Alcuni amici parlando di questo giornale, mi hanno chiesto, “ma perché non fai un pezzo sulla politica pievese, come la vedi, dove sta andando?”
Sembrasse semplice! Lì per lì mi era venuto di rispondere “Non si può fare perché la politica pievese praticamente non esiste.”
Poi trattenendo e correggendo il mio caratteraccio ho rettificato “ Parlarne in base a quali canoni? Quelli che sono stati usati fino a una ventina di anni fa diciamo fino alla prima repubblica o in base a quelli della seconda?”
Per rispondere a questa domanda, bisognerebbe infatt definire che osa è e da chi è fatta la politica pievese. Nella prima repubblica, cioè fino a “Mani Pulite” ed al superamento della legge proporzionale, si sarebbe risposto cercando di capire cosa facevano il Pci, la Dc o il Psi.
Ora è diverso. Non esiste praticamente più la differenza fra la politica che si fa nelle istituzioni e quella che si fa fuori, nelle ex sezioni, nei cosiddetti circoli o robe simili. Anzi per essere più precisi oggi la politica si fa prevalentemente per non dire esclusivamente nei Comuni e nelle Regioni. Guardando Città della Pieve uniche eccezioni, con dimensioni molto ridotte, rispetto alla politica passata i Cinquestelle e il Pd.
Oggi c’ è un consiglio comunale e ci sono dei gruppi consiliari, con Il maggioritario che ha fatto pulizia dei piccoli gruppi e della rappresentanza diciamo minore, ma in termini di voti è anche il momento in cui il Pd, che si può, con approssimazione, definire l’erede più diretto del Pci, ha raggiunto il livello minimo e massima quindi la contendibilità se vigesse il proporzionale o l’avversario fosse unico.
Ci sono i consiglieri eletti nella lista che ha vinto le elezioni cioè il Pd, capeggiato dal sindaco Scricciolo, ed anche la Giunta è tutta interna al Pd ed addirittura al Consiglio Comunale. Questo in termini di ampliamento delle risorse impiegate e di rappresentanza è stato ed è ovviamente un grave impoverimento.
Poi c’è la lista Pieve di Tutti, capeggiata, dall’ex assessore Maria Luisa Meo con un altro consigliere che si può definire di area socialista, Parretti. Questo gruppo, il secondo per voti presi li ha avuti in modo trasversale ma è stato prevalentemente espressione dell’area del Pd e del centro sinistra che ha perso le primarie vinte da Scricicolo.
Ci sono poi altri due gruppi uno è il M5S oggi rappresentato da Ilaria Gabrielli che ha sostituito Gioia Clavenzani, l’altro è la lista di centro destra oggi rappresentata da Edoardo Rampi, che ha sostituito Lorenzo Berna.
Questo è il consiglio comunale. La dialettica è quella che può esserci dentro un consiglio comunale dell’era maggioritaria. L’occasione della discussione dei bilanci, che è quella principale per confrontare le diverse posizioni, priorità e scelte, mi sembra sia stata molto poco indicativa. I due gruppi più attivi sono i Cinquestelle e Pieve di Tutti che hanno anche un loro blog, da cui prendiamo alcune prese di posizione. L’uscita di Berna dal Consiglio Comunale, per motivi professionali, ha privato sicuramente la dialettica ed il confronto politico ed amministrativo di un forte stimolo.
Come dicevamo prima poi dovrebbe esserci la politica di fuori, quella che dovrebbe occuparsi di questioni e problemi nazionali e in autonomia di quelle comunali. Ma esclusa qualche iniziativa del Pd e di Cinquestelle, si può dire che c’è un preoccupante deserto.
Parlare di gruppi dirigenti, di rappresentanze sociali, di obbiettivi pluriennali di visone o di progetto è piuttosto difficile.
Ci dovrebbero essere i livelli superiori, regionali od altro, che dovrebbero svolgere un ruolo di coordinamento, promozione e direzione. Ma anche qui per adesso siamo più che altro al livello di comitati elettorali che si muovono in occasione del voto, anche se hanno tutte le loro cariche statutarie ricoperte. In più, per il Pd, abbiamo anche la cosiddetta “federazione del comprensorio del Trasimeno” . Sbrigativamente si può dire che è stato un progetto interessante quaranta anni fa ma che negli ultimi decenni si è rivelato uno strumento eterodiretto da Perugia e dai notabili, diciamo cosi, cui si pensava utile fare riferimento.
Ovviamente la questione non riguarda Città della Pieve solamente. Tutti sappiamo che la metà degli italiani ormai non crede e non usa più la politica e le istituzioni rappresentative per tutelare i propri interessi e valori e quelli più generali. Ma da qui, si voglia o no, bisogna ripartire per ragionare sul bene comune, sul futuro nostro e sugli strumenti politici o comunque comunitari che possono permetterci di raggiungerli.
Visione pessimistica? Forse, senz’altra discutibile e lacunosa, come un breve articolo non può non essere. Ma il nodo è definire la situazione. Poi viene tutto il resto. Ed allora se si ritiene che per motivi anche generali, la situazione della politica è drammatica. La risposta non può essere l’ordinaria amministrazione. Anche nell’analisi.
Gianni Fanfano
corrierepievese@gmail.com