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Ma davvero abbiamo bisogno degli insetti a tavola?

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(di Nunzio Dell’Annunziata) Non sono un esperto in evoluzione del costume alimentare e non voglio tracciare scenari che come sempre, puntualmente, vengono smentiti se non stravolti dalla realtà nel suo affermarsi futuro. Inoltre in linea di principio non precludo niente e niente do per scontato, tanto meno la libertà di nutrirsi come meglio si crede. Non possiedo il dono della divinazione, non sono detentore di verità. Fatte queste elementari premesse, qualche domanda me la pongo  e provo a proporre alcune riflessioni.  Non si capisce per quale motivo, e a quale titolo dovremmo contaminare  (o come vogliono farci credere “ampliare”) la nostra scelta alimentare con gli insetti. L’Italia ha una tradizione culinaria veramente antica e straordinaria e che va ben oltre la “Dieta mediterranea”. Il cibo, dovunque, ma in special modo nella nostra nazione, è cultura, identità, appartenenza. Perché dovremmo  far nostre abitudini, usi, che ci omologano a tutto il  pianeta. Già in parte è così, quando si viaggia, spesso si fatica a trovare prodotti  cibi e preparazioni originali del posto visitato dove, come in tutti gli angoli del pianeta,  troviamo hot dog, hamburger, kebab e pizza, nessuno dei quali, tra l’altro, fatti come Dio comanda. E i wurstel e gli hamburger vengono preparati con carne “meccanicamente separata” pensando alla quale, scusate l’espressione, potrei già serenamente vomitare. Se il solco tracciato è questo, abdicare a quegli ultimi  residui di originalità dei popoli in favore della farina di insetti, è un attimo. E all’orizzonte si profila un aggravamento della situazione se pensiamo che, faccio un esempio, potremmo trovare nelle farine per pizza o tagliatelle, grilli tritati. E a quale fine? Quali sarebbero i benefici? Certo i fautori di questi alimenti inneggiano alla salvaguardia, alla salute del pianeta. Ma io credo che tale premura debba essere messa in opera attraverso stili di vita più responsabili e consapevoli. Non iniziando a mangiare grilli, vermi e cavallette.

Ogni nostro piatto ha dietro centinaia, se non migliaia, di anni di tradizione, ed essa è sedimentata nel nostro DNA, quando mangiamo, consapevolmente o senza che ce ne accorgiamo, noi nutriamo anche la nostra anima, con la cultura del mangiare. Nutriamo la nostra immaginazione con ancestrali ricordi che affondano le radici nella memoria di intere generazioni che ci hanno preceduto. I nostri piatti sono la sintesi del territorio in relazione stretta alle persone che lo hanno abitato.  Inoltre il cibo risponde ad una ritualità che non può essere impunemente profanata, pena l’inaridimento dei valori che cementificano l’identità sociale e nazionale. Spesso non ci rendiamo conto che noi italiani abbiamo un patrimonio culturale-gastronomico unico al mondo. Solo nel “Bel Paese” esistono tradizioni culinarie tanto varie e complete. Ricordiamo che ogni regione vanta una (ma anche più di una) tradizionale cucina differente dalle altre. Questo è un patrimonio culturale, civile, economico che dovremmo difendere ad ogni costo e dovremmo pretendere dall’Unione Europea, piuttosto che l’approvazione degli insetti nell’alimentazione umana, una salvaguardia delle nostre specialità così tanto bistrattate e vilipese dalla contraffazione. Quando con leggerezza e distrazione si accettano mode e abitudini alimentari così distanti e diverse dalle nostre, in qualche modo si minano le  nostre radici, mettendo a rischio di estinzione dei veri e propri scrigni di sapore, nutrimento e cultura, sostituendoli con dei prodotti imposti dalle mode o lanciati furbescamente dal mercato per ricavarne profitto facile. A parte l’aberrazione di contaminare, che so, la dieta mediterranea con gli insetti triturati, ma siamo sicuri che alla lunga non ci procurino degli scompensi, non siano dannosi all’organismo? E perché dovremmo sottoporci a questi rischi?

Insomma il cibo e strettamente correlato all’identità di una popolazione e sovvertirne i canoni sarebbe una nefandezza sarebbe un attentato all’identità sacrosanta di una nazione con i suoi usi alimentari tanto decantati e imitati nel mondo. Sedersi a tavola davanti ad un piatto di larve…farebbe dimenticare ai commensali di essere italiani e ce ne dovremmo dimenticare arrotolando una forchettata di vermi al posto degli spaghetti? Dovremmo sminuire un’ eccellenza della quale siamo conosciuti e apprezzati in tutto il mondo…e francamente mi sembra un’idea sciagurata. Ma poi noi italiani che siamo in perenne antitesi tra noi su gusti e abitudini, dovremmo anche trovare nuovi parametri di schermaglie del tipo: Ma sui “vermicelli” al sugo ci va il parmigiano o il pecorino?

Nunzio Dell’Annunziata