Home Argomenti Cronaca Il dibattito. Centri storici “Genius e sregolatezza”

Il dibattito. Centri storici “Genius e sregolatezza”

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C’è sempre qualcuno a decidere il destino delle nostre comunità, spesso con l’unico scopo di mantenere il consenso. Intanto le città muoiono e con loro l’arte, gli edifici storici, il verde, le piazze, i giardini. Perdono così la propria funzione pubblica. Di questo passo tutti avremo meno libertà, uguaglianza e democrazia. Emesto Galli della Loggia nel suo articolo “La bellezza perduta nelle nostre città” in prima pagina sul Corriere della Sera di domenica, frusta i poteri locali, i sindaci e le amministrazioni comunali ricordandoci che i centri storici italiani hanno subito un’irreversibile trasformazione che li trasformati in “un’informe poltiglia turistico-commerciale”, causa l’impudente affarismo che divora le cose più preziose del nostro passato. Stiamo perdendo i luoghi della bellezza a suon di delibere dei pianificatori, degli omologatori che aspirano al “globale” parafrasando il “locale”, che adottano preconfezionati stilemi progettuali, trasformano i luoghi m generici spazi, ne annullano l’identità, li banalizzano, li distruggono in nome di un fasullo bene comune. Violentano, cementificano, urbanizzano ignorando che il bene immateriale e inestimabile ereditato dai nostri Maggiori non può essere valorizzato, calcolato, considerato come un patrimonio economico qualunque.

Tutto questo vale per le città che rappresentano i grandi luoghi della bellezza italiana, come Venezia, Roma, Firenze, scrive Galli Della Loggia, quanto per i piccoli centri sparsi per il Paese come “quelle autentiche gemme dell’Umbria che sono Bevagna e Montefalco”, Grazie per la citazione in prima pagina sul Corsera, ma a questo punto s’impongono alcuni distinguo. Bevagna e Montefalco (come Spello e Bettona, Todi e Gubbio, quanto altri gioielli del Paese) sfuggono alla logica della distruzione grazie alla loro tenuta sociale. Ci sono ancora paesi sorretti da sindaci capaci da portare come esempi virtuosi. Questi paesi rievocano in noi ricordi del passato, nostalgie, gioie, sofferenze, profumi, gesti elementari e segreti riposti nel nostro bagaglio culturale e allo stesso tempo sono pronti ad accogliere il futuro, la tecnologia, la banda larga, le reti di nuova generazione, a creare inclusione, sviluppo, infrastrutture sostenibili, mobilità dolce e opportunità di lavoro secondo i più avanzati standard europei.

Ma il legislatore, il Governo e le Regioni sono altrettanto disposti ad aiutarli? Questi paesi non somigliano ancora a quei luoghi m cui si realizzano le nevrosi e le idiosincrasie contemporanee. Vi si possono leggere i frammenti della nostra vita futura, come non è più possibile fare nelle grandi città più titolate, con buona pace per il Galli il quale non ricorda che i Comuni per sopravvivere attingono alla Bucalossi, che ha permesso di cementificare, così come dimentica, il Galli Della Loggia, la liberalizzazione delle licenze dei supermercati voluta da un governo che lui appoggiava perché “con la cultura non si mangia”. Siparietto. E’ necessario che il cemento, l’insipienza e l’incauta progettualità di certi amministratori – ma anche le leggi nazionali a cui soggiacciono – non attentino al Genius Loci. “Nullus locus sine genio”, affermava Servio, retore latino vissuto tra il IV e V secolo d. C., nel suo Commento all’Eneide, intendendo per “genio” lo spirito, il nume tutelare del luogo stesso, la sua aura di sacralità. Cosa sarebbe Spello deformata nel suo tessuto urbano, la numinosa Bevagna se aprissero un McDonald tra le chiese medievali della piazza, Montefalco -adocchiante l’Umbria- se cementassero i suoi orti urbani e Trevi se lottizzassero la fascia ulivata che la contiene? Noi umbri più di chiunque altro non tolleriamo lo stupro dei luoghi, lo stravolgimento dell’ambiente. Consacrato al cinico sfruttamento affaristico che giova a pochissimi e nuoce ai più – è già svanito ciò che il passato aveva fin qui prodotto: “botteghe, commerci, edicole, angoli appartati, dignitosi negozi”

per far posto a “minimarket, rivendite di cianfrusaglie orribili spacciate per souvenirs” enotecucce che servono taglieri, pub e sedie che invadono le strade. E potremmo continuare per ore. Ciò nuoce agli abitanti e fa gioco alla retorica dei politicanti: quelli che misurano il funzionamento della città sugli eventi, in termini di calca, di assembramento e per questo concedono licenze commerciali, autorizzano trasformazioni delle destinazioni d’uso degli immobili, di spongono maldestramente della polizia locale, fino a farci rimpiangere che una volta il “genius” non lo possedevano solo i luoghi, ma anche le persone. Beata umbritudine, umbra beatitudine.

*la foto di copertina è tratta dal Città della Pieve and Friends