Pubblichiamo volentieri la ricerca commissionata dal Cna che fornisce utili e primi elementi sulla destinazione dei fondi del PNRR per l’Umbria. A cominciare dalla previsione dell’ammontare complessivo che per quanto riguarda gli assetti geografici per la prima volta, finalmente, considera complessivamente l’Italia Centrale comprensiva di Toscana, Umbria, Marche e Lazio. Pubblichiamo in altra parte del giornale il dettaglio della ricerca. (ndr)
Dal Pnrr potrebbero arrivare all’Umbria almeno 2,6 miliardi di euro nel quinquennio 2021/2026. È il dato più eclatante che emerge dalla ricerca realizzata dal centro studi Sintesi per Cna Umbria e il confidi interregionale Unico.
“A queste risorse – dichiara Michele Carloni, presidente di Cna Umbria – si sommeranno quelle derivanti dalla nuova programmazione dei fondi strutturali, per un totale di oltre 4 miliardi di euro a disposizione dello sviluppo regionale. Significa che per l’Umbria si apriranno un mare di opportunità da adesso al 2027.”
“Nel determinare la stima delle risorse per l’Umbria derivanti dai programmi europei Next Generation e React, oltre che dal fondo complementare messo a disposizione dal governo, abbiamo tenuto conto di alcuni criteri – afferma Alberto Cestari, ricercatore di Sintesi -. Abbiamo ipotizzato che nella ripartizione tra le regioni di queste risorse, il cui valore complessivo arriva a 235 miliardi di euro, venga applicata la stessa metodologia che la Commissione europea ha utilizzato per l’assegnazione delle risorse del Pnrr ai vari Paesi europei. In particolare, la quota delle sovvenzioni a fondo perduto, che è pari al 36% del totale, è stata parametrata tenendo conto della popolazione, dell’inverso del Pil pro-capite, della disoccupazione media tra il 2015 e il 2019 e delle dinamiche del Pil reale tra il 2019 e il 2021. Per quanto riguarda la ripartizione della quota relativa ai prestiti (pari al 64% del totale), invece si è tenuto conto del Pil regionale.”
Il Pnrr dell’Italia si articola i 6 missioni: digitalizzazione/innovazione/competitività/turismo (per un valore di 49,9 miliardi di euro); transizione ecologica (69,9 mld euro); infrastrutture (31,5 mld euro); istruzione e ricerca (33,8 mld euro); inclusione e coesione (29,8 mld euro); salute (20,2 mld euro).
“Sulla base dei dati disponibili – prosegue Cestari – ne deriva che circa il 40% delle risorse andrà alle regioni del Mezzogiorno, il 38% al nord e circa il 16% alle regioni del centro Italia Umbria, marche e Toscana (pari a ca. 37,7 mld euro), mentre ulteriori 16 miliardi di euro non saranno allocati territorialmente ma gestiti direttamente dai ministeri per lo sviluppo di progetti nazionali. La titolarità dei progetti del Pnrr è in capo ai vari ministeri, in particolare a quello delle Infrastrutture, della Transizione ecologica e dello Sviluppo economico, che assorbiranno oltre il 50% delle risorse.”
“Delle risorse destinate al centro, all’Umbria dovrebbero arrivare circa 2,6 miliardi – aggiunge Carloni -. Noi crediamo che, in questo quadro, nell’attuazione del Pnrr vada assegnato un ruolo strategico alle istituzioni regionali, soprattutto in un territorio piccolo come il nostro, senza città metropolitane e caratterizzato da centri di piccole o piccolissime dimensioni. Queste particolarità rischierebbero di tradursi in una difficoltà oggettiva ad accedere ai bandi nazionali e a partecipare a progettualità complesse per la mancanza, a volte, di strutture e di competenze adeguate. Va considerato, inoltre, che alle risorse del Pnrr andranno ad aggiungersi quelle dei fondi strutturali 2021/2027: parliamo di un ulteriore miliardo e mezzo di euro, per un totale complessivo di almeno 4 miliardi da destinare al sostegno allo sviluppo economico. Una cifra che corrisponde a circa il 20% del Pil annuo della nostra regione. Insomma, significa che per l’Umbria si apriranno un mare di opportunità. Per questo auspichiamo che al più presto si apra un ampio confronto che coinvolga tutti i principali stakeholders regionali, a cominciare dalle forze sociali, per costruire insieme una nuova visione dell’Umbria e – conclude Carloni – agganciare durevolmente la ripresa in atto. Le risorse per farlo ci sono”.