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I tanti significati del Natale

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Sì ha un senso, molti “sensi” e ogni persona ne avrà di propri. Tuttavia se ne potrebbero ravvisare alcuni che accomunano la maggior parte degli individui di una popolazione e non solo.

L’essere umano è la somma del suo vissuto personale con l’aggiunta del vissuto collettivo della comunità nella quale vive. E la comunità è frutto della sedimentazione storica dalla quale è stata prodotta. Fatta questa breve premessa cominciamo coi regali. Perché a Natale facciamo i regali? (sempre meno e di minor valore perché come dicono i più raffinati economisti: siamo alla frutta. Ma questo è un altro discorso) comunque per pochi che siano rappresentano una tradizione, un’abitudine, un’esigenza. Già al tempo degli antichi romani, nel lasso di tempo che coincideva con il nostro periodo natalizio si festeggiava il “Sole invitto”, una sorta di rinascita. E dal 17 al 23 dicembre c’erano i Saturnali, durante i quali era in uso scambiarsi dei doni, che per lo più statuette raffiguranti gli antenati e rametti di vischio.

E gli antichi romani perché festeggiavano questo periodo dell’anno? Perché dalla preistoria e in molte parti del mondo il solstizio d’inverno rappresentava un risveglio della natura e il rinnovamento della vita. I romani quindi avevano “ereditato” queste ricorrenze. Ora se si riflette, anche la religione, che comunque ha influenzato la nostra vita per effetto della stratificazione dei vissuti storici ed individuali della società, si discosta dalla continuità del divenire? Non credo. La chiesa ha semplicemente sovrapposto alla “festa della luce” la nascita del Messia ma il concetto non cambia. Gli uomini primitivi “festeggiavano” la luce. Quelli che sono venuti dopo hanno festeggiato lo stesso concetto assumendo il Dio di Abramo come entità primigenia di tutte le cose compreso ovviamente la luce, il cambio delle stagioni e il rinnovamento della natura. Inoltre per i credenti la rinascita, che si perpetua nella “Natività”è una simbologia di rinnovamento nel nome di Cristo per tutti gli uomini che ne seguano gli insegnamenti.

Poi c’è ancora un altro aspetto della questione (beh, ce ne saranno mille ancora) ma gettiamo uno sguardo a quello relativo al cibo. La storia dell’umanità ridotta ai minimi termini, scomputata nella quotidianità individuale delle persone, è una continua corsa a procurare cibo. E sempre sotto lo spauracchio di carestie, della penuria di cibo. La fame: chi non l’ha sentita rievocare dai genitori, o dai nonni, (senza per fortuna averla mai sofferta). Sempre chiamata in causa con un tono di spavento e rispetto… Ai tempi della guerra le innumerevoli follie per procurarsi un po’ di pane, un pezzetto di lardo, due patate. E per essere festa una condizione primaria è quella di allontanare questo spettro. Circondandosi di molto e vario cibo, la psiche esorcizza la paura atavica della fame e della morte per fame, rilassandosi e auspicando che quella condizione di opulenza possa essere un qualcosa protratto per tutta la vita. E ancora questa stessa opulenza si trasfigura nell’augurio di un nuovo anno nel quale sia abbondante il raccolto e il cibo e si viva nella prosperità senza dover temere per la propria sussistenza e per quella della prole.

Tutte queste considerazioni non sono altro che un codice forgiato dai millenni e da infinite generazioni nel nostro DNA di uomini.

Ecco perché anche quelli che “subiscono le feste” alla fine cedono e in un modo o l’altro, si lasciano risucchiare da quel vortice che non è mero consumismo e delirio collettivo, ma qualcosa che dall’alba dei tempi si è sedimentata attraverso generazioni e civiltà nella nostra vita.

Anche l’aspetto affettivo, soprattutto in famiglia, si carica di valenze caratteristiche alle quali non si sfugge. Il tutto è una consapevolezza inconscia, che ci fa identificare biologicamente, culturalmente, religiosamente, alla specie umana.

Per cui senza perderci in speculazioni filosofiche vuote, seguiamo l’istinto e assecondiamo la nostra natura andando senza reticenze ad incontrare noi stessi tra gli altri. La natura è madre e le madri si sa, non sbagliano mai. Auguri.

Nunzio Dell’Annunziata