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Nestlè – Perugina , una partita internazionale

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Una fabbrica ed un marchio storico che seguiamo con attenzione nelle sue vicende anche perché è stato per lungo tempo, direttamente e con l’indotto, uno dei punti di riferimento per l’occupazione della nostra zona.

Giornale dell’Umbria  di Fabrizio Marcucci

Nestlè-Perugina una partita internazionale Fusioni, ristrutturazione del mercato food e molto altro nella vertenza dello storico marchio. Un piano industriale in cui i lavoratori, che la fabbrica la conoscono bene, hanno messo nero su bianco come secondo loro la Perugina potrebbe uscire dal tunnel. E poi un’ondata di dichiarazioni e prese di posizione da parte del mondo politico. ùL’ultima, ieri, dei deputati del Pd Guglielmo Epifani e Giampiero Giulietti, e della senatrice democratica Valeria Cardinali, che dopo aver incontrato il coordinatore delle Rsu dello stabilimento di San Sisto, Luca Turcheria, hanno fatto sapere di essere intenzionati a portare la vicenda all’attenzione del Governo.

Epifani, che è anche presidente della commissione Attività produttive della Camera, ha anche prospettato la possibilità di convocare in Parlamento i vertici di Nestle.

La questione dei possibili 200 lavoratori in esubero nel sito di Perugia, su cui i sindacati hanno acceso i riflettori a fine agosto, sta travalicando i confini regionali. E non è la prima volta che, nell’ambito di questa vertenza, si parla di Perugina ai massimi livelli istituzionali.

Già nello scorso febbraio le deputate Adriana Galgano (Scelta civica) e Tiziana Ciprini (M5S) avevano presentato un’interrogazione in Parlamento all’allora sottosegretario al ministero dello Sviluppo economico (Mise), Claudio De Vincenti, per sollecitare l’apertura di un tavolo a Roma per la Perugina. La risposta fu positiva. A distanza di mesi però, Galgano è dovuta tornare sulla questione poiché, dopo il trasloco di De Vincenti alla presidenza del Consiglio, dove è diventato sottosegretario, il tavolo non è mai stato convocato, tanto che anche la presidente dell’Umbria, Catiuscia Marini, è tornata di recente ad sollecitarne l’istituzione. E se non bastasse, il trasferimento di De Vincenti ha privato anche di un interlocutore per le crisi industriali, come ha sottolineato di recente Galgano.

Ma qual è il cuore della questione, nella vertenza Perugina? Intanto i numeri, che giova ricordarli: nello stabilimento di San Sisto, operano 1.100 persone (800 fisse e 300 stagionali). I dipendenti lavorano con un contratto di solidarietà che prevede poco più di 200 esuberi ad agosto 2016. A ciò, secondo quanto segnalano i sindacati, si aggiunge l’abbassamento dei vo- lumi produttivi dello stabilimento, passati da 25 e 23 tonnellate annue. Una contrazione che, unita ai 200 esuberi del contratto di solidarietà, potrebbe portare circa 300 lavoratori a rischio licenziamento. L’azienda smentisce. Ma c’è un “ma”. Che deriva dalla messa a confronto del piano industriale dei sindacati, che punta al rilancio di tutte le produzioni del sito, con le parole del presidente di Nestlé, Peter Brabeck-Letmathe, riportate qualche giorno fa dal Corriere della Sera, secondo cui per restare competitiva, la multinazionale deve alleggerirsi degli asset periferici. Di più. I cosidetti giganti del food sono tutti entrati in crisi a causa dello spostamento degli interessi dei consumatori su produzioni a “km O” e biologiche. Ciò sta portando a due conseguenze: la prima è la tendenza da parte delle multinazionali a spostare lo sguardo e inglobare piccole produzioni di alimenti naturali e biologici, liberandosi appunto degli asset periferici.

L’altra è la riorganizzazione su scala più grande per fare fronte alle sfide di un mercato sempre più competitivo. Che tradotto significa fusioni. L’ultima ha portato alla nascita del gigante Kraft-Heinz. Che, secondo rumors riportati dallo stesso Corriere della Sera, avrebbe messo nel mirino, tra le altre, pure Nestle per una possibile acquisizione. La qual cosa aprirebbe inediti scenari per Perugina, che di Nestle fa parte.