Il Presepe Monumentale del Castello. Uno dei pionieri ci racconta come nacque

by Gianni Fanfano

Quasi cinquanta anni fa un gruppo di “pionieri” del “Vicolo delle Pupe” (oggi Via Melosio) diede inizio alla più importante manifestazione natalizia di Città della Pieve, nell’ambito dell’appena nato ufficialmente Terziere Castello.

Come ando? Ce lo facciamo dire da uno dei protagonisti, Rino Giuliacci, che ci racconta del Presepe e di altro.

(l’intervista è tratta dal libro “Il Castello si racconta” curato da Gianni Fanfano e Gaetano Fiacconi e disponibile presso il Museo don Oscar Carbonari.)

Rino Giuliacci

“Io sono entrato molto tardi nel Terziere Castello, perché noi eravamo una “repubblica autonona- il vicolo delle Pupe”, però siamo stati legati ai festeggiamenti del Castello a partire dal 1964. Fino al 1964 il castello non c’entrava per niente, noi del vicolo con l’accordo di Sergio Bassini, al custode del Palazzo, era Barbini Gilberto glie si davano 10 Kg di pomodoro concentrato all’anno ….infatti qui sotto , nel giardino, c’erano tutti rottami dei palazzi diroccati col passaggio del fronte, ci aveva messo un po’ de terra e ci faceva un piccolo orto ma con poco raccolto, giusto qualche pomodoro. Allora Sergio gli disse: basta che ce fai fare i festeggiamenti lungo il muro. Nel 1964 iniziammo a fare il Castello, che una volta lo facevano all’imbocco di Garibaldi.

Ma poi per la viabilità dava fastidio; noi come vicolo delle Pupe lo facemmo qui, nel muro di cinta, facemmo tutti smerli e qui davanti facemmo il Castello figurativo. Lo facemmo per 2 anni poi abbiamo fatto per 3 anni consecutivi il mulino a vento con le pale illuminate dalle piccole lampadine del presepe. Questi furono i 5 anni dell’addobbo.

Noi eravamo autonomi, nel senso che ci si autotassava da noi, e con i soldi che si incameravano ci si comprava quello che occorreva, infatti avevamo 46 bandiere di stoffa verde nero con le aste: tutta roba nostra, il Terziere non ci dava niente.

Poi nel 1966 l’allora Presidente del Castello era Mariottini ;Enrico mi ricordo ci chiamò, era il 24 settembre e la mia moglie compiva 30 anni e io festeggiavo a casa coi figli. Mi venne a chiamare Sergio Bassini e l’ex postino Nazzareno Cupella. Eravamo affiatati e mi disse che alle 21.30 dovevamo andare da Mariottini perchè ci voleva per farci un encomio. Andammo: io, Cupella, Bassini e Gino Porzioli, Ci stemmo   un’oretta e nel ritornare giù Sergio Bassini, quando fummo qui sotto all’arco del Terziere, mi disse: “Rino ma te ce lo vedresti un presepio qui nella porta d’ingresso?” E io gli risposi: “Sergio, se ce famo un presepe ce vanno a piscià tutti…” Manco farlo apposta mentre dicevo così scappò fuori una persona che aveva appena fatto quel lavoro. E io gli dico: “perché non diciamo a Gilberto se ci fa entrare nell’ingresso? Facciamo un presepio lì!” Perchè allora le parrocchie e le monache di S.Lucia non facevano nessun presepe e neanche nelle scuole. “Va bene” mi disse Sergio, “domattina quando vieni a fare colazione ci parliamo con Gilberto.” La mattina al forno, arriva Gilberto e glie dico: “non è che c’apriresti il portone che facciamo un presepe li dentro?” E lui: “eh no! Chiedetelo alla padrona.” Era la Sig.ra Marocchi. “Va bene” dico, “non ce so’, problemi lo chiederemo a lei.” Allora Sergio disse di aspettare Filiberto Cappannini, che   lavorava lì. Manco farlo apposta ecco Filiberto che andava a prende la pagnottella come tutte le mattine. “Fili? Non è che te con la Sig.ra Marocchi ce poi dà ‘na mano pe’ fà il presepe li dentro ?” E lui: “io a piedi non ce vengo a Monteleone, ma se me ce portate non è un problema, a me non me dice di no! Quando ce volemo andà?”Questo Sarebbe stato dopo il 24 settembre, si misero d’accordo per quando si sarebbe potuto andare e andarono. Chiamarono Marcellone e andarono a Monteleone. La sig.ra gli disse: “io Filiberto non te posso dì sì senza sapere quello che c’è dentro. In settimana vengo a vedere e colgo l’occasione per venire a pranzo a casa tua”. Dopo 2/3 giorni vado da Sergio a prendere la colazione e mi fà: “guarda che oggi viene la Sig.ra Marocchi, però vengono dopo pranzo perché prima va a mangiare da Filiberto. Vieni verso le 3 qui al forno.   Lui aveva lì al forno 2 fari con le pile per fare luce quando andava via la corrente , cosi se c’è bisogno di fare spazio…” Vennero e Gilberto aprì, e c’era un macello qui dentro… La sig.ra fa: “Gilberto vediamo un po’ questi scantinati perché io nemmeno so quello che c’è dentro.” Andammo giù per il corridoio e aprimmo l’oliara, Fu aperta e dentro c’era un patrimonio , tavole di olmo da 5 cm erano 4/5 anni che erano li, stagionatissime. Ce l’aveva portate il poro Marocchi qualche anno prima, prima di morire. Il fattore disse che erano milioni. Infatti ci vollero una decina di giorni per portare via tutto perché era tanto legname. Allora noi cogliemmo l’occasione e gli facemmo vedere anche dov’è il salone grande, dov’è ora la natività. “Signora, vede anche qui ce so’ tutte ‘ste botti, ‘ste tine” le dico” si potrebbero…. “ Intervenne allora il fattore e disse: “di questo non ve preoccupate, basta che me le smontate che io le porto via e le faccio ricostruire da un’altra parte”. Ma grosse in quel modo non le ricostruivano da nessuna parte, servivano a recuperare il legname. Gli demmo una mano a smontarle. Ci volle fino a dicembre del ‘66.

Eravamo Io, Bassini e Nazzareno Cupella. Io e Nazzareno eravamo sempre insieme, eravamo quelli che si lavorava più di tutti. Dopo c’è venuto un pochino Otellino Gonnellini, ma lui lavorava fuori.

Praticamente ci volle tutto il mese di dicembre per portare via tutta la roba. Ce n’era tanta. Allora parlammo con Spaltero Scargiali e la sera quando aveva finito col camion di viaggiare, ce lo metteva nel vicolo sotto al muro e noi tutte le sere lo pienavamo. Poi lui la mattina lo portava via.

Con Spaltero fino alla fine di Marzo del 67 portammo via la roba. C’erano da pulire anche la grotte.

Il primo presepio è del 1967, anche se noi diciamo nel 66, ma nel 66 mettemmo a posto tutto e non ci venne bene a farlo.

Allora Sergio disse: “ora che abbiamo pulito, bisogna trovare chi costruisce il presepio e trovare le statue.” Il poro Nazzareno disse: “io penso a chiede le statue a don Giustino a S.Litardo, il gruppo più grande, il bue, l’asinello..” e Sergio : “sarebbe opportuno fallo ad altezza naturale, grande, il bue se po’ fa con un vitellino, andamo da Vergari e se compra …” ” No no” dissi io “ma che te metti a fa” e insomma glielo bocciammo. Dissi: “io chiamo Bricca e gli chiedo se se la sente di fà ‘sta cosa.” Difatti da Aristide, che era il postino, mandai a chiamare Bricca e ce presi appuntamento per un pomeriggio. Lui ci disse: “si si, io ve la do una mano e vi garantisco che tutte le statue che sono alla Madonna di Fatima io le porto, però ce da revisionalle” “In qualche modo faremo” gli dissi “specie se Filiberto ce da una mano” . Trovammo tutte queste statue e le portammo qui al palazzo da ‘na parte, le chiudemmo e le facemmo vedere a Filiberto. Lui ci disse che non ci poteva aiutare perché aveva parecchio lavoro. Le statue erano un po’ da ritoccare , ma ci garantì la disponibilità di un suo allievo, cioè Amerigo Marchigiani. Facemmo questo lavoro e il mese di Agosto, fatta la festa di Ferragosto, Bricca ci dice: “ guardate io sono un po’ fatto a modo mio, cerco di smussare gli angoli però fino al 4 di ottobre non se comincia a fare il presepio. Perché il 4 è S. Francesco e lui è stato il primo essere umano a rifare la natività di Cristo. Da quel giorno iniziamo”.

Facemmo tutto il corridoio, l’oliara e il salone grande, in fondo al salone dove praticamente c’è un camino facemmo tutta la natività. Il primo e il secondo presepe facemmo un’infrascata….La maggior parte delle cose si facevano con l’elce, le frattine che Neno e Otellino non facevano altro che potare. Portammo dentro diversa gente: Mario Morucci, Marcellone Cupella, parecchi altri , però sempre sotto la forma del Castello perchè noi del Vicolo delle Pupe demmo la spinta iniziale ma, come organizzatore ufficiale, era il Terziere Castello. Nel frattempo noi qui sotto, nel muro, utilizzando l’acqua del pozzo facemmo una meravigliosa cascata, che per 14 o 16 anni è stata rifatta tutti gli anni. Fu un’idea di Gino Porzioli, che sfotteva l’amministrazione comunale che alla Pieve mancava l’acqua, disse “cosi je famo vedè che noi l’acqua ce l’avemo.”. Non volemmo niente perché comprammo le pompe per conto nostro e la pompa a immersione ce la regalò Peppe Pulito, non solo una anche altre, perché la prima ce la regalò e da inesperti la bruciammo subito e Mario Romani che era il fontaniere del comune ci disse: “ma io ve l’avevo detto.”. Nel periodo estivo, per ferragosto, insomma facevamo la cascata e nel periodo invernale l’acqua la usavamo pel presepe, anche per la festa del Pievese Lontano che poi dopo….è diventata strada facendo il Palio. Anche quella fu una bella idea di Ernesto Ciarapica e Gino Porzioli, che poi Don Oscar e, MarioBarzanti,   diedero la spinta per ingrandire questo festeggiamento del Pievese Lontano. Infatti Ernesto a don Oscar gli disse: “perché non fate una sfida tra gli arcieri della maremma e del castello?” E d. Oscar glie rispose: “ma non sapemo manco come se fà a tirà co l’arco” Loro si battevano tra contrade.

Così accettammo l’idea. infatti nel 73 vincemmo subito, ma non sapevamo neanche come era fatto l’arco praticamente. I primi 3 arcieri furono: Leonardo Macchioni, Cianfrini Claudio, e Fernando Massoli…era un ragazzino. L’anno dopo ci andò Franco Mollichella.

Nel 73 Vincemmo noi come Castello, nel 74 ci fu la famosa scazzottata perché noi non c’avevamo gli arcieri e li facemmo venire da Montalcino. Dopo Rampi e compagnia bella impararono e l’abbiamo fregati per parecchi anni .

Bricca fece il presepe per una decina d’anni, 8/10 anni. Poi subentrò Barbini Alfredo. Il presepio più bello senza levare niente agli altri fu fatto nel 1978, Barbini, con l’architetto Benvignati, fecero la Fame nel Mondo, c’erano anche le foto e non so dove so andate a finire. Io negli anni 70 non avevo la macchina fotografica, ho cominciato a riprendere negli anni 90, tant’è vero che alla Milena Fiordi, visto che per il Palio lei era sempre relegata in cucina, quando c’era il corteo storico io glielo riprendevo e poi glielo davo. Gli dicevo “ora te lo guardi per bene e poi la metti nell’archivio la cassetta”.

Ritornando al presepio, la prima capanna fu fatta dentro il camino del salone, tant’è vero vicino al camino c’era un fornetto, uno scaldavivande dove ci facemmo una piccola stalla e mettemmo il bue e l’asinello con dei pastori dentro, e Nazzareno Cupella diceva: “eppure a quel bovo gli manca qualcosa ma non capisco che”. Non c’eravamo accorti che gli mancavano le orecchie. Ci fu una risata generale. Le statue che abbiamo adesso sono tutte comprate ma la maggior parte erano delle chiese di S. Litardo, di S. Maria dei Servi e della Madonna di Fatima. L’aveva date a me il poro Renato di Germano de la Pastora, infatti ne avevo due, che me l’avevano regalate anni prima e n’è rimasta una sola perchè ad Aristide se ne ruppe una scivolandogli dalla mani. Con Sergio Bassini dentro al forno facevamo il restauro e anche la creazione. Aveva fatto venire da Bologna degli stampi con cui facevamo le pecorelle. Ma venivano tutte con la pancia grossa tant’è vero che Nazzareno diceva che mangiavano l’erba medica….

Bricca che venne per circa 10 anni, era un contradaiolo del Casalino, ma si trovarono in urto perché lui voleva fare la famosa bufalata, con lo spostamento degli animali con i carrelli. poichè non accettarono venne con noi. Dopo non so perché si allontanò, anche perché ci aveva parecchio lavoro, era rimasto solo come falegname.

Poi qui subentrò il Castello come sede, noi c’avevamo lavorato molto. I presidenti che me ricordo io sono Cecconi il primo, poi Dino Verdi, poi Mariottini che ci fece l’encomio a lavoro fatto.

Dopo Enrico Mariottini subentrò Mario Pulito e però non so quanti anni c’è stato.

Mentre per i presepi: dopo Bricca venne Pichi e fece anche lui bei presepi. Allora non era ammessa la meccanizzazione. Un anno si fece un acquedotto romano e la capanna sotto , poi quello del manifesto dove c’è il pastore che cava il cappello, per quello andammo là dove c’era la cava di tufi a prende una falda sana; era il’77-‘78… andammo con Spaltero, che si prestava molto, e portammo via questo lastrone che doveva essere il tetto della capanna. Poi fu forato per mettere una luce dove si metteva il bambino. Laggiù caricammo bene con la forca ma quassù era un problema. Allora dissi: “andamo da Peppe Valletti che dovrebbe avere un carrellino” e cosi facemmo. Il Pichi era un ottimo costruttore, un po’ visionario, d’accordo con Sergio Moretti faceva fare un impasto dove le saldature non si dovevano vedere, dovevano fare un corpo unico, tante sere veniva giù e ci faceva sistemare le cose. Lui era così. Quando venne Benvignati infatti ci disse: “io non ho visto mai lavorà la gente come voi “ Perché noi solo martello, chiodi, fil di ferro, senza attrezzi meccanici. Lui portò un seghetto e portò anche un attrezzo a resistenza che sagomava il polistirolo. Quell’anno il presepe fu meraviglioso. Era il ‘78 e per l’Epifania( perche il presepe si teneva aperto anche febbraio e marzo ) venne con un chirurgo e il figlio, il quale non aveva mai mangiato la bruschetta, e ne fu conquistato. Facevamo colazione, c’era il poro Neno che ce pensava. Questo suo amico professore ci disse che non aveva mai visto un presepe bello cosi, non era ben rifinito ma espressivo, c’era la prospettiva. Il Pichi ci diceva voglio vedere una fila di piante e noi la facevamo. Specialmente per il paesaggio umbro facevamo la scalettina da noi, le palme da noi, tant’è vero che il maresciallo della forestale Seghetta ci diceva: “ma dove l’avete prese queste palme?” Noi gli dicevamo: “ guardi che sono infilate” Prendevamo le foglie e il muschio della pianta, poi col trapano si facevano i buchi e si infilavano….

Ci lavoravano un po’ tutti, c’era Rancacioli, lo Stagnino, che quando aveva voglia era anche bravo, Spegne ( Remo) qualche volta, Mario Morucci, Otellino Gonnellini, Nazzareno, Sergio Moretti per l’elettrico. Noi avevamo tirato dentro tutti l’operai dell’Enel con Antonio Alberati, il Tassinello venne dopo Alberati. Prima c’era Dando Sorbino. Tant’è vero che il contratto dell’Enel era forfettario. Eravamo cosi ruffiani che alla fine della manifestazione invernale invitavamo tutto lo staff dell’Enel di Magione e qui era baldoria.

L’ingresso era ad offerta. E una sera ci fregarono pure il salvadanaio. Ma era un offerta vigliacca perché la gente ce metteva dentro anche le rondelle e i bottoni. Praticamente con l’incasso ci si pagavano anche le spese estive. Le taverne non vennero subito. Il Tizzo col genero di Sgueldri andavano a pescare e lì dal Coxe e lì da Andreoli friggevano il pesce e facevano una bruschettata. Oppure il Tizzo, che era sempre smanioso, trovava le lumache e le infilava negli spiedini e le faceva arrosto.

Dopo questo periodo dovrebbe esserci quello di Alvaro, perché quando tornò dall’Isola d’ Elba andò alle Tre Berte, poi venne alla Pieve, ma io non c’ero, ero in ospedale, quell’anno li che il presepe andò in mondovisone. C’erano Takao e Marchesini, nell’ 84. Il pallino di Alvaro era di fare la Pieve, quella era una sala dove ci si sbizzarriva la Solidea Rossetti. Lei ci faceva dei candelozzi, poi con Sergio Moretti facevano vedere che c’era la nebbia e che saliva alla Pieve. Fu lei che ci diede il polistirolo per fare la neve.

La gente n’è passata tanta qui da noi, nell’ambito del terziere, tanta: io, Possieri Giuliano, Aristide, il poro Benito Cupella, che era della maremma(ma per il presepe qualche maremmano veniva). Con Benito costruimmo un anno una capanna con delle colonne fatte, ci mettemmo la segala sopra, coi fustini del Dash, e Benito era addetto ad incollare questi fustini. Poi anche lui si ammalò…

Io poi nel ‘92 mi so’ ritirato perché non ce la facevo più, era pesante. Si facevano anche le 3 le 4 della mattina. Eravamo una bella famiglia, anche se l’ho sempre criticata perché non hanno mai messo a posto un archivio. Stanotte m’è venuto pensato di quando è stata fatta la sagra della pizza di Pasqua e della collagna. Noi la facemmo, noi del Terziere. Quell’anno venne la pasqua bassa era il 12 Aprile ma non me ricordo l’anno , erano i primi anni del Terziere, Sergio Bassini fece 70 Kg di pizza . Comprammo 120 pulcini, poi li dipingemmo e li vendevamo qui sotto appena se entra. Ne avanzarono 4 e Mario Pulito presidente li portò su al podere e poi li mangiammo. La pizza toccò mangialla tutta a noi perché non venne nessuno per via del tempo…

Allora Barzanti a S. Pietro una sera con D. Oscar disse:” perché non me date gli sbandieratori che voglio fa un gruppo per il Trasimeno?” Don Oscar disse “non ce trovo niente in contrario”, anzi siccome tutti gli anni c’erano i costi delle aste bilanciate, della stoffa e così via… E io gli dissi: “perché non prende anche la Sagra della Pizza di Pasqua?” E lui: “eh ma ora me volete caricà troppo!” Allora era presidente della Associazione Turistica. Mi ricordo che dissi: “bisognerebbe lì alle bocche dei leoni tirà fuori il vino” e lui: “sì, e come fai?” “Chiudiamo le cannelle e le facciamo”. Una mattina gli proposi di mette le fontane vecchie che erano state levate dal centro storico ed erano su al cimitero. Andammo su e ce n’erano 5-6. Una era un po’ rovinata, la feci vedere a Mario Romani e non veniva bene ad aggiustarla. Si presero quell’altre e si fecero vedere al Sindaco, che era Serafini. Romani le rimise a posto e trovammo poi la soluzione da dentro alla guardiola con un recipiente per mettere 30-40 litri di vino. Questo lavoro lo facemmo io e Mario Romani.

Allora la Vanda Macchioni e l’Anita di Valerio si vestirono da popolane e portarono la brocca, a un certo punto veniva l’acqua, e allora “Miracolo” l’acqua s’ è tramutata in vino”. La pizza la vendevano lì al mercato coperto. Fu l’anno che l’anno dopo fu fatto il gemellaggio con tedeschi e francesi. Poi si interruppe perché troppa gente si ubriacava.

Poi i commercianti facevano la festa delle brocche, le donne portavano le brocche in testa- negli anni 80 -in piazza. Io ho la brocca che è del 1993. La maggior parte le vinceva l’Anna, la mamma del Cini della ferramenta.

Il Terziere Castello ne ha fatte sempre tante di iniziative e ci siamo trovati sempre bene perché, la sagra della pizza era la nostra, gli sbandieratori erano i nostri, il presepe, i festeggiamenti di S. Rocco… la corsa del velocipede (che era quello con la rotona davanti, quello prima della bicicletta; è stato così: dalla Colonna arrivava a S. Pietro. Il responsabile di quella manifestazione era il nonno della Chiarella Tassini. C’era un bel manifesto che lo trovai a casa del mio cognato Paolino Giometti. Gli dissi che me lo doveva dare visto che ero impicciato col Terziere. Alla Pieve la fotocopiatrice non c’era , allora lo feci vedere alla mamma della Chiarella, quando lo vide lei si mise a piangere perché le ricordava il suo babbo e mi disse: “me lo devi dare e ti prometto che te lo riporto il prossimo anno quando torno, lo faccio fotocopiare a Savona.”. Infatti me lo riportò ma era in bianco e nero. Gliel’ho dato tant’è vero che la moglie di Vinicio Macchioni, la Lucci, quando ha scritto il libro me lo chiese ed è nella prima pagina.”

 

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