In cerca di una vita migliore

by redazione

UN MONDO COLORATO

Dal cortile della scuola

Fluttua sbalza e dopo vola

L’aquilone per il mondo

Nasce in cielo un girotondo

Son bambini colorati

Come fiori sopra i prati

Con negli occhi il sorriso

E speranza sopra il viso

Una mano cento mani

Che già stringono il domani

 

Yussuf aveva sparso sul pavimento petali di fiori così da formare una specie di invito che conducesse al letto; erano petali di tutti i colori poggiati delicatamente sulle piastrelle troppo vecchie di una casa in un edificio che aveva conosciuto tempi migliori. Il colore della facciata non si riconosceva più, era stato lavato dalla pioggia, consumato dal vento, cotto e sbiadito dal sole. Era rimasta un’idea di verde tenue o forse celeste pallidissimo.

Quando Miria tornò a casa dal lavoro rimase colpita dall’idea dei petali, effettivamente avevano un aspetto delicato, forse in un diverso contesto, nel senso di una intesa più solida e una complicità più intrigante, sarebbero risultati molto romantici e ottimo preludio ad una serata riconciliante. Ma lei finse quasi di non accorgersi della novità, buttò su di una sedia il giaccone e sul giaccone le chiavi della macchina. “Che giornataccia!” mormorò.

Yussuf e Miria da alcuni giorni non si rivolgevano nemmeno la parola. Miria riteneva di non pretendere molto né dalla vita né dal rapporto a due, per cui non voleva rinunciare almeno a quelle condizioni basilari per le quali quella che si vive possa chiamarsi vita. Una di queste cose era la libertà.

“Senti, se questo camminamento “floreale” vuol dire che hai voglia che venga a letto con te, non attacca! Hai usato un bel modo di chiedermela, non c’è che dire. Comunque non se ne fa niente.”

“Ma sono due mesi….. non mi puoi fare questa violenza.”

“Ma tu non mi devi rompere, non posso rimanere chiusa in casa perché i tuoi amici non devono vedermi in giro senza di te.”

“Una donna seria esce solo accompagnata dal proprio uomo!”

“Ma dove pensi di vivere? Qui siamo in Italia! C’è un altro modo di pensare!

Yussuf sapeva bene che Miria non avrebbe mai commesso niente di male, sostanzialmente era una donna onesta e innamorata; tuttavia quello che non poteva sopportare era il giudizio degli altri. Il fatto che fuori al bar avrebbero potuto dire:

“Guarda, la moglie italiana di Yussuf; dove andrà tutta elegante, mentre il marito è al lavoro?”

Ecco questo era il pensiero fisso che lo tormentava rendendolo cieco dalla gelosia, questa insicurezza verso i connazionali diventava giorno dopo giorno un peso insopportabile sulle spalle; con una moglie italiana si sentiva criticato, trattato alla stregua di un rinnegato, quasi deriso. Immaginava che i suoi connazionali potessero pensare che lui sottostava a quel sistema di vita all’occidentale dove le donne vivono in piena parità con i maschi. E pensare che quando aveva conosciuto Miria, gli era sembrato di vivere un sogno; da come aveva sentito parlare delle donne italiane nemmeno immaginava di poterne conoscere qualcuna in maniera profonda, invece all’improvviso l’amicizia e poi come d’incanto l’amore. Era molto contento quando sentiva pronunciare in italiano: ti amo; gli piaceva prima di tutto il suono delle parole, sì perché lo predisponeva ad assaporare appieno tutta la densità del significato della frase. Tale frase gli era stata rivolta in passato, solo nella sua lingua madre e questo faceva gustare ancora di più dell’italia perché attraverso l’amore sentiva di essere entrato in un sistema sociale nuovo e seducente.

Yussuf si sentiva affascinato dal sistema di vita occidentale, tuttavia nella parte più intima del proprio essere era troppo legato alle tradizioni della sua terra che gli imponevano il rispetto di alcune leggi non scritte che rappresentavano l’assioma di tutta la vita sociale.

Comunque Miria non ne voleva sapere di calpestare quei romantici petali che erano in definitiva una richiesta di sesso; voleva sentirsi meno oppressa anche in quel senso, ma l’obiettivo più

importante da raggiungere rimaneva quello stato di libertà che aveva sempre accompagnato la sua esistenza; per troppo tempo aveva rinunciato, in nome dell’amore, a camminare per strada da sola salutando magari un amico, un conoscente, oppure fumare una sigaretta e prendere un caffè al bar

da sola. In definitiva era questo tipo di libertà che lei invocava. E invece avrebbe dovuto rispettare una serie di divieti che non riusciva proprio a concepire, era stanca di questo stato di cose, voleva risolverlo, non era facile: ma perché la sua vita doveva essere un inferno?

Mentre rifletteva sulla sua situazione, si avviò al divano dove aveva ormai deciso di dormire da due mesi. Avrebbe avuto anche voglia di fare l’amore ma non voleva cedere, sapeva che fino a quando il suo corpo sarebbe rimasto suo, avrebbe avuto buone possibilità di spuntarla, se viceversa si fosse subito “sbracata” soddisfacendo le voglie del marito, avrebbe perso anche quel briciolo di potere che aveva.

Insomma alla fine Yussuf andò a letto guardando tristemente i petali che si schiacciavano sotto le sue pantofole e Miria si distese sul divano.

Passarono alcuni giorni senza che nulla di nuovo accadesse poi una sera squillò il cellulare: era la madre di Yussuf. Miria non capì nulla della conversazione. Al termine della telefonata Yussuf cominciò: “Era mia madre, la prossima settimana viene qui da noi con mio fratello.”

“Si? non me ne frega.”

“D’accordo però io non voglio assolutamente che lei ti veda dormire separata da me; lei è anziana, ha una concezione della vita un po’ particolare.”

“Perché come credi che sia la tua concezione della vita, diversa da quella di tua madre?”

“Ora non ricominciamo con la solita storia. Poi per favore volevo anche dirti che in sua presenza sarebbe meglio che tu non fumassi. Da noi fumano le prostitute. Capirai.”

“Che cazzi di ragionamenti. Le puttane… insomma che cosa dovrei fare, non posso più essere libera nemmeno in casa mia?”

“Che vuol dire libera? Devi solo avere qualche accorgimento frattanto che mia madre è qui. E come ti dicevo, prima di tutto tornare nel letto con me.” “Quello è certo! Se non dormiamo insieme dove li mettiamo a dormire i tuoi, dov’è il posto per tutti? Ma bada bene che proseguirai a non “toccarmi” fino a quando non avremo chiarito bene la nostra vita in comune.”

Yussuf era triste, anche le donne del suo paese non le aveva mai capite appieno, ma le italiane poi erano una dannazione, con quel modo di fare come gli uomini; poi ricordava suo padre: accidenti che autorità, tutto quello che diceva era legge, se fosse ancora vivo e avesse visto in quale situazione versava il figlio gli sarebbe preso un colpo. Comunque tra una discussione, un litigio, un relativo rappacificamento, arrivò il momento nel quale madre e fratello di Yussuf giunsero in Italia e poi a casa di Miria.

La madre era piuttosto bassa con un fondoschiena enorme che si spostava, mentre camminava, a destra e sinistra sotto una larga tunica che la copriva completamente fino alle caviglie. I suoi occhi erano marroni e bonari, i movimenti erano pacati, precisi e vagamente eleganti per un intrinseco rispetto verso le cose che toccava; nel complesso risultava abbastanza simpatica.

Il fratello di Yussuf invece era spaventosamente magro, decisamente non bello, con due occhi spiritati, il naso appuntito e adunco sopra due enormi labbra. Da una valigia tirarono fuori delle salsicce di agnello avvolte da un involucro quasi sporco, fatto di carta spiegazzata e unta: era il piatto preferito da Yussuf. Ovviamente Miria non capiva un accidente di quello che i tre si dicevano, era suo marito a tradurre.

Durante la permanenza, mamma, figlio e fratello più volte intrattennero delle animate discussioni.

Così Yussuf comunicò a Miria che la mamma non era pienamente contenta della nuora, riteneva che avesse un carattere troppo esuberante per una donna, per di più sposata, poi l’abbigliamento nemmeno le andava bene perché lasciava vedere le forme; inoltre avendo visto una mezza bottiglia di grappa dentro una specie di credenza, aveva fatto notare che sarebbe stato meglio non avere alcolici in casa.

In breve tempo anche senza supporto verbale venne a crearsi tra suocera e nuora una ostilità che si poteva tagliare a fette.

La suocera riteneva che Miria avesse sedotto Yussuf e ora lo spingeva verso una vita senza sani

principi, una vita traviata e dissoluta.

Miria dal canto suo non sopportava di estendere le privazioni, che già il marito tentava di imporgli, anche lungo le direttive della nuova arrivata.

Il fratello di Yussuf, Driss, smise di partecipare alle discussioni e prese a starsene in silenzio, in disparte, ascoltando con un’aria stupida; Driss era praticamente analfabeta, non aveva mestiere alcuno, ma sua madre voleva lasciarlo in Italia affinché il fratello lo aiutasse a trovare un lavoro, ad imparare un’arte.

Yussuf lo accennò a Miria che per tutta risposta gli lanciò un’occhiataccia più eloquente di qualsiasi parola. Comunque l’anziana donna come aveva detto fece: dopo circa una settimana partì da sola chiedendo a Yussuf di mandare più soldi possibile in patria per poter terminare la casa che suo marito aveva iniziato e che era rimasta a metà. Quest’ultima richiesta non fu tradotta a Miria.

Arrivato il momento della partenza, le due donne si salutarono quasi con un reciproco senso di liberazione che mascherarono dietro un leggero, convenzionale abbraccio.

Partita l’anziana donna i due coniugi ripresero le discussioni che si erano attenuate nei giorni precedenti, poi Miria aveva intuito o in qualche modo saputo dei soldi che Yussuf mandava al proprio paese:

“ A me non sta bene il fatto che mandi soldi a casa da tua madre, addirittura qualcosa anche da quelli che guadagno io; casa tua è questa qui, questa è casa nostra! E’ qui che devono concentrarsi i nostri pensieri, i nostri sforzi.”

“ Ma quella è sempre mia madre, come faccio a spiegargli queste tue idee?”

“Ora poi bisogna mantenere anche Driss, e se non trova lavoro?”

“Ma è mio fratello! Un po’ di cibo, un letto, tutto qui!”

Sembrava facile, nei giorni seguenti la presenza di Driss diventò una specie di incubo; quello sguardo allampanato in giro per casa. Quasi tutta la notte d’avanti al televisore e tutto il giorno a

dormire in una stanza che ormai era impregnata di un puzzo di chiuso, di aria umidiccia,

di fumo delle sigarette, di scarpe e di pochissima igiene.

“Io non lo sopporto tuo fratello, digli qualcosa! Non è possibile andare avanti così, ormai ha più di vent’anni, è bene che si dia una mossa e che cerchi seriamente un lavoro.”

“Mi ha detto che sta cercando, ha conosciuto qui sotto al bar un nostro connazionale che lo sta aiutando.”

Quando alla sera ritornava Driss era quasi sempre ubriaco.

“Hai visto tuo fratello? Alla sera è quasi sempre bevuto; tua madre questo non lo sa? La bottiglia in casa nostra subito la vide, il figlio ubriacone no?”

“ Ma Driss è ancora un ragazzo, sta crescendo, vedrai che tutto si aggiusta.”

Quando al pomeriggio Miria tornava dal lavoro, trovava Driss appena alzato; strascicava sul pavimento i piedi in due pantofole a punta e senza tacco. Di tanto in tanto gettava un’occhiata alla cognata, specialmente quando indossava un pantalone jeans elasticizzato. Di questo Miria non aveva parlato con il marito.

Un pomeriggio era molto caldo, più caldo del solito, Miria entrò in casa e si ficcò sotto la doccia, regolò il flusso dell’acqua in modo che risultasse tiepida, quasi fredda: aveva bisogno di togliersi di dosso tutto il sudore appiccicoso. Quando si sentì sufficientemente rinfrescata infilò l’accappatoio e uscì dal bagno per entrare in camera sua. Subito a destra della porta c’era Driss che l’aspettava; appena lei lo notò, sbarrò gli occhi e strinse ulteriormente con le braccia l’accappatoio intorno alla propria persona. Driss mosse verso di lei, l’afferrò brutalmente e cominciò a baciarla sul collo, una delle mani intanto aveva trovato la strada tra le pieghe dell’accappatoio e roteava su un seno. Miria si dimenò energicamente fino a respingere l’assalitore; questi rimase quasi meravigliato di quel rifiuto, il normale atteggiamento di Miria e il suo abbigliamento agli occhi di Driss erano provocatori se non addirittura invitanti: come mai ora l’avesse respinto, non se lo spiegava.

Quando Yussuf ritornò a casa trovò la moglie chiusa a chiave nella camera da letto, bussò :

“Apri, Miria, sono io.”

Miria aprì, aveva uno sguardo truce e fremeva sotto la pelle per l’agitazione, era troppo scossa:

“Senti, tuo fratello mi è saltato addosso; quando sono uscita dalla doccia, mi aspettava fuori dal bagno. Ha tentato di violentarmi.”

“Va bene, ora calmati, appena ritorna voglio sentire cosa ha da dire.”

“Cosa ha da dire? Tu lo devi buttare fuori di casa, altrimenti vado via io. Ma ti rendi conto? O lo sbatti fuori oppure vado dai carabinieri a denunciarlo.”

Yussuf rimase attonito ma in un lampo gli passò nella mente tutta la situazione nella sua intricatissima trama; quanto era difficile vivere e in un paese straniero poi, era quasi impossibile, era un susseguirsi di malintesi, di incomunicabilità. L’incomprensione era alla base di quasi tutti i rapporti, personali, privati e sociali; Accidenti a quando era andato via dal suo paese, lì non c’era benessere, viveva nella povertà, ma almeno si muoveva, viveva, interagiva nel suo ambiente, dove capiva ed era capito. Adesso era lontano da casa, lontano dalla sua gente, dalla sua cultura, con qualche soldo in tasca ma profondamente triste: non era riuscito a conquistare l’amore e la fiducia della moglie, non era riuscito a destare la benevolenza del popolo che lo ospitava, era sempre guardato come un diseredato, un disperato, un girovago….quasi un mendicante. Ora si rendeva conto che il marcio di una situazione già di per se ingarbugliata gli si era ritorto contro andando a scardinare anche il precario equilibrio della sua famiglia di origine: senza di lui che era il maggiore dei figli, anche le vite di suo fratello e sua madre naufragavano.

Yussuf si disperava pensando alle sue scelte, rinnegava se stesso, malediva la sua vita e malediva l’amore per Miria che lo aveva inchiodato in una situazione troppo pesante da condurre.

Poi quest’ultimo episodio, la mattata di Driss, era veramente sconcertante, come aveva potuto suo fratello commettere un’azione simile? Più ci pensava e più sentiva che il sangue gli ribolliva nelle vene, avvertiva una rabbia che montava accecandolo dall’ira; alla fine decise di uscire per andare a cercare il fratello.

“Resta qui tranquilla, vado a cercare Driss.”

Tra lo spavento e un presentimento di sciagura Miria mormorò:

“Mi raccomando non fare stupidaggini.”

Quando Yussuf uscì nella strada era quasi buio, l’aria però rimaneva afosa e in lontananza si scorgeva la luna, ancora pallida e contornata da piccole nubi che sembravano disegnate. Le macchine proseguivano lente e si nascondevano nelle quasi deserte strade della periferia; i passanti, anch’essi lenti come le macchine e stanchi, procedevano inconsapevoli delle miserie private di migliaia di cittadini che nelle case conducevano minuscole immani battaglie per conquistare un po’ di serenità che mai sarebbe arrivata. In solitudine raggiungevano i loro “rifugi” dove per lo più continuavano a restare soli o si perdevano dentro sconclusionate discussioni con le mogli dove ognuno reclamava il suo brandello di ragioni.

Solo Yussuf camminava con passo risoluto, al più presto voleva chiarire la questione con il fratello;

si diresse verso il bar, di solito Driss era lì in compagnia di un poco di buono. Arrivato nei pressi dei tavolini, non trovò il fratello ma fu colpito da un insolito chiacchiericcio, più volte si sentì osservato e gli parve addirittura che giungesse al suo orecchio la parola “fratello”.

Giovanni, il proprietario del bar era un amico, Yussuf gli si avvicinò e chiese notizie.

“Senti Yussuf, tu sei una brava persona, ti conosco da molto tempo. Poco fa è arrivata la polizia, addosso a tuo fratello hanno trovato la “roba”, lo hanno portato via. Del resto, con la gente che frequentava……”

I giardinetti d’avanti al bar erano un palcoscenico dove si dava sempre, immancabilmente, il solito spettacolo: lo spaccio.

Yussuf confuso riprese la strada di casa. Se suo fratello si era messo in quel giro, sicuramente aveva anche molestato Miria, nel senso che l’aberrazione aveva ormai indirizzato il giovane verso più che deprecabili atteggiamenti.

Quando entrò in casa c’era nell’aria il silenzio triste di una casa abbandonata. Q

ualche cassetto aperto e rovistato, alcune cianfrusaglie sul pavimento, un po’ come quando entrano in casa i ladri. Lì però non era entrato nessuno, era uscita Miria, si era stancata, aveva provato in ogni modo ad andare d’accordo con il marito ma non ci era riuscita. Anche Yussuf del resto aveva messo in atto lo stesso tentativo e anche lui aveva fallito. E aveva fallito anche Driss. Succede.

 

UNA FINESTRA SULLA VERITA’

 

Ogni problema ha le sue soluzioni

Attenti bambini siete voi i mattoni

Di un mondo migliore fatto d’amore

D’impegno di studio gioia e dolore

Senza paura affrontate il futuro

Un grande balzo e saltate quel muro

Il mondo corre in un gran girotondo

Gli occhi sinceri faranno da sfondo

Non il color della pelle o la razza

Mettono il freno al mondo che impazza

Solo la storia immensa maestra

Su ogni dubbio aprirà una finestra

 

Nunzio Dell’Annunziata

 

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