Il 17 marzo del 1861 fu proclamata l’unità d’Italia. Ma non sto parlando di storia riferita a eventi politici. Bensì di storia del cibo. E vedremo come le due cose sono intimamente connesse. I tempi attuali sono attraversati da continue istigazioni alla secessione, sia che si parli dell’Italia, dell’Europa, e anche del resto del mondo dove imperversano idee di muri divisori. Se parliamo dell’Italia comunque nel corso di duecentocinquanta anni circa, non si è raggiunto una convincente e totale unità tra nord e sud. La popolazione con difficoltà identifica un comune sentirsi appartenenti di una unica nazione. Diciamo che il Manzoni fu eccessivamente ottimista nell’affrettarsi a vedere l’Italia: “Una d’amore, di lingua, d’altare/ di memorie, di sangue e di cor/. Accusiamo di questo la politica e ci liberiamo immantinente del problema, dimenticando che la “politica” siamo noi col nostro comportamento. Eppure c’è qualcosa che in questi anni ha unito l’Italia: gli spaghetti. Certo scappa un sorriso. Ma all’ora di pranzo da nord a sud c’è una pentola che borbotta sulla fiamma e c’è qualcuno pronto ad immergerci gli spaghetti. Ecco il rituale dentro il quale ci sentiamo italiani. E anche nel mondo ci identificano con questa “sinèddoche”: Spaghetti al pomodoro. Ed effettivamente in questa veste siamo riconoscibili all’istante, come popolo unito, fiero, e battagliero. Che al posto dell’elsa brandisce la forchetta per spargere salsa di pomodoro e no sangue.
Ma da dove è partita questa rivoluzione culinaria, chi l’ha diffusa lungo tutto lo stivale? Sono stati i garibaldini. Questi sbarcati in Sicilia, marciavano risalendo la penisola per annettere tutti gli stati al regno d’Italia. Strada facendo si lasciarono contaminare da questa usanza meridionale di mangiare la pasta, gli spaghetti soprattutto e quando rientrarono nelle loro “contrade” spiegarono che la pasta non andava cotta fino a farla diventare molle da sciogliersi in bocca. Ma bisognava sorvegliarla, orologio alla mano fino all’istante nel quale fosse morbida e tenace allo stesso tempo. Questo era il modo di mangiare la pasta. Da lì il passo è stato breve e l’abbraccio tra italiano e spaghetto è ormai sancito indissolubilmente.
SPAGHETTI AL POMODORO (RICETTA IN RAP)
Quando l’ora del pranzo scocca
La lingua deglutisce e dopo schiocca
Da nord a sud son tutti italiani
Davanti agli spaghetti e forchetta nelle mani
Capelli d’angelo raggi di sole
Sono irresistibili spaghi e la bocca li vuole
Ingarbugliati guizzanti vivi nel piatto
Son così buoni da diventar matto
Aglio e olio nel fondo della padella
E sulle labbra un sorriso: la vita è bella
Fuoco dolce finché l’aglio sia d’ambra
Ricetta semplice senza alcun’ ombra
Aggiungi nell’olio pomodoro fresco
Immagina dopo la tinta sul desco
Non ti scordare il basilico in foglie
Verde speranza per tutte le voglie
Giù gli spaghetti nell’acqua che bolle
Ma occhio che la pasta non diventi molle
Appena al dente sii pronto a scolare
Poi dentro la salsa e rimescolare
A chi gli riesce può farli saltare
Con tutti intorno che voglion gustare
Una bella forchettata e si è in paradiso
Anche se c’è qualche macchia rossa sul viso
Nunzio Dell’Annunziata