Impianti a biomasse. Confronto aperto. Cerchiamo di capire.

by Gianni Fanfano

 Si parla e si discute da qualche tempo nella nostra zona  sull’opportunità di realizzare due impianti per la produzione di biomasse, a Castiglione del Lago e a Fabro. se ne discute fra loe forze politiche e se ne incomincia a discutere anche tra la popolazione. Noi vogliamo intanto informare su quanto accade, dare spazio alle diverse posizioni e provare a fornire dei contributi per fare in modo che ognuno possa farsi la sua opinione e quindi agire e pensare di conseguenza. Iniziamo riportando alcuni articoli si stampa comparsi di recente e due approfondimenti ricavati da Wikipedia come illustrazione generale del tema  e da una nota dell’ARPAT, Agenzia per l’Ambiente della Regione Toscana. Naturalmente il nostro giornale  è a disposizione, come sempre,  per ospitare le diverse tesi e le diverse posizioni in campo.

corrierepievese@gmail.com

1)

da Primapagina Chiusi

IMPIANTI A BIOMASSE, PROTESTE A FABRO E CASTIGLIONE DEL LAGO

sabato 07th, marzo 2015.

Ogni tanto la questione rispunta fuori in un punto o l’altro del territorio. E ogni volta scatena polemiche, proteste, barricate… E rispunta fuori anche la sindrome “Nimby” (Not in my back yard: non nel mio cortile).

Parliamo degli impianti a biomasse per la produzione di energia a mezzo di incenerimento di rifiuti organici e vegetali. Non sono inceneritori nel senso ampio del termine, non possono trattare e bruciare rifiuti industriali pericolosi, ma fanno paura lo stesso. E la gente, generalmente non li vuole. Non intorno a casa, quantomeno.

Se ne parla molto in questi giorni a Fabro e a Castiglione del Lago.

Fabro un impianto a biomasse dovrebbe sorgere nella nuova zona produttiva nei pressi del casello autostradale. Dovrebbe trattare rifiuti provenienti dall’agricoltura e dallo sfalcio e pulizia delle sponde fluviali. A costruirlo sarebbe una società che fa capo all’ex sindaco di Orvieto Stefano Cimicchi. Ed è questo lo scoglio principale. Cimicchi infatti ha, nella sua storia politica e amministrativa, anche la vicenda della discarica delle Crete, ad Orvieto, che “ospitò”  a suo tempo i rifiuti della Campana ed è finita sotto inchiesta più volte. Primapagina negli anni ’90 ne ha parlato a lungo facendone quasi un tormentone. Oggi la questione riemerge per il fatto che sarebbe lo stesso Cimicchi a proporre il nuovo impianto di Fabro… Sui social network è già sorto un “comitato  contro”. I sindaci dei paesi limitrofi a Fabro sembrano tutti contrari, Maurizio Terzino, primo cittadino fabrese si trova, al momento, tra l’incudine e il martello. Cioè tra un sì, dovuto per appartenenza e disciplina di partito, e un no dovuto alle pressioni della piazza… Ma la piazza è in “ebollizione”.

Castiglione del Lago, dove già nel 2013 fu “stoppato” a furor di popolo il progetto di un impianto a biomasse in località Le Coste, al confine con Chiusi e Città della Pieve, il problema si riaffaccia adesso, in località Lacaioli dove è previsto un impianto della società Trasimeno Srl. In Consiglio comunale il gruppo di opposizione Progetto Democratico ha votato contro, lamentando la mancata risposta ad alcune domande, da parte dell’Amministrazione Batino. Domande riguardanti sia il merito che il… metodo. E anche nelle località limitrofe al luogo individuato per l’impianto, sta montando la protesta popolare e l’opposizione al progetto.  Sia Progetto Democratico che la popolazione della zona interessata si chiedono come farà a funzionare l’impianto se la quantità di materiale organico e vegetale garantito dal territorio non fosse sufficiente; dove e in che modo si recupererà la quota mancante e perché “si è scelto un percorso autorizzativo  poco trasparente e poco partecipato”.

Stavolta non ci sarà il sindaco di Chiusi Scaramelli a minacciare, come nel 2013, le barricate e l’occupazione del comune castiglionese, ma di certo la questione sta scaldando il clima politico locale. E la battaglia sembra essere solo all’inizio.

2)

da rassegna stampa CRU

 Castiglione del Lago 6.03.2015

Castiglione del lago – Centro di compostaggio pomo della discordia

Castiglione del Lago Le precisazioni dell’amministrazione comunale Centro di compostaggio pomo della discordia di Sarà Minciaroni I CASTIGLIONE DEL LAGO – Compostaggio della discordia. Dopo le polemiche sollevate dal Movimento 5 Stelle sulla variante al Prg che riguarda il centro di compostaggio m località Lacaioli l’amministrazione di Castiglione del Lago precisa: “II progetto presentato si configura dichiaratamente come un miglioramento della situazione attuale, prevedendo sensibili ammodernamenti, da approntare secondo le migliori tecnologie disponibili (cosiddette celle biologiche), volti tra l’altro ad eliminare inconvenienti, come la diffusione di cattivo odore, che sin qui hanno creato un oggettivo e perdurante disagio.E stata già richiesta dalla stessa azienda presso la Provincia di Perugia, anche sulla scorta delle recenti previsioni del D.Lgs. 46/2014, la convocazione di una conferenza dei servizi per all’ottenimento dell’Aia (Autorizzazione Inte grata Ambientale)”. Inoltre spiegano il sindaco Barino e l’assessore Cittadini che la variante approvata martedì scorso è “relativa alla mera dislocazione delle superfici previste da oltre quindici anni e , quindi senza aumenti in tal senso, dell’impianto progettato”. Per tutte le altre tematiche (ambientale, geologica), il progetto sarà globalmente valutato soltanto nella convocata conferenza dei servizi della Provincia di Perugia in cui, continua Baiino “saremo presenti e assolutamente vigili sulla sussistenza di tutte le garanzie in ordine alla bontà, sicurezza, ed integrale rispondenza ai requisiti di legge del progetto medesimo”, ma non solo “Qualora dovesse trovare definitiva approvazione, verranno richiesti benefici per la collettività in via perequativa e/o compensativa”. Arriva anche la nota dell’opposizione Progetto Democratico che, spiegano “per principio, non è contrario a priori al progetto presentato dalla Trasimeno sri, il nostro voto contrario è dovuto al fatto che ad alcune domande poste al sindaco e alla maggioranza, non si è avuta risposta”. Progetto democratico chiede perché “si è voluto scegliere due percorsi autorizzativi separati, da un lato autorizzazione ambientale m base alle vigenti normative sui rifiuti e dall’altra variante urbanistica dell’area interessata”. In altre parole “con la variante la cittadinanza e l’assemblea Consiliare sa a cosa quell’area verrà, mentre l’approvazione del piano attuativo (cioè cosa ci verrà e come sarà disciplinato) resta in capo alla sola Giunta senza nessuna forma di partecipazione popolare”. -tit_org- Castiglione del lago – Centro di compostaggio pomo

della discordia

 

3)

da rassegna stampa CRU

 Fabro –

Consiglio comunale aperto sul funzionamento della centrale a biomasse

Fabro Previsti gli interventii del primo cittadino di. Avigliano e del direttore provinciale Arpa . A Caslel Viseardo l’azienda insorge: Allarmismi , inutili.  Consiglio comunale aperto sul funzionamento della centrale a biomasse.  Cresce la mobilitazione intomo ai progetti di realizzazione di impiantì a biomasse. A Fabro, il sindaco Maurizio Terzino ha convocato per il 19 marzo alle 18 nella sala teatro dello Scalo, un consiglio comunale aperto per offrire chiarimenti sul funzionamento dell’impianto che dovrebbe vedere la luce in  località Colonnetta. Sono attesi il direttore del Dipartimento provinciale dell’Arpa, Adriano Rossi, e il sindaco di Avigliano Giuseppe Chianella, dove esiste già da due anni un impianto simile. “Il progetto – replica Terzino a chi lo accusa di scarsa partecipazione – è di un’azienda privata. Fino al rilascio delle autorizzazioni previste dalle normative vigenti, nessuna certezza sulla possibilità di realizzazione dell’o pera era concreta, quindi sarebbe risultata superflua ogni discussione, come successo in precedenza per gli impianti fotovoltaici”. “L’ingiusto allarmismo blocca le opportunità per il territorio”, osservano, intanto, dal gruppo Macchia Alta rifiutando “linciaggio e intimidazioni” in merito all’impianto che dovrebbe sorgere a Castel Viscardo in località Trattoio. “Le nostre iniziative imprenditoriali – assicurano – incentivate all’intero della filiera agro-energetica sono perfettamente inserite nella programmazione nazionale e regionale. Intimidire amministratori locali, tecnici e operatori economici di questa che è una delle poche iniziative volte alla produzione di reddito in un momento di crisi e di vuoto di prospettive, è irresponsabile”. Conferma le perplessità il partito dei comunisti italiani verso i due casi frutto della “totale autonomia nell’autorizzare insediamenti, concessa a ciascun Comune dalla legge regionale”.

 

4)

da Wikipedia

 

Centrale a biomasse

Da Wikipedia, l’enciclopedia libera.

Centrale a biomassa di piccola taglia (1000kW) nel paesino di Spillern, in Bassa Austria

Una centrale a biomasse è una centrale elettrica che utilizza l’energia rinnovabile ricavabile dalle biomasse estraendola attraverso diverse tecniche: l’energia può essere ottenuta sia per combustione diretta delle biomasse, mediante particolari procedimenti tendenti a migliorare l’efficienza, sia mediante pirolisi, sia mediante estrazione di gas di sintesi (syngas) tramite gassificazione. Il termine biomassa definisce qualsiasi materia organica (cioè derivata dal processo di fotosintesi clorofilliana) con esclusione dei combustibili fossili e delle plastiche di origine petrolchimica[1]. Questa definizione raggruppa una varietà estremamente eterogenea di materiali[1]: può trattarsi, ad esempio, di cascami dell’industria, di residui di lavorazioni agricole e forestali, di legname da ardere, di scarti dell’industria agroalimentare, di sterco e reflui degli allevamenti, di oli vegetalirifiuti urbani, ma anche specie vegetali coltivate allo scopo, come il pioppo, il miscanto, o altre essenze e specie a crescita rapida e di facile coltivazione, adatte allo scopo.

Storia

Da un punto di vista storico, prima dell’uso delle energie fossili in quantità significative, è stata la biomassa, in forma di legna da ardere, che ha fornito all’umanità buona parte dell’energia necessaria al proprio sostentamento. Solo quando l’umanità ha scoperto la comodità d’uso del carbone e di altre fonti fossili, queste hanno potuto dare un contributo fondamentale all’evoluzione e allo sviluppo umano, relegando l’energia da biomasse a un ruolo più marginale. Questa situazione ha fatto sì che, nel primo decennio del XXI secolo, i combustibili fossili hanno il compito di assicurare una quota pari circa l’85% di tutta l’energia utilizzata sul pianeta Terra.

L’interesse per l’energia da biomasse è stato risvegliato dai problemi di sostenibilità ambientale ed economica legati alla quantità dei giacimenti di combustibili fossili disponibili (come giacimenti di petroliodi altri idrocarburidi carbone) e dai problemi di instabilità geopolitica derivanti dalla loro disomogenea distribuzione sul pianeta.

Diffusione e linee di tendenza

Sono quindi esigenze legate alla sostenibilità ambientale dei fabbisogni energetici nazionali a far sì che la produzione di energia elettrica da centrali a biomasse sia in aumento in molte realtà economiche: in Italia (dati disponibili al 2006) ammonta a circa 2500 megawatt[2] (erano 1200 MW di energia elettrica nel 2002, secondo dati AIEA[3], mentre una precedente stima dello stesso organismo internazionale, riferita al 1995, ne aveva valutato l’apporto energetico in un miliardo di tonnellata equivalente di petrolio[4]), prodotti prevalentemente dalla combustione del legno, dei rifiuti e del biogas[2]. In altre nazioni, come GermaniaAustriaDanimarcaSpagna, lo sfruttamento delle centrali a biomasse è molto più intenso, anche per effetto di legislazioni più favorevoli a questa forma di produzione. Il ritardo dell’Italia rispetto alla situazione di altri paesi europei si deve anche al fatto che l’installazione di centrali a biomasse deve fronteggiare un peculiare atteggiamento dell’opinione pubblica, che, a differenza di quanto avviene in altre regioni d’Europa, manifesta una crescente e diffusa ostilità all’utilizzo di fonti rinnovabili di energia, con il proliferare di comitati civici che si mobilitano in opposizione e a ogni di installazione di centrali eoliche, solari, a biomasse[5]. Risulta difficile, per le amministrazioni locali cui è affidata la scelta, elaborare una valutazione in cui i vantaggi-benefici e gli svantaggi-costi trascendono la dimensione locale e investono la “comunità nella sua interezza”[5].

Dati pubblicati nel 2005 dall’Agenzia internazionale dell’energia, relativi alla situazione dei consumi mondiali nel 2002, danno ad esempio una produzione più che tripla, rispetto a quella italiana nello stesso periodo (1200 MW), in paesi come la Germania (3800 MW), la Spagna (3900 MW), il Regno Unito (3900 MW)[3]. Altissima, sempre secondo i dati del 2002, è poi la produzione della Danimarca: il suo valore nominale, 1200 MW[3], seppur paragonabile a quello italiano in valore assoluto, deve essere riproporzionato sulla base di una popolazione quasi dodici volte inferiore.

Vantaggi

‘utilizzo delle centrali a biomasse comporta diversi vantaggi, sia rispetto alle fonti fossili, sia rispetto all’uso di sorgenti rinnovabili di altro tipo.

Concentrazioni del carbonio in atmosfera

Per quanto riguarda le implicazioni ambientali, quella prodotta dalle biomasse è un’energia rinnovabile. Uno dei vantaggi di questa modalità di produzione dell’energia elettrica è che essa si basa sull’utilizzo di scarti agricoli, industriali e urbani, anziché sull’uso di derivati del petrolio. L’utilizzo energetico di biomasse ha un effetto positivo sull’ambiente, poiché il carbonio contenuto nella biomassa fa parte del ciclo naturale del carbonio e non incrementa, a lungo termine, la concentrazione di anidride carbonica nell’atmosfera[6], a differenza del consumo di combustibili fossili e derivati, come olio combustibilecarbon fossile o gas naturale, normalmente impiegati nelle centrali termoelettriche. Per questo motivo, l’energia da biomasse risolve «…in modo brillante il problema dell’aumento di CO2 nell’atmosfera»[7], con riflessi positivi sul contenimento della porzione di riscaldamento globale per effetto serra attribuibile ai gas serra sprigionati dall’uso di combustibili fossili[7].

Vantaggi rispetto ad altre energie rinnovabili

L’energia da biomasse ha risolto due dei fondamentali problemi che affliggono altre forme di energia rinnovabile[7], come quella solare e quella eolica: la difficoltà di stoccaggio e la discontinuità nell’erogazione[7]:

  • Stoccaggio dell’energia: il risultato può essere agevolmente raggiunto mediante il semplice stoccaggio del combustibile, in maniera analoga a quanto avviene con i combustibili fossili[7].
  • Continuità di erogazione: l’energia da biomasse è regolabile a piacimento e può essere interrotta in ogni momento[2], al pari delle energie da fonti fossili[7].
  • Semplicità tecnologica e riduzione dei costi: rispetto ad altri impianti a energie rinnovabili (idroelettrico,solare termicoimpianto fotovoltaicoeolicogeotermoelettrico), le centrali a biomasse necessitano di tecnologie poco sofisticate e di più agevole reperibilità, accessibili anche a paesi a basso sviluppo tecnologico[4]. Inoltre, e anche per questo motivo, la messa in opera di impianti di tale tipo richiede investimenti di dimensioni piuttosto ridotte rispetto ad altri delle fonti rinnovabili citate[4].

Efficienza ed emissioni

Centrale in ambiente urbano, nella Western Avenue di Seattle

La generazione di energia da biomasse può raggiungere un’efficienza molto alta, con valori che dipendono dalla tecnologia di combustione utilizzata: essa raggiunge il 90% con la cosiddetta “tecnica a letto fluido“, sviluppata, in origine (anni sessanta del Novecento), per una più efficace combustione del carbone, e riadattata per le biomasse[8].

L’efficienza può essere ulteriormente migliorata sfruttando una delle qualità delle centrali a biomasse: la continuità di erogazione di energia. Questa infatti favorisce un ulteriore vantaggio, la possibilità di usare le centrali per lacogenerazione di energia termica da destinare al teleriscaldamento di ambienti domestici[2] (si tratta dello sfruttamento del calore generato durante il processo, che altrimenti andrebbe disperso: questa possibilità è sfruttata ad esempio nel 60% delle centrali installate in Italia, secondo dati disponibili al 2006[2]). Tale vantaggio (cogenerazione energia e calore per uso di riscaldamento domestico) tuttavia vale anche per le centrali funzionanti a combustibili fossili.

Al pari di ogni processo di combustione, quello che avviene nelle centrali a biomasse introduce fattori di inquinamento nell’aria: monossido di carbonioNOxcomposti organici volatili (COV), particolati e altri inquinanti. Tali effetti sono tuttavia fortemente ridimensionati (tra l’85 e il 90%[8]) dalle tecnologie ad alta efficienza utilizzate nella combustione, idonee a prevenire e a ridurre sostanzialmente le emissioni indesiderate, grazie soprattutto a un basso eccesso d’aria (tra il 15 e il 20%) e alla temperatura di combustione di circa 850 °C[8]. Inoltre, dalle emissioni derivanti dalla combustione del legno e degli scarti legnosi sono praticamente assenti due importantiinquinanti atmosferici, lo zolfo e gli idrocarburi policiclici aromatici[9].

Solo nel caso di impianti non dotati di tecnologie idonee, le emissioni di inquinanti in atmosfera potrebbero attestarsi su livelli superiori rispetto alla produzione di energia elettrica con l’utilizzo dei combustibili fossili: carbone, gas naturale o petrolio.

Approvvigionamento della biomassa

Uno dei pregi delle centrali da biomasse è costituito dalla possibilità di rivolgersi a materie prime e a risorse di scarto comunemente disponibili in ogni territorio a livello globale, senza dover far affidamento su coltivazioni specializzate e senza sottrarre quindi estensioni utili all’agricoltura di base, potendo avvantaggiarsi invece dell’uso di terreni incolti o di superfici agrarie di scarso valore produttivo.

Ad esempio, uno studio del 1997 ha stimato, per il sistema industriale italiano, una potenzialità produttiva di biomasse di scarto in circa 65 milioni di tonnellate per anno[10]. Le tipologie di biomasse considerate nella stima di questo volume di produzione sono tali da non sottrarre terreni all’agricoltura: biomasse da boschi (esclusa la legna da ardere), biomasse da residui agricoli (come la paglia) e da scarti agro-industriali, residui arborei (potature), coltivazioni in set-aside e in terreni marginali[10]. A queste quantità va poi aggiunto il volume annuo delle deiezioni animali, stimate in circa 130 milioni di tonnellate[10]. L’impatto ecologico dell’approvvigionamento di combustibile destinato a una centrale a biomasse dev’essere valutato in rapporto alla lunghezza della filiera di approvvigionamento e alla disponibilità in loco di materia prima[11].

È possibile, peraltro, anche servirsi di piantagioni apposite, gestite secondo criteri forestali responsabili e sostenibili, con la coltivazione di alberi a crescita rapida e politiche di Short Rotation Forestry[12].

Grazie alla distribuzione delle fonti su tutto il globo terrestre, e al fatto di far parte “di tradizioni e culture locali”[4], il reperimento di biomasse non è soggetto agli ingenti problemi geopolitici che affliggono, invece, l’approvvigionamento di combustibili fossili, causati della diseguale distribuzione delle risorse fossili sulla crosta terrestre. Inoltre, l’approvvigionamento in loco, senza importazione, non si riflette in modo negativo sugli equilibri della bilancia dei pagamenti e non ingenera quegli inestricabili nodi geopolitici legati alla dipendenza energetica dall’estero, situazione problematica per la sovranità e la sicurezza nazionale.

Altra ricaduta positiva riguarda i tassi di occupazione, poiché la più equa distribuzione delle fonti dà la possibilità di impiegare manodopera locale[4] (qualora la produzione di biomasse avvenga in loco).

Sicurezza della rete elettrica

Al pari di altri impianti di piccole dimensioni dispersi in vari punti del territorio (eolicomicroeolicosolareidroelettrico e microidroelettricoenergia mareomotrice), la produzione di energie attraverso centrali a biomasse, in genere di taglia molto ridotta rispetto alle tradizionali centrali industriali, contribuisce alla graduale creazione di un’architettura infrastrutturale di generazione distribuita dell’energia elettrica basata sulle cosiddette smart grid[13](“griglia intelligente”). La progressiva transizione vero un’architettura di rete del genere è perseguita dalle linee guida della politica energetica dell’Unione europea, descritte (all’interno dell’iniziativa Framework Programmes for Research and Technological Development) nella Smart Grid European Technology Platform[14] , che prevedono l’abbandono del tradizionale paradigma del “controllo centralizzato e del flusso unidirezionale”, in funzione dell’implementazione e sviluppo di una rete infrastrutturale intelligente attraversata da flussi omnidirezionali di energia attraverso i nodi di una griglia che integra, al suo interno, produzione, flussi energetici, sistema informativosistema di controllo, in modo da ottimizzare gestione e controllo, e ottenere una maggior sicurezza, ed evitare criticità e black-out[13] i cui onerosissimi costi incidono in modo pesantissimo sull’intero sistema economico[15](una stima, secondo dati disponibili nel 2007, valuta in 70-120 miliardi di dollari il costo annuo per la sola economia statunitense[15]) .

Svantaggi

Rispetto a quelli fossili, i combustibili da biomasse hanno un basso potere calorifico specifico (bassa densità energetica)[16]. Ad esempio, con riferimento alla sostanza secca, il potere calorifico specifico si aggira intorno a 4500 kcal/kg per la bagassa, a 4200 per il pioppo e il salice, a circa 4100 per la paglia e per gli scarti del legno, e a solo 2500 per i rifiuti solidi urbani[1]. Questi dati vanno confrontati con il potere calorifico più che doppio che sono in grado di esprimere le fonti fossili: ben 10000 kcal/kg per il petrolio e 12000 per il gas naturale[16].

Inoltre, le biomasse si segnalano per un alto tasso di umidità residua (dal 30 al 50% in peso), che comporta la necessità di trattamenti preliminari di essiccazione e densificazione prima dell’avvio a processi di combustione,pirolisi, o gassificazione[16].

Questo forte divario sulla quantità di calorie generabili per unità di peso (e di volume), rispetto ai tradizionali combustibili fossili, si riflette in modo negativo se si operano confronti a parità di calorie prodotte per l’utilizzo finale:

  • occupazione di spazio per lo stoccaggio in tutte le fasi: lo spazio necessario a stoccare il combustibile a biomasse è molto superiore a quello necessario per i combustibili tradizionali (per questi addirittura inesistente se ci si riferisce al gas naturale, fornito dametanodotti);
  • i costi di trasporto sono decisamente superiori a causa del maggior volume necessario ai mezzi di trasporto (autoveicoli industriali)
  • l’inquinamento prodotto dalla combustione digasolio da autotrazione è molto superiore per il trasporto di biomasse che per quello dei combustibili fossili;
  • la raccolta del combustibile comporta una serie di fasi che richiedono dispendio di energia irrecuperabile, in particolare per la produzione di cippato dai boschi: taglio sulla/della pianta, trasporto degli sfalci, trasformazione degli sfalci, o comunque dei sottoprodotti in legno, in pezzature di dimensioni idonee alla combustione (effettuata mediante macchinari che consumano energia); sono inoltre da tenere presenti gli aspetti dell’inquinamento dovuti ai trasporti delle parti nelle varie fasi intermedie del ciclo pianta-pezzature combustibili, prima del trasporto finale alla centrale termica di utilizzo finale (tale aspetto varia a seconda dei vari tipi di biomassa utilizzati). Tale svantaggio, per i paesi privi o quasi di risorse fossili, riguarda, naturalmente, il confronto rispetto ai combustibili fossili così come essi arrivano ai punti di raccolta (porti,oleo/metanodotti). Va tenuto conto, però, che anche per i combustibili fossili esiste un analogo irrecuperabile dispendio di energia dovuto all’estrazione nei luoghi di produzione e al trasporto fino ai luoghi di consumo.

Su larga scala, l’uso di terreni agricoli per estese coltivazioni dedicate alla produzione di biomassa può sortire l’effetto di sottrarre terreno all’agricoltura e quindi alle produzioni di valore alimentare. Al contempo, l’eventuale uso massiccio di biomasse (per es. alberi) ridurrebbe la capacità delle foreste di catturare e sequestrare la CO2 (l’anidride carbonica). Quest’ultimo problema, peraltro, può essere risolto con opportune politiche forestali e silvicolturali, attingendo da piantagioni di alberi a crescita rapida (come il pioppo) gestite mediante Short Rotation Forestry[12], o mediante accorte politiche sostenibili di gestione delle foreste.

Bibliografia

 

5)

da ARPAT Toscana

 Tra le fonti energetiche rinnovabili, l’energia prodotta da biomassa riveste un ruolo fondamentale

Questa è la prima di una serie di ARPATnews dedicate al tema delle biomasse come fonte energetica; nelle prossime uscite approfondiremo alcuni aspetti che in questo primo numero sono solo accennati, dalla normativa specifica, ai procedimenti autorizzativi, agli aspetti energetici, al ruolo di ARPAT; nella nostra trattazione prenderemo in considerazione la realtà toscana e gli impianti di taglia maggiore o ugale a 1 MWt.

La biomassa consiste in componenti organici – vegetali ed animali – ottenuti principalmente dalla raccolta e dalla lavorazione delle colture agricole e forestali. Si possono raggruppare le biomasse nelle seguenti famiglie:

  1. biomasse forestali, legno ricavato da piante destinate alla combustione (legna da ardere);
  2. colture energetiche dedicate (sia per combustione diretta che per trasformazione in biocombustibili);
  3. residui delle attività agricole (paglie e potature arboricole), residui delle attività forestali (ramaglie e cime, scorze, ceppi), residui della lavorazione del legname (segatura, refili, intestature), residui agroindustriali (sanse, raspi, lolla di riso) e dell’industria alimentare (grassi di macellazione, noccioli di frutta, gusci);
  4. rifiuti specialia matrice biologica (tavole dei cantieri, legno delle demolizioni degli edifici, mobili a fine vita, oli di frittura, pali e traversine);
  5. frazione biogenica deirifiuti solidi urbani (carta, legno, tessuti, residui alimentari, residui di giardinaggio e potature urbane);
  6. rifiuti organici degli impianti delle fognature urbane e degli allevamenti zootecnici.

Questi prodotti hanno un potere calorifico pari a circa un terzo di quello del petrolio (vedi tabella in cui è riportato un valore tipico di biomassa legnosa con contenuto d’acqua del 15%) e dipendente dal contenuto d’acqua, ma la loro disponibilità in natura è più diffusa di quella dei combustibili fossili.

Materiale PCI (Potere calorifico inferiore) kcal/kg
Biomasse 4000-4400
Petrolio grezzo ca 10000
Metano 12000
Carbone 6200-7600

 

Gli impianti a biomasse

La conversione energetica della biomassa può avvenire in centrali termoelettriche o in piccoli impianti (industriali o domestici) secondo diverse modalità.

Il contenuto calorico delle biomasse può infatti essere sfruttato attraverso molteplici processi basati su diverse tecnologie: a seconda del tipo e della composizione, possono essere o bruciate per fornire calore, o convertite in altro combustibile (metano, etanolo, metanolo, prodotti carboniosi) o usate direttamente per la generazione di energia elettrica.

Le diverse modalità si distinguono sulla base di molte variabili, fra cui la grandezza dell’impianto, la destinazione d’uso, le tipologie di componenti relativi alla fase di combustione e trattamento dei fumi.

Nella sua trasformazione da materia prima a energia, la biomassa subisce una serie di processi e trasformazioni cha vanno dai processi di pre-trattamento (alcune fonti come la legna non necessitano di tali trattamenti), ai processi di trasformazione (come nel caso degli scarti vegetali, dei rifiuti urbani o delle colture oleose), alla conversione di biomassa in energia termica, alla conversione di energia termica in energia elettrica. Non tutti questi passaggi, naturalmente, possono essere presenti nello stesso impianto: si deve quindi distinguere tra impianti che bruciano biomassa trattata altrove e quelli che integrano i due processi.

Gli inquinanti emessi dagli impianti a biomasse

Gli impianti a biomassa possono produrre emissioni solide (particolato e idrocarburi incombusti), emissioni liquide eemissioni gassose. Le emissioni di particolato sono in genere le più rilevanti, mentre riguardo altri inquinanti i livelli dipendono dal tipo di combustibile usato dall’impianto e dal modo in cui la biomassa viene bruciata.
Per un calcolo complessivo dell’impatto ambientale di un impianto a biomassa, comprensivo degli impatti in fase di costruzione, esercizio e dismissione e di quelli dovuti alle attività connesse con tali fasi, la life-cycle-analysis (in italiano “analisi del ciclo di vita”, conosciuto anche con l’acronimo LCA) individua le operazioni di approvvigionamento, trasporto e stoccaggio della biomassa quali sorgenti di rilevanti emissioni in atmosfera. Per questo motivo si ritiene importante includere questa problematica nei successivi approfondimenti e quindi in una prossima Arpatnews.

La biomassa disponibile in Toscana

La Toscana è una regione in cui è disponibile una considerevole quantità di biomassa: la produzione di biomasse agroforestali per uso energetico in Toscana può derivare infatti da diverse attività:

  • residui da lavorazioni agricole (potature di coltivazioni legnose ovvero mietitura e raccolta di coltivazioni agricole)
  • colture annuali dedicate
  • residui da interventi di manutenzione delle infrastrutture sul territorio (ripulitura alvei torrenti, linee elettriche, scarpate stradali)
  • nuovi impianti forestali specializzati per la produzione di biomassa per fini energetici (power crops)
  • scarti industria del legno.

La nostra regione è al primo posto in Italia per superficie boscata, con più del 50% del territorio a bosco per 1 milione e 110mila ettari di patrimonio regionale, di cui due terzi sono di proprietà privata.

Impianti a biomasse: aspetti positivi e aspetti negativi 

In una valutazione sintetica dei principali vantaggi e svantaggi della biomassa come risorsa energetica, si individuano i benefici ambientali, sia globali che locali, a cui si contrappongono degli impatti locali, i benefici sociali occupazionali ed infine dei benefici strategici energetici. In considerazione di tutti gli aspetti, la politica energetica di supporto alle energie rinnovabili, promossa dalla Unione europea e recepita anche dalla Regione Toscana, prevede un sistema di incentivi economici alla costruzione ed esercizio di impianti di conversione energetica alimentati a biomassa.

Il primo beneficio prodotto da un impianto a biomassa è di tipo ambientale globale: la biomassa assorbe infatti CO2 dall’atmosfera durante la crescita e la restituisce all’ambiente nel corso della combustione; pertanto, il bilancio della CO2 è nullo su un tempo scala molto breve rispetto ai combustibili fossili. Quindi, nel calcolo della quantità di CO2 immessa in atmosfera dai processi di conversione energetica della biomassa, sono compresi i contributi delle operazioni di approvvigionamento, cioè semina, nel caso di colture dedicate, raccolta, trasporto e stoccaggio, e degli eventuali processi di trasformazione del combustibile per renderlo adatto allo specifico impianto di conversione energetica. Questa considerazione indica la necessità di realizzare impianti di produzione energetica a “filiera corta”, per i quali siano contenuti almeno gli impatti ambientaliderivanti dal trasporto, e conseguentemente dello stoccaggio, della biomassa. L’utilizzo come combustibile degli scarti e dei residui delle produzioni agricole e agro-industriali contribuisce inoltre ad alleviare l’impatto ambientale dello smaltimento di queste sostanze, poiché i residui da potature e mietiture sono usualmente bruciati all’aperto, andando anche a recuperare il loro contenuto energetico che andrebbe disperso in aria ambiente.

Dal punto di vista ambientale locale, la creazione e lo sviluppo di aree agricole destinate a colture energetiche dedicate, al posto di terreni abbandonati e incolti, contribuiscono al controllo dell’erosione e alla riduzione del dissesto idrogeologico delle zone collinari e montane ed offrono un’opportunità di sviluppo e crescita per i territori rurali meno competitivi per le produzioni convenzionali, contenendo così anche i fenomeni di abbandono di queste aree.

La conversione energetica della biomassa fornisce inoltre un beneficio sociale occupazionale: le diverse fasi del ciclo produttivo del combustibile da biomassa creano infatti posti di lavoro e favoriscono la ripresa dei settori agricolo e forestale, rappresentando una fonte di reddito aggiuntiva a quello tradizionalmente derivante dall’attività agroforestale. Tutto il sistema di produzione della bioenergia, partendo dalle filiere di produzione agli impianti di trattamento e conversione, andrebbe quindi a formare un settore economico in espansione, contribuendo alla creazione di nuovi posti di lavoro ed opportunità di sviluppo.

Infine, da un punto di vista strettamente strategico energetico, l’utilizzo della biomassa come fonte rinnovabile può ridurre la dipendenza energetica dai produttori extraeuropei.

A loro volta gli svantaggi dell’impiego energetico della biomassa sono quasi esclusivamente ambientali, dovuti alle sostanze inquinanti emesse nelle operazioni di approvvigionamento, dagli eventuali processi di trasformazione del combustibile, nonché dallo specifico impianto di conversione energetica.
L’impatto ambientale delle operazioni di approvvigionamento, come già sottolineato, è collegato alla dimensione del bacino da cui proviene la biomassa e quindi il contenimento di questo impatto induce a preferire la “filiera corta”. Questa condizione pone inevitabilmente un limite alla taglia dell’impianto di potenza, poiché, in base alla produttività di biomassa del terreno, pur molto variabile a seconda che si tratti di residui ovvero di colture dedicate, il bacino di approvvigionamento di un impianto aumenta all’aumentare della potenza installata. Tuttavia, per impianti di piccole dimensioni (<1MWt) si verifica quasi inevitabilmente una criticità relativamente alle emissioni specifiche dell’impianto. Infatti, rispetto a questo punto, si è già dovuto sottolineare che tali impianti possono presentare in generale emissionisignificative di polveri, NOx e IPA e metalli pesanti dipendenti sia dalla biomassa impiegata, sia dalla tecnologia dell’impianto, sia dalla presenza ed efficienza di sistemi di abbattimento degli inquinanti. D’altra parte la presenza dei sistemi di abbattimento è indirettamente connessa con la taglia dell’impianto, poiché l’investimento necessario alla loro installazione è rilevante e quindi è usualmente previsto per impianti di media-grossa taglia.

Nel quadro complessivo di vantaggi e svantaggi, è quindi opportuno che l’impiego energetico della biomassa sia promosso dalla Regione Toscana anche attraverso lo strumento degli incentivi economici. Tuttavia, quest’opportunità non deve indurre ad interpretare la costruzione ed esercizio degli impianti a biomassa come imprese fruttifere solo se in presenza degli incentivi per l’uso energetico delle fonti rinnovabili.

Gli attuali incentivi si basano sulla tracciabilità della biomassa, che permette di individuare la provenienza e quindi la qualità del materiale. In particolare viene privilegiata la filiera corta, definita esplicitamente in base alla distanza massima della provenienza della biomassa pari a 70 km, agevolando quelle produzioni che riducono i costi per procacciarsi la materia prima.

Testo di questo numero a cura di Silvia Maltagliati e Maddalena Bavazzano

 

 

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