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Sviluppumbria, un malato per curare altri malati

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 Rassegna stampa dal Messaggero Umbria di Giuseppe Caforio. 
In questa Regione, talora, accadono delle cose difficili da spiegare. Mentre gli enti di statistica continuano a sfornare dati che rivelano un’Umbria in forte crisi con la povertà che aumenta e il pii che non cresce, e la collocano sempre più in fondo alle classifiche, e dopo che le ultime tornate elettorali politiche e amministrative hanno avuto il sapore anche di una bocciatura della giunta Marini, uno si aspetta che vi sia una reazione con un piano straordinario mirato ad invertire lo stato di cose. Invece sembra che tutto ristagni e si continui a vivacchiare. Emblematica è la situazione di Sviluppumbria.
Sviluppumbria in questi giorni ha presentato con toni trionfalistici l’approvazione del bilancio per l’esercizio 2017: un vero esempio di autoreferenzialità, frutto di logiche oramai superate e soprattutto detestate dall’opinione pubblica. Sono decenni, oramai che periódicamente Sviluppumbria viene additato come un carrozzone inutile che costa tanto e serve a poco. In effetti, se si vanno a vedere i numeri, questo convincimento pare trovare fondamento. L’Ente ha 85 dipendenti che costano poco meno di 5 milioni l’anno a fronte di un attivo intorno ai 20 milioni di cui più di 10 dovuti a immobilizzazioni materiali. Questo fa sì che le attività correnti abbiano un valore di poco superiore ai 7 milioni. Se si considerano tutte le spese di gestione, in pratica, Sviluppumbria ha costi pari alle attività correnti. In tale quadro ci sono delle perle, ad esempio la retribuzione del direttore generale che ammonta a circa 165mila euro annui, superiore anche a quella del presidente della Regione: una vera stramberia.
Ma tutto ciò sarebbe tutto sommato poco rilevante se poi si riscontrasse un’attività particolarmente utile e proficua. In sede di presentazione del bilancio, i vertici della società pubblica posseduta al 100% dalla Regione Umbria, invece di raccontare i risultati operativi raggiunti si sono limitati trionfalmente a sottolineare che dopo anni di perdite, finalmente la società ha chiuso in utile. Ma a che servirà mai questo utile? Si è avuto il coraggio di raccontare che anche la partecipata Sase ha chiuso il bilancio in utile, peccato, però, che la mission della società che gestisce l’aeroporto sia quella di aumentare le destinazioni dei voli. L’utile di Sviippumbria non sembra lontano da quello della Sase, ovvero numeri che contengono le perdite ma che non danno conto di efficacia ed efficienza.
La legge Madia – che esige siano chiuse buona parte delle società partecipate – è evocata solo per accennare all’adeguamento di alcune norme secondarie e non per il tema centrale: se una società come Sviluppumbria ha ancora ragione di esistere. Con una sorta di accanimento terapeutico, nel 2017, in sede di approvazione della nuova legge sul turismo, si sono attribuite a questa società competenze in materia turistica che hanno il sapore dei cavoli a merenda e vanno a so- vrapporsi a quelle dell’assessorato regionale. Sviluppumbria, che dovrebbe aiutare le imprese a cercare opportunità e lavoro, oggi è impegnata in una ristrutturazione interna per il suo risanamento: il malato dovrebbe curare altri malati. Se si vuole invertire l’andamento degli indici economici della regione e il malcontento dell’opinione pubblica, occorre che la giunta vari un piano straordinario, andando con la mannaia a sfrondare strutture e sovrastrutture non funzionali e solo costose e proponga modelli leggeri ed efficienti. Non sembra che finora ciò stia accadendo.