L’avviso di convocazione del Consiglio Comunale previsto per il giorno 11-12-2014, al punto n. 7 dell’o.d.g., prevedeva:
– Revoca deliberazione consiliare n. 59 del 13/12/2012.
Stop. Tutto qui.
Certo, non conoscendo l’argomento specifico, sembrerebbe un punto come tanti altri, incomprensibile da capire per un qualsiasi cittadino e, forse, anche per gli addetti ai lavori.
Fatto sta che tutto è andato come doveva andare e la delibera è stata revocata.
Conosco molto bene l’argomento e mi fa piacere cogliere l’occasione per fare qualche riflessione, ma per maggiore trasparenza e chiarezza credo sia opportuno riportare per intero il titolo della delibera n.59 del 13-09-2012.
“CERTIFICAZIONE DI SOSTENIBILITA’ AMBIENTALE (Legge Regionale 18 novembre 2008, n. 17) – DETERMINAZIONI IN MERITO”.
Quindi, con la revoca, si è tolto l’obbligo di certificazione di sostenibilità ambientale, almeno in classe “C”, per le nuove costruzioni con destinazione residenziale. E questi sono fatti, non parole, o “chiacchiere”.
Le riflessioni sono almeno tre, di carattere amministrativo, politico e culturale.
Questioni amministrative.
C’è un podestà, con una maggioranza monocolore (da capire quale colore sia), che ha deciso e votato. C’è un metodo, però, che non convince ed è puttosto differente da quanto si proclamava nelle intenzioni. Il percorso culturale, politico e amministrativo che aveva portato a quella delibera era stato preparato con tre anni di lavoro e la partecipazione (con incontri pubblici) di tutti i soggetti coinvolti da un simile provvedimento, primi fra tutti i professionisti, le imprese di costruzioni e gli operatori del settore. Inoltre non mi sembra di aver sentito parlare di un’abolizione dell’obbligo di certificazione di sostenibilità in nessuna campagna elettorale, né di aver letto qualcosa di simile in nessun programma elettorale, ma questo, al giorno d’oggi è del tutto secondario, in politica, purtroppo, contano le cose che stai per dire o che non hai detto. I fatti, però, rimangono e sono inconfutabili.
Questioni politiche.
Un conto è l’amministrazione ed un conto è la politica, e la politica, nel bene o nel male, passa inevitabilmente per i Partiti (o movimenti che siano). Bene, rispetto al tema specifico mi chiedo quale sia l’idea del Partito Democratico locale. C’è un progetto di fondo, frutto di ideali e valori di carattere più generale, magari rielaborato secondo le specificità locali, che sappia affiancare e supportare l’amministrazione nelle proprie decisioni? C’è o vogliamo rassegnarci al fatto compiuto che forum, dipartimenti, tavoli di lavoro e perfino i partiti stessi non servano più a nulla, se non a scatenarsi in bieche contese di potere (di basso livello) in corrispondenza degli appuntamenti elettorali? Dico questo perché nel sito del Partito Democratico nazionale, area ambiente, si racconta tutta un’altra storia (per fortuna) rispetto ai fatti locali: PROPOSTA PROGRAMMATICA – La green economy – Proposta approvata dall’Assemblea nazionale di Roma 2010 – Pd Open (http://www.partitodemocratico.it/doc/100231).
Ecco l’incipit del documento:
“Perché la green economy.
L’economia verde è l’unica vera opportunità per uscire da due grandi crisi, quella climatica e quella economica, per lasciare un mondo vivibile alle generazioni future, per costruire sviluppo e creare nuovi posti di lavoro tenendo conto del vincolo delle risorse naturali….”
Quindi, altrove, c’è un partito di centro-sinistra, in cui c’è spazio per una vera cultura ambientale.
E qui introduco l’ultima riflessione.
Questioni culturali.
Qui si apre un mondo e, per quanto possibile, cercherò di essere sintetico.
Sul concetto di sostenibilità esiste una bibliografica infinita, trasversale rispetto ai temi dell’urbanistica, dell’ambiente, dell’architettura, dell’economia e del sociale. La definizione storica di sviluppo sostenibile risale al 1987, all’epoca della Commissione Mondiale sull’Ambiente e lo Sviluppo, e recita: “L’umanità ha la possibilità di rendere sostenibile lo sviluppo, cioè di far sì che esso soddisfi i bisogni dell’attuale generazione senza compromettere la capacità delle generazioni future di rispondere ai loro”.
Sembra scontato, ma in realtà questa semplice definizione dovrebbe essere al centro di qualsiasi buona politica ambientale. Un concetto potente, che mette al centro i bisogni delle future generazioni e la necessità di sviluppare, con lungimiranza, nuovi paradigmi di sviluppo, nuove regole. Passare da una cultura ambientale a politiche per l’ambiente significa fare leggi e regolamenti che abbiano un ampio respiro e che addirittura, nel breve termine, potrebbero portare alla perdita di un consenso elettorale, ma i tempi richiedono anche questi sacrifici.
Per chi, ogni giorno, si sforza di mettere nel proprio lavoro, che sia professionale, che sia di insegnamento o di ricerca, di studio ed approfondimento, una sensibilità culturale ambientale che sia in grado di immaginare un futuro migliore, è fondamentale avere dei referenti politici ed istituzionali che sappiano legiferare e regolamentare con profitto e con una visione in grado di anticipare i futuri cambiamenti, cercando di indicare una via, una rotta da seguire per mettere a sistema le tante energie che ci sono e che devono remare nella stessa direzione.
E cosa succede intorno a noi, fuori dal nostro piccolo recinto? Accadono cose importanti, cose che sempre più spesso hanno a che fare con innovazione, bellezza e sostenibilità. Spesso bisogna uscire dall’Italia per respirare quest’atmosfera, ma non è così scontato. Il 2015, per esempio, sarà l’anno dell’esposizione universale, ecco il titolo: “EXPO 2015 – Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita” (http://www.expo2015.org/it/cos-e).
Ancora, Il titolo del prossimo MADE Expo 2015, una delle più importanti fiere nel settore dell’architettura, del design e dell’edilizia che si svolgerà a Milano, sarà intitolata “Innovazione, Bellezza e Sostenibilità”.
Tante sono le iniziative ed i riferimenti che si potrebbero citare, ma noi che facciamo?
Per il momento……revochiamo e sopravviviamo, poi si vedrà!