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Rassegna: Voto in Umbria. Carnieri “dal voto un’Umbria a quattro lati”

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Proseguiamo nella pubblicazione del dibattito sul voto recente delle Regionali in Umbria promosso dal Giornale dell’Umbria.

GIORNALE DELL’UMBRIA del 03-07-2015 – di Pierpaolo Burattini

Dopo il professor Roberto Segatori, continua con il presidente dell’Aur Claudio Carnieri la serie di interviste a sociologi, storici ed intellettuali per dare una lettura, sotto diverse angolazioni, di quanto avvenuto in Umbria alle ultime elezioni regionali.

La riflessione contro la scelta subitanea; l’analisi dei processi sociali contro l’appello alla modernità sic et simpliciter; il partito pesante contro quello leggero. In una parola: le contraddizione della sinistra ma anche soprattutto della politica come oggi è vissuta, pensata e messa in atto.

Claudio Carnieri, ex presidente della giunta regionale e attuale presidente dell’agenzia Umbria ricerche, per biografìa, storia e cultura si pone da una lato della barricata ma senza per questo chiudere gli occhi e il ragionamento su quello che si fa avanti sul palcoscenico politico ed economico regionale e nazionale. Insomma, il suo, è il classico punto di vista di cui tenere conto anche se non lo si condivide.

Presidente, di queste ultime elezioni regionali, qual è la cosa che l’ha più colpita?

«La cosa che mi ha colpito di più? Il voto delle elezioni regionali ci consegna un sistema politico che si regge su quattro lati. Una cosa, questa, di una assoluta novità rispetto alla storia politica della nostra regione, in cui si è sempre ragionato su uno schema bipolare

Sicuramente la radicale trasformazione del sistema politico regionale: dal bipolarismo a cui eravamo abituati siamo passati ad un sistema a quattro lati e questo per chi conosce la storia politica di questa regione è un mutamento rilevante».

Quattro lati, composti da chi?

«Centrodestra, centrosinistra, Grillo e Lega Nord e soprattutto quegli oltre 300 mila umbri che hanno deciso di non recarsi alle urne. Mi creda il mutamento è davvero importante, basti pensare che oggi il Pd è il partito di mag- gioranza relativa con 125 mila voti, un ordine di grandezza che non ha precedenti nella storia politica umbra. Il dato è éclatante anche se si guardano i 30 mila voti raccolti da Forza Italia che ha avuto un calo rilevante rispetto al Pdl del 2008: il dato numerico non è tutto ma aiuta a capire il quadro che abbiamo di fronte».

Sguardo a sinistra: queste elezioni dicono che nella cosiddetta base sociale è avvenuto qualcosa di non superficiale.

«Ho letto la tesi del professor Segatori, ma le devo dire che non mi convince perché credo che quella base sociale molto variegata (ceti urbani, intellettuali e lavoratori) che la sinistra umbra ha avuto dalla sua in questi anni resta comunque un ancoraggio al di là dei mutamenti».

Se è cosi come dice lei, anche il concetto stesso di contenibilità politica della nostra regione, di cui molto si è parlato in questi prime settimane post voto, non ha una sua fondatezza.

«Ogni elezione è una storia a parte, ma detto questo resto convinto che in Umbria ci sia una radice di sinistra che non è contendibile e vorrei far notare che il centrodestra anche nel maggior periodo di splendore berlusconiano non è riuscito in Umbria a mettere in campo un progetto politico-culturale serio e convincente».

E invece, il Pd ha una fisionomia politica e programmatica che la convince?

«Un certo percorso politico non mi convince e non da oggi, e in Umbria le ultime elezioni regionali ci dicono che se il Pd si fosse affidato esclusivamente alla sua supposta autosufficienza avrebbe avuto un brutto risveglio. Credo che un sistema di alleanze e la costruzione di una coalizione con dentro la sinistra sia un presupposto ineliminabile: senza tutto questo ci ritroveremo davanti due partiti che occuperebbero il centro della scena politica».

In tutto questo il professor Segatori segnalava la pessima performance del sindacato.

«Mi sembra una lettura forzata, perché il sindacato è una realtà molto composita che non la si può misurare sull’elezione di questa o quella persona. Nel sindacato oggi, nella Cgil come nella Cisl, si sta facendo avanti una leva di giovani quadri che sono preparati e colti: schiacciare il sindacato su una lettura di contingenza politica non mi sembra fruttuoso in termini di comprensione generale».

Qual è il tema che ci consegnano queste elezioni e su cui tutti, politica e imprenditoria, si dovranno confrontare nei prossimi mesi?

«Se in questa regione mettiamo insieme disoccupati, precari e cassintegrati arriviamo alla cifra di 180 mila persone che hanno un problema con il lavoro e l’occupazione in generale. Il tema su cui tutti, e ognuno in base alla propria responsabilità e al ruolo che ricopre, ci dovremmo confrontare nei prossimi anni è quello del lavoro e del modo in cui portare l’Umbria fuori dalla crisi. Questo è compito della classe politica e di chi governa ma anche di tutte le forze sociali ed economiche: nessuno si può chiamare fuori sperando che siano altri a risolvere i problemi. Lo sa cosa mi colpisce in questo quadro?».

Ci spieghi.

«Nella nostra regione, rispetto a tutte le altre, c’è un numero di lavoratori sottomansionato rispetto al titolo di lavoro o alla capacità professionale: questo significa che c’è un mercato del lavoro che non funziona e che sul versante dell’innovazione le nostre aziende sono rimaste indietro e lo sviluppo tecnologico invece in questa fase è molto importante. L’Umbria, stando agli ultimi dati forniti dal Sole 24 Ore, è una delle regioni italiane rimaste indietro».

Presidente, il problema è che a differenza di un tempo il pubblico ha in qualche modo meno possibilità di manovra: anche su questo versante forse si dovrebbe invertire, più di quanto si è fatto fino ad oggi, la tendenza.

«Oggi chi ha in mano le leve della decisione, sia sul versante politico che quello imprenditoriale e sindacale, ha una responsabilità enorme, dato il quadro sociale che abbiamo di fronte».

In base alla sua esperienza, ha consigli da dare?

«Sul versante politico mi auguro che la presidente Marini spinga con ancora più decisione sulla strada delle scelte selettive per indirizzare quei fondi pubblici a disposizione nel sostegno a tutte quelle esperienze che riescono a coniugare produttività e alta innovazione. E allo stesso tempo mi auguro che la classe imprenditoriale di questa regione partecipi in maniera fattiva a questa fase di ricostruzione. I prossimi anni saranno fondamentali per il futuro di questa regione, perché ci troveremo a dover elaborare un nuovo modello di sviluppo, un compito molto gravoso che per poter riuscire ha bisogno delle migliori energie».

Ma oggi la politica e la classe dirigente tutta è in grado di mettere in campo un progetto di lungo respiro evitando di restare impantanata nella logica del giorno per giorno?

«Non mi permetto di dare giudizi, anche se devo dire che dal punto di vista della politica oggi più che mai la leadership si è ridotta alla sovrapposizione con i ruoli amministrativi e questo secondo me non produce nulla di buono dal punto di vista dell’elaborazione di un progetto e della sua attuazione».

In una battuta: vogliono fare tutti gli assessori.

«La battuta è brusca ma rende in qualche modo l’idea di una torsione che si è fatta avanti non da oggi, ma se la politica non vive in una dimensione di autonomia rispetto al governare credo che si vada incontro a d un cortocircuito. Svolgere un ruolo politico ha una sua nobiltà che oggi, per svariati motivi, è passato colpevolmente in secondo piano».

2/Continua