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Italia: una naturale , speciale, enoteca

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Se gli antichi romani chiamavano Enotria la loro penisola, un motivo ci doveva pur essere; in effetti la varietà di clima e la notevole orografia territoriale erano l’ambiente più indicato per la coltivazione della “vitis vinifera”.

Già a quel tempo il vino era molto apprezzato e godeva di una straordinaria considerazione tanto da venire catalogato in base all’annata e alla provenienza, diciamo quindi che la nostra tradizione in fatto di vini non è seconda a nessuno. Tuttavia nel tempo l’enologia italiana è andata trasformandosi, evolvendosi e si è arricchita in varietà, ma soprattutto in qualità, raggiungendo sovente punte di prestigio internazionale, affiancando e talvolta intersecandosi, con la grande tradizione culinaria del Belpaese. Questo felice connubio ha scavalcato le Alpi e ha attraversato l’oceano portando, il vessillo della cultura enogastronomica italiana, sempre più in alto. Infatti un po’ tutti considerano l’Italia una nazione che vive attribuendo molta importanza al piacere, alle cose belle, buone, piacevoli e che trasforma questo bel vivere in momenti di crescita, riscoprendo le tradizioni e rinnovandole in vere e proprie manifestazioni di raffinata espressione culturale; questo, da secoli.

Da nord a sud dell’Italia le varietà di vino sono numerosissime, diversificate per bouquet, colore, sapore, retrogusto e gradazione; fare un elenco completo di tutte le validissime produzioni locali, sarebbe un’impresa titanica se non impossibile; questo che segue è un rapido elenco dei principali e più conosciuti vini prodotti nelle regioni italiane. In seguito, un relativo approfondimento sarà dedicato all’enologia toscana che negli ultimi anni si è aggiudicata la palma di una ideale classifica di qualità e prestigio.

Iniziando dalle Valle D’Aosta troviamo il Valle D’Aosta e il Pinot nero come più rappresentative produzioni. Nel Piemonte spicca su tutti il Barolo, ma anche il Nebbiolo e il Barbera raggiungono vette di gusto e celebrità straordinarie. La Liguria offre tra gli altri il Cinque Terre e la Lombardia: il Franciacorta, l’Oltrepò Pavese. Nel Veneto troviamo il Recioto di Soave e il Valpolicella, quest’ultimo era il vino preferito dal vecchio militare innamorato nel romanzo di Hemingwey “Addio alle armi”. Il Trentino trova la più felice produzione nel Thurgau e nel Trentino Chardonnay. Il Friuli di Aquileia rappresenta degnamente l’omonima regione, insieme al Carso. L’Umbria, cuore verde dell’Italia, pulsa tra il Montefalco Sagrantino e l’Orvieto. Sul pennone dell’enologia abruzzese svetta il Montepulciano d’Abruzzo, e tra le allegre note di liscio sgorga la spuma dolce del Lambrusco che con il Sangiovese di Romagna sembrano prodotti apposta per essere sorseggiati in allegria. E nel Lazio quale è il migliore? La risposta cancella ogni possibile dubbio: Est! Est!! Est!!! ma non dimentichiamo il Frascati e il Montefiascone. Le Marche con l’inconfondibile accento dei suoi simpatici abitanti hanno regalato all’enologia nazionale un conosciutissimo e apprezzato gioiello: il Verdicchio Castelli di Jesi. Molise: Molise, sostanza senza fronzoli e piena identificazione tra regione e il suo vino: rotondità di sensazioni, bouquet morbido ma deciso, sapore pieno senza retrogusti. Pronunciare Calabria sembra contenere già il suo vino più famoso: Cirò. Campania, e aggiungiamoci l’aggettivo “felix” che i romani antichi gli tributarono per omaggiare la regione dalla quale si rifornivano; i vini sono rimasti gli stessi, antichissimi: Taurasi, Greco di Tufo, Fiano di Avellino. Sardegna, basta pronunciarne il nome e una eco salmastra e selvaggia sembra ritornare: Cannonau. Sicilia, assolata e baroccamente ricca di colore, di poesia: “Rosa aulentissima” , Cielo d’Alcamo e proprio Alcamo ci regala un vino soave e profumato come una poesia. Puglia: graffiante, sanguigno, sincero, magnifico Primitivo. Un vino antico, autentica preziosa perla di sapori e profumi della Basilicata: Aglianico del Vulture.

Toscana: evoluzione dell’enologia

La Toscana, tra le regioni italiane, è riuscita con più efficacia a dare risalto alla componente culturale che indissolubilmente lega insieme vino, territorio, storia, arte. Certamente il paesaggio, con le sue geometrie di filari, con i cipressi che svettano lungo stradine sinusoidali, i borghi, hanno avuto un ruolo determinante nel catalizzare questa concezione di territorio. La mano sapiente dell’agricoltore e la gestione naturalista, ecologista che la popolazione da sempre attua nei confronti della propria terra, ha originato poi la condizione di individuo inserito nella serenità della natura. Se si pensa un attimo alla pittura, il Fattori ha sicuramente sintetizzato con straordinaria poeticità questo sentimento che tra l’altro, interpreta una diffusa esigenza del nostro tempo e da qui il successo dello stile di vita toscano nel mondo. Ma ritorniamo al vino iniziando la nostra escursione da quello che, a ragione, può essere definito il re di ogni nettare d’uva, il faro che illumina le più importanti tavole del mondo: il Brunello di Montalcino. Il Brunello nasce in un ambiente di crete, boschi di lecci alternati a fughe di cipressi che inseguono viali fino a raggiungere casolari immersi nel verde. Fonti storiografiche testimoniano il pregio di questo vino lungo tutta l’antichità, tuttavia la fortunata ascesa all’olimpo delle cantine è avvenuta a partire dall’ottocento quando la famiglia Biondi Santi, grazie a Ferruccio, selezionò un clone di Sangiovese grosso e con questo unico vitigno vinificò: la leggenda era nata. In seguito è stata la famiglia Colombini che si è adoprata affinché questo prodotto di grande prestigio si diffondesse in maniera così articolata e con così tanto successo.

Il Brunello necessita di un invecchiamento di almeno quattro anni, dei quali, almeno tre e mezzo, in fusti di rovere; per il tipo riserva occorrono cinque anni.

Il Brunello è un vino aristocratico, di lunga vita, dal bouquet forte ed elegante, si sposa bene con i grandi arrosti ma soprattutto con il fagiano. Dal 1980 il Brunello si fregia del contrassegno DOCG.

Un altro prestigioso vino toscano è il Nobile di Montepulciano; anche in questo caso un accenno sulla zona di origine è d’obbligo. Montepulciano, perla del cinquecento, contesa tra Siena e Firenze nel corso di tre secoli, per la bellezza architettonica e la qualità dei suoi superbi vigneti che si stendono fra la Val d’Orcia e la Val di Chiana con sullo sfondo il cono imponente e azzurrino in lontananza del monte Amiata. La principale uva usata per il Nobile è il “prugnolo gentile”; il profumo di questo vino sprigiona sentori di mammola, il sapore è asciutto e si propone moderatamente tannico. Il suo gran pregio è testimoniato anche dal primato che vanta per essere uscito in commercio nel 1980, primo vino italiano, con la fascetta della DOCG.

Muovendosi nell’universo dell’enologia toscana non si può non ricordare il Chianti; è questo, forse, il vino italiano più conosciuto nel mondo e anche per chi non è toscano basta questo nome per far scattare nella mente tutto il meraviglioso territorio che si stende tra Firenze e Siena e che comprende i comuni di Castellina, Radda e Gaiole. Il Chianti viene commercializzato non prima del mese di marzo dell’anno successivo al raccolto; il suo profumo è intenso e rivela un leggero alito di mora e di mammola distribuito equilibratamente sul sapore tondo e intenso. L’alto contenuto di tannini, nel chianti giovane, si riduce notevolmente nella fase di invecchiamento conferendogli la struttura e la nobiltà di un grande vino che rivela le sue migliori caratteristiche con tutti i piatti della tradizione toscana. Forse la sua confezione più riuscita e conosciuta resta il caratteristico fiasco con la pancia ricoperta di paglia.

Questo rapidissimo viaggio sull’”enoteca toscana” termina con un vino che addirittura Dante, (e ci risiamo con l’intreccio vino letteratura) nel canto XXIV del Purgatorio, cita per essere stato ingurgitato da un papa che desiderava innaffiare degnamente una dose massiccia di anguilla; quando si esagera con il vino non può mai finire bene e quel papa forse brucia ancora tra i golosi. Mentre il vino in questione, la Vernaccia di S. Gimignano, ha percorso una strada di successo che lo ha portato ad essere il primo vino italiano a ricevere la DOC nel lontano 1966 e inoltre è anche l’unico bianco a fregiarsi della dicitura “riserva” dopo essere stato invecchiato un anno. Questo vino è prodotto esclusivamente con uva vernaccia, il suo sapore è secco e fruttato.

Nunzio Dell’Annunziata