Home Rubriche Le reti di impresa crescono anche senza i contributi pubblici. E qui?

Le reti di impresa crescono anche senza i contributi pubblici. E qui?

Condividi

Di “Reti di Impresa” se ne è parlato anche qui a Città della Pieve in occasione della presentazione della proposta di Centro Commerciale Naturale e se ne parla ogni volta che due persone serie parlano dei problemi dell’economia e dell’impresa nelle nostre zone. Per questo riprendiamo un interessante articolo comparso sull’inserto “Affari e Finanza” di repubblica che illustra come l’esperienze può funzionare anche al di la’ degli incentivi pubblici e soprattutto anche mettendo in rete ed in moto settori che sono presenti nel nostro territorio. Su questi temi crediamo che la stessa Amministrazione Comunale, dovrebbe svolgere un ruolo attivo e propositivo. (g.f)

Da Affari e Finanza di Giorgio Lonari

Le reti di impresa crescono anche senza i contributi pubblici Giorgio Lonardi Milano II leggendario individualismo dei piccoli e medi imprenditori italiani si sta incrinando. Lo conferma il boom dei contratti di rete registrato fra il 3 settembre del 2014 e il 3 settembre del 2015. Una formula prevista dalla legge che lega fra loro un gruppo d’aziende che, pur mantenendo la propria indipendenza, si organizzano per uno scopo comune. Nel giro di dodici mesi, infatti, le reti sono passate da 1.752 a 2.348 con una crescita del 34%. Le imprese aderenti hanno raggiunto quota 11.879 con un aumento del 37% rispetto al settembre del 2014.

L’unione fa la forza, dunque, come sanno bene le 45 aziende turistiche della Valle del Serchio e della Garfagnana che hanno creato la Rete Smart Valley per promuovere un territorio ricco di potenzialità non ancora valorizzate. O come hanno sperimentato le 11 imprese non concorrenti di Italian Technology Center presenti nei settori delle macchine utensili e delle macchine per la lavorazione della gomma e della plastica. Lo scopo: consolidare la propria presenza commerciale in India varando un servizio comune di assistenza post-vendita a Pune nello stato indiano del Maharashtra.

Una mossa che ha aumentato la competitivita e il prestigio del made in Italy presso i committenti locali. E che ha schiuso alla rete le porte di un’ulteriore crescita futura.

Spesso il motore delle reti, quello che spinge gli imprenditori a mettersi assieme è la scelta di un progetto su cui focalizzare uomini e risorse. Emblematico il caso di Romagna Coop Food, una rete nata dall’unione di 7 cooperative alimentari e vinicole romagnole. La missione delle rete promossa da Stanislao Giuseppe Fabbrino, ad di Fruttigel, è quella di esportare in tutto il mondo non solo i prodotti agroalimentari romagnoli ma anche “la qualità, la tradizione e il patrimonio storico della Romagna”, disegnando così un forte impegno sul piano della comunicazione. Riunendo la forze delle 7 cooperative Romagna Coop Food ha messo in campo un colosso da 820 milioni di fatturato con 19 stabilimenti e 2.500 addetti in grado di dotarsi di una struttura comune dedicata all’export e guidata da un manager dedicato che altrimenti le singole aziende non si sarebbero potute permettere.

Un altro caso da manuale è quello di Rete Poema, che nasce sotto l’impulso di Ema, azienda controllata da Rolls Royce che ha invitato 9 imprese fornitrici, specializzate nella componentistica per motori aerei, ad aprire i capannoni nei pressi del proprio impianto a Morrà De Sanctis in Irpinia. Risultato: la creazione di un nuovo distretto hi-tech nel settore aerospaziale con tutti i benfici che ne conseguono anche sul piano occupazionale. Insomma, di motivi per fare rete ce ne sono tanti. E le aziende lo hanno capito come dimostra la progressione numerica del fenomeno: nel settembre 2011, ad un anno dal varo del provvedimento legislativo, le reti registrate erano 135; diventavano 394 nel 2012 per poi raddoppiare fra il 2013 (1.134) e il settembre 2015 quando raggiungevano quota 2.348. Oggi, dunque, le Reti d’impresa sono presenti su tutto il territorio nazionale, in ogni regione e in ogni provincia. A fare da apripista è la Lombardia con 2014 aziende coinvolte seguita dall’ Emilia Romagna a quota 1.165 e dalla Toscana (1.044) tallonata a sua volta dal Lazio con 900. Quanto al Sud spicca il risultato dell’Abruzzo (617) inseguito da Puglia (504) e Campania (444). Ma non basta. Perché la pervasività del fenomeno riguarda tutti i settori. E se il manifatturiero fa la parte del leo- ne (29% delle reti censite) è forte la presenza nei comparti delle attività scientifiche e tecniche (11%) e nelle costruzioni (10%). Di rilievo anche il peso nell’agricoltura e nella pesca (9%) e nei servizi di informazione e comunicazione (7%). A scattare la radiografia del fenomeno è lo studio condotto da Retimpresa di Confindustria con la Conferenza delle Regioni e delle Provincie Autonome e in collaborazione con Gfinance Gruppo Impresa che siamo in grado di anticipare.

RETI DATI 1

RETI DATI 2

«La crescita delle reti – sostiene il vicepresidente di Conflndustria Aldo Bonomi – è ormai una ruota che gira da sola, un fenomeno che non deve nulla alla politica. La diffusione del contratto di rete non è una conseguenza del finanziamento pubblico. Le reti si creano perché rappresentano un modello di aggregazione vincente per le imprese». Bonomi osserva che nel 2014 si registra una maggiore indipendenza delle reti dai contributi pubblici.

In effetti lo studio che sarà presentato ufficialmente domani a Expo Milano 2015 presso l’Auditorium di Palazzo Italia rileva che mentre fra il 2010 e il 2013 il 40% delle reti avevano avuto finanziamenti pubblici allargando la rilevazione al periodo compreso fra il 2010 e il 2014 la percentuale è scesa al 34%. In questa cornice Bonomi cita uno studio condotto dall’Osservatorio Intesa Sanpaolo-Mediocredito Centrale che rileva come le imprese in rete risultino più competitive di un campione equiparabile di aziende singole. I parametri citati riguardano sia l’export (vende all’estero il 51,6% delle aziende in rete contro il 29,8% delle altre), sia i marchi registrati alivello internazionale (16,5% invece del 7,1%) sia i certificati di qualità (28% contro 15,7%). Insomma o fanno rete solo le imprese migliori oppure il fatto stesso di mettersi in rete spinge gli imprenditori ad essere più competitivi dei loro colleghi “single”.

Ad ogni modo, come rileva ancora Bonomi, non ñ ‘è dubbio che gli incentivi pubblici abbiano facilitato e facilitino lo sviluppo delle reti. La ricerca precisa che fra il 2010 e il 2014 hanno beneficiato di un finanziamento regionale 648 reti e circa 3.000 imprese. Complessivamente si tratta di 122 milioni di euro erogati nell’arco di un quinquennio a maggioranza come contributi a fondo perduto pari al 50% dell’investimento complessivo. Dal 2013 al 2014, inoltre, si registra un aumento dei finanziamenti da 25 a 27 milioni di euro. Contemporaneamente si alza il valore medio dell’agevolazione a favore delle reti. Risultato: nel 2014 vengono supportati progetti più ambiziosi riducendo così la dispersione delle risorse. Inoltre gli incentivi pubblici si indirizzano verso obiettivi strategici ben definiti. I bandi destinati alle reti sono infatti destinati per il 40% ai progetti di ricerca e innovazione, per il 30% allo sviluppo aziendale e per il 22% all’internazionalizzazione. Le amministrazioni regionali che hanno finanziato il maggior numero di iniziative nel quinquennio sono la Lombardia a quota 184, l’Emilia Romagna (136) e l’Abruzzo (83). L’hit parade dei contributi erogati vede sempre in testa la Lombardia (33,7 milioni) seguita da Lazio (18,5 milioni) e Toscana (14,8 milioni).