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Dibattito AUR. Carlo Andrea Bollino “Umbria, nuova California”. Ma ci mette la stazione Mediaetruria.

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Proseguiamo la pubblicazione di alcuni articoli comparsi sulla rivista semestrale di AUR diretta da Alessandro Campi. Questa volta tocca allo scritto di Carlo Andrea Bollino dell’Università degli Studi di Perugia, Dipartimento di Economia.

La sfida di progettare l’Umbria del futuro è affascinante per un milanese come me che ha preso la residenza culturale e professionale da tanti anni presso l’Università di Perugia.
L’Umbria nei ricordi dei libri di scuola è la terra degli etruschi che ha insegnato ai romani a costruire l’arco, è la Signoria che ha consacrato la grandezza dell’arte di Raffaello con la committenza per la Deposizione, è la terra che ha dato a Roma il sindaco Pianciani nel 1872, è una delle poche regioni italiane che non è bagnata dal mare e non ha confini esteri. Se si dovesse giudicare l’Umbria solo con il livello del PIL pro capite che dagli ultimi dati Istat 2019 è pari all’ 85% della media nazionale, quando il Nord Italia è al 120% e il sud Italia è al 65%, si direbbe che l’Umbria è sotto la media.

Ma l’utilizzo dei numeri statistici non fa giustizia delle sue potenzialità e dei suoi punti di forza, a cominciare dall’essere una regione con bassa densità di popolazione quindi con grande capacità di utilizzo del territorio, una regione che ha una università, quindi una forza di costruzione del sapere, fra le più antiche del mondo, fondata nel 1308, una regione che si trova baricentrica a metà fra la capitale politica, Roma e il nord produttivo, la pianura padana.

La precondizione per un progetto ambizioso per l’Umbria è quella di scrollarsi definitivamente l’appartenenza al sistema del Sud assistenza- lista, quindi posti pubblici che servono come ammortizzatori sociali per conquistare la pace sociale e dare reddito. Questo metodo di governo politico del territorio non è più possibile per il semplice fatto che non ci sono più risorse trasferite dal centro per queste finalità.

Diciamolo anche in termini cinici: se un tempo le risorse arrivavano alla Regione come trasferimenti dallo Stato e poi venivano intermediate del sistema politico locale per ottenere il consenso politico, oggi l’unico assistenzialismo (sciagurato, peraltro) in vigore in Italia è quello del reddito di cittadinanza e del prepensionamento della quota 100, che sono gestiti direttamente dal Governo centrale, quindi disintermediando la capacità di utilizzo delle risorse per il consenso politico a livello locale. Quindi come dimostrano anche i recenti orientamenti politici del 2020, il consenso politico locale si ottiene con la capacità di governare il territorio. Per essere credibili nel governo del territorio si devono governare i tre pilastri fondamentali: trasporti, innovazione tecnologica, sanità. Questi sono i tre argomenti che affronto in questo articolo. Preciso subito da dove vengono le risorse per le proposte. Devono essere allocate alla Regione Umbria in un grande e unico POR (Piano Operativo Regionale) dal Recovery Fund. Il totale del Recovery Fund è 209 miliardi di euro per l’Italia. All’Umbria, che rappresenta l’1,5% dell’Italia, dovrebbero arrivare 3 miliardi di euro.

L’Umbria si è ritagliata una immagine di regione del turismo verde, del cuore verde dell’Italia, del “venite da noi per fruire delle nostre bellezze paesaggistiche e culturali”.
Il progetto per il futuro dovrebbe invece vedere l’Umbria come una nuova e potenziale Silicon Valley (per fare un paragone peraltro consumato) dell’Italia e dell’Europa. Occorre attrarre non solo turisti che spendono per un panino e una Coca Cola, ma anche attrarre centri di ricerca e laboratori e sussidiarie delle imprese multinazionali, per i quali la residenza dei suoi ricercatori e dirigenti nel territorio dell’Umbria sia un valore aggiunto in termini di qualità della vita, cultura, relazioni umane e sviluppo della ricerca.

I trasporti

Comincio quindi con il problema del sistema dei trasporti. Occorre una visione chiara e semplice: il nodo ferroviario di Perugia deve essere a un’ora di distanza da Roma e due ore di distanza da Milano, visto che la direttrice Roma Milano dell’alta velocità in questo momento dal punto di vista tecnologico permette un viaggio di tre ore.

La sfida ovviamente è ambiziosa: occorre progettare una nuova tecnologia che riesca a mettere il capoluogo dell’Umbria in collegamento con le stesse caratteristiche del resto della dorsale tirrenica.
Non mi dilungo, ma ottimi ingegneri sapranno sicuramente progettare un’idea semplice ma fondamentale: una stazione a livello di Bettolle, la futura Medioetruria, con le stesse caratteristiche della stazione Mediopadana di Reggio Emilia e questo è già stato più o meno dibattuto e descritto: con la tecnologia attuale si arriva, quando il treno corre sull’alta velocità Roma Firenze, all’altezza della stazione Medioetruria in circa 45 minuti.

Dove è il salto di qualità progettuale? La stazione di Mediopadania è stata realizzata dopo la costruzione della linea, perché lo sviluppo economico già esistente a Reggio Emilia giustificava economicamente l’opera. Quindi una operazione facile per le FS. Nel caso della Medioetruria, la scommessa è che la disponibilità di collegamenti moderni porti sviluppo economico nel territorio interessato.

Occorre progettare parcheggi di scambio, un nuovo centro direzionale, un collegamento con il Valdichiana Village Outlet, una viabilità con la Autostrada del Sole. Occorre progettare, in partenza da questo nuovo centro un collegamento veloce con nuove tecnologie, come la lievitazione magnetica, che arrivi in 20 minuti a Perugia (59 Km); ad Arezzo (39 Km); a Siena (41 Km). Il bacino di utenza è di 200 mila abitanti a Perugia e dintorni; 150 ad Arezzo e dintorni; 100 mila a Siena e dintorni, per un totale non molto diverso dalla area di Reggio Emilia. Occorre lungimiranza politica e capacità di dialogo con e fra la Regione Umbria e la Regione Toscana.

Il costo totale stazione più collegamento con Perugia è nell’ordine di 400 milioni di euro. Ovvero un investimento che potrà durare almeno 30 anni e sarebbe per i cittadini umbri un investimento di 13 euro all’anno pro-capite. Questo è un ammontare paragonabile a quanto è allocato nel triennio di previsione 2020-21-22 nel bilancio regionale per la missione 10 (trasporti e diritto alla mobilità), pari a circa 398 milioni di euro (Legge Regionale 20 marzo 2020, n. 3).

Innovazione tecnologica

La capacità di attrarre eccellenze nel territorio deve essere progettata per eliminare tutti quegli impedimenti burocratici che fanno rimbalzare da una delibera comunale all’altra le varie autorizzazioni. Prendo un esempio, per auspicare che l’amministrazione regionale sappia trovare la strategia autorizzativa giusta. Ancora oggi, una amministrazione comunale dell’Umbria può decidere che i pannelli fotovoltaici sul tetto di un edificio non vanno bene per un supposto problema paesaggistico, perché una qualche decisione regionale “pilatesca” del passato ha autorizzato i singoli comuni a derogare dal principio generale di libera realizzazione dei pannelli fotovoltaici. Ora che la Unione Europea parla di Green Revolution e il Governo nazionale concede il bonus 110% al fotovoltaico!

Questo tipo di interdizione polverizzata a livello locale deve essere spazzato via: questa è la vera riforma burocratica e non nascondiamoci dietro alla burocrazia nazionale, occorre spazzare via anche tutte le incrostazioni della burocrazia regionale.

Facciamo un altro esempio. Il ponte di Genova, come noto, è stato ricostruito in fretta e furia con una curva stretta che prevede una riduzione del limite di velocità. Perché? Perché la progettazione esistente, ovviamente passata di tempo e di moda, era congegnata così e per poterlo costruire in tempi bevi non si sarebbe potuto derogare dal progetto autorizzato. Perché? Perché anche con le procedure straordinarie di commissariamento, la burocrazia per effettuare una variante di progetto e raddrizzare quella curva stretta non era attuabile in tempi non biblici.

Per attrarre concretamente investimenti privati, occorre un esempio iniziale. Propongo la costituzione di un Centro di Ricerca sulla Economia Circolare e l’Energia Sostenibile (CRECES). Il modello è quello del “E.ON Energy Research Center at RWTH Aachen (E.ON ERC)”, un centro di ricerca costituito fra una Università e una impresa multinazionale, che studia le nuove forme di energia sostenibile. A Parigi esiste anche un CERC, Circular Economy Research Center, fondato dalla École des Ponts Business School che studia le possibilità di tecnologie dell’economia circolare.

Allora noi possiamo competere!
La formula del CRECES (SECERC, Sustainable Energy and Circular Economy Research Center) è innovativa perché è multidisciplinare, combinando i campi della ingegneria, economia, diritto e studi sociali. La finalità è per la ricerca sui nuovi materiali, le nuove tecnologie di circolarità, per l’analisi economica della fattibilità, lo studio del contesto giuridico, le implicazioni antropologiche sociali e culturali della realizzazione delle iniziative di economia circolare e della diffusione delle energie rinnovabili, per l’attrazione di fondi di ricerca comunitari. Possiamo capitalizzare le iniziative congiunte di collaborazione che stanno nascendo in questo periodo fra la Università di Perugia e la Università Politecnica delle Marche e imprese di eccellenza del territorio. Questo progetto mette insieme Governo della Regione, Università e imprese in uno sforzo per essere protagonisti nello scenario internazionale a costi contenuti nell’ordine di un intervento iniziale di una decina di milioni di euro.

Sanità

Sulla sanità, occorre proporre poche linee fondamentali per una organizzazione a tre livelli.
A) L’ospedale Silvestrini rimane il fulcro della eccellenza e specializ- zazione.

  1. B) Gli ospedali locali sul territorio – opportunamente valorizzati – sono al servizio per la cittadinanza assieme alle strutture private esistenti, non solo per la cura, ovviamente, ma anche per il potenziamento della assistenza post-operatoria. L’idea è che gli interventi di riabilitazione e convalescenza possano essere seguiti nelle strutture locali, più vicine al cittadino. Occorre anche potenziare una nuova organizzazione della diagnostica (sull’esempio pioneristico del Veneto), con un obiettivo e uno strumento: l’obiettivo è “tempo attesa zero” e lo strumento per realizzarlo è il funzionamento serale generalizzato di tutte le attività fino alle 22 e nel week-end.
  2. C) Potenziamento del sistema di soccorso nel territorio umbro, carat- terizzato da bassa densità di popolazione sparsa e difficoltà di spostamento veloce, data la conformazione orografica di gran parte del territorio. Per onor di cronaca va segnalato che qualcosa in questa direzione inizia a muoversi tant’è che alla fine del mese di luglio dell’anno in corso il Consiglio Regionale ha approvato una mozione avente per oggetto l’istituzione di un servizio di elisoccorso regionale autonomo con base logistica in Umbria (attualmente tale servizio è in convenzione con la Regione Marche). Questo rappresenta sicuramente un fatto positivo e l’auspicio è che il servizio possa diventare operativo in tempi brevi, usando magari le migliori risorse dei Vigili del Fuoco, potenziando la convenzione con la Croce Rossa anche con finanziamento di ammodernamento dei mezzi di intervento e potenziando il sistema informatizzato di gestione degli interventi del 118 per gli interventi urgenti.
Per il complesso degli interventi, occorre discutere una assegnazione aggiuntiva del FSN (Fondo Sanitario nazionale) a valere sulle disponibilità del Recovery Fund europeo.

Buona fortuna Umbria!