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Umbria – Nel Pd chi sta con chi è anche una questione di poltrone

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Ha dieci  anni e il Pd è scoppiato con una scissione tante volte annunciata e oggi concretizzata. Quanto peserà in termini di consensi è da vedere. I sondaggi per quello che valgono e soprattutto lontani dalle urne danno i numeri, dal 3 al 9 per cento, alla nuova cosa rossa. La domanda se c’era bisogno di un’ennesima frattura e quindi della nascita di un altro partito è superata dai fatti e la risposta può essere ininfluente. Ma a questo punto con il quadro in movimento continuo tanto vale cercare di capire quello che succede a livello regionale. Il filo conduttore o il titolo del film si potrebbe sintetizzare con “chi sta con chi”. E le puntate sono due: la prima, chi rimane con il Pd e chi con il nuovo soggetto di sinistra, battezzato proprio ieri Democratici e progressisti. La seconda, tutta intema ai democratici, chi sta con Renzi e chi con Orlando ed Emiliano per la segreteria. Parentesi: Emiliano che ha deciso di non uscire subito ma di combattere frontalmente da dentro in Umbria non conta seguaci, la sua è una battaglia tutta proiettata a raccogliere adesioni al sud, e quindi la lotta si concentra tra renziani e orlandiani.

Cominciamo dalla scissione. Finora a parte i bersaniani e dalemiani storici, come Locchi, Bottini, Orsini, Mignini, tutti protagonisti del Pci-PdsDs-Pd, e il consigliere regionale Solinas, in pochi provenienti dall’apparato sono pronti a fare il grande salto. [continua a pagina 4] IL DEL dalla prima pagina Nel Pd chi sta con chi, questione di poltrone A proposito da segnalare Gotor, eletto qui, in prima linea con la nuova cosa rossa. Forse saranno di più le persone della base, coloro a cui già nel 2007 il matrimonio con la Margherita era andato di traverso, ma anche questo non è per ora valutabile.

Più interessanti invece le divisioni che si stanno consumando all’interno, e veniamo al secondo piano di questa storia travagliata del partito. Da poche ore si sta vivendo una corsa al riposizionamento o anche al tradimento a partire dalla rottura delle due anime dei giovani turchi, quella che fa capo a Orfini e che è diventata super renziana, e quella che si riconosce in Orlando, sfidante dell’ex premier. Anche qui chi sta con chi? Allora la presidente Marini ha prontamente scelto Orfini e quindi Renzi, come il suo vice Paparelli. Tutti i deputati sono con Renzi, chi per interposta persona, vedi il veltroniano Verini, e chi per convinzione e fedeltà a un patto, vedi il sottosegretario Bocci e la sua folta componente di consiglieri regionali. Un paio di senatori. Cardinali e Rossi, e i sindaci di Temi e Foligno Mismetti e Di Girolamo stanno invece con Orlando.

Si racconta di contatti ravvicinati, tra cui pranzi e cene, nelle ultime ore dei primi verso i secondi con [‘obiettivo di convincerli a sostenere Renzi e mollare il ministro della Giustizia. Fin qui la fotografia di quello che sta succedendo ma la lettura degli eventi va oltre la semplice campagna acquisti finalizzata a una contrapposi zione per la segreteria. Ma già quello che accade rispecchia i canoni dell’assurdo sacrificando la coerenza prima di tutto e di conseguenza la politica. Eh sì, perché questo agitarsi nasconde un calcolo ben preciso legato agli assetti futuri o meglio alle aspirazioni dei singoli. Il ragionamento dei nostri giovani turchi-orfininiani potrebbe essere il seguente: Renzi vince la battaglia, rimane segretario del partito, darà lui le carte per le prossime candidature, ergo tanto vale stare con chi comanderà. Fa niente se alle ultime primarie erano quasi tutti bersaniani quindi anti Renzi, fa niente se l’onorevole Giulietti aveva appoggiato Cuperlo, fa niente se l’onorevole Ascani era lettiana di ferro. Ora sono tutti renziani, anzi alcuni addirittura più renziani di Renzi.

Del resto le elezioni si avvicinano, tutti gli uscenti desiderano farsi un altro giro in Parlamento e in parecchi dall’Umbria vorrebbero godersi un posto al sole nella capitale, ma tocca fare i conti bene perché le nove poltrone (5 alla Camera e 4 al Senato) i piddini umbri se le possono scordare. In conclusione la corsa a schierarsi più che legittimata da una linea, dalla scelta di un progetto rispetto a un altro, è giustificata da chi può garantire di più. E allora il chi sta con chi lascia lo spazio al perché chi sta con chi.