Home Rubriche Lettere dei lettori Lettere sull’8 marzo. Dell’Annunziata “Festeggiamo, ma riflettiamo”

Lettere sull’8 marzo. Dell’Annunziata “Festeggiamo, ma riflettiamo”

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Un discorso che riguarda la condizione delle donne rischia di naufragare nell’oceano delle parole trite, dette e ridette e che restano in una specie di immaginario maschile con cornice radical chic. A chiacchiere, soprattutto nei talk show, sono tutti a favore delle donne. Addirittura si finisce per affermare una presunta convinzione secondo la quale le donne siano migliori degli uomini. Mentre il buon senso suggerisce che alcune donne superano in bravura i maschi come alcuni maschietti sono migliori delle donne. È una questione di capacità individuali e non di genere. Ma tanto, schierarsi dalla parte delle donne non costa nulla e fa anche un po’ “fighi”. Una volta presa la posizione “femminista” il maschietto allontana da se qualunque responsabilità. Se poi non picchia la moglie o compagna e qualche volta lava i piatti, si sente anche defraudato del meritato titolo di santo subito. In realtà la condizione della donna resta, benché si siano fatti numerosi passi avanti, troppo subordinata ai maschi. Basta volgere lo sguardo (non solo per ammirare qualche fondoschiena) nel mondo del lavoro in generale, e delle professioni. Si può partire dalla retribuzione che a parità di lavoro svolto risulta essere, nel genere femminile, circa il trenta per cento inferiore a quella dei maschi. Poi certo la costituzione e le leggi sanciscono la parità tra uomini e donne, ma solo sulla carta. È che vero che l’orizzonte femminile negli anni si è allargato, giustamente, ben oltre il cliché moglie, mamma, cucina, pulizie. E per giungere a questo sono passati secoli e lotte, salvo poi da parte degli uomini beneficiare dei risultati raggiunti, infatti se oggi il tenore di vita delle famiglie ha raggiunto un buon livello di benessere è spesso merito delle donne che oltre a lavorare in casa, riescono anche a svolgere una professione che permette al reddito familiare di crescere.

Ora per dare una sorta di completezza a questa riflessione sulle donne voglio ricordare che la Giornata internazionale Della Donna, trae origine anche (ma non solo) dall’incendio della fabbrica Triangle di New York, dove morirono 146 persone: 123 donne e 23 uomini. Questi operai, molti dei quali italiani ed ebrei, erano stati chiusi a chiave nella fabbrica per le restrittive condizioni sindacali dell’epoca. Scoppiò l’incendio e fu l’immane tragedia che ancora oggi commemoriamo.

Ora vorrei toccare altri due aspetti del discorso che riguarda le donne, ma tutti noi: la violenza sulle donne. Intanto la cronaca dimostra che molte donne uccise da mariti, compagni, amanti, sono persone che opportunamente hanno avuto il coraggio di denunciare la propria condizione senza che gli organi istituzionali abbiano adeguatamente risolto il problema. Le norme che regolano questa materia hanno sicuramente bisogno di essere corrette, perfezionate in una maniera tale da non dover sentire un giorno si e anche l’altro l’orrenda parola femminicidio. Orrenda parola nel suono, nel significato e nello scenario che rievoca: ammazzare una donna in quanto femmina.

Infine l’uomo padrone, che continua a perpetuarsi nella parte più profonda di noi maschietti? È come un mostro dentro la nostra psiche che fa scattare un insensato istinto di possesso così feroce e sconsiderato da generare delitti che devastano famiglie intere. È un bruttissimo fenomeno trasversale. Attraversa tutti gli strati sociali, tutte le culture senza tenere conto di istruzione o analfabetismo. Si dice che la differenza tra uomini e animali sia la facoltà degli umani di saper controllare gli istinti più violenti e feroci. Eppure siamo proprio noi uomini, maschi, che ci consegniamo completamente a quella cultura maschilista e feroce, a quel terribile atavismo che ci fa ritenere proprietari della donna. Il primo accenno di non controllo dello stato di supremazia e si annebbia il cervello. L’uomo dimentica amore, figli, soldi, nulla ferma l’assurdo istinto di punizione verso la compagna. Se non è sua, cioè di sua proprietà la donna, distrugge tutto compreso se stesso. Lo so che ho scoperto l’acqua calda eppure, se cominciassimo a lavorare con più convinzione sul nostro mondo interiore e a parlare di queste cose con i figli, dando loro l’esempio, rispettando le donne forse…boh! Comunque ogni piccolo mattone a favore di una condizione della donna più tutelata e rispettata io, senza retorica per la loro festa, mi sento di riporlo nella costruzione di un futuro prossimo nel quale una donna non debba aver paura e non debba morire per questa assurda tara che noi maschi dobbiamo neutralizzare.

Nunzio Dell’Annunziata