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Autonomia e Marche. La Regione Umbria ci ripensa. Ma non basta

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Nei giorni scorsi avevamo segnalato negativamente una nota della Regione Umbria che annunciava iniziative verso il Governo tese a chiedere maggiore autonomia in diversi aspetti della vita dei cittadini. Nella stessa nota si diceva che la richiesta era nel quadro di un rafforzamento della collaborazione con la Regione Marche. Noi commentammo dicendo “meglio di no”, sia per i maggiori poteri alla regioni sia per una maggiore collaborazione con le sole Marche.

Ora stando a questo scrive l’agenzia regionale di cui sotto riportiamo un nuovo comunicato, pare che per quanto riguarda la collaborazione si intenda lavorare anche con la Toscana. E questo è un piccolo passo in avanti, ma non basta. C’è innanzitutto un problema di democrazia e di coinvolgimento dei cittadini. Cosa ne pensano i cittadini sulla richiesta di maggioro poteri alle attuali regioni? Maggiori poteri alla Regione Umbria su turismo, sanità, ambiente e comunicazioni? Piano. Meglio discuterne. Con gli occhiali e l’esperienza della nostra zona, ci viene da ripetere “meglio di no”. Meglio fare qualche bilancio. Meglio fare passi in avanti reali, verso la costituzione della “Italia di Mezzo”. Con Toscana, Marche e una parte del Lazio.

Dicono da Palazzo Donini che ora dalla “Regione leggera” si deve passare alla “nuova Regione”. Allora,  alla “Regione leggera” ci si deve ancora arrivare.  Sulla strada dell’efficienza e della lotta agli sprechi, della lotta agli squilibri territoriali,  c’è ancora tanto cammino da fare. Alla “regione Nuova” ci si può arrivare solo con una regione di dimensioni adeguate e soprattutto con una adeguata classe dirigente. (g.f)

 Questo il comunicato che abbiamo commentato 

(aun) La Giunta regionale, attraverso un documento predisposto dall’assessorato alle riforme istituzionali, ha avviato la discussione per l’attribuzione alla Regione Umbria di ulteriori forme e condizioni di autonomia ex art. 116, terzo comma della Costituzione. L’intenzione è quello di costruire un percorso condiviso e comune con le Regioni Toscana e Marche, che potrà essere successivamente allargato anche alla Regione Lazio, e dunque di istituire un Tavolo di lavoro unitario per il confronto con il Governo nazionale. A questo proposito nei prossimi giorni l’assessorato ha ricevuto il mandato di coordinare gli atti formali necessari con Marche e Toscana che saranno adottati nelle prossime sedute di Giunta, trasmessi per l’approvazione all’Assemblea Legislativa in modo da poter presentare l’istanza al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro per gli affari regionali e dunque attivare il Governo nei sessanta giorni successivi al ricevimento.

Per anni il leit – motiv che ha contraddistinto l’azione regionale è stato quello della “regione leggera” – sottolinea il documento dell’assessorato – L’obiettivo della regione leggera, in questi anni è stato obiettivamente raggiunto mediante la diminuzione degli assessori e dei consiglieri regionali; la drastica riduzione dell’apparato regionale e delle sue agenzie; il contenimento del numero delle società partecipate; la riforma delle province; la liquidazione delle comunità montane; l’accorpamento delle aziende sanitarie; l’abbattimento dei costi della politica.

Dalla “regione leggera” bisogna però passare alla “nuova regione”, visto che oggi le regioni appaiono come macchine bloccate, e molti di questi blocchi vengono dal rinvigorito centralismo che taglia risorse ed aumenta il proprio peso di decisione sulle politiche regionali”.

“Questo – prosegue il documento dell’assessorato regionale alle riforme – è un dato che ha contribuito a spingere le regioni del Nord a chiedere un nuovo patto con lo Stato centrale.

Alcune (quelle del lombardo-veneto) hanno imboccato la via referendaria; altre (l’Emilia-Romagna) la strada costituzionale individuata dall’art. 116 della Costituzione”.

L’art. 116 prevede, in sostanza, che le Regioni possano ottenere una maggiore autonomia legislativa ed amministrativa su materie di vitale importanza per i territori, quali beni culturali e paesaggio, ambiente, governo del territorio, turismo, diritto allo studio, formazione ed istruzione, università, sviluppo economico, sanità e welfare.

A questo proposito il governo nazionale sembra aver posto due condizioni.

La prima, è che le Regioni per potersi sedere al tavolo del negoziato debbano avere i conti a posto; la seconda è che l’attribuzione di maggiore autonomia legislativa ed amministrativa non debba minare il fondamento dell’unità giuridica ed economica dalla Nazione.

“L’Umbria – afferma l’assessorato alle riforme – ha i conti a posto e può, dunque, sedersi al tavolo dell’art. 116 con l’obiettivo di avere una Regione più semplice e competitiva, mettendo l’autonomia come leva dello sviluppo e della semplificazione.

L’Umbria non ha bisogno e non vuole un aumento indiscriminato di competenze, ma una “autonomia selettiva” messa al servizio di grandi obiettivi programmatici in cui si pone come territorio di eccellenza (c.d. regione benchmark).

L’“autonomia selettiva” dovrà, dunque, riguardare le eccellenze del territorio in modo che la concessione di nuove funzioni porti a risultati tangibili, misurabili nel breve medio periodo, in termini di sviluppo culturale ed economico della Comunità regionale.

Gli obiettivi programmatici su cui concentrarsi e da sottoporre ad un ampio dibattito con le istituzioni e forze sociali dell’Umbria – conclude il documento regionale – sono la grande bellezza, la leva del sapere, la salute, la protezione civile e la prevenzione sismica”.