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Una pennellata di giallo sulla Pieve: lo zafferano

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Lo zafferano in Umbria e nello specifico a Città della Pieve, non è una novità benché solo negli ultimi anni questa coltura sia stata recuperata e certificata, tutelata da un consorzio.

Lo zafferano vero ( crocus sativus) è una pianta originaria dell’Asia Minore. Attraverso gli arabi e gli spagnoli ( questi ultimi rimangono tra i maggiori produttori mondiali ) si diffuse nel bacino del mediterraneo. Fin dall’antichità ebbe largo impiego per le sue peculiarità che vanno dalla gastronomia alla farmacologia, dalla cosmesi alla colorazione dei tessuti. Ippocrate ne lodava l’efficacia contro: reumatismi, gotta, mal di denti. Galeno lo prescriveva per tutti i mali. Ai tempi della Roma antica già aveva trovato un piccolo trono nella gastronomia con il sapiente “tocco” di Apicio ( antesignano delle odierne star del fornello ).

Lo zafferano è costituito da circa 150 sostanze ed è uno degli alimenti con più alto contenuto di carotenoidi, tuttavia i composti chiave che lo compongono sono tre ciascuno associato ad altrettante caratteristiche sensoriali: le crocine (colore ), il safranale ( l’aroma ), la picrocrocina ( gusto ).

Una cosa va subito chiarita: per produrre un chilo  di zafferano occorrono 250.000 fiori e 600 ore di lavoro. Va da se che per il costo elevato lo zafferano venga denominato “oro rosso” e per lo stesso motivo risulti una delle spezie più adulterate. Questo da sempre e se ne lamentava già nel I° sec. d.c. lo scrittore latino Plinio. Per essere sufficientemente tutelati dalle frodi è bene acquistare i pistilli essiccati del fiore e non la spezia in polvere, dove con più facilità è possibile aggiungere altre sostanze analoghe ma di minor valore come ad esempio la curcuma.

Che lo zafferano si producesse a “Castel della Pieve” a partire perlomeno dal sec. XIII° è testimoniato dallo statuto di Perugia del 1279, dove si vietava nel contado perugino la semina della pianta, citata come grocum (croco) ai forestieri. Era pertanto una sorta di protezionismo doganale operato dalle autorità della città dominante.

Nell’antichità l’uso dello zafferano a Castel della Pieve era sicuramente legato alla colorazione dei tessuti dato che nella città, era fiorente una raffinata produzione tessile: sete, damaschi, lane e filati vari che splendevano d’oro con il pigmento dello zafferano.

Ma poi il più grande figlio di Città della Pieve, Pietro Cristoforo Vannucci detto “Il Perugino” (1450 – 1523) uno dei grandi maestri del Rinascimento italiano, mi chiedo, come avrà fatto a rendere quell’inimitabile riflesso di giallo oro dei tessuti dei suoi dipinti? Ad esempio “Il battesimo di Cristo” nella Cappella Sistina? Beh, un’idea ce l’avrei… e quella formidabile sfumatura dorata, quella pennellata di oro naturale si è estesa fino a noi custodendo il segreto naturale che la caratterizza tra gli stimmi di questo meraviglioso fiore dai delicati petali violetti.

Nunzio Dell’Annunziata