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Un Mausoleo per l’Eternità

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I ritrovamenti archeologici cui ci hanno abituato le nostre terre di recente evidentemente stimolano anche la fantasia dei nostri lettori. (N.d.R)

di Nunzio Dell’Annunziata

Si dice che oggigiorno nell’epoca virtuale si sia perso il gusto, il piacere e anche l’importanza del “raccontare” in quanto veicolo per tramandare fatti, storie: fossero anche di fantasia. Non sono d’accordo, io sono sempre a caccia di storie da ascoltare e raccontare. I miei timpani sono sempre all’erta e immancabilmente percepiscono un filo che lega eventi, fatti apparentemente insignificanti, minuscole rughe perse nell’epidermide mutevole degli eventi. E devo dire che mai sono rimasto deluso… Le storie narrate sono la vita stessa. Diceva Picasso: “Se puoi immaginarlo è già reale”

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Il corteo preceduto da musici giunse nella necropoli. Le note meste si susseguivano in una litania che si spandeva nell’aria mite e frizzante. Tutt’intorno il verde dei prati si frastagliava in una miriade di tonalità. I papaveri la facevano da padrone ma l’estate mai è stata avara di colore e benché primeggiasse il rosso anche le altre tinte si sbizzarrivano sulle corolle dove api indaffarate facevano il loro carico di dolcezza.

Gli alti sacerdoti officiarono le pratiche funebri e mentre il corpo veniva tumulato l’anima e l’essenza della vita del defunto venivano poste nelle mani di Aita e Alpan, non prima di aver reso grazie all’onnipotente Voltumna. Gli oggetti appartenuti al guerriero deceduto furono posti nella tomba, sparsi. La spada però, protagonista di formidabili imprese, venne adagiata accanto al suo signore come se anche nell’aldilà dovesse impugnarla a difendere la giustizia, la dignità e la gloriosa storia di un popolo degno dei suoi antenati. Quando tutta la cerimonia ebbe fine il corteo frammentato ritornò verso la città. La necropoli ripiombò nel silenzio a custodire il riposo dei suoi abitanti avvolti dal buio senza fine

Al palazzo fervevano i preparativi per il banchetto funebre e gli attori avevano allestito uno spazio per mettere in scena alcuni eventi cruciali della vita del guerriero: eroiche gesta belliche. Come quando questi, spada in pugno, risolse le sorti di una battaglia sconfiggendo in un duello glorioso il più forte nemico dell’esercito avversario.

Erano previsti anche giochi ginnici nei quali alcuni atleti avrebbero misurato il proprio valore in impegnative gare di lotta.

Narsenpo aveva solo quindici anni ma aveva guardato con interesse tutto l’ufficio funebre e si era soffermato sul tumolo sotto il quale era stata deposta la salma: “Perché tanto valore doveva trovare oblio nel buio di una tomba? Perché non cercare il modo di tramandare ai discendenti grandi gesta, grandi sogni e così infondere nei loro cuori, nella loro essenza di uomini, la grandezza del passato…e una speranza di luce per il futuro?”

Se lui fosse diventato re avrebbe ideato una sepoltura da sfidare il tempo e la storia e la fama sua e del suo popolo si sarebbe protratta nei secoli fino all’infinito.

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Il grran fermento nel campo militare si percepiva a distanza. I generali, gli strateghi, con le dita tra ingarbugliate linee tracciate su tavoli si confrontavano e discutevano animatamente di confini, strategie politiche, piani tattici. Più di uno si era pronunciato a favore delle alleanze tra città e popolazioni dello stesso territorio, sostenendo tale priorità come unico baluardo per frenare, bloccare l’espansione della nascente città a sud, verso il centro della penisola. Sì perché nessuno poteva immaginare che i pochi accampamenti di pastori sulle rive del fiume biondo, si organizzavano formando una città che tentava di espandersi. Già alcune popolazioni ad essa più prossime erano state assoggettate.

Narsenpo apparteneva ad una nobile famiglia e avvertiva che un futuro luminoso lo attendeva solo che avesse dato impulso alla volontà e l’immaginazione e a quell’energia straripante che guizzava nelle sue vene. Avvertiva nella parte più intima del proprio essere di avere la capacità, l’ambizione, il senso dell’equilibrio e la lealtà per guidare il popolo verso un futuro migliore.

E così fu. Passarono gli anni e sempre più spesso era lui nelle assemblee a prendere la parola e i suoi argomenti erano i più convincenti e analizzavano gli intrecci politici e militari alla luce di geniali intuizioni. I saggi del senato più volte in una sorta di bisbiglio avevano ventilato l’ipotesi che Narsempo fosse incoronato re. Altre volte ben distintamente si era udito : “ Bravo Narsenpo, sarai tu a guidarci un giorno.” Ma un’altra potente famiglia, commercianti con numerosi possedimenti che andavano a lambire i confini della città e talvolta sconfinavano oltre la giurisdizione del territorio di appartenenza, opponevano un loro candidato. Ma questi con eccessivo furore e arroganza lasciava trapelare oscuri intendimenti di potere. Così tra alterne vicissitudini politiche che videro ora l’uno, ora l’altro pretendente al trono primeggiare, fu deciso dal senato di votare per i due candidati al fine di eleggere il re che avrebbe portato la città alla gloria, frenando l’avanzata e tenendo sotto assedio le popolazioni del fiume biondo. Le votazioni furono a favore di Narsempo. Una solenne cerimonia sancì l’ascesa al trono del nuovo re. Come primo provvedimento il neo monarca ratificò l’alleanza con le altre città minori che sorgevano nel territorio. In seguito scegliendo tra i capi militari, nominò un generale supremo di provata leale rettitudine che costituisse un numeroso e motivato esercito di valorosi da mandare verso sud.

La macchina militare si mise in moto e il popolo del fiume biondo fu assoggettato. Narsempo saggiamente non schiacciò quelle genti sotto la sferza del dominio e del vilipendio. Lasciò loro la libertà di vivere come avevano sempre fatto ma si riservò di imporre delle tasse eque. Alcune guarnigioni furono sempre di stanza nelle zone occupate affinché non si risvegliassero, nel popolo sottomesso, velleità di espansione e conquista.

Intanto nella propria città il re fece costruire meravigliosi edifici e strade, e templi per il culto religioso. Il popolo prosperava e le arti, gli agi, entravano sempre più ampiamente nel quotidiano dei cittadini che avevano orientato l’esistenza verso una raffinata ed elegante concezione della vita. Anche il cibo, lontano dall’essere considerato mero alimento veniva consumato con allegra convivialità, spesso accompagnato da musica e immancabilmente dal generoso nettare dell’uva che in tutta la regione veniva prodotto seguendo una ben precisa liturgia, un culto che i produttori avevano elevato alle vette dell’arte.

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Gli anni scorrevano ma Narsempo mai cancellò dalla mente quella sorta di “visione” che in qualche modo illuminò la sua fantasia di ragazzo al seguito del guerriero defunto verso la tumulazione. Il sogno giovanile reclamava ormai una realtà speculare nella quale attuarsi. Il capo supremo, il grande condottiero del popolo,hiamò gli ingegneri e con solennità annunciò: “Costruiremo un palazzo ineguagliabile per magnificenza, sfarzo e grandezza. Sarà il Mausoleo, la dimora per le mie spoglie e luogo immaginifico dell’dentità del popolo.”

Narsempo aveva visitato mille volte nell’immaginario, questa costruzione edificandola e sgretolandola altrettante volte con la fantasia. Innumerevoli erano state le idee, i progetti, le supposizioni sugli stili e sul soggetto delle decorazioni. Tutto l’insieme della struttura doveva rispettare la classicità ma aprirsi anche ad innovazioni audaci, stravolgere i canoni estetici ma affidarsi ad una sobrietà di linee che accarezzasse l’essenza stessa del bello attraverso la simmetria degli spazi. Chi avrebbe ammirato il Mausoleo doveva essere colpito da maestosità, semplicità, fantasia, senso dell’estetica. Ma anche i più reconditi canali della recezione dovevano vibrare percorsi dall’eccentricità dell’opera. Nell’interno doveva correre un inestricabile dedalo di corridoi, tale da confondere chiunque vi si fosse avventurato senza il bandolo di un filo ben stretto nella mano.

Gli architetti si misero all’opera: in primis bisognava individuare l’area dove realizzare la costruzione. Furono analizzati alcuni siti e la scelta più opportuna si rivelò un’area dove anticamente confluivano le acque di alcuni canali naturali che raccoglievano le piogge dalle circostanti colline. Qualcuno obiettò: “Ma tale spianata è una depressione, quasi una valle…” Ma a memoria anche dei più vecchi, mai erano confluiti in quel punto rigagnoli o corsi d’acqua vari, meno che mai fiumi. Da tempo immemorabile la zona era stata bonificata e l’acqua aveva aperto altre direzioni per defluire. Non c’era nessun pericolo e inoltre le colline sembravano formare una naturale ed elegante corona per cingere il gioiello architettonico che doveva innalzarsi.

Iniziarono i lavori. I materiali di costruzione furono presi da alcune famose cave verso il nord. Quindi, pietre locali, marmo e travertino vennero stratificati fino ad erigere un imponente basamento a pianta quadrata. poi era stata l’estrosità, la bizzarria del re a suggerire un prosieguo architettonico mai adottato nella zona: la costruzione fu sovrastata da cinque magnifiche piramidi, quattro negli angoli e una più alta e grande nel centro.

In seguito anche il labirinto all’interno fu terminato, dove il sarcofago con il re sarebbe stato adagiato, protetto dall’intrico dei corridoi che simboleggiavano il groviglio misterioso dell’universo.

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Narsenpo era ormai vecchio e sentiva sulle spalle il peso della missione portata avanti durante tutta la sua vita e questa vita che lo aveva supportato per così lungo tempo stava per volare via….ma tutto quello che aveva immaginato si era trasformato in realtà premiando il suo impegno, la sua onestà, il suo essere leale. Sentiva vicina la fine dei suoi giorni ma come sempre la passione sempre viva e l’indomita fantasia riflettevano nel suo spirito una sorta di visioni che erano uno squarcio di realtà. Così immaginò il suo corpo dopo la morte, trasportato nel Mausoleo con una carrozza tutta d’oro seguita dai dignitari, i sacerdoti, i militari, i musici e tutto il popolo. Nella visione il corteo si trasformò in una chioccia d’oro seguita da cinquemila pulcino anch’essi d’oro…come la carrozza. Tutti avrebbero trovato posto nel Mausoleo…come in una sorta di universo parallelo, perfetto e cristallizzato nel tempo.

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La cerimonia funebre ebbe fine. Il Mausoleo si aprì poi si richiuse intorno al corpo del defunto re consegnato alla gloria eterna.

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Spesso la natura scompiglia gli umani disegni o forse li attua in una maniera che non sappiamo subito riconoscere…

Le piogge caddero furibonde, continue. E nacquero nuovi fiumi, canali, corsi d’acqua e paludi, pozzanghere. Negli anni la valle con il Mausoleo diventò il punto d’incontro di tutte le acque che scendevano dalle colline. A poco a poco si accumularono e si formò un immenso acquitrino e poi il Mausoleo sprofondò nel fango e ancora acqua, acqua, fino a che tutto fu sommerso…

Sommerso ma non dimenticato. Ancora una volta le visioni di Narsenpo si erano avverate e la natura aveva voluto assecondare il sogno di un suo straordinario figlio. E così sommerso nel grande, profondo, insondabile lago della fantasia del popolo, il re vive e vivrà fino alla fine dei tempi.

Nunzio Dell’Annunziata