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Un’ amministrazione regionale inutile

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Da “Micropolis” inserto mensile del Manifesto del 29-12-2015

Ci mancavano solo le polveri sottili, nei confronti delle quali le amministrazioni comunali di Terni e Foligno, come del resto quelle di altre città d’Italia, non riescono a trovare soluzioni efficaci sia pur provvisorie, per aggiungere precarietà ad una situazione già precaria.

Esse sono la dimostrazione palese di come l’Umbria e le sue città siano ormai entrate a far parte della storia del paese, perdendo ogni aureola di diversità. Le polveri sono il frutto di problemi lasciati a lungo marcire, rispetto ai quali nessuno ha saputo o voluto prendere per tempo misure efficaci.

Il gioco è sempre quello. Minimizzare, occultare, scaricare le responsabilità del presente e del passato. Cosi è su tutto.

La Gesenu e i suoi vertici vengono posti sotto inchiesta con il sospetto di essere collusi con circuiti criminali?

“Noi non c’entriamo niente, è colpa di altri, semmai siciliani e sardi”; per fare una commissione d’inchiesta c’è voluto del bello e del buono: “Non vorremmo intralciare il lavoro della magistratura”.

La statale della Val di Chienti si rivela un verminaio di furti e corruzione e viene messa sotto inchiesta dalla magistratura? “Noi non abbiamo colpe, chiedete all’Anas”, la governatrice si limita a tagliere nastri.

Scoppia lo scandalo della truffa delle banche? Ci si limita a votare tutti insieme un ordine del giorno, per il resto muti come pesci: “Non abbiamo competenze”, anzi si alimenta la congiura del silenzio.

Scoppia nell’orvietano la questione della geotermia ed arriva in Regione? Si blocca ogni decisione e parere in attesa che decida il governo per poter dire ancora una volta: “Non possiamo far nulla”, come si sa ubi maior minor cessat. Se scioperano i lavoratori della sanità è cosa che non riguarda la Regione, come poco la riguardano le situazioni di crisi.

Gli esempi potrebbero continuare con il Piano trasporti, l’assenza di discariche, la questione degli inceneritori e via dicendo.

Nessuna reazione, nessuna vicinanza con i cittadini, con i lavoratori, con le vittime delle banche. Di cosa si occupi la Regione se non della macroregione e di battibecchi con le minoranze, in primis con i pentastellati, è cosa arcana, oscura.

Ma forse questa nonchalance dipende dalla convinzione che le cose stanno migliorando. Del resto non stanno aumentando i consumi degli umbri? Il turismo non è cresciuto? Le produzioni tipiche non stanno sfondando sui mercati internazionali? Persino i cinesi sono innamorati dell’Umbria. Basta migliorare l’efficienza e l’efficacia della macchina pubblica, accorpare, centralizzare, razionalizzare e tutto si rimetterà a posto; poi arriveranno i soldi dell’Europa che aiuteranno la ripresa.

Già, la ripresa, l’impresa creativa, le start up. Solo che gli ultimi dati Istat attestano una crescita del Pii regionale pari ad un +0,4% dopo anni neri di recessione, quando le previsioni nazionali erano stimate al +0,9%; i salari annui medi lordi sono poco al di sopra dei 25 mila euro, al penultimo posto in Italia; disoccupati e cassaintegrati non accennano a diminuire.

Insomma gli indicatori economici non dovrebbero suscitare molto ottimismo. Allora perché non se ne prende atto, non si prova a dare una risposta, non si tenta almeno di fare quel poco che si può per alleviare una situazione critica? Perché non si dice la verità?

I motivi sono vari e diversi. Il primo è la convinzione di essere sostanzialmente impotenti di fronte alla crisi e ai vincoli dell’Unione europea. Al massimo si può limitare il danno. Il secondo è una sorta di cupidigia di servilismo – come affermò Vittorio Emanuele Orlando a proposito dell’atteggiamento di un governo centrista presieduto da De Gasperi nei confronti degli Usa – nei confronti del governo e dei poteri centrali.

Il terzo è il fatto che oggi la politica locale non viene più concepita come arte del possibile, ma come amministrazione dell’esistente.

Infine maggioranza e governo regionali sono completamente interni alla narrazione renziana, compresa la versione che nega un ruolo di qualche rilevanza alle autonomie locali, riducendole a passa ordini o meglio a passa carte, luoghi di corruttela da risanare.

Se è cosi appare evidente che questa amministrazione regionale, come del resto gran parte delle altre, sia da una parte un orpello dall’altra testimoni la sua evidente inutilità. E’ destinata a fare poco e nulla, aiutata in questo dallo stato desolante delle finanze pubbliche, dal discredito che gode tra i cittadini, da una disaffezione crescente che attraversa la società nei confronti delle istituzioni.

Gli umbri sanno ormai di non poter più contare sui loro rappresentanti e in sempre meno si recano a votare, pensano – in parte sbagliando – che la politica non sia più in grado di aiutarli a uscire dalle difficoltà del presente, si rifugiano nelle famiglie e nelle comunità dove operano vincoli solidaristici spesso primitivi. Comuni e Regioni sono percepiti come luoghi ostili, a cui pagare tasse e balzelli sempre più alti, che erogano sempre meno servizi, dove imperano burocrazia e procedure a volte assurde.

Si dirà che non è vero, che non sono tutti uguali, che esistono differenze sostanziali tra destra e sinistra, tra populismo e capacità di governo.

Se è cosi si provi a spiegarlo ai governati, ai cittadini. Sarebbe perlomeno un utile esercizio di umiltà.