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Scarpe rosse tutti i giorni!

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Forse nella società della comunicazione le notizie circolano di più e l’effetto si moltiplica, ma lo stillicidio quotidiano delle donne uccise dagli uomini,  ci sta mostrando sempre più una realtà drammatica che denuncia una cultura ancora troppo diffusa e malata negli uomini.

Dopo che per l’ennesima volta Perugia sale alla ribalta della cronaca nera per l’uccisione di una donna, dobbiamo sapere che non ci sono isole felici o zone franche. Ma è  tempo di prendere provvedimenti più incisivi ed efficaci anche dal punto di vista legislativo, la sola battaglia di costume e culturale non basta più, anche nulla sarà risolutivo per sempre. Vogliamo pubblicare come Corriere Pievese questo bell’articolo di Laura Dalla Ragione per dire che ogni giorno è il giorno contro la violenza sulle donne ed ogni giorno le scarpe rosse devono essere sulle nostre piazze e  nelle piazze  d’Italia. (N.d.R)

 

Dal CORRIERE DELL’UMBRIA del 27-11-2015 di Laura Dalla Ragione

 

Il 25 novembre, il giorno in cui le piazze di Italia si riempivano di simboliche scarpe rosse a ricordare le tante, troppe donne, uccise prevalentemente dai loro compagni, mariti, fidanzati, una giovane madre viene uccisa dal marito. Nella sua casa, a Perugia, dentro le mura che dovrebbero proteggere, con suo figlio di 6 anni che probabilmente ha assistito alla tragedia.

Il dramma si consuma all’interno di una casa apparentemente tranquilla, borghese, dove la famiglia vive una quotidianità, una alleanza di affetti e relazioni che nasconde invece il disagio, la violenza, la paura.

Come sempre più spesso accade, in molti diranno che non si poteva prevedere, che era impensabile che tutto ciò accadesse. Mentre in realtà tanti segni, in base a ciò che viene riferito, facevano intravedere un universo di ossessioni e aggressività nell’uomo autore dell’omicidio.

Una gelosia patologica, violenze quotidiane, la richiesta alla moglie di interrompere il lavoro. Come in un caso da manuale la giovane avvocato che poteva difendersi, che aveva anche gli strumenti per farlo, non reagisce, pensa come tante donne di poter gestire la violenza più o meno manifesta dell’uomo. Pensa di poterlo cambiare. Come in molti altri casi il femminicidio, perché di questo si tratta, esplode come una mina calpestata, ma in realtà è stato a lungo fantasticato. E’ in fondo il tentativo estremo, da parte degli uomini che lo attuano, di liberarsi di un’ombra a cui si legheranno per l’eternità.

Uccidono per scongiurare un fallimento, un’onta intollerabile, uccidono per sentimento di onnipotenza: loro decidono della vita e della morte, e questo, non farà che gettarli nell’impotenza più crudele.

Ma al male di uccidere ci si deve aggiungere la violenza di avere come testimoni e spettatori dell’orrore i figli, i bambini, coloro che come società adulta dovremmo più proteggere dalla vista del male.

La domanda del perché il male, perché la violenza, è da sempre accompagnata alla domanda m merito alla violenza sugli innocenti. Se la bellezza è negli occhi di chi guarda, verrebbe da chiedersi dove è il luogo dell’orrore? Rimane un’interrogazione lacerante, come se il mondo adulto avesse perduto la capacità di far da argine e da sponda alle difficoltà proprie e immediatamente, spudoratamente, dovesse denudarsi di ogni sua miseria, fino a spingersi fino alla crudeltà, davanti anche ai più piccoli.

Ma se da un lato, questa società ci consegna un’immagine così spudorata degli stati sentimentali e delle azioni degli uomini, rimbalza ancora più potente il grido di scandalo sulla gratuità del male negli innocenti. Sono interrogativi vertiginosi, che tuttavia queste vicende così crudeli, non possono non riproporci come urgenti. Ora, dove risiede il luogo di tanto orrore e che contenga tutta questa violenza a cui si assiste, negli occhi? O forse sarà ancora più in profondo e gli ocelli forse tradiranno per tutta la vita, attraverso un’ombra, quello che hanno visto. Saranno occhi che non dimenticheranno più o forse occhi che non riusciranno più a guardare, bambini che cresceranno con lo sguardo abbassato di fronte all’orrore, ma forse di peggio, ad ogni forma di bellezza. Gli esseri umani si difendono come possono e i meccanismi di difesa sono sempre molto arcaici e primitivi; negano, spostano, proiettano, infine quando non possono conciliare istanze così diverse e contraddittorie si frantumano, si perdono in mille immagini di sé come tanti specchi rotti per mantenere integra la visione di se stessi. Quindi questi bambini dovranno faticare tutta la vita, scendere a patti con quello sguardo ogni singolo istante, per decidere di ricominciare a vedere, non solo la crudeltà del mondo, ma la bellezza che nasce sempre dalle sue ceneri.