Home Argomenti Calcio Per fortuna che c’è Riccardo Lorenzetti “Udovicich, lo scarsocrinito”

Per fortuna che c’è Riccardo Lorenzetti “Udovicich, lo scarsocrinito”

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Udovicich abitava in quei posti pieni di sole, dove non si invecchia mai.

Insieme a Superchi, a Cinesinho e a Ricciotti Greatti del Cagliari. Al Tenente Colombo, a Kabir Bedi di Sandokan e a Fonzie di Happy Days: che attraversano i decenni, i secoli e i millenni, mantenendo sempre la stessa faccia.

Me ne fece un ritratto bellissimo un certo Zonca di Novara (o Zonta, boh), tanti anni fa, la sera che eravamo di turno allo spaccio del Terzo Bersaglieri.

E mi raccontò di questo giocatore alto e ossuto, con la maglia azzurra bordata di bianco e lo scudo della città sul petto che faceva tanto Casa Savoia: che “svettava” sui calci d’angolo perchè sui palloni alti era pressochè imbattibile, e se la partita saliva agonisticamente di tono, non si tirava mai indietro.

Poi, quello Zonca sorrideva: “Ma la sua caratteristica principale era un’altra… Lui, con quella sua inconfondibile testa pelata, c’era sempre. E in tanti anni di stadio, non gli ho mai visto saltare una partita.”

Una roba tipo i Lunapop, insomma… Senza Udovicich, a Novara, non era domenica.

Era l’epoca, quella, dei Capitani di lungo corso. Rivera, Mazzola e Bulgarelli, d’accordo: ma anche fenomeni di provincia, tipo Ceccarelli del Cesena o Di Somma ad Avellino.

E “Nini” Udovicich, per l’appunto.

Che però, a differenza dei più illustri colleghi, non ebbe mai la soddisfazione di una figurina tutta sua; e avendo giocato solo in serie B (e anche in C) dovette rinunciare alla figura intera, per accontentarsi di un semplice mezzobusto, da dividere con un compagno di squadra.

Una volta Volpati, un’altra volta Ferrari, poi Radaelli, o Carrera. La classica gente di passaggio alla quale il destino aveva riservato la fortuna di non passare del tutto inosservata… Perché finire nella stessa figurina del grande Giovanni Udovicich voleva comunque dire condividerne il lustro.

Lustro, come quelle teste orgogliosamente calve in un’epoca dove il “rasato” non andava poi tanto di moda, e Dino Sani, del Milan dimostrava sessant’anni, e Bobby Charlton esibiva il riporto, e sembrava addirittura grottesco. Udovicich, naturalmente, ma anche Lodetti e Ottavio Bianchi. Il grande Gregorz Lato della Polonia e, qualche anno dopo, Scanziani, Fanna e Borgo della Pistoiese.

Gianni Brera, con un triplo carpiato dialettico, li chiamava “scarsocriniti”, mentre nei campetti dei dilettanti, la fantasia era inesauribile: “Attento, che ti vanno i capelli negli occhi”.

“Capognudo”.

“Stroncapettini”.

Poi arrivò Luca Vialli, da capitano della Juventus, e la pelata divenne improvvisamente elegante… Guardiola, Zidane e Robben sono venuti parecchio dopo.

Leggo che il 22 dicembre intitoleranno a Udovicich la curva dello stadio “Piola” di Novara.

Posso dire che la notizia mi ha fatto piacere?

Riccardo Lorenzetti

“Un’impresa impossibile”