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Ma quanti sono i campanili di Città della Pieve? Ne hanno scritto, anni fa, Michela e Gaetano

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In tempi di pandemia può capitare di dare spazio a qualche manìa. Come per esempio sistemare carte, documenti e libri. A me capita da qualche giorno di provare a trasferire parte dell’archivio cartaceo sul digitale. Così facendo si fanno o meglio si rifanno, a volte, piacevoli incontri. Come in questo caso. Si tratta di una agile pubblicazione, edita nel 2007 da Effe Editore,  curata da Michela Casodi e Gaetano Fiacconi, e promossa dal Cesvol e dall’Accademia Vannucci, presieduta da Marcella Binaretti, appena fondata. Il tema sono i campanili, i campanili pievesi. Quelli del centro storico. Quelli dentro e quelli fuori le mura. Compresi quelli degli ordini monastici. Un tema affascinante per chi vuole leggere ed interpretare lo sviluppo del tessuto urbano della nostra cittadina. Anche perché non siamo San Gimignano, ma insomma…Ma mi fermo qui. Perché invito alla lettura chi non lo avesse già fatto ed alla rilettura, come ho fatto io, che è sempre fresca e stimolante. (g.f)

Cesvol

Centro Servizi Volontariato della Provincia di Perugia

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Coordinamento editoriale

Chiara Gagliano

Pubblicazione a cura di

Con il Patrocinio della Regione Umbria

Pagine 10-11: elaborazione grafica
 da un’immagine di Marco Possieri Archivio EFFE Fabrizio Fabbri Editore

Progetto grafico e videoimpaginazione

Studio Fabbri, Perugia

Stampa

Graphic Masters, Perugia

© 2007 CESVOL
2007 EFFE Fabrizio Fabbri Editore srl

ISBN: 978-88-89298-43-5

I quaderni del volontariato: un viaggio attraverso un libro nel mondo del sociale

Il CESVOL, centro servizi volontariato per la Provincia di Perugia, nell’ambito delle proprie attività istituzionali, ha definito un piano specifico nell’a- rea della pubblicistica del volontariato.

L’obiettivo è quello di fornire proposte ed idee coerenti rispetto ai temi di interesse e di competenza del settore, di valorizzare il patrimonio di esperienze e di contenuti già esistenti nell’ambito del volontariato organizzato ed inoltre di favorire e promuovere la circolazione e diffusione di argomenti e questioni che possono ritenersi coerenti rispetto a quelli presenti al centro della riflessione regionale o nazionale sulle tematiche sociali.

La collana I quaderni del volontariato presenta una serie di produzioni pubblicistiche selezionate attraverso un invito periodico rivolto alle associazioni, al fine di realizzare con il tempo una vera e propria collana editoriale dedicata alle tematiche sociali, ma anche ai contenuti ed alle azioni portate avanti dall’associazionismo provinciale.

I quaderni del volontariato, inoltre, rappresentano un utile supporto per chiunque volesse approfondire i temi inerenti il sociale per motivi di studio ed approfondimento.

Indice

Presentazione

Introduzione

Sezione Prima: Le chiese urbane

Il campanile della Cattedrale dei Santi Gervasio e Protasio

Il campanile della chiesa del Gesù

Il campanile della chiesa di Santa Maria Maddalena

Sezione Seconda
: Le chiese extra urbane

Il campanile della chiesa di Sant’Antonio
Il campanile della chiesa del Beato Giacomo

Il campanile della chiesa di Santa Maria degli Angeli

Sezione Terza
: Gli ordini monastici

Il campanile della chiesa di Sant’Agostino

Il campanile della chiesa di Santa Maria dei Servi

Il campanile della chiesa di San Francesco

Presentazione

Allo scadere delle manifestazioni dedicate al “Divin Pittore il Perugino”, nasce a Città della Pieve una Accademia intitolata al celebre maestro pievese, l’Accademia “Pietro Vannucci”.
Molto diversa dalle accademie dell’antica Grecia, individuate come luogo di incontro per le riunioni dei filosofi, l’Accademia “Pietro Vannucci” ripercorre le finalità di quelle sette-ottocentesche dove i soci si incontrava- no per discutere: di arte, letteratura, poesia, rivolgendosi ad un pubblico il più possibile eterogeneo, uomini e donne di qualunque età e cultura che vogliano condividere interessi e passioni.

L’idea di questa prima guida è legata al bisogno, sempre crescente, di raccogliere, documentare e far rivivere testimonianze storiche, artistiche, architettoniche ma anche antropologiche di Città della Pieve, affinché nulla della tradizione pievese vada smarrito, svalutato o peggio ancora dimenticato.

L’Accademia Pietro Vannucci, che comunque si prefigge di proporre ai suoi iscritti un nuovo modo di vivere la città, oggi propone una lettura del tessuto urbano “con gli occhi all’insù” osservando i numerosi e preziosi manufatti architettonici presenti dentro e fuori dalle mura urbane.

La volontà di Marcella Binaretti fondatrice dell’Accademia, condivisa con altri amici, è di approfondire aspetti della storia della nostra città ancora in ombra.
Il nostro motto è “Considerate la vostra semenza: fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtude e conoscenza”. Dante, Inferno, canto 27 versi 118/121

La Presidente

Marcella Binaretti

Introduzione

Parlare del profilo di Città della Pieve è un po’ come percorrerne le tradizioni, la storia e la cultura in particolare quella ecclesiastica. La “calda coro- na” di mattoni che si avvista dalle “vie d’arrivo” è sempre e comunque caratterizzata da manufatti mirabili che vi spiccano: i campanili.

Arrivando dalla Pievaiola, dopo essersi lasciati alle spalle Piegaro, Città della Pieve appare due volte, la prima ben distesa sul crinale nella sua interezza ed è possibile distinguere la parte della città protesa verso il monastero di Santa Lucia. Eccoli preziosi baluardi di storia e cultura si distinguono i primi campanili, quello del santuario, quello di Santa Maria dei Servi e anche quello della Cattedrale. Proseguendo ancora la città compare una seconda volta, dopo l’ultima curva sotto il cimitero, inconfondibile il campanile di San Pietro.

Arrivando dalla Toscana, come anche dal Trasimeno, la vista è poco diversa, sulla cinta muraria che inanella il centro abitato svetta la torre civica e il campanile della Cattedrale, avanzando ancora un po’ si scorge quello di Sant’Agostino.

A valle l’impressione è identica, forse anche più pronunciata, dalla Val di Chiana le guglie dei campanili lasciano il segno sul cielo.
Così la città sembra annunciare da subito la sua tradizione e forse anche la sua vocazione di piccolo scrigno di tesori architettonici ed artistici.

“Era dunque un castello romano il nostro Paese, quando ricevette la prima luce del cristianesimo”. Esordisce così monsignor Fiorenzo Canuti quando parla dell’epoca cristiana a Città della Pieve. Nel Medioevo poi la città divenne un importante centro religioso, ne sono testimonianza conventi, collegi e monasteri, tutto si consolidò poi con l’elevazione a diocesi agli inizi del 1600.

Numerosi fiorirono nei secoli i siti religiosi che oggi contraddistinguono il profilo cittadino, quasi una città dei campanili.
L’intento di questa breve guida è quello di costruire un percorso attraverso l’opera di alcuni architetti che hanno lasciato un segno tangibile, realizzando manufatti che si intrecciano inevitabilmente con la storia della città e che la segnano ancora oggi.

Primo nome che spicca è sicuramente quello del perugino Giovanni Santini, architetto impregnato dello stile neoclassico che ritroviamo nella progettazione del teatro comunale Avvaloranti. Con lui in città si susseguono scuole diverse, alcuni manufatti sono attribuiti prima dal Canuti e poi da Valerio Bittarello ora a fratel Benedetto di San Nicolò di Manduria, ora al più famo- so architetto romano Andrea Vici, allievo del Vanvitelli che successe ad Antonio Canova nella prestigiosa carica di Presidente della romana Accademia di Santa Luca.

Potrebbe sembrare un modo singolare di ricostruire la storia, eppure la presenza di detti elementi di architettura urbanistica, alcuni anche molto anti- chi, sottolinea ed evidenzia il potere ecclesiastico e l’appartenenza della città, da sempre, allo Stato Pontificio.

Molti campanili, rielaborati successivamente, sono l’espressione di un momento storico e politico che corrisponde agli anni successivi al 1601 quando Città della Pieve venne elevata a diocesi. Tale riconoscimento contribuì ad incrementare il potere degli ecclesiastici già determinante nei territori del pievese.

Città della Pieve con le sue quindici chiese ancora consacrate dentro e fuori le mura (l’elenco comprende chiese, cappelle e oratori) e una decina sconsacrate e destinate ad altri usi, si può certamente definire la città dei campanili come del resto il suo profilo urbano lascia subito indovinare.

Stando al volume di monsignor Fiorenzo Canuti molte altre chiese e annessi campanili erano presenti nella patria del Perugino, soppressioni, terremoti e altre vicende ne hanno fatto perdere le tracce quasi del tutto.

Le chiese urbane

Il campanile della Cattedrale dei Santi Gervasio e Protasio

Nel 1601 l’antica Castel della Pieve diventa città, è il papa ad elevarla a Diocesi e la chiesa, già dedicata ai martiri milanesi Gervasio e Protasio, diventa Cattedrale. Subito iniziano le prime modifiche architettoniche e strutturali e fin dalla fine del 1700, accanto alla Torre Civica con le sue quattro campane, svetta il raffinato campanile in mattoni.

Di particolare impatto le eleganti cornici che partiscono l’intera lunghezza del campanile quasi a “frammentarlo” ogni volta per ripartire verso l’alto.

Le campane, posizionate nella grande cella campanaria, sono quattro: la “grossa”, il “mezzanotto” e la “mezzana” sono state donate da monsignor Gaetano Fraccagani e riportano il suo stemma inciso, che fu vescovo della città dal 15 ottobre 1748, dopo essere stato vicario generale del cardinale Pico della Mirandola. In ultimo vi è la “piccola” aggiunta successivamente.

La progettazione di questo simbolo della città, fu affidata nel 1738, come ricorda monsignor Fiorenzo Canuti nella sua storia cittadina, all’architetto Andrea Angelelli che realizzò l’agile e snella struttura in mattoni rossi tipici della zona, con linee regolari ed eleganti. Valerio Bittarello ipotizza un’attribuzione diversa poiché, intorno al 1737 era presente a Città della Pieve per la costruzione della chiesa di Sant’Anna degli Scolopi, l’architetto fratel Benedetto di San Nicolò di Manduria.

Tale attribuzione sembra avvalorata dalle caratteristiche di altri manufatti dell’architetto che ricordano il campanile pievese.

Il campanile della chiesa del Gesù

Posta nel cuore del centro storico, a pochi metri dalla Cattedrale e a pochi passi dall’antica porta di San Francesco, la chiesa del Gesù risente degli influssi settecenteschi e degli stili di quel periodo nel quale fu interamente riedificata per renderla più ampia.

Così anche il campanile che fu ricostruito dalle fondamenta, sulle proprietà che erano dell’antico spedale della Misericordia.
Fra i documenti di proprietà della Confraternita della Misericordia, ancora oggi è conservato il progetto di rifacimento della chiesa a firma di Clemente Moghini architetto al quale fu affidata anche la direzione dei lavori.

Il lungo carteggio fra i priori e il Moghini denota numerose difficoltà nel pro- cedere dei lavori, prima fra tutte l’assenza del tecnico dal luogo della fabbri- ca.
I lavori terminarono intorno al 1796, gli anni sono quelli della presenza in città dell’architetto ed ingegnere idraulico Andrea Vici, allievo del Vantivelli, la città era diventata il centro dei lavori dello Stato della Chiesa sulla Chiana Romana, con l’insediamento della Prefettura delle Acque e dunque probabilmente anche sede del soggiorno del Vici.

È ancora Valerio Bittarello che ipotizza all’ambiente “viciano” gli influssi che caratterizzano oggi la chiesa del Gesù, legandogli alcuni elementi della chiesa di San Luigi e di Santa Maria dei Bianchi ideati dall’architetto.
Il piccolo campanile è lineare, non più alto degli altri, non termina con guglie o cuspidi, ma al di sopra della cella campanaria eleganti cornici accolgono tegole in cotto rosso.

Le cornici di mattoni che lo intervallano riprendono il regolare andamento dei tetti che lo circondano, quasi volesse inserirvisi senza rumore. Dall’apertura della cella campanaria tre campane: la “grande”, la “mezzana” e la “piccola” annunciavano le adunanze della Venerabile Compagnia della Misericordia che aveva ed ha tutt’oggi sede nella chiesa del Gesù.

Il campanile della chiesa di Santa Maria Maddalena

È ancora monsignor Canuti a sciogliere i dubbi su questa piccola chiesa ubicata di fronte a quella di San Luigi al Seminario; il canonico parla di una sovrapposizione all’antica chiesa di Sant’Egidio intorno al 1777 sempre ad opera dell’architetto Clemente Moghini; detta teoria fu ribaltata poi dal dottor Valerio Bittarello che la attribuisce ad Andrea Vici, spostando la data di costruzione intorno al 1780. Alla chiesa era annesso un piccolo spedale fino agli anni dell’Unità d’Italia. L’interno è stato completamente ristrutturato nel corso dei secc. XIX e XX. Il campanile di Santa Maria Maddalena, è forse il più “fantasioso” di tutti gli altri; definito dal Bittarello in stile “barocchetto”, si eleva nella parte del profilo urbano che conduce verso la Toscana e si affaccia sul Trasimeno. È probabilmente quello meno alto, ma la sua forma cilindrica quasi incassata in quattro colonne quadrangolari, è particolarmente gradevole. Dette colonne che terminano con fregi a ricciolo, ricordano le colonne classiche di ispirazione dorica e accompagnano il profilo del manu- fatto in mattoni fino a tutta la cella campanaria. All’interno di quest’ultima sono ancora conservate le tre campane, la piccola, la mezzana e la grossa. In alto numerose cornici di varie misure creano piani diversi fra ombre e luci. Culmina, come molti altri in città, in forme decorative tondeggianti che gli conferiscono ulteriore grazia.

Le tre campane, la “grossa”, la “mezzana” e la “piccola” sono forse rifuse sostiene il Canuti, in particolare l’ultima porta inciso il nome del Vescovo pievese Filippo Angelico Becchetti. Il Becchetti personaggio eccentrico e discusso in città, resse la diocesi dal 1800 per tutto il periodo napoleonico tanto da abbracciare le dottrine filofrancesi. Insignito della legione d’Onore, ebbe il titolo di barone dell’Imperio e partecipò al celebre concilio di Parigi nel luglio del 1809, nel quale Napoleone stesso pretendeva di ratificare, senza la presenza del pontefice, decisioni circa le nomine vescovili, divorzio ed altro. Già nel 1809 il prelato aveva sobillato dal pulpito il popolo pievese in occasione dell’anniversario dell’incoronazione di Bonaparte. Dette connivenze politiche lo portarono con la restaurazione ad un esilio coatto a Roma, dove morì nel 1814 senza alcun onore. A tutt’oggi non si conosce dove sia il suo sepolcro.

Le chiese extra urbane

Il campanile della chiesa di Sant’Antonio già parrocchia di San Pietro

La storia della chiesa di Sant’Antonio, si lega indissolubilmente a quella della chiesa di San Pietro ove in origine risiedeva la parrocchia dei Santi Pietro e Paolo.
Fabbricata sopra le mura castellane nei pressi della porta detta del Castello, è appoggiata su di uno splendido belvedere, a ridosso della rupe di Sansalvatico.

Intorno 1815, dopo il definitivo crollo della chiesa parrocchiale sulla piazza sovrastante, vi fu traslata la suddetta parrocchia e con lei tutti i beni della stessa insieme alla Confraternita dei Santi Sebastiano e Rocco.
L’elevazione a parrocchia fece della piccola chiesa appena fuori le mura l’og- getto di numerose modifiche: lavori, ampliamenti e restauri che le portarono la veste che attualmente vediamo.

Il grande campanile è estremamente semplice, le linee in elevazione sono essenziali e regolari; interamente realizzato in mattoni la sua essenzialità lo fa sembrare una torre.
È la cuspide, coronamento ultimo che lo distingue da tutti gli altri; una sorta di piramide a più lati, svetta sopra il corpo centrale e sopra la chiesa.

Un elemento architettonico che si differenzia da tutti gli altri della città riproponendo come nel corpo centrale linee rette e regolari.
Dette linee della cuspide finale, ricordano il medesimo coronamento che si trova nel campanile dell’omonima abbazia benedettina di Perugia: la chiesa di San Pietro.

Le tre campane che ancora oggi richiamano all’adunanza i fedeli in occasio- ne delle feste patronali, la “grossa”, la “mezzana” e la “piccola”, sembrano, dalle iscrizioni, tutte frutto di donazioni e lasciti.
Il campanile è nel profilo urbano il più esterno, oramai fuori della cinta muraria.

Il campanile della chiesa del Beato Giacomo

La chiesa del Beato Giacomo Villa è ubicata appena fuori la porta del Vecciano frutto di numerosi lavori che trasformarono la preesistente cappella dedicata a San Giovanni Battista nel monumento sepolcrale al pievese Giacomo Villa, morto assassinato mentre difendeva i diritti dei poveri e in seguito canonizzato beato.

Soprattutto all’interno numerose furono le opere di abbellimento già intorno al 1500, fino a quelle del 1717 con stucchi e decori che trasformarono la pianta della fabbrica.
L’andamento perimetrale appare dall’esterno rettangolare, mentre l’interno presenta una pianta ellissoidale, da riferire ai modelli romani del Bernini e del Borromini.

Esternamente la chiesa sembra non aver subito grandi opere di abbellimento, come ricorda lo stesso Canuti, così come probabilmente accadde per il piccolo campanile che sembra ancora quello di una cappella e non di una chiesa settecentesca.

Composto da una grande bifora con colonne quadrangolari appena rigate da una cornice in mattoni, il campaniletto è sormontato da un timpano triangolare sul quale si apre al centro una ulteriore monofora. Nelle aperture della monofora risiedono le due campane.

Sebbene il Bolletti, storico della città antecedente al Canuti, ricordi le famiglie Bandini, Cesarini, Vitelli e Pepoli fra le benemerite della chiesa, le due campane non riportano incisioni di lasciti gentilizi, bensì in una delle due si legge:

Simon Canonicus de Valentibus Fieri Curavit Ex Elemosinis IT AD MDCXXXVII
JOH. BAPTISTA CRESCUS NEAPOL

Per le sue dimensioni ridotte, non supera nemmeno la cupola dell’edifico stesso, non se ne rintraccia la sagoma nel profilo cittadino generale se non in alcuni punti; è diventato però nel tempo piccolo segno di una grande devozione cittadina.

Il campanile della chiesa di Santa Maria degli Angeli

Fra le chiese extraurbane sarebbe ingiusto dimenticare la bellissima chiesa campestre dedicata alla Madonna degli Angeli. Lasciando la strada asfaltata per recarci in campagna si può godere di quel piccolo gioiello che monsignor Canuti attribuisce al secolo XIII.

La chiesa campestre era di pertinenza dei padri Eremiti dell’ordine Francescano che risiedevano nel romitorio attiguo. Le opere pittoriche all’interno sono datate 1357; la forma gotica dell’edificio, sostiene ancora Canuti, conferma la data indicata e “ci riporta a quelle antichissime epoche”.

Caratteristica di questo gradevole edificio immerso nella campagna è proprio il campaniletto che sormonta direttamente la facciata. Elegante e snello, sembra la naturale continuazione del corpo avanzato che contiene la porta d’ingresso. È sormontato da una bifora dalle forme gotiche che con- tiene ancora le due campane, la “maggiore” e la “piccola”.

Gli Ordini Monastici

Il campanile della chiesa d i  Sa n t ’A g o st i n o

Come ricorda il dottor Valerio Bittarello, studioso della storia e dell’arte della città, la chiesa di sant’Agostino costruita fuori la porta Fiorentina intorno alla metà del sec. XIII, fu teatro delle contrattazioni e poi dei patti relativi al “Concordato idraulico” tra papa Pio VI e Pietro Leopoldo gran- duca di Toscana per la definitiva bonifica della Valdichiana del 1780.

Il caratteristico campanile che svetta quasi a fianco della torre del vescovo, fu costruito nel 1741 con attribuzione a fratel Benedetto di San Nicolò ed è sormontato da elementi architettonici particolarmente ricchi, quasi a ricordare la “potenza” dell’ordine dei frati agostiniani.

Inoltre, gli elementi sferici sulla sommità e quelli simmetrici più in basso, le cornici, le dentellature ricordano chiaramente il campanile della chiesa Cattedrale già attribuito allo stesso architetto.
La cella campanaria custodisce quattro campane: la “grossa”, il “mezzanotto”, la “mezzana” e la “piccola”.

Il campanile della chiesa di Santa Maria dei Servi

La chiesa sorge fuori della porta Romana e fu edificata unitamente al con- vento dai Servi di Maria che nel 1343 inglobarono la vicina chiesa dedicata alla Madonna della Stella. Dalle continue elaborazioni uscì l’edifico che ancora oggi vediamo e, come sostiene Valerio Bittarello, fu Giovanni Santini a progettare l’ultima versione del campanile negli anni dopo il 1821. Con la caduta di Napoleone e la ripresa dei lavori di bonifica, iniziarono anche una serie di lavori di abbellimento della città che videro oltre a questo campanile anche il Teatro degli Avvaloranti, Palazzo Giorgi-Taccini, Palazzo Cartoni, edificati nello splendido stile neoclassico del quale Santini si fece saggio interprete. Diviso da fasce regolari di cornici, il campanile è sormontato da una grande calotta semi-sferica che lo distingue dagli altri descritti; possiede, al di sotto della cella campanaria, una ulte- riore apertura a monofora che vuole imitare la cella, ma è sprovvista di campane.

Anche questo grande campanile è provvisto di quattro campane: la “grossa”, il “mezzanotto”, la “mezzana” e la “piccola”.

Il campanile della chiesa di San Francesco (oggi Santuario della Madonna di Fatima)

La chiesa di San Francesco situata fuori della porta Perugina e l’annesso convento sede dei Francescani conventuali, che ospitò fra gli altri Bonaventura da Bagnoregio, generale dell’ordine Francescano chiamato per processare Giovanni da Parma, sospettato di eresia furono più volte riedificati. All’interno del convento è ancora visibile una porzione della chiesa benedettina donata ai francescani, oggi trasformata in oratorio nel quale è visibile il Pianto degli Angeli, dipinto dal senese Jacopo di Mino del Pellicciaio (metà sec. XIV), uno tra i più importanti divulgatori dei moduli figurativi dei Lorenzetti e di Simone Martini. Del campanile o dei campani- li originari, edificati sicuramente entro il 1290 visto che Nicolò V concede- va indulgenze a chi vi faceva visita, non v’è più alcuna traccia. Documenti parlano di notevoli trasformazioni intorno al 1766, quando nella riedificazione proposta da Andrea Vici lo stesso progettò anche l’annesso campani- le. Ulteriori modifiche alla struttura si ebbero fra il 1845 e il 1860. Quello attuale, particolarmente semplice e sobrio rispetto a tutti gli altri della città è regolare, alternato da poche cornici, ha una copertura di coppi e tegole sopra la cella campanaria. Sembra accennare alla singolare povertà francescana di cui anche la chiesa era un bell’esempio.

Michela Casodi
Nata a Città della Pieve nel 1979, formata presso lo studio artistico dei Maestri Antonio e Mario Marco Marroni si è diplomata presso l’Istituto d’Arte di Orvieto.

Gaetano Fiacconi
Nato a Città della Pieve nel 1975, si è laureato in Lettere presso l’ateneo perugino discutendo una tesi in Storia del Risorgimento Italiano. Giornalista Pubblicista, collabora con alcune riviste locali, ha scritto la “Storia del collegio dei Geometri di Perugia” ed ha collaborato alla stesura del volume La Storia delle Confraternite di Città della Pieve dal Medio Evo ad oggi.