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Racconti in Politica

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Una sera d’agosto, a Panicarola. Il luogo mi ricorda consuetudini di attivista, e mi lascio tentare dall’ occasione, ormai rara, di partecipare a un gruppo motivato a parlare di politica, scoprendo con nostalgia ( dalla passione politica non si guarisce ) quanto sia corroborante esercitare la propria intelligenza misurandosi con le altrui visioni della realtà.

La festa dei “giovani progressisti” ospita una giovane ma già emergente parlamentare PD: Anna Ascani, la cui solidità politica, unitamente agli stimoli forniti dall’uditorio, fanno sì che il tema all’origine del dibattito-il rapporto tra giovani e politica– diventa strumento per un più generale discorso sul rapporto con la politica , sia dentro il partito (rapporto tra organi dirigenti e militanti; tra partito e governo) che fuori ( il rapporto tra i partiti, il PD  e la gente comune) .

A evitare il rischio di una grigia riflessione tutta interna arrivano domande e considerazioni dei due intervistatori ( il direttore di questo giornale e quello di Primapagina) che consentono di discutere di questo rapporto attraverso questioni di interesse prioritario e quotidiano per tutti.

E allora anche in un piccolo parterre come questo, di una cinquantina di persone, appare tutto il variegato mondo del Partito Democratico , diviso tra SI e NO alla riforma costituzionale, ( e alcuni dichiarano una adesione “ di partito” ma poco convinta) tra effetti positivi e negativi del Job-Act, ( la nostalgica rivendicazione della abolizione dell’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori ma anche le nuove forme di precariato in cui si possono tradurre le opportunità di lavoro create) sulle alleanze di governo,( Alfano, più che Verdini- dirà la Ascani) sulle strategie adottate da Renzi,( era proprio necessario estromettere così Letta?) sulla riforma elettorale , fino alle recenti nomine dei direttori dei TG RAI, e tanto altro ancora.

Si dirà che non sono cose nuove, queste: che non è nuova la crisi identitaria del PD , il suo scollamento dai problemi della gente comune, la sua perdita di rappresentanza dei più deboli socialmente, la delusione rispetto a un segretario che si era presentato all’insegna della “ rottamazione” del vecchio modo di fare politica e che invece naviga nelle pastoie di compromessi e alleanze imbarazzanti.

Facile per Anna Ascani ricordare che quando le aspettative sono troppo alte, verso un partito o una persona, anche il rischio di delusione è inevitabilmente alto, ma anche che il problema vero   è stato non aver vinto le elezioni in modo tale da avere una maggioranza certa con cui realizzare leggi e riforme- e in primis quelle istituzionali- che il Presidente Napolitano peraltro chiese in maniera perentoria al Parlamento di fare allorquando fu costretto al secondo settennato.

La perdita di “ valori” identitari colpisce gli ex militanti come me, ma ovviamente ancor più le giovani generazioni, perché va a ledere quel diritto all’utopia che è loro proprio. L’amico Alessandro Torrini nel corso del dibattito e’ ricorso ad una immagine che mi è parsa particolarmente affascinante , quella della “perdita del racconto” ovvero della capacità- in questo caso del PD- di narrare il futuro in termini positivi. Anna ha aggiunto che la perdita è forse doppia, perché non solo non c’è più un racconto alle giovani generazioni fatto di speranza, ma non c’è più neanche un racconto collettivo , ovvero costruito in percorsi identitari relativi a obiettivi comuni di miglioramento sociale.

Al racconto collettivo oggi paiono contrapporsi- in modo vincente- tante story-telling individuali.

Lasciando l’area della festa dei giovani progressisti mi andavo ripetendo che al racconto collettivo bisogna tornare; ce lo chiedono le vecchie e nuove forme di povertà e emarginazione sociale, ce lo chiede la perdita di diritti e di solidarietà ; ce lo chiede soprattutto lo smarrimento dei ragazzi che ci guardano con gli occhi di chi nel mondo e nel futuro non vede speranza.

Sarà che io allo sguardo rassegnato di un ragazzo non so adattarmi.

Daniela Barzanti