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La Grande Epifania pievese: gli ultimi giorni e i tanti modi di vedere il Presepe Monumentale

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Non sono mancati gli elogi ed i complimenti per il presepe monumentale allestito anche quest’anno dal Terziere Castello. Quest’anno, ancora una volta, da quasi mezzo secolo,  nei sotterranei di Palazzo della Corgna. Che fu Palazzo Mazzuoli, che fu Palazzo Marocchi.

Non sono mancati i tanti riconoscimenti agli autori ed alle emozioni che hanno suscitato le loro scene nei quadri in cui si può riassumere e suddividere il presepe di quest’anno, che ha un nome ufficiale, che è insieme un titolo, un programma, una dichiarazione d’intenti: “ Noi che non riusciamo a dire “loro””, ma che è soprattutto “Loro”, gli esclusi, i respinti, gli emarginati che stanno trasmigrando, che stanno invadendo che stanno mettendo in crisi il mondi di “Noi”, noi europei, noi in qualche modo privilegiati, noi minacciati.

Ecco questo mi serve a dire una cosa, ci sono tanti modi di vedere, visitare, leggere, questo presepe 2016, come del resto anche altri della fertile tradizione castellana. E su questo vorremmo invitare i visitatori a riflettere.

C’è un modo su tutti di vedere il presepe, che esiste, che non va dimenticato e nemmeno sottaciuto, il modo di vedere il presepe da “sanpietrino”. E questo possono farlo solo coloro che, per i più svariati motivi, hanno dentro questa identità particolare, che non è semplice spiegare, ma che è bene presente nel nostro paese. Vederlo da “sanpietrino” vuol dire avere presente nel cammino, quando si entra , quando si arriva da San Pietro, le sue strade i suoi vicoli, le sue piazze e piazzette, i suoi scorci le sue vedute improvvise e dilaganti verso il piano e versi il monte, il monte per antonomasia dei pievesi, il Monte di Cetona. E i tramonti rossoazzurri.

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Significa portarsi dentro quelle arie, quegli spifferi, quei caldi e quei geli del Profiello, del vicolo del Pappagallo, di via del Fango o del Po’ di Mezzo, della piazzetta davanti all’Orfanatrofio ora Palazzo Baglioni. Significa sapere da dove vedere meglio le Piagge e distinguere i tanti paesi allocati all’ombra del monte fra le sue pieghe.

Significa sapere di taverna, di corteo, di botteghine, di festaapalazzo, e ora di museo. Significa conoscere la storia ed i personaggi che hanno fatto nascere, crescere e diventare grande questo presepe, significa sapere chi è Bruno Bricca, Rino Giuliacci, Sergio Bassini, sapere del suo forno, sapere del Vicolo delle Pupe, del mulino e della cascata, sapere dell’Anita e di Palazzo Marocchi. Significa aver conosciuto o sapere di Don Oscar, di Aristide, della Milena. Significa sapere di Vittorio Massoli, di Alvaro Marchesino , cioè di quelli che sono stati pionieri e primi maestri del fare presepe, fino agli ultimi che hanno lasciato la loro impronta da presepisti, Fausto Scricciolo e quello che si può considerarsi storicamente il più rappresentativo del “presepismo” pievese e sanpietrino, penso a Fausto Biagiotti che continua a lavorare come in questa ultima edizione da protagonista sia nella ricerca  che nella realizzazione.

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Significa sapere delle decine e decine di vari aiutanti e specialisti di questa o quella stanza di questo o quel quadro, di questo o quel mestiere in via d’estinzione, che hanno vissuto serate su serate al freddo dei sotterranei con scarsa notorietà e scarsi riconoscimenti se non quelli della propria coscienza, ma che stanno tutti iscritti nel libro e nel museo del Terziere e che sono ormai, quindi, scolpiti nella storia.

C’è poi l modo laico di visitare il presepe che è quello che ricordavamo sopra e che va a leggere in ogni edizione il messaggio civile oltre che religioso, il messaggio politico in senso alto che esso trasmette. E quest’anno come dicevamo è molto chiaro, diretto e indiscutibilmente giusto ed azzeccato.

Poi c’è un modo più religioso e tradizionale, che è quello di viverlo come momento fondamentale della narrazione cristiana, nel suo significato originario ed insopprimibile anche di fronte al multiculturalismo con cui dobbiamo fare i conti. Che laicamente va riconosciuto come componente della nostra cultura. Cioè la visione della nascita del Cristo e della grande speranza che questa nascita ha portato nel mondo dei credenti. Qui è chiaro che i due momento fondamentali sono quelli dell’Annuciazione e della Natività che mantengono una loro caratterizzazione sempre molto tradizionale, anche se nella natività non mancano riferimenti all’attualità. E quest’anno questa visione del presepe si può arricchire di un contenuto ulteriore che è il tema del Giubileo appena iniziato ed è quello della “Misericordia”. che Papa Bergoglio ha voluto recuperare dal patrimonio un po’ dimenticato della Chiesa di Roma. Dire che il Presepe Monumentale del 2015- 2016 sia il presepe della “misericordia” non è eccessivo e fuoriluogo.

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Poi direi che c’è un modo quasi tecnico, strutturalista, filologico, di vedere il presepe. Diviso nei suoi “Sei Quadri” L’ingresso con “La Porta” ed i messaggi, le cose, i resti della vita degli esclusi, . L’Annunciazione, con il mare e la seconda Porta. il Mare che può essere anche muro e fine invalicabile come lo è stato per migliaia di disgraziati in questi anni. Poi il quadro dell’Eden, del paradiso che noi rappresentiamo per queste masse di disperati, il paradiso che è fatto di frutti, di prodotti, di alberi, di fiumi, ruscelli, di acqua, di acqua fertile, di irrigazione verrebbe da dire, di agricoltura ricca, di scienza. Poi c’è il quadro della Natività , sola in mezzo ad uno scenario scheletrico, essenziale, senza distrazioni, che vive però in mezzo a ponti e muri, alternativi e compresenti, le diverse scelte e opportunità che ci stanno di fronte.

E uscendo poi c’è il quadro della Pieve in mattoni, che è la storia, l’identità, la firma nostra, più in generale di pievesi oltre che di sanpietrini. La Pieve di Alvaro, di Remo e di Rancacioli, una firma che resta e che resterà a dimostrare che l’identità, la storia, la memoria, non sono separazione, non sono muro non sono respingimento, ma quando sono cultura vera e vissuta sono accoglienza, sono scambio e riconoscimento positivo della diversità. Sono, nonostante tutto e tutti , quello che siamo.

(g.f)

corrierepievese@gmail.com