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Un film da record, un libro, un italiano di colore, una vita incredibile finita a Città della Pieve

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Ci siamo sentiti con Carlo Sacco per parlare del suo importante archivio, di cui una parte di rilievo è dedicata all’antifascismo pievese. Carlo ha infatti  tra le sue carte quelle del padre Benito e dello zio Solismo, due figure fondamentali nella lotta per la libertà durante il ventennio e nelle formazioni partigiane della zona. Ad un certo punto poi la chiacchierata è andata a finire su un suo parente, una figura particolare, un figlio di colore di un militare italiano, che visse la sua giovinezza in pieno fascismo, che fu pugile, ingegnere, matematico, impiegato del catasto, attore, e che trascorse gli ultimi anni della sua vita a Città della Pieve, dove aveva peraltro dei parenti. L’esperienza cinematografica di Lodovico Longo, così si chiamava, si deve alla sua partecipazione, nella parte del pugile di colore, al film “Harlem” da cui Luca Martera ha ricavato un libro, ricco e documentatissimo “Harlem, il film più censurato di sempre” pubblicato in questi giorni dalla casa editrice “La nave di Teseo”. Libro che verrà presentato nel corso di questo mese a Città della Pieve. Per una maggiore conoscenza del personaggio de per meglio introdurre  questo appuntamento programmato insieme al Comune, pubblichiamo il racconto che Carlo Sacco ha fatto ad un giornale locale. (g.f)

Si, è detto bene, ha avuto una vita speciale, anzi quasi incredibile e molto sofferta ma è riuscito ad imporsi socialmente grazie solo alle proprie forze, soprattutto quelle intellettuali e della conoscenza. Aveva sposato in seconde nozze la sorella di mia madre (il primo marito era stato un medico della casa reale che V.E.III teneva in grande considerazione e che morì di tetano).Con mia zia si conobbero in quella che nel periodo fascista veniva chiamata Littoria(Oggi Latina)e si sposarono intorno al 1941-1942 se non vado errato. La famiglia di Lodovico Longo era una famiglia benestante tanto da potergli offrire l’opportunità degli studi universitari e si laureò in Ingegneria alla Sapienza di Roma, avendo come insegnanti di matematica e fisica i docenti della famosa scuola di Via Panisperna, Amaldi, Segre e credo anche Pontecorvo ed altri. Conservo sempre nel mio archivio gli appunti di alta matematica fatti per mano di Amaldi, pervenuti a me in dono da parenti che della sua eredità hanno fruito.

E’ stato anche un grande sportivo, soprattutto boxeur, ma anche rugby e sollevamento pesi. ma soprattutto appunto boxeur e sfiorò anche la possibilità di raggiungere il titolo nazionale perso all’ultimo incontro con il celebre Paesani divenuto campione. Era una persona molto educata e riservata Lodovico, con un carattere schivo ma anche molto osservatore delle cose e delle persone che lo circondavano e si capiva anche solo da questo la sua sofferenza per la discriminazione che aveva ricevuto durante il periodo fascista nella società dove viveva e nei rapporti con le persone, discriminazione dovuta al colore mulatto della sua pelle. Era comunque tendenzialmente molto restio a legare con il resto dell’umanità e su tale argomento di certo risentiva delle condizioni che la situazione di discrimine razziale sotto il fascismo gli aveva impresso nella formazione e nel carattere. Una cosa che ho scoperto recentemente indagando e che successivamente ho creduto con abbastanza sicurezza di comprenderne le ragioni della sua passione per l’alta matematica è quella che una delle zie che si presero cura dei suoi studi iniziali (la zia Carlotta Longo) lo introdusse alla conoscenza ed allo studio dell’alta matematica, avendo essa stessa realizzato una teoria parallela allo studio matematico-fisico della teoria della relatività di Einstein; teoria questa che ha preso il nome proprio di questa zia che poi fu docente all’Università di Padova che quindi sicuramente gettò le basi dell’ l’interesse per la matematica al nipote Lodovico curandone l’iniziale educazione scolastica alla materia.

Tale zia Carlotta, fu anch’essa grande matematica e fu formulatrice appunto della teoria sopracitata che oggi prende il suo stesso nome e che riguarda la formulazione di una legge parallela- come dicevo poc’anzi- alla stessa teoria della relatività di Einstein: ” la legge elettrostatica elementare nella teoria di Einstein”-Relativity and Gravitational Theory- discussa all’università di Padova nel 1918 e che oggi è una teoria parallela(del resto come altre) a quella della relatività. Lodovico nel dopo guerra ha lavorato alle dipendenze del Ministero delle Finanze ed è tornò a vivere a Chiusi con la moglie Ambrosetta quando andò in pensione e durante il lavoro riuscì a prendere anche un altra laurea, quella in Scienze Politiche. Abitò nell’ordine di tempo ad Ancona, Perugia, Genova e Roma. Se mi è consentito un break tanto per spiegare le sofferenze che provava in un mondo che ancora appena dopo il passaggio della guerra non era affatto cambiato, anzi per certi aspetti era ancor peggiore di prima, ricordo un ‘aneddoto”- chiamiamolo così-che raccontava mio padre, che durante la sua attività di fotografo vedutista una volta passò a salutarlo nel suo ufficio a Perugia e si trovò improvvisamente di fronte ad una discussione che subito sfociò in lite furibonda fra Lodovico ed un suo superiore- un capo ufficio del catasto- il quale alla fine della lite lo apostrofò con le seguenti parole:” ma lei cosa vuole ?! Lei è un negro, è una persona di razza inferiore !”.A questo punto non furono sufficienti le cinque persone presenti a tale diatriba per reggerlo perché saltò addosso alla persona che lo aveva apostrofato in quel modo e queste cinque persone riuscirono con grande sforzo a toglierlo dalle mano di Lodovico perché sicuramente l’avrebbe mandato all’altro mondo. Il capo ufficio in preda alla totale paura di quella scena vissuta in tal modo, entrò nel suo ufficio e si chiuse a chiave. Lodovico si mise a contrasto con gambe, piedi e spalle fra le due mura del piccolo corridoio dove era avvenuta questa scena di violenza ed a forza di spallate buttò letteralmente giù il muro. Mio padre rimase allibito e gli stessi 5 entrarono nella stanza dalla parete che in parte era crollata ed entrarono nella stanza di quel malcapitato che si era là rifugiato per scampare alla sicura morte e riuscirono per fortuna con estremo sforzo a fermarlo ancora una volta. Non sò se quel capo ufficio al mattino dopo fosse tornato nuovamente sul posto di lavoro, ma credo di no.

Questo per dire che le persone taciturne e buone -come si dice- più del pane, quando ” perdono le staffe” diventano un problema grosso. Aveva anche un altra passione Lodovico ed era quella del disegno e dei volti femminili. Conservo infatti un centinaio di questi disegni di attrici italiane dell’epoca fatte a matita sia in bianco e nero sia a colori, ed ho sempre pensato che diventerebbero importanti se veramente avesse risolto quel famoso teorema di Fermat sul quale nei secoli si sono cimentati schiere di matematici di tutto il mondo ma tutti con esiti alla fine negativi. Il giapponese Yutaka Tanyama nel Novembre del 1958 si suicidò per la delusione quando si rese conto che il suo sogno si era infranto nel nulla poiché pensava di aver risolto tale teorema. Il Teorema di Fermat alla fine è stato risolto dal Prof. Andrew Wiles dell’Università di Cambridge nel 1995 dopo 360 anni e Lodovico è morto nel 1997 ma nel 1996 ha depositato dal notaio la soluzione(secondo lui) di tale teorema, lasciando la facoltà ad ognuno di poterne fruire di tale deposito. Devo per la verità dire che già da qualche anno prima della sua morte lui mi aveva parlato di tale teorema ed aveva cercato mio tramite(all’epoca abitavo a Firenze) di mettersi in contatto con qualche giornalista per rendere pubblico questo fatto, ma dopo un po’ di tentativi falliti io lasciai perdere la cosa, e lui rimasto solo (sua moglie era morta diversi anni prima) si era ammalato di cancro. Io pur abitando a Firenze dovevo assistere i miei due zii già quasi centenari e quindi non avevo modo di assisterlo e lo aiutai a cercare una casa di riposo dove avrebbe purtroppo terminato la sua vita. Difatti dopo circa un mese dal ricoverò morì a Città della Pieve. Durante il soggiorno nella casa di riposo, un fine settimana mi mandò a chiamare dalla suora superiora e le disse di darmi la chiave di casa sua; mi disse di andare in camera e prendere una borsa che aveva dentro un armadio. Io così feci e gli portai la borsa. Mise a fatica le gambe fuori dal letto e seduto sulla sponda apri la borsa ed estrasse il deposito notarie e sissignore insisteva per volermi spiegare i passaggi matematici che aveva depositato che secondo lui avevano risolto il teorema. Io più volte cercavo di spiegargli che era inutile che mi spiegasse quella roba perché per me era peggio della lingua araba ma lui insisteva. Alla fine si convinse e smise i suoi tentativi di spiegazione ed io riportai la cartella dove l’avevo presa. La sua eredità è andata poi ad altri parenti. Io ho sempre pensato che ci fosse stata proprio per l’estemporaneità di come si sono sviluppate le cose intorno a tale teorema(cioè da quando lui me ne aveva parlato-anni prima- la data del suo deposito notarile e la data della pubblicazione della risoluzione da parte di Andrew Wiles nel 1995 ) un lato oscuro riguardante tale ipotetica risoluzione.

Questo l’ho pensato proprio perché mi sembra ed ancora oggi mi è sembrato impossibile che dopo 360 anni tale questione sia stata risolta definitivamente nel 1995 e cioè un anno prima del deposito notarile ma che del fatto mio zio me ne aveva parlato qualche anno prima. Le cose non tornano se seguo tale iter temporale. Io per scrupolo ho sottoposto all’attenzione tale deposito con gli sviluppi dei passaggi a due matematici universitari(il primo dell’Università di Napoli) il quale mi ha risposto che nei passaggi matematici oggetto dello sviluppo della dimostrazione scritta nel deposito notarile manca qualcosa di non citato e che porta visibilmente alla soluzione finale e non si riesce a capire se questo possa essere un passaggio intermedio che manchi poiché la soluzione appare essere scollegata da tutta la procedura scritta.(in pratica mancherebbe un passaggio che non è stato scritto e che non si comprende cosa possa essere tale passaggio che porti alla dimostrazione finale che appare). Scrissi anni fa ad Andrea Ossicini citando il caso non sottoponendo i passaggi matematici ma ebbi una risposta per e-mail del tutto non incoraggiante, nel senso che mi disse che decine e decine di matematici si erano negli anni sbagliati prendendo dei sonori abbagli(conservo sempre la sua risposta).Sottoposi anche al Prof. Bombieri che viveva negli Stati Uniti per e-mail datami da sua sorella che al tempo viveva a Montepulciano tale documento, ma non ho mai avuto risposta. Devo anche dire per onestà che a me sono stati regalati i disegni che prima ho citato ed insieme ad i disegni ho rinvenuto in mezzo a questi anche dei fogli scritti a computer con le equazioni apparenti sul deposito notarile e tali fogli adesso non li ritrovo più perché nel frattempo ho fatto due traslochi e quindi non so dove potrebbero essere nel bailamme di carte e libri che ho in archivio, ma di sicuro mio zio Lodovico non aveva il computer perché usava solamente la testa per le sue dimostrazioni(il computer francamente non l’ha mai avuto) quindi ho anche pensato che tali fogli fossero stati scritti a computer da qualcun altro e che questi se ne possa essere appropriato. E’ pura fantasia e tutto sfuma nell’indimostrabilità più totale, e puta caso anche se la dimostrazione oggetto del deposito notarile fosse esatta e mio zio non avesse preso un abbaglio, ci sarebbe sempre la data reale del deposito a smentire la paternità, contro la mia parola che nulla vale che afferma che di tale questione me ne aveva parlato verbalmente qualche anno prima di averla risolta. Gli ambienti universitari sono incredibili per assicurare la paternità a tali scoperte, per cui ci sarebbe da entrare in meandri che non auguro a nessuno che voglia cimentarsi in altri tentativi, ma dico che per un certo verso ne varrebbe la pena e sarebbe molto bello ed anche molto- non sò trovare altra parola all’infuori di ”romantico”- poter scrivere sulla lapide di Lodovico un riferimento qualsiasi alla sua intelligenza ed alla sua intuizione. A proposito di quest’ultima mi disse che negli ultimi anni non pensava ad altro ma un giorno era riuscito a fermare per una decina di secondi tale intuizione ed a tenerla fissa in mente ed aveva avuto il tempo di metterla in forma scritta e da lì era ripartito per trovare la soluzione. Le menti matematiche così ragionano probabilmente, molto diverse da quelle nostre di persone comuni.

Nel prossimo mese di Maggio verrà presentato un libro di circa 400 pagine a Palazzo della Corgna a Città della Pieve dall’autore Luca Martera che ha fatto una grande ricerca sul Film di cui si parla in questo Post dal titolo ”Harlem il Film più censurato di sempre” ed anche su Lodovico ed al quale autore ho fornito il poco materiale documentaristico su Lodovico che mi è rimasto in archivio, anche se certi buchi neri permangono sulla sua vita. Ne ho già parlato col Sindaco e con l’autore e spero che nonostante le disposizioni Covid riguardanti il distanziamento vi sia una quantità di pubblico che possa fruire della storia di vita questa ” comparsa”, figlio comunque illustre e per tanti sconosciuto che oggi riposa per sempre nel nostro territorio. Nel mese di Maggio sarà comunque pubblicata la data precisa di tale presentazione e spero che possano essere presenti molti cittadini sia di Chiusi chè di città della Pieve e non solo. Se voleste visualizzare il film potrete già da adesso andare su You tube e cliccarne il titolo. Io sapevo che Lodovico era stato presente in tale film con Massimo Girotti, Amedeo Nazzari e Primo Carnera ma non lo avevo conosciuto quando era giovane perchè ancora non ero nato. E’ stata una grande emozione per me nella fase finale del film vederlo combattere nel Madison Square Garden di New York creato nel 1943 a Cinecittà.

Mi sembrerebbe opportuna anche una citazione che ho tralasciato nel descrivere una spezzone della vita di Lodovico Longo e che riguarda le varie materie alle quali si era dedicato e le relazioni avute in campo culturale. Una o due di queste riguardano la sua partecipazione al progetto di costruzione dell’Andrea Doria che oggi giace a 70 metri sotto le acque dell’Atlantico al largo di Nantucket ( non so con esattezza cosa del progetto sia stata da lui curata e probabilmente in collaborazione certamente con altri ingegneri ) speronata dalla Stockholm, ma ricordo che visitai il piroscafo nella prima metà degli anni ’50 quando insieme a mia madre Lodovico ci portò in visita riservata a pochi autorizzati all’interno delle strutture e delle sale dentro quello che era all’epoca il vero vanto dei Cantieri Ansaldo di Genova e fu un emozione grandissima salire a bordo di un transatlantico fra i più belli e grandi del mondo. Una cosa mi rimase impressa più di altre e fu quella dell’arredamento di tale nave perché visitammo una quantità grande di sale di ogni colore (sala rossa, sala azzurra, sala verde ecc… riservate all’intrattenimento dei viaggiatori e giuochi dei bambini) con arredamenti propri di quel colore citato per ogni sala, e questa fu una cosa che non avevo mai visto e nemmeno potuto immaginare perchè avevo vissuto sempre a Moiano ed a Chiusi e nella mente di un bambino di 6 anni queste cose quando si osservano lasciano il segno, e se oggi penso che tutte quelle cose che vidi quel giorno e che mi lasciarono esterrefatto giacciono sul fondo dell’Oceano fra pesci e concrezioni marine che ricoprono ogni cosa mi sembrano cose così lontane nel tempo che talvolta mi sembra di aver vissuto secoli…Un altra attività a cui Lodovico ricordo che si era dedicato fu quella di aver partecipato ai restauri della statua del Laocoonte conservata oggi nei Musei Vaticani in quanto mancante di un braccio dello stesso Laocoonte. Tale gruppo marmoreo risalente al 42 A.C. è stato scolpito da scultori della scuola ateniese quali Agesandro ed Athenodoros di Rodi, ed è la rappresentazione dell’omonimo sacerdote troiano cantato nell’Eneide di Virgilio ed i sui figli assaliti dai serpenti marini. E’ un gruppo marmoreo alto quasi due metri e mezzo e per importanza la storia dell’arte ci dice che sia Michelangelo che Raffaello si ispirarono per le loro creazioni a tale figura di gruppo marmoreo. L’Archeologo Ernesto Vergara Caffarelli al quale era stato affidato l’incarico del restauro del Laocoonte da parte dei Musei Vaticani convocò Lodovico Longo nella sua gipsoteca e fece posare Lodovico per i sui calchi per la ricostruzione del pezzo mancante della statua. Difatti a pagina 67 della sua descrizione del lavoro di ricostruzione del pezzo mancante ed alla nota 17 dice letteralmente:”…per il restauro del braccio ho potuto avvalermi della cordiale collaborazione del pugile Ing. Lodovico Longo ,il quale con compiacenza si prestò a tutti i pazienti confronti anatomici necessari per stabilire l’andamento delle parti scomparse in rapporto a quella conservata, e determinare la posizione esatta di quest’ultima.” Da notare che in uno degli album dei disegni di Lodovico che ho in archivio ci sono due prove o schizzi da lui stesso eseguiti di tali parti anatomiche che probabilmente aveva disegnato in contemporanea al lavoro svolto. Dal film infatti si può osservare quando combatte sul ring il suo fisico prestante atletico e ben modellato da madre natura …Uno dei nipoti di Ambrosetta Gorello in Longo ( moglie di Lodovico e sorella di mia madre) oggi abitante a Roma quando parla di zio Lodovico Longo ha sempre asserito che ”zia aveva avuto l’occhio lungo” nella scelta del secondo marito….ed in effetti tanto torto probabilmente non le si poteva dare.

Carlo Sacco