Home Argomenti Economia Cucinelli su “Affari e Finanza” “Ambiente, mestieri e salari più alti, ecco...

Cucinelli su “Affari e Finanza” “Ambiente, mestieri e salari più alti, ecco la ricetta che serve all’ Italia”

Condividi

Da AFFARI E FINANZA del 27-01-2020 – Autore: Sara Brnnewitz

Su Affari e Finanza. Brunello Cucinelli “Ambiente, mestieri e salari più alti ecco la ricetta che serve all Ìtalia”

“Ambiente, mestieri e salari più alti ecco la ricetta che serve all’Italia” L’imprenditore racconta la sua soddisfazione per i principi di sostenibilità che stanno contagiando il mondo delle aziende e della finanza, come si è visto al Forum di Davos.” E sul nostro Paese dice: “Dobbiamo riqualificare il lavoro, perché la produzione di bassa qualità qui non ha futuro “

Brunelle Cucinelli di sostenibilità ne parla da sempre. E con un briciolo di orgoglio è felice di constatare che anche al Forum di Davos, palcoscenico della finanza globale, la sua filosofìa di fare impresa stia prendendo sempre più piede, e faccia proseliti in gran parte del mondo e in tutti i settori. Per Larry Fink di Blackrock, Carlo Messina di Intesa Sanpaolo e per i grandi personaggi della finanza che nei giorni scorsi erano a Davos, la parola d’ordine è sostenibilità.

Da pioniere di una crescita sostenibile, come si sente?

«Sono entusiasta, c’è un grande cambiamento in atto, è un momento effervescente, sono nati nuovi modelli di business, siamo tornati a rispettare il creato. Cerchiamo di lavorare e vivere in equilibrio, secondo natura. Sono felice che anche la comunità finanziaria sia tornata ad apprezzare alcuni grandi concetti ispirati alla natura delle cose, ai profitti sani, sostenibili, equilibrati. Vedo che nel mondo sono stati pianatati tanti semi, e quando un seme è piantato può solo germogliare».

Eppure il “fast fashion” è una delle industrie più inquinanti al mondo, dopo petrolio e combustibili. Non vede un eccesso nei consumi di abbigliamento, ma non solo?

«Guardi, un reparto della mia azienda che mi piace molto è quello che ripara i nostri capi. Sono felice che le persone ci mandino un maglione che deve essere lavato, una fodera che si è scucita, una giacca a cui manca un bottone. È bello vedere che cresce l’idea che le cose usate si possono restaurare, che è l’opposto del concetto di consumare. Sono andato a Milano alla settimana della Moda Uomo con due cappotti, uno del 1998 e l’altro del 2001. Abbiamo avuto ospiti a Solomeo dei monaci buddisti che seduti a tavola hanno detto “mangiamo il giusto, perché ce ne sia per tutta l’umanità”.  Anche noi, quando organizziamo i nostri eventi insieme al catering di Vittorio, abbiamo iniziato a ridurre le porzioni, ci vuole una giusta proporzione in tutte le cose».

L’Italia intanto rallenta, cresce la disoccupazione e cala il Pii. Non è preoccupato per il nostro Paese?

«No, sono fiducioso. Dobbiamo cercare di riqualificare le persone, perché l’industria non di pregio nel nostro Pese non ha futuro. Sono orgoglioso però di tanti casi di successo, come è quello delle acciaierie di Terni che si sono riconvertite su prodotti di alta gamma e realizzano l’acciaio migliore del mondo. La disoccupazione deriva dal fatto che, per dinamiche indipendenti da noi, abbiamo perso la manifattura a basso valore aggiunto. Ma il nostro è una Paese straordinario, con delle competenze e delle qualità eccellenti. Bisogna riscoprire i vecchi mestieri, sono felice che questo concetto pian piano torni d’attualità. Mi raccontano che anche la sfilata di Dolce & Gabbana era ispirata ai mestieri. In Italia abbiamo degli artigiani bravissimi e sono felice di constatare che le startup non riguardino più soltanto i prodotti tecnologici, ma siano create da giovani che tornano a innovare e sperimentare anche nell’agricoltura».

Da imprenditore non trova che la pressione fiscale renda difficile fare impresa?

«A mio giudizio il problema non è la pressione fiscale sulle imprese, ma la pressione fiscale sui salari più bassi. Noi, grazie al patent box, negli ultimi anni abbiamo un tax rate del 23%, un livello di cui non mi posso lamentare. Ma è la pressione fiscale sugli stipendi bassi che è troppo alta. Quando lo scorso ottobre il premier Giuseppe Conte, prima delle elezioni in Umbria, è venuto a trovarmi a Solomeo mi ha chiesto qual era il mio suggerimento per questo governo. Gli ho detto che devono fare qualcosa per alzare gli stipendi minimi e lasciare più soldi in tasca agli italiani. Altrimenti i giovani se ne vanno, perché il primo stipendio in Francia e Germania è molto più alto che da noi».

E il premier che cosa le rispose?

«Che era d’accordo come me, e in questo spirito noto che stanno promuovendo una riforma sul taglio del cuneo fiscale per aumentare i primi stipendi. Personalmente inizierei però dal coraggio di ripartire, avendo fiducia nel nostro Paese, perché all’estero ci vedono molto creativi, unici, speciali. Bisogna tornare a guardare all’Italia con occhi diversi e in proposito mi è piaciuto molto il discorso di fine anno del presidente Sergio Mattarella che parlava di fiducia, umanità, ingegno e capacità d’impresa. Bisogna a vere fiducia perché nella manifattura specializzata siamo secondi solo alla Germania. Viviamo di manufatti, e ora i giovani tornano a riaffacciarsi anche ai vecchi mestieri. Tramandare una professione è un modo di fare sistema. Inoltre di questi tempi vedo tanto fervore nei giovani, si informano prima di comprare, sono tornati a parlare di politica

C’è tanto fervore nei giovani, si informano prima di comprare e sono tornati a parlare di politica nelle piazze. Le sardine mi piacciono, c’è una nuova consapevolezza».

E la Cucinelli è un’azienda giovane?

«Quest’anno siamo saliti a duemila dipendenti con un’età media di 38 anni. Sono orgoglioso di questa crescita, aumentare in modo sostenibile i ricavi significa anche aumentare l’organico, auspicabilmente nelle stesse proporzioni».

Avete mai pensato di portare all’interno alcune delle vostre produzioni?

«No, perché con le aziende, tutte italiane, con cui lavoriamo da anni abbiamo costruito un rapporto speciale. Parlo di 360 terzisti con cinquemila lavoratori, un’età media che va tra i 42 e i 49 anni. Questa è una buona notizia perché vuoi dire che c’è stato il ricambio. Loro ci danno tutta la disponibilità e la flessibilità di cui abbiamo bisogno, e noi abbiamo sempre garantito loro un rapporto stretto di fiducia, una spalla a cui sostenersi nei momenti di mercato meno buoni, che permettesse loro di realizzare i giusti profitti»”