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Il pane: uno scrigno di passato , presente e futuro

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Per fortuna appartengo ad una generazione nutrita da una lunghissima sfilza di fette di pane condite in ogni modo: cioccolato, olio, pomodoro, confettura, zucchero, sale, burro e questo solo per indicare alcune delle preparazioni. Certo in quell’epoca erano rare le famigerate “merendine” e soprattutto non strizzavano l’occhio a noi, allora marmocchi, che reclamavamo la nostra merenda con deciso piglio da lupetti affamati.

Attualmente i nutrizionisti raccomandano il pane come base della cosiddetta “piramide alimentare” ma c’è poca attenzione a questo consiglio e il pane, comprato ogni giorno con religiosa abitudine, spesso finisce indegnamente, come troppe cose del nostro tempo, nella spazzatura. Sono lontani i tempi nei quali, un pezzetto di pane caduto accidentalmente sul pavimento, veniva raccolto, baciato e riposto nella madia. Tuttavia il pane, almeno nell’immaginario collettivo, continua a rappresentare il cibo nella sua accezione più sacra, basta pensare all’eucarestia, inoltre è insito nel nostro dna considerare quella fragrante, profumata, croccante preparazione, parte del complicatissimo ciclo della vita. Tanto importante che spesso è stato motivo di sanguinose sommosse popolari, o addirittura bandiera di rivoluzioni. Ad esempio nel ’17, sotto il palazzo dello zar, il popolo gridava pane e non “ ikra molossol”, che vuol dire caviale poco salato.

Prima il pane veniva fatto in casa, ma non con quella macchinetta attuale, che tra l’altro ha rinnovato l’emozione, in molte famiglie, del momento di “sfornare.” No, un tempo veniva fatto impastando il lievito madre, ricavato lasciando inacidire un pezzetto di pasta della precedente panificazione con un nuovo impasto e questo dava una consistenza, un gusto e in generale, una serie di caratteristiche organolettiche e nutritive veramente formidabili. Non per niente nei vari supermercati e nei forni sta riscuotendo un grande successo il pane prodotto con le tecniche che da tempo immemorabile custodiscono questo pezzo di storia del genere umano.

pane

Una volta mi trovavo ospite in un podere della campagna umbra, vidi una donna che con la scopa di saggina puliva il piano in pietra refrattaria di un grande forno: quelli di una volta. Dopo accese il fuoco, poi dosò sapientemente la legna per ottenere la giusta temperatura. Durante questa operazione, disse la donna, il pane riposava tra candidi lini. E certo così l’azione dei lieviti silenziosamente costruivano il loro fitto reticolo di alveoli. Al momento opportuno il pane bello gonfio, trasferito su una pala di legno avrebbe trovato posto sul piano rovente del forno.

Mi raccomandai di essere avvertito al momento che il pane fosse sfornato. Volevo assistere all’ultima operazione di quell’affascinante ciclo dal quale, il pane fumante, magicamente si materializza sulla bocca del forno. Fu un’esperienza formidabile e quel profumo, quelle scene, quel sapore sono rimasti dentro di me in maniera indelebile.

Fino ad un secolo fa il pane veniva consumato in ragione di duecentocinquanta chili all’anno pro capite, oggi non si arriva a trenta chili, tuttavia i modi di dire legati al pane testimoniano quanto questo cibo sia radicato nella stessa nostra vita, dalla religione all’arte, dalla politica a tutte le attività che coinvolgono l’esistenza e questo praticamente quasi da sempre.

Detti e modi di dire: Non di solo pane vive l’uomo, disse il Cristo a satana, Guadagnarsi il pane, significa lavorare, e dopo aver lavorato, Speriamo che nessuno ci tolga il pane di bocca. Quando un articolo si vende bene , Va via come il pane; e chi lo acquista pagandolo poco, Lo compra per un pezzo di pane. Se vogliamo essere schietti diciamo: Pane al pane. Se vogliamo vendicarci di qualcuno, gli rendiamo Pan per focaccia. In una situazione monotona, Se non è zuppa è pan bagnato, se qualcosa non è alla nostra portata, Non è pane per i nostri denti. Chi ha un carattere mite, E’ buono come il pane e…… non come il paté de foie, tanto per intenderc

Nunzio Dell’Annunziata*

* Nato a Napoli nel 1959. Vive a Chianciano dal 1979, dove, da “sempre”, esercita la professione di chef.