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La discutibile politica della Regione sui trasporti

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Da quando è entrata in scena la questione Stazione dell’Alta Velocità, abbiamo cominciato a mettere sotto osservazione le scelte della Regione Umbria sui trasporti, ed abbiamo cominciato a vedere alcune grandi incongruenze a cominciare dai costi e dai risultati dell’Aeroporto di Sant’Egidio. Questi due articoli comparsi in questi giorni ci aiutano a capire ancora di più la situazione e le scelte dell’Ente Pubblico. (N.d.R) 

Il titolo è del Corriere Pievese

Messaggero Umbria di Giuseppe Caforio

L`aeroporto di Sant’Egidio paga, ma non decolla

E alla fine la Montagna partorì il topolino. Il tanto atteso incontro tra Regione Umbria, vertici dell’Aeroporto San Francesco e dirigenti della Ryanair di concreto ha prodotto poco quanto niente. Il dato che è emerso anche dai comunicati stampa è che prima del 2018 non ci saranno nuovi voli oltre a quelli già in essere e che l’obiettivo che Ryanair si prefigge è quello di incrementare del 10% il numero dei viaggiatori dello scalo perugino. A fronte di ciò sembra che a Ryanair siano stati offerti tre milioni di euro in tre anni. Non occorre essere grandi manager o imprenditori di particolare avvedutezza per cogliere come con queste premesse ci sia qualcosa che non quadra. Cominciamo con i passeggeri. In più occasioni è stato ribadito che l’obiettivo per il pareggio di bilancio della SASE ovvero la Libera lex L’aeroporto paga, ma non decolla Società che gestisce l’aeroporto di Perugia, è quello dei 500 mila viaggiatori l’anno.

Quest’anno, a causa delle varie defezioni, probabilmente si chiuderà poco sopra 200 mila viaggiatori. Ora, se spendendo tre milioni si aumenta del 10%, stiamo parlando di un incremento tra i 20 e i 30 mila viaggiatori che addirittura tengono lontano l’aeroporto anche da quell’obiettivo minimo e comunque insoddisfacente dei 300 mila viaggiatori l’anno. A questi numeri impietosi occorre aggiungere anche il dato sul bilancio della SASE che mediamente perde 7 o 8 centomila euro l’anno e che quindi, salvo miracoli, continuerà con questo trend nei prossimi anni. In sostanza, la Regione Umbria e con essa la Fondazione Cassa di Risparmio di Perugia, unitamente agli altri soci sempre più impoveriti, rischiano di spendere circa due milioni l’anno, uno quale contributo a Ryanair e uno per ripianare i debiti SASE. Continua a pag. 45 Sant’Egidio paga, ma non decolla Per avere alla fine qualche modesta destinazione in più e un numero di viaggiatori lontano dal break even. Non sembra questa la via per andare in Paradiso. Ovviamente la domanda naturale che viene da porsi e quella se il percorso che porta a tenere in vita l’aeroporto di Sant’Egidio passi esclusivamente per Ryanair. Probabilmente no. E’ notorio, infatti, che vi sono moltissime altre compagnie low cost che se lusingate con offerte anche meno ammiccanti di quelle fatte a Ryanair potrebbero essere attratte dallo scalo umbro. Basti pensare alla Vueling, solida compagnia low cost spagnola e alla Easyjet, alla Blueexpress, ecc..,, tutte compagnie, per altro, che già operano con voli sia all’interno del territorio italiano che con collegamenti internazionali.

Non va dimenticato, per altro, che, essendo i soldi destinati al sostentamento dell’aeroporto umbro provenienti da enti pubblici, qualsiasi ipotesi dovrebbe prevedere procedure di evidenza pubblica in grado di porre m concorrenza più e diverse compagnie. Certamente non è aumentando di una o due destinazioni le tratte che il futuro dell’aeroporto può aspirare ad una positiva evoluzione. La priorità non è tanto di avere il volo per Amsterdam o per qualche sconosciuta città tedesca, ma deve essere invece quella di assicurare almeno tre voli quotidiani verso i due principali hub italiani ovvero Roma e Milano. In questo momento se vi è una necessità è quella di ristabilire il collegamento con Roma Fiumicino ed aprirne un altro con Milano Malpensa o Milano Linate che consentano ai sempre più numerosi umbri di potersi assicurare la partenza da Perugia per coincidenze verso tutto il mondo. Diversamente, rischieremo di continuare a creare solo illusioni fuori da ogni concreta realtà imprenditoriale. L’esempio lampante di questo modo di procedere un po’ bizzarro è dato proprio da alcune discutibili scelte di Ryanair, l’ultima delle quali è l’introduzione del volo Perugia-Catania con tre partenze settimanali che inizierà ad operare dal primo Novembre. Già la frequenza e il periodo prescelto per questo esperimento la dicono lunga: probabilmente nessuno si è accorto che vi è, a soli quaranta minuti da Perugia, grazie alla nuova superstrada, l’aeroporto di Ancona che ha l’identico volo per Catania con frequenza similare. Se proprio devono esserci dei voli con specifiche destinazioni, è quantomeno opportuno che il potenziale bacino interessato vada ben oltre l’Umbria.

MICROPOLIS del 26-09-2016

Mobilità insostenibile

II 6 settembre il Tribunale del Riesame di Perugia ha rigettato il ricorso presentato dalla Regione Umbria per il dissequestro di sei milioni di euro dal conto della tesoreria di Palazzo Donini avvenuto nell’ambito dell’inchiesta su Umbria Mobilità che vede coinvolti il dirigente regionale Lucio Caporizzi, in qualità di presidente dell’azienda, l’impiegata Lucilia Pittoni, il manager Franco Viola e l’ex ad di Busitalia oggi direttore generale di Fs, Renato Mazzoncini. Tutti iscritti nel registro degli indagati con l’accusa di truffa aggravata ai danni dello Stato. Secondo la Procura di Perugia avrebbero alterato i dati inviati all’Osservatorio nazionale della mobilità per non perdere il contributo che, invece, stante le reali deficitarie condizioni dell’azienda, non avrebbe dovuto essere erogato. A distanza di pochi giorni, i sindacati di categoria hanno lanciato l’ennesimo allarme per il futuro dei dipendenti Umbria Tpl e Mobilità spa attualmente in servizio presso la ex Fcu, in vista del passaggio della stessa a Rfi. L’inizio del nuovo anno scolastico, infine, ha mostrato, ancora una volta, tutti i limiti di un servizio, che troppo spesso si configura come disservizio, con corse che non consentono l’ingresso a scuola in orario degli studenti pendolari o li costringono ad uscite anticipate, pena il rientro a casa in orari impossibili. In questo quadro a dir poco nebuloso, stonano, pertanto, le trionfali dichiarazioni dell’assessore regionale ai trasporti Chianella che promette un futuro radioso per il Tpl regionale. La panacea di tutti i mali sarebbe, a suo dire, il piano di bacino unico regionale che si tradurrà in “un’integrazione modale dei servizi, con risposte più efficaci alla domanda di mobilità in tutto il territorio regionale, tenendo nella massima attenzione l’obiettivo prioritario della sostenibilità finanziaria”.

L’obiettivo, prosegue l’assessore, è “eliminare le sovrapposizioni tra i servizi su gomma, ferro e della mobilità alternativa con la finalità non di ridurli, ma al contrario di incrementarli”. Che dire? Come si può non essere d’accordo? Per anni abbiamo sostenuto la necessità di una razionalizzazione che passasse anche attraverso il piano di bacino unico, il punto è che adesso, visti i tagli e i vincoli finanziari imposti dal centro – che lo stesso Chianella ha premura di ricordare – non riusciamo a vedere altro che una ulteriore diminuzione dei servizi, a tutto danno dei cittadini. Il fallimento di Umbria mobilità, la cessione a Busitalia e, tra poco, quella della ex Fcu a Rete ferroviaria italiana, dimostrano la fine, nei fatti, della gestione regionale del Tpl. Se vogliamo, la fine ingloriosa dell’ambizione di assicurare la mobilità dei cittadini in un territorio complesso e articolato come quello umbro. Pagine e pagine di programmazione buttate al vento. Ne ci consola riconoscere che si tratta di un fenomeno nazionale. Al di là di inutili trionfalismi, sarebbe più onesto dire che il servizio pubblico come l’abbiamo conosciuto, anche con tutti i suoi sprechi, difetti e storture, non esisterà più. Che le ragioni aziendali hanno trionfato su quelle dei cittadini, ai quali non resta che affidarsi al mezzo privato. Alla faccia della sostenibilità.