginavo già i borghi che avrebbero raccontato chi eravamo, proponendo nel contempo una visione di come potrebbe essere organizzato il futuro su una dimensione umana. Sapevo già che su quel territorio avrei (oggi diremmo resettato ) riequilibrato il mio sentirmi persona tra gli altri. E quando per la prima volta mi trovai in questo inconfondibile territorio o arcaico habitat umano, non restai deluso anzi, ancora nuove sensazioni ampliarono l’immaginazione e ricondussero il mio io, in un territorio dove la serenità veniva recuperata.
Attualmente il mondo e noi in esso, è soggiogato alla tecnologia e sotto gli artigli di questo mostro, umanità e spiritualità hanno abdicato a favore del benessere economico, che spesso a punti di PIL favorevoli, non fa corrispondere un reale percepito benessere, non ci fa essere più felici. Ebbene sapevo già che tra i borghi umbri tale eterea, importantissima sensazione insieme di benessere fisico e spirituale, questo bisogno di trascendenza, avrebbero trovato una risposta, in senso lato, non necessariamente nella fede cattolica. Insomma sapevo benissimo che tra borghi arroccati su colline, perfettamente integrati tra storia natura e arte, paesaggi consegnati ad improvvise prospettive architettoniche nelle linee dei tagli di luci intercalati da repentine penombre, lo spirito avrebbe trovato risposte, risposte di benessere per corpo e anima. E questo grazie ad una vita, in questo territorio, mai disgiunta da un rituale antico da non infrangere perché custode del segreto universale dell’esistere. Perfino Perugia e Terni pur popolose non si distaccano significativamente da questo modello di vita a misura di uomo. Ma la magia dell’equilibrio io lo trovo potente nei borghi dove ripeto, più rappresentativo è il connubio tra arte, natura e quotidianità. E faremo bene ad introiettare dentro noi queste arcaiche manifestazioni di umanità nella vita di tutti i giorni prima che tecnologia e virtualità, al servizio del denaro, prendano il sopravvento sul nostro essere biologicamente e spiritualmente umani.
Nunzio Dell’Annunziata