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Il voto di domani. Proviamoci ancora una volta.

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Nei giorni iniziali che ci avvicinavano a queste elezioni regionali, la definimmo “una campagna elettorale a luci spente”. Oggi, nelle ore finali possiamo dire che le luci si sono appena accese sui contenuti, sulle scelte, sulle risposte ai problemi, reali e grandi, che abbiamo davanti e per cui il cittadino elettore, fra poche ore, dovrebbe scegliere e votare fra diverse liste e candidati.

Sono 705.819 gli elettori umbri chiamati domenica 31 maggio alle urne, dalle ore 7 alle ore 23, per eleggere il Presidente della Giunta regionale e i 20 consiglieri che formeranno il consiglio. I seggi elettorali sono 1012, dei quali 716 in provincia di Perugia e 296 in quella di Terni.

Le previsioni degli ultimi sondaggi ci dicono che sarà poco più della metà che andrà a votare e farà una scelta. Si può essere più o meno modernisti o revisionisti, a riguardo, ma sarebbe, al di là delle percentuali dei singoli contendenti, senza mezzi termini, una sconfitta della democrazia. Nessun paese civile occidentale, con la storia culturale e politica che abbiamo alle spalle, può accontentarsi di una partecipazione così ridotta al momento fondamentale della vita civile e in un passaggio cruciale della situazione economica. Nel mentre cioè, come abbiamo detto più volte “la casa brucia”. E da quanto è dato sapere, da sondaggi di cui si parla,anche se non possono essere pubblicati, ci troveremmo, per la prima volta in Umbria, con una certa incertezza sul risultato  finale del voto.

Ma la risposta sul perché questo, il grande astensionismo, rischia di prodursi, è abbastanza semplice. Semplicemente tanta parte di cittadini non crede più che la politica possa risolvere i problemi propri e quelli della comunità. E la mancata risposta a questa domanda di cambiamento è la luce che non abbiamo visto accendersi in questa campagna elettorale.
Perché le Regioni? Perché le Regioni dopo 45 anni di esperienza complessivamente non positiva? Perché le Regioni che dovevano rappresentare la chiave di volta di una profonda e radicale riforma dello stato e della politica, perché le Regioni costituite dopo i grandi movimenti di lotta per i cambiamento degli anni sessanta, sono diventate l’ennesimo livello di uno stato ormai obsoleto nelle sue funzioni gestionali e pressoché inesistente in quelle regolatrici? Quali impegni precisi operativi per cambiare la situazione sono stati indicati in questa campagna elettorale?In particolare sul versante di una burocrazia ormai insopportabile? E di un costo della burocrazia che asfissia e toglie risorse ad un impellente intervento sociale e produttivo?

Ho dato un’occhiata veloce ad un riassunto breve del bilancio regionale di previsione 2015. La Regione Umbria, costa al cittadino contribuente 2.971 milioni di euro l’anno. Di questi 458 , pari al 15%, sono spesi per il funzionamento dei servizi generali. 1.664 milioni ci costa la sanità. Se togliamo i costi della sanità che sono il 56% del bilancio totale, l’incidenza di quei costi, di solo funzionamento, diventano il 35% della spesa. Dire che oggi nulla può essere considerato in politica, nella pubblica amministrazione, ma anche nella vita della economia, delle imprese e del lavoro, “ordinaria amministrazione”, non vuol dire fare populismo, anzi vuol dire porsi all’altezza giusta dei problemi. Cosa si propone per invertire questa situazione? Per quanto pensiamo che possa ancora reggere un tale rapporto fra spesa corrente e spesa per investimenti?

Se poi prendiamo qualche tema di fondo che assilla i nostri territori o i problemi che ne hanno caratterizzato questi anni, quali indicazioni sono venute, dai protagonisti principali?
Se nulla o quasi è stato detto sul futuro delle Regioni, poco è stato detto sui programmai per questa nostra area di confine fra Umbria, Toscana e Lazio. Dopo avere fallito l’ultima occasione seria di organizzare una rete di piccole realtà, il cosiddetto Trasimeno,con la mancata realizzazione dell’ospedale comprensoriale, cosa si intende fare per non continuare a spendere soprattutto sul Silvestrini ,e intasarlo così di barelle in ogni suo corridoio, o destinare risorse al di sopra dei normali parametri agli ospedali di Terni e Foligno?
Cosa si intende fare per riequilibrare la spesa a vantaggio della prevenzione e dei servizi di territorio?
Come si intendono utilizzare le risorse che arriveranno con le diverse linee di finanziamento europee,fino al 2020, non solo per renderle il più possibile utili alle imprese ed al lavoro vero, ma anche per riequilibrare una regione che per continuare ad avere un senso deve assolutamente avvicinare la sua polpa centrale costituita dalla Valle Umbra e del Tevere con le aree che stanno ai lati e che confinano e sono immancabilmente attratte dalla Toscana, dalle Marche e dal Lazio. E come perseguire le specializzazioni di area e come caratterizzare un marketing territoriale competitivo e interregionale?
Dove concentrare le risorse in modo coerente e non dispersivo o peggio clientelare?
Come ridare fiato ai Comuni che con lo Stato sono le due uniche realtà istituzionali riconosciute dal senso comune. Come ridare fiato ai comuni ormai al collasso e vittime di una cosiddetta “revisione della spesa” che nessuna regione ha voluto fare selettiva anche se ne aveva i poteri.
Oppure un nostro pallino. Cosa è stato detto sui criteri per la scelta della località della Stazione per Alta Velocità, ultima occasione per legare Perugia e l’Umbria centrale alle grandi vie di comunicazione che passano qui accanto a noi? Che c’entrano le Marche o Arezzo con questo ragionamento? Come al tempo della costruzione dell’Autostrada del Sole e della Direttissima, l’Umbria politica e Perugia rischiano di non capirci nulla. E di non capire che la priorità è stabilire i giusti e più diretti collegamenti viari con queste vie di comunicazione che passano da qui e non altrove.

Luci appena accese e fioche su tutto questo, Mentre grandi fari sulle liste, sui candidati, sulle preferenze, sulle cordate. E poi, sarà il caso di cominciare a dirlo. Ma come si scelgono questi candidati? Fermo restando la necessità di rinnovare e mandare, diciamo al giusto riposo chi ha legislature varie sulle spalle, ma il nuovo come viene scelto?
Ma tra le tanto bistrattate primarie ed il niente, una via di mezzo, non era proprio praticabile? Ci sono giovani che sembrano polli di allevamento, spesso allevati in questa asfittica incubatrice che è la politica di adesso, spesso allevati nel pubblico impiego e nei suoi anfratti collaterali. Rari i polli ruspanti, rare le professionalità sperimentate, le competenze vere, i curricula probanti, le storie e le personalità di rilievo. Ma così non si va verso la politica di tutti, si va verso la politica di nessuno. Parafrasando un vecchio editorialista dell’Unità, che scriveva con lo pseudonimo di “Fortebraccio” e che al secolo rispondeva al nome di Mario Melloni,e che definì il nascente personaggio di Rutelli “sopra il motorino, niente”, oggi verrebbe da dire pensando alle attuali forme di propaganda elettorale “dentro il santino,niente”.

Sarà un voto regionale che avrà, checché se ne dica, un gran valore anche politico generale. In particolare come giudizio su Renzi e il suo governo.

Impresa ardua scegliere, quindi, domani, cari concittadini e lettori! Invidio coloro, fra voi, che hanno le idee chiare o addirittura fedi incrollabili.
So che molti altri non andranno a votare, anche amici insospettabili, molti altri voteranno scheda bianca o la annulleranno. Molti, come me, proveranno a fare per l’ennesima volta il loro dovere civico, sperando ancora una volta che qualcosa cambi. E lo faranno cercando, fino all’ultimo secondo, di capire, visto che non esiste l’ottimo dove stia almeno il meno peggio. Probabilmente la persona.
Molti di noi ricordano quando andare a votare e fare politica era una festa. Un momento importante di espressione personale e collettiva.
A quando il giorno in cui, anche se con idee diverse, torneremo a sentirlo come un giorno di vita democratica?

Il tempo a disposizione sembra sempre meno. E non solo perché passa quello della nostra vita.

( g.f)

corrierepievese@gmail.com