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Fabro. Una sentinella sulla Val di Chiana

L'Umbria che non ti aspetti.

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Importante centro del nord della Provincia di Terni, Fabro sorge su un’altura, a 364 m s.l.m., sovrastante la porzione più meridionale della Val di Chiana romana. Cittadina dalla plurisecolare storia, Fabro è capoluogo comunale, fra le altre, dell’antico borgo di Carnaiola e vanta un interessante territorio ora ricoperto dai fertili campi chianini, ora contraddistinto dagli erti quanto affascinanti calanchi di questa parte dell’Umbria.

La storia

Luogo abitato già in epoche remote, al confine fra i territori delle lucumonie etrusche di Chiusi e di Volsinii, l’odierna area fabrese intensificò la propria importanza in età romana, sorgendo lungo la via Traiana Nova (che collegava la stessa Chiusi con Volsinii Novi, l’odierna Bolsena), come confermato dal ritrovamento di un cippo miliare e di tre tombe alla cappuccina di età tardo-imperiale.

Il primo stabile insediamento sorse, tuttavia, fra il X e il XII secolo. Al 1118 risale il primo documento che menziona il borgo, in esso chiamato “Castrum Fabri”.

Il nome è usualmente associato all’arte fabbrile e, in effetti, lo stemma civico raffigura un martello poggiato su un’incudine, a propria volta sostenuta da un ceppo; altra ipotesi, non inverosimile, è che il toponimo possa riferirsi al nome proprio “Fabrus (o “Fabrulus”), piuttosto diffuso in queste terre nell’Alto Medioevo.

Assoggettato al dominio di Orvieto, fu a lungo feudo della famiglia ghibellina dei Filippeschi, rivale dell’altra grande casata orvietana, guelfa, dei Monaldeschi.

Nel 1313, con la definitiva affermazione di questi ultimi, Fabro passò nei relativi possedimenti.

Ma, nel 1337, con la morte di Manno Monaldeschi, signore di Orvieto, tale città e il relativo territorio entrarono in una fase di grande instabilità politica, cagionata da un nuovo conflitto interno fra le fazioni dei Malcorini e dei Muffati. Fabro, all’epoca appartenente a Bonconte Monaldeschi della Vipera, parteggiò per i Malcorini, a cui il relativo signore apparteneva, e mantenne tale posizione anche allorché i conti Montemarte di Corbara acquisirono diritti sul borgo.

Nel 1480, a causa di una serie di contrasti fra costoro e lo Stato pontificio, papa Sisto IV assegnò il feudo fabrese al nipote Bartolomeo della Rovere, che l’anno seguente lo cedette a Orvieto.

Di lì a poco, tuttavia, la contessa Manfilia Montemarte di Corbara avanzò diritti ereditari su vari castelli della zona, incluso Fabro. La controversia, dapprima legale, degenerò in un vero e proprio conflitto armato, anche perché Cesario Bandini da Castel della Pieve, marito di Manfilia, aveva nel frattempo occupato militarmente i castelli oggetto del contendere. Con il trattato di pace di Monteleone d’Orvieto del 1497, Fabro e la vicina Salci furono assegnati a Manfilia e ai Bandini, mentre la stessa Monteleone fu conferita ad Orvieto.

Sotto la signoria dei Bandini, Fabro si dette il primo statuto comunale.

Successivi passaggi sotto vari signori fra il Cinquecento e il Seicento si conclusero, nel 1638, con l’acquisto di Fabro da parte di Orvieto.

Nel 1654, il feudo fabrese fu acquistato da Carlo Maria Lanci e, nello stesso anno, elevato a marchesato da papa Innocenzo X.

Seguì, tuttavia, un nuovo periodo di continui mutamenti di titolarità del castello e del relativo marchesato, fino a quando quest’ultimo, nel 1818, si estinse a seguito della soppressione dei feudi pontifici da parte di papa Pio VII.

Divenuto autonomo comune, con l’Unità d’Italia entrò a far parte del nuovo Stato, inglobando nel 1869 l’attiguo comune di Carnaiola.

L’apertura, nel 1861, della ferrovia Firenze-Roma e la crescita della locale economia aveva nel frattempo avviato un notevole incremento demografico della popolazione, oltre ad aumentare l’importanza geografica di Fabro. Con l’inaugurazione, il 4 ottobre 1964, del tratto dell’Autostrada del Sole fra Chiusi e Orvieto, Fabro, munita di un casello, si erse a vero e proprio snodo dell’Umbria occidentale.

I luoghi da visitare

Nel capoluogo comunale

Il borgo è dominato dal massiccio castello, la cui attuale struttura risale al XVI secolo. Dal torrione settentrionale si gode uno dei più incantevoli affacci sulla Val di Chiana romana.

Poco distante sorge la Chiesa di San Martino di Tours, di origine seicentesca ma profondamente ristrutturata all’inizio del XX secolo. La struttura, in gusto neoclassico e a croce latina, possiede un interno pregevolmente decorato.

Alle pendici del colle fabrese è presente il Santuario della Madonna delle Grazie, eretto negli anni ‘50 del Novecento in luogo di una precedente chiesa. Il luogo, secondo la tradizione cattolica, fu oggetto nel XVI secolo di un evento miracoloso, molto simile e di poco successivo a quello accaduto a Montegabbione (dove pure sorge un omonimo santuario): la Madre di Gesù apparve a fianco di una propria immagine collocata presso una locale fonte, chiedendo ad una giovane del luogo, la quale vi si recava quotidianamente, che fosse eretta una chiesa in sua venerazione. La ragazza narrò l’evento agli abitanti del luogo, che tuttavia non le credettero. Su indicazione della Vergine, allora, la ragazza alzò davanti all’immagine una brocca piena d’acqua sulla testa e la capovolse, senza, però, che si rovesciasse il contenuto.

La Chiesa contiene tutt’oggi l’immagine miracolosa, davanti alla quale si sarebbero pure verificati ulteriori miracoli (tra cui le guarigioni di due donne, una affetta da cecità e l’altra da paraplegia) nell’Ottocento.

Nel territorio comunale

Carnaiola

Piccola frazione fabrese con una storia tutta propria è il grazioso borgo di Carnaiola, che si erge su un erto colle in prossimità del fiume Chiani.

Poco dopo il Mille, fu qui edificato un fortilizio a scopo difensivo, caduto sotto la dominazione degli orvietani Monaldeschi e acquistato, nel XVII secolo, dai conti di Marsciano.

Nei paraggi sorgeva, in proposito, il Muro Grosso, struttura eretta, secondo la tradizione, sotto il principato di Nerone nel 65 d.C., ma di cui fu verosimilmente fautore nel 1055 il governo di Orvieto, e considerata principale causa dell’impaludamento della Val di Chiana.

Nel 1264 vi nacque la Beata Giovanna da Orvieto (meglio nota come “Vanna”), patrona italiana delle sarte e delle ricamatrici. Dopo la sua morte, nel 1306, fu inumata a Orvieto, ma nel 2000, in occasione del Giubileo, il suo corpo fu traslato nel borgo natio, presso una piccola chiesa eretta nel luogo ove nacque.

Antica sede comunale, Carnaiola fu accorpata al comune di Fabro nel 1869, a seguito di un riordino degli enti amministrativi operato in quegli anni dal neonato Stato italiano.

All’interno del borgo sorge la Chiesa dei Santi Salvatore e Severo, risalente ai secoli XIII e XIV, seppur oggetto di profondi interventi fra Settecento e Ottocento, che le hanno impresso uno squisito gusto neoclassico.

Imponente, sul lato occidentale di Carnaiola, è il palazzo nobiliare, in cui nel XVII secolo fu trasformato l’antico castello per volere del conte Orazio di Marsciano.

Dall’arco realizzato nel muro meridionale dell’antistante piazzale si apprezza uno splendido panorama sulla valle del Chiani, proprio nel luogo in cui sorgeva il Muro Grosso (demolito nel 1937). Ove anticamente venivano sbarrate le limacciose acque palustri, oggi nascono le messi della rigogliosa piana chianina, circostanza che rende Carnaiola una sorta di “testimone oculare” della caduta e della rinascita di una delle più fertili terre d’Italia.