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Il Si di Città della Pieve “ 425 giorni di media per fare una legge”

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Al tavolo della presidenza , in una Sala Grande di Palazzo della Corgna, quasi esaurita, c’erano Mario Fattorini coordinatore del comitato per il SI di Città della Pieve e il professor Maurizio Oliviero, docente di Diritto Costituzionale nella Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Perugia.

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Fattorini introducendo ha ricordato la manifestazione nazionale del 29 ottobre  per il SI al referendum, che si terrà a Piazza del Popolo a Roma dove confluiranno pulmann da tutta Italia ed anche dal Trasimeno.

Prendendo poi la parola Il professor Oliviero ha ricordato di parlare sia come cittadino che come docente., perché il prossimo appuntamento referendario non riguarda gli addetti ai lavori, ma il futuro dei cittadini, l’efficacia e l’efficienza della politica e il rinnovamento delle istituzioni, così come era previsto fin dalla nascita dai padri fondatori della costituzione. In 70 anni di vita costituzionale , sono stati già fatti 15 cambiamenti della Costituzione, senza stravolgere i principi programmatici fondanti, Come questa volta, come la modifica che è oggetto del referendum. Una modifica che viene da lontano, dal 2013, che riguarda la funzionalità dei poteri della Camera e del Senato, una riduzione dei poteri impropri e conflittuali delle regioni, la definitiva abolizione delle province e la valorizzazione dei referendum popolari.

Oggi nell’Europa, che è la culla della democrazia moderna ed occidentale – ha proseguito il professor Oliviero – soltanto due paesi hanno la doppia Camera con gli stessi poteri, una è la Romania, l’altra purtroppo siamo noi. E ne paghiamo e ne abbiamo pagato tutte le conseguenze. Pensate in un mondo che fa della tempestività, uno dei criteri di successo, per fare una legge, in Italia, in media si impiegano 425, giorni, cioè un anno e mezzo. E per fare queste leggi si deve continuamente ricorrere alla decretazione di urgenza, anche quando non c’è e alla fiducia, anche quando non dovrebbe esserci, ma soltanto per far funzionare una macchina legislativa che non è più al passo con i tempi e con i problemi dei cittadini.

Lo dicono i numeri della stessa legge di cui stiamo parlando ha precisato Oliviero, questo anche per smentire chi parla che si sia trattato di un atto di forza o di imperio. Una legge che ha fatto 86 volte avanti e indietro fra Camera e Senato, di cui sono stati discussi 147.000 emendamenti presentati dai parlamentari e dai gruppi. Che è stata votata per sei volte da quasi tutto il parlamento e che ha visto nascere una opposizione ed una critica soltanto dopo che è stato eletto Mattarella presidente della Repubblica ,perché Berlusconi e anche qualche altro personaggio non hanno gradito.

Non dimentichiamoci poi , ha concluso Oliviero degli altri punti della modifica della costituzione, che sono molto importanti. Sarà evitato il continuo conflitto fra Stato e Regioni che c’è adesso, Prima della formulazione delle leggi si saprà di chi è la competenza. E così anche per la costituzionalità delle leggi, che non avranno più rinvii alla Corte, ma avranno il suo assenso o meno, prima ancora di diventare leggi.

Se vince il no, non cambierà invece niente, resteremo in una situazione dove in 70 anni abbiamo avuto 68 governi diversi. E non ci sarà più nessuna riforma perché coloro che dicono no, vanno dai fascisti fino alla sinistra estrema, passando per Lega e Grillo, che come è noto insieme non hanno nulla in comune e non faranno alcune legge.

Prima delle conclusioni ci sono stati anche interventi da parte del pubblico presente, che hanno ricordato come Renzi abbia sbagliato a far credere inizialmente che le sorti del governo sarebbero state legate all’esito del referendum e c’è stato anche chi ha ricordato, che superamento del bicameralismo, legge elettorale con il doppio turno, e riforma della pubblica amministrazione erano i pilastri della riforma proposta dal PCI alla fine degli anni ottanta. Così come c’è stato chi, pur concordando nel giudicare un errore quello commesso da Renzi, ha fatto presente, che con i numeri che ci sono oggi nel Parlamento, rispetto all’attuale governo Renzi non ci sono alternative vere e praticabili e che nella primavera del 2017, l’Europa è attesa ad alcuni appuntamenti decisivi. Che farà l’Italia ci andrà ancora una volta con un capo di governo, con un governo diverso, magari con uno di quelli che negli anni passati hanno fatto tutto quello che ha voluto la Merkel? Se invece si vuole cambiare la guida del Pd , allora il referendum non c’entra nulla, basta aspettare il prossimo congresso.