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Elezioni comunali. Intervista alla candidata sindaco Lucia Fatichenti

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Con questa intervista a Lucia Fatichenti, concludiamo,  dopo quelle con Fausto Risini e Marco Cannoni, le interviste ai candidati sindaci che si sono presentati con le rispettive liste per le prossime lezioni comunali di giugno, a Città della Pieve. Nei prossimi giorni, sempre come Corriere Pievese, pubblicheremo le liste dei candidati per il Consiglio Comunale. Invieremo anche altre sei domande cui i candidati potranno rispondere sempre su queste colonne. Stiamo anche valutando la possibilità di organizzare un confronto pubblico a Palazzo della Corgna, così come facemmo nel 2014. (ndr)

Nel corso di questi anni duemila sei la quarta candidata a sindaco donna che si presenta, dopo Daniela Barzanti e Maria Luisa Meo e Simona Fabbrizzi. E’ comunque un buon segno di vitalità e importanza del ruolo della donna nella nostra città. Sono state due candidature con alle spalle altre esperienze amministrative. Ma penso che la prima domanda che ti puoi aspettare è sulle motivazioni delle dimissioni dalla Giunta Risini e sul significato poi di questa tua candidatura.

Certamente Gianni mi aspettavo questa domanda e ti rispondo volentieri, sperando di essere chiara e di chiudere finalmente questa vicenda. Ho accettato nel 2019 la richiesta di candidatura da parte dell’entourage di Risini con grande entusiasmo e convinzione. Mi fu presentato un progetto civico (nel senso che io do al termine: senza interferenze partitiche pur nella totale libertà di vedute dei partecipanti al progetto) che si prefiggeva di rompere un’inerzia amministrativa decennale, dando finalmente quello scossone necessario sia alla città che al partito che ci aveva governato per 70 anni. È stata per me un’assunzione di responsabilità non da poco, per la prima volta si andava a rompere un sistema e lo si faceva non con persone che avevano da sempre militato all’opposizione ma con un gruppo di persone che avevano storie simili alla mia e che obbiettivamente stavano ammettendo la necessità di un cambiamento. Ciò che è successo dopo le elezioni purtroppo non ha rispecchiato ciò in cui avevo creduto sia da un punto di vista metodologico, che progettuale che politico che personale. Sono venuti meno molti, se non tutti, i punti fermi su cui ci eravamo trovati d’accordo e una volta superato il periodo di pandemia e tornati alla prova dei fatti, le criticità sono emerse tutte. Trovandomi isolata nel gruppo di maggioranza e assolutamente non trovando sponda nell’opposizione, che per 5 anni non ha mai esercitato il suo ruolo e aggiustato il tiro della maggioranza che deragliava, ho rassegnato le dimissioni prendendomene la responsabilità e lasciando, cosa quasi unica per questi tempi, deleghe importanti e la carica di vicesindaco.

Di quei 3 anni e 3 mesi di cui quasi 2 di pandemia però non traccio un bilancio totalmente negativo. Se per me lo è stato per la difficoltà nella convivenza e l’imbarazzo dell’inoperatività, ho comunque imparato molto del sistema amministrativo e anche delle relazioni che si creano a livello sovracomunale e delle innumerevoli opportunità che si presentano quando si amministra una città; la possibilità quindi di ricandidarmi con un progetto civico che mi permettesse di mettere in pratica la mia visione di città – con le mie capacità metodologiche e le mie conoscenze attuali anche dell’apparato – mi è sembrata percorribile e da qui è nato tutto a partire dall’inizio del 2023

Qual’ è il giudizio complessivo, dimissioni a parte, sull’operato della giunta Risini?

Se fosse positivo non sarei qui

Quali pensi che siano i motivi della fine delle amministrazioni di sinistra che storicamente hanno governato Città della Pieve dal dopoguerra?

Ma guarda io credo che piano piano si sia perso di vista l’obbiettivo, che per una amministrazione locale è quello di pensare al bene dei propri cittadini e del proprio territorio.

Troppo spesso ci siamo fatti spiegare dai nostri stessi amministratori che il sacrificio, che in termini di servizi è stato chiesto a questi territori, doveva essere accettato con pazienza e abnegazione perché queste erano le decisioni di organi centrali meglio preparati di noi. Questo ha portato al risultato che un bel giorno ci siamo resi conto che non avevamo più nulla, ospedale docet. Certamente le successive indagini che hanno falciato l’ultima giunta regionale hanno compiuto l’opera. Per questo credo che questi cinque anni di legislatura sarebbero dovuti servire per un serio approfondimento di ciò che era successo e magari anche per una ripartenza con umiltà dalle basi, dai bisogni dei cittadini. Invece purtroppo mi sono resa conto che chi da quarant’anni manovra la politica locale è ancora lì con la stessa presunzione di insegnarci la vita appellandosi a concetti di coerenza. Mi spiace ma questa modalità non paga più e penso che il non aver fatto un bell’esame di coscienza sia stata una grande occasione persa da parte della sinistra.

Da candidata e da quadro di azienda, quale giudizio dai della situazione economica e sociale della città e di questa zona di confine tra Umbria e Toscana. I dati sul turismo che non decolla o quelli delle poche aziende in classifica fra le maggiori a livello provinciale non rassicura

Siamo sempre stati una zona depressa; questo, ricordo, fu anche il motivo per cui alcune aziende si impiantarono da noi, forti di alcuni finanziamenti che facilitavano chi investiva in questi territori. Stessa cosa per il turismo; abbiamo avuto un periodo, quello degli anni 80 e 90 in cui forti anche di disponibilità economiche diverse, si riusciva a realizzare prodotti di qualità. Poi la fiction ha rappresentato una vera boccata d’ossigeno. In quegli anni in un certo senso era facile amministrare, i tempi erano diversi, c’era una diversa conformazione geopolitica del mondo, una diversa moneta, diverse leggi. Era quello il momento di investire, di avere una visione, di scegliere con lungimiranza. Invece, finito il finanziamento, finita la fiction, ci siamo ritrovati con in mano poco o nulla, un turismo che arriva naturalmente ma non è sufficiente, un tessuto imprenditoriale che seppure presente e pregevole non è sufficiente a far decollare il nostro territorio che si spopola di giovani, di attività, di iniziativa. Un territorio che invecchia ma che nel frattempo ha perso i servizi che invece, se ci fossero, lo riporterebbero in partita. Ecco la sfida! Ecco la difficoltà. Parliamo tanto di politiche giovanili, di turismo ma dobbiamo capirci, non sono solo le opere pubbliche – peraltro necessarie – che fanno restare i giovani. Non è il piccolo evento – peraltro importante – che fa rimanere i turisti. Bisogna intervenire strutturalmente facendo politiche per la formazione sulle nostre tipicità e creando le condizioni perché si crei una rete di collaborazione anche al di fuori del comprensorio in cui siamo stati infilati decenni fa. Non può essere solo l’amministrazione comunale a rilanciare l’economia in toto ma certamente l’amministrazione può e deve fare tutto quello che è possibile per facilitare forme di imprenditoria, specialmente giovanile e focalizzata sulla tipicità del nostro territorio così come sul turismo; non più comune uguale agenzia di eventi ma comune facilitatore e promotore di politiche turistiche avanzate.

Su quali settori si dovrebbe puntare per la creazione di distretti d’area?

Cultura, Turismo, Artigianato, Agricoltura. Questi sono i nostri punti di forza sui quali dobbiamo puntare anche in sinergia con le aree confinanti, siano esse Toscana o alto orvietano. La permanenza nell’ambito del comprensorio del Trasimeno non è in discussione, ma dobbiamo essere noi punto di snodo di sinergie con le zone a noi simili per posizionamento geografico, economia, storia. Dobbiamo farci promotori di progetti di sviluppo e formazione sui temi succitati anche per creare possibilità di impiego ai nostri giovani e fermare il lento spopolamento dei nostri centri abitati.

Penso che uno dei nodi dello sviluppo pievese e di questa zona sia una strategia interregionale e di area vasta per Po’ Bandino, anche se pesa anche lì la crisi della stazione di Chiusi. Da pobandinese che ne pensi?

Po’Bandino è la frazione che forse meno delle altre ha sentito la mancanza di servizi proprio per la vicinanza con Chiusi, al punto che spesso si è parlato di una possibile “annessione”. Anzi questo fu anche motivo di un certo scambio piccato fra sindaci durante la pandemia. Certamente Po’Bandino rappresenta un polo commerciale e quindi economico importante, arricchito anche dall’area artigianale. Di questo si deve riconoscere la lungimiranza a passate amministrazioni che capirono l’importanza di un polo commerciale in una zona di confine come quella della frazione, fino ad allora cresciuta di agricoltura in un contesto di povertà di opportunità. Purtroppo quella intuizione non è stata accompagnata da una reale trasformazione nell’assetto della frazione, al punto che dopo 40 anni ancora ci troviamo con lottizzazioni non concluse, non manutenute, con aree potenzialmente molto forti che rimangono in una condizione di costante degrado. Ecco, credo che questo stato di cose vada superato anche nell’ottica di un’eventuale ipotesi di strategia interregionale che, al di là dei confini amministrativi, porti alla realizzazione di progetti di area vasta.

Come vedi la situazione a livello di servizi? A cominciare dalla spoliazione della sanità…

Purtroppo negli ultimi decenni la nostra comunità è andata piano piano perdendo servizi in un processo graduale. La questione sanitaria è sicuramente la più grave non tanto per la perdita dell’ospedale che è assolutamente deprecabile ma oramai irreparabile, quanto perché quella perdita non è stata compensata con servizi di altro tipo che, anche se sbandierati sulla carta non sono in realtà realizzati. Basta farsi un giro all’ospedale di comunità (bella trovata questa) per capire quanto poca sia l’offerta a fronte di una domanda di assistenza in crescita, anche perché non ci dimentichiamo che la popolazione pievese è una popolazione che invecchia. E allora dobbiamo pensare anche a dare servizi agli anziani, che laddove non possano fare affidamento su figli o affini sono sempre più spesso in difficoltà anche solo per raggiungere i luoghi dove farsi fare un certificato o una ricetta e dobbiamo pensare ai giovani che, come dicevo prima, necessitano di una serie di facilitazioni per poter decidere di rimanere. Servizi che purtroppo ad oggi sono scarsi, pensiamo al trasporto urbano ed extraurbano o anche alla difficoltà di parcheggio o di pagamento dello stesso per citare questioni estremamente pratiche. Su questo bisogna lavorare con costanza perché oltretutto senza un tessuto di servizi al cittadino e per il cittadino diventa anche difficile quello sviluppo turistico che invece è il punto nodale della nostra crescita economica.

Tra qualche mese si voterà per le Regionali. Qualcuno sostiene che sulle ultime elezioni comunali e regionali, anche Cannoni, hanno pesato le vicende giudiziarie, che peraltro non sono concluse, e ci sono stati diversi rinvii a giudizio. Non pensi che il nostro rapporto negativo con la Regione e con Perugia venga da più lontano? E che su questa area pesi una emarginazione ed un fallimento del gruppo dirigente storico della sinistra che risale a qualche  decenno orsono? 

Certamente lo penso e credo che le vicende giudiziarie che hanno spazzato via l’ultima giunta regionale e hanno per la prima volta messo uno stop al predominio della sinistra nella regione non siano state che l’ultimo atto evidente di un declino iniziato molto prima e quindi siano solo stati il colpo di grazia. Tutto il comprensorio del Trasimeno è sempre stato un serbatoio di voti per la sinistra a fronte di un riconoscimento molto blando, fenomeno più accentuato per l’area pievese.

Ci siamo come dire accontentati di eseguire gli ordini dettati però da qualcuno di altri territori (Foligno/Città di Castello, ad es) puntualmente ricompensati.

Certo nell’ultima legislatura è cambiato colore della giunta ma nel Trasimeno ancora una volta Città della Pieve che pure si è rivelata allineata alla maggioranza regionale non ha avuto quel riconoscimento che ci si sarebbe aspettati, mentre comuni amministrati dal PD hanno ottenuto maggiori riconoscimenti e visibilità. Forse non è solo una questione politica ma anche una questione di persone e di metodi.

Quali sono i progetti più importanti su cui pensate di lavorare e che proponete all’elettorato?

In realtà abbiamo in mente di ripensare completamente l’area del centro storico ampliando il concetto fino a Viale Icilio Vanni, affrontare finalmente la questione della viabilità di Via Santa Lucia e cominciare a mettere in lavorazione progetti di recupero di immobili in disuso da utilizzare a fini sociali e culturali; vorremmo così ovviare al costante problema delle sedi per le nostre molte associazioni, fornire luoghi adeguati alle società sportive e creare, in centro e nelle frazioni, luoghi di ritrovo per i giovani e per gli anziani. Poi ovviamente puntare sui servizi, soprattutto nelle frazioni che, se ne avrò la possibilità, vorrei avessero un assessorato dedicato. Abbiamo moltissimi progetti per l’ambiente e stiamo sviluppando un piano concreto di sostenibilità ambientale attuabile in cinque anni. E poi, come è giusto che sia, vorremmo che Città della Pieve fosse un fiore all’occhiello dell’Umbria e del centro Italia. Quindi ci impegneremo per sviluppare politiche di turismo di livello per dare alla nostra cittadina la rilevanza culturale che merita.

 Hai qualche anticipazione da farmi per quanto riguarda la lista ed eventualmente la squadra anche di esterni cui chiederesti di collaborare? 

La lista è già stata sottoscritta e siamo sul punto di depositarla in comune per la successiva analisi prevista dalla normativa. La presenteremo alla cittadinanza domenica 12 maggio. È una lista composta da persone che rappresentano le varie anime della città, quindi anche coloro che non sono nativi di CdP ma si sono trasferiti qui e qui stanno portando valore; persone che non hanno mai avuto ruoli amministrativi o partitici attivi ma che hanno dimostrato, sia negli studi che nel lavoro che nel volontariato, di essere capaci di prendersi responsabilità e portare avanti progetti più o meno complessi. Persone che hanno deciso di investire in questo progetto con il solo scopo di dare una possibilità alla comunità pievese. Nel nostro progetto siamo stati affiancati anche da molti consulenti esterni – alcuni di fama nazionale- esperti di vari ambiti, dal turistico, all’urbanistico, all’ambientale al socio pedagogico e probabilmente qualcuno potrebbe anche essere spendibile nella futura giunta; non ci precludiamo nulla, siamo nati come comitato, abbiamo una lista elettorale, avremo poi una giunta, trovo molto positivo che ogni ambito si arricchisca di nuove competenze che ci aiuteranno a dare forma alla nostra visione di Città della Pieve con un progetto a lungo termine.