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Storie di Palio – VITTORIO MASSOLI

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Vittorio Massoli, classe 1943: è la volta di una delle pietre miliari del Terziere Castello e del Palio. Non chiedetegli date perché non se ne ricorda una. Sui nomi va un po’ meglio, ma occorre fare un gran lavoro di ricostruzione, perché le citazioni sono tutte fatte per soprannomi e parentele. Con lui riviviamo gli inizi del Palio, le difficoltà e gli ostacoli dei primi momenti. I sacrifici, ma anche la voglia di crescere e di affermarsi .

VITTORIO MASSOLI
“Quanto abbiamo tribolato per far partire il Palio. Agli inizi Marino Serafini e Piero Fallarino erano interessati alla Festa dell’Unità e il Palio non lo vedevano certo di buon occhio. L’avvio è stato con la festa rionale di San Rocco: io, Robertino (Roberto Pulito) la Gabriella “Gago” (Fanfano), il Tassino (Fernando Tassino), Azelio Della Lena. Venivano addobbati Via del Fango, Il Po’ di Mezzo e Via Garibaldi e si eleggeva la “Monna del Castello”. Dopo ha preso il via la festa del “Pievese Lontano”. Si faceva un pranzo e si consegnava la chiave del paese ad un Pievese tornato dopo tanti anni di passati fuori, ricordo la festa per il fratello della maestra Carlini (Ernesto Ciarapica), lui era un”mezzo giornalista”. Un anno si organizzava il pranzo a San Pietro e un anno al Barbacane. La nostra taverna agli inizi era per strada, lungo Via Garibaldi, utilizzavamo anche il fondo di Aristide (Scarpanti). Anche loro (ndr: il Terziere Casalino) avevano la taverna per strada lungo il Barbacane visto che l’Orto del Vescovo lo hanno avuto molto dopo. Quella festa durò pochi anni, poi partirono i terzieri.

I sotterranei di Palazzo Corgna ci furono dati inizialmente per fare il presepe dalla Sig.ra Marocchi (Lucia). Ricordo Spaltero (Scargiali) e Boccolini (Mario Convito) al lavoro. Per portare via il “brozzame” dal giardino ci misero quindici giorni, dalla sera alla mattina. Dietro la porta di “bandone di ferro”, messa prima del cancello, c’era una montagna di calcinaccio che arrivava a coprire le arcate delle porte di accesso alla vecchia cucina. L’anno della cascata per il Vicolo delle Pupe riuscimmo a liberare solo metà del piazzale, tanto era il calcinaccio. (ndr: venne realizzata all’epoca una cascata di acqua che dal giardino di Palazzo Corgna si riversava su una vasca in Via Melosio. Nel muro del giardino sono ancora visibili le pietre allora utilizzate).
Piano, piano venne liberato l’orto e la taverna e furono messi i primi tavoli nel salone che era l’unico locale abbastanza pulito. Lì c’erano solo un po’ di botti tutte “sgangherate”. Dopo il salone si pulì “l’oliara” e poi, piano piano, tutto il resto. Anche il primo presepe fu fatto solamente nel salone.

Il primo Palio venne disputato a Sant’Agostino. Ai primi incontri c’ero io, Don Oscar Carbonari e Giacomo Cecconi per il Castello; Benito (Cupella), l’Ing. Caricchi (Gualfredo), Tonino (Antonio Marroni), Achille il sarto (Brillo), il Maresciallo della Marina, quelli che erano due fratelli – (Rocchetti) per il Casalino. Il primo Palio fu un’ “arrangiatura”. Noi non eravamo abituati a tirare frecce mentre loro (Casalino) già avevano un gruppo di arcieri che faceva “Il Rientro dalla Caccia” per San Luigi, nonostante ciò vincemmo noi. Il primo capitano era”Beri-Beri” (Franco Macchiaiolo), gli arcieri erano Puzzetta (Claudio Cianfrini), Leonardo (Macchioni) e il figlio del Pichi (Alessandro Barbino figlio di Alfredo Barbino). L’anno successivo con Mario Valletti siamo andati a contattare gli arcieri di Montalcino che poi non tirarono (ndr: fu l’edizione sospesa con forti liti in campo e fuori, proprio per la presenza dei due arcieri di Montalcino). Alessandro Barbino, che era un nostro arciere, poi è andato a tirare con il Borgo Dentro che nel frattempo era nato. Era nato perché l’abbiamo fatto nascere noi.

Il primo costume che ho indossato era da armato, rammento poi di aver sostituito “Siluro” (Ario Cesaroni) come banditore una volta che lui si sentì male. C’era bisogno di un banditore ed io fui scelto. Comunque non sono stato un gran che in quel ruolo. Allora la sfida veniva lanciata nel sagrato del Duomo. Non c’erano discorsi da leggere ma delle tracce da seguire, dovevi per lo più andare a braccio. L’altro banditore era Benito (Cupella) e lui se la cavava meglio, aveva più battute di me.
Il primo presidente del Terziere Castello in epoca Palio fu Giacomo Cecconi, dopo venne Mariottini Enrico ed io ero il suo vice. Poi ho fatto il Presidente, per due mandati, dopo di me Mario Valletti. Gli anni? E coma fai a ricordarteli?(ndr:dal 1974 al 1980). Mi ricordo che negli anni di presidenza prendevo consigli da Mario Barzanti e da Don Oscar. Avevo anche delle segretarie che sapevano il fatto loro, erano veramente in gamba la Marcellina (Marcella Palamidessi) e l’Orietta – la mugnaia (Rossi). Ricordo che la gestione non era facile toccava andare su in Comune e litigare sempre. All’inizio in Comune erano tutti contro il Palio, sembrava che si dovesse togliere spazio alla festa dell’Unità. Finché sono stato presidente non abbiamo ricevuto nessun aiuto dall’Amministrazione Comunale. Loro facevano la festa del partito per le “monache” (Via Vanni) e non gli andava giù di dover sbrogliare quando passavamo con il corteo per andare al campo sportivo. Poi le cose sono iniziate a cambiare quando è diventato Sindaco Danilo Fonti. Gli stessi locali della taverna ci vennero affidati da Fonti. Prima li avevamo in affitto, pagavamo una cifra simbolica, forse cento lire all’anno, non ricordo bene. Fu scelta la forma di affitto perché la proprietaria di allora non voleva responsabilità. Quando il Palazzo passò al Comune venne fuori la forma di comodato per il nostro utilizzo. Anche Giovagnola (Palmiro) è stato un Sindaco che ha lavorato per il Palio. Ha aiutato e sostenuto anche il Castello, forse perché “pendeva” un po’ per noi.

Per i primi Palii siamo andati a noleggiare i costumi a Firenze. Partivano Sergio Moretti e il prete (Don Oscar Carbonari). La prima nostra corazza fu “fregata” in quei noleggi. Nel rendere le armature Romolo, mentre le contava, gli diede prima solo un davanti, poi solo un dietro. Rimasero a noi i due pezzi “avanzati”; una volta rimessi insieme il Terziere si ritrovò ad avere la sua prima armatura. All’inizio si andava avanti con le cambiali. Il prete le firmava poi, quando non si riusciva a pagare, andavamo a piangere dalla Sig.ra Mariottini. Lei ci aiutava sempre, lo faceva perché c’era dentro Enrico, suo figlio. A lui il terziere piaceva proprio, faceva il capitano, andava a Firenze a scegliere i costumi. Il terziere di quegli anni era tutto in Don Oscar che organizzava, spendeva e faceva debiti e la Sig.ra Mariottini che pagava. Per esempio per far funzionare la taverna agli inizi era sempre la Sig.ra Mariottini a regalarci il maiale. Con il figlio del “Norcino” (Pasquale Giacobbi figlio di Enrico Giacobbi) lo spezzavamo, si preparavano le salsicce e tutto il resto. Così avevamo che dare in taverna. Alla maremma sono partiti meglio di noi, lì c’era gente che c’aveva i “quadrini”.

Tutti i fratelli Massoli erano coinvolti. C’ero io, c’era Remo che era più per la taverna, c’era Rancacioli (Giorgio) che era il cuoco della taverna, lui dirigeva insieme alla Milena. Invece Romolo, che stava sempre col tu’ zio (Sergio Moretti), era uno che studiava come fare le cose insieme al Tassinello (Franco Tassino) e Sergio. I movimenti per il presepio ad esempio.
Le “botteghine” (Fiera di S. Rocco) sono nate quasi per scherzo. Fu Mario Barzanti che le ideò e le fece nascere (ndr: anche le botteghine!!!). All’epoca pensavamo che occorreva studiare qualcosa per S. Rocco. Erano i tempi della presidenza Cecconi e per la festa del patrono c’era la messa e la processione. A quei tempi anche il Terziere partecipava in modo attivo alla festa religiosa (passaggio sottolineato). Per la serata facevamo venire le bande musicali. Una volta ne venne una che ci costò un occhio della testa. Il Palio veniva disputato per Ferragosto e la sera successiva c’era la festa religiosa di S. Rocco. Col tempo si arrivò a disputare il Palio la domenica successiva al Ferragosto. Venne quindi la necessità di realizzare altri eventi e con Mario Barzanti, Don Oscar e Giuliano Nardi, si dette vita alle botteghine (1977).

Erano gli anni in cui si realizzò anche il carroccio (1975). La maremma faceva i giochi per il Casalino e noi le botteghe. Quando la gente ti dava i fondi ci trovavi dentro di tutto e di più. Toccava entrare un mese prima per portare via la robaccia con la carretta. Non è che ti davano i fondi con facilità  ma forse, chi li dava, lo faceva anche per farseli pulire. All’inizio le “botteghine” si facevano per Via del Fango e per il Po’ di Mezzo poi, quando vennero fatti i lavori di pavimentazione, ci si spostò per qualche anno su Via Melosio. Le “botteghine” insieme al presepio hanno sempre rappresentato per me l’impegno più importante. Ho lavorato a servire in taverna quando ero presidente, ho aiutato a fare il corteo, ma l’impegno maggiore l’ho messo nel presepe e nelle “botteghine”.

Vittorio ma perché negli anni hai fatto tutto questo? Perché ti sei dedicato al Palio? Quali sono le motivazioni? Quali erano le cose che ti dava piacere fare?
Ho fatto tanto, ma non ho fatto niente. Le cose le facevo perché mi dava gusto. Finché il rione non si è spopolato era bello vivere i vicoli, il coinvolgimento e la partecipazione della gente. Tutto si svolgeva per strada. Sentivi il calore e l’affetto delle persone. Tutti erano protagonisti. Bastava dare il via e tutti mettevano fuori la bandiera e lo stendardo. La gente ad aiutare allora era tanta, anche troppa. I vicoli erano popolati e c’era rivalità vera. Tutti si davano da fare per allestire e addobbare. Anche per vestirsi (ndr: indossare i costumi) non ti dico che la gente faceva a cazzotti, ma quasi.

E il palio di adesso Vittorio come lo vedi?
Adesso non mi ci ritrovo più. Non c’è più rispetto per le persone, per il lavoro e per le cose. Vedo una gran confusione ed un gran disordine. Tutto ammassato, buttato lì, ammuffito. Per uno che ha conosciuto gli anni dei sacrifici e dei debiti non è facile accettare lo spreco. Ho negli occhi lo stendardo che ha dipinto Tonino (Antonio Marroni) trovato dalla Fiammetta in taverna buttato li senza alcun riguardo. Il corridoio della chiesa, devi vedere come viene lasciato dai tamburini. Rammento quando il capo tamburino era Dandy (Andrea Della Lena) ed ognuno doveva riporre con cura il proprio tamburo. Ora non ci sono più regole. Se io avessi sgarrato o detto una parola fuori posto vedevi l’mi babbo coi schiaffoni. Invece ora…..

Fa male la stonatura e l’amarezza finale. Ma quella di Vittorio è una storia di Palio vera. E’ una storia che piacerà poco a tutte quelle persone che vogliono parlare di Palio, discutere, dare opinioni, giudicare, criticare, proporre. Tutto senza aver mai vissuto e partecipato il Palio come i nostri personaggi, senza aver lavorato, faticato, discusso, fatto a botte, difeso il Terziere e la Festa. Sono i sostenitori dell’ultim’ora, gli imbucati, quelli che si “vestono”, ma se c’è da lavorare non li vedi mai.
Vittorio è l’opposto, Vittorio è quello che non si veste più per il Palio da anni e che non viene nemmeno al campo. Ma la mattina della festa prepara ancora il Carroccio, con la stessa cura e lo stesso amore di quaranta anni fa. Vittorio non viene al campo, ma se il Castello vince il corteo al ritorno troverà le cere accese per San Pietro. Sarà il suo ennesimo regalo, al Castello ed al Palio. Grazie Vittorio.