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Edilizia residenziale, inutile accanimento terapeutico

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Prima si accetta meglio è: il settore edilizio come l’abbiamo conosciuto, è finito. Rimane, ma su altre diverse basi, soprattutto con interventi adeguati sul patrimonio edilizio esistente. Basta girare un po’ per Chiusi e non ci vuole molto a notare l’abbondanza dei “vendesi”. Da noi il fenomeno è più grave, ma tocca l’intero Paese. Le crepe del settore erano già abbastanza evidenti trent’anni fa, non si è voluto vederle, né tantomeno affrontarle.

L’importanza dell’edilizia dal dopoguerra sino alla metà degli anni ’80 era dovuta ad una convergenza di fattori. In principio ci fu la ricostruzione. A Chiusi riguardò una parte importante dell’intero edificato. Ci fu poi la domanda dovuta all’aumento di popolazione: sei milioni di abitanti negli anni ’50 e ’60. Negli stessi anni ci fu l’esodo alle campagne che comportò l’inurbamento di milioni di famiglie. Più tardi la diminuzione del numero medio dei componenti dei nuclei familiari. Tutto questo ha determinato la fine della domanda e alla metà egli anni ’80 la crisi del settore era già evidente. La si volle addebitare a fattori temporanei, si disse che il problema stava nell’eccessiva regolamentazione e burocrazia, si cercò di rispondere con misure legislative di deregolamentazione (p.e. i condoni). Il settore, però, ha mantenuto il suo stato di malato cronico sempre più grave. Era ed è difficile acettare questa realtà anche perché l’edilizia ha rappresentato una funzione di possibile regolatore dell’intera economia. Quando c’era crisi si rilanciava con investimenti sull’edilizia. I perché di questa scelta sono molti e sarebbe troppo lungo elencarli.

A Chiusi tutte queste variabili sono state e sono presenti, compreso l’accanimento terapeutico di un malato terminale. Lo stanno a dimostrare le incedibili previsioni di piano strutturale prima e piano operativo poi. Si vedano le rispettive voci su chiusiaperta.it, ma è anche assai significativ l’esemplificazione su Montallese. Lo stanno anche a dimostrare alcune azioni come ad esempio il notevole investimento per la rete fognaria (contributo Fondazione MPS se non ricordo male) che ha consentito un aumento spropositato di quanto già edificato con la lottizzazione “La Collina” (area Palazzetto).

Su una strategia per il settore urge affrontae un dibattito serio.

Paolo Scattoni

PS: L’articolo era per il pubblico di Chiusi, ma si applica anche a Città della Pieve. La grande lottizzazione di Po’ Bandino conosciuta come “l’alveare” doveva contenere 96 unità abitative è stata dimezzata e portata a 48. Dopo diversi anni dalla realizzazione non tutti gli appartamenti sono stati venduti.