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Mario Draghi, il Cardinale Bassetti, Roberto Wirth e il Civismo. Città della Pieve capitale del cambiamento.

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Sono giorni duri, lo sappiamo, giorni dove si cerca in ogni momento , in ogni occasione , un segno di speranza, un segno di futuro diverso. Tutto quello che possiamo sapere di negativo, di rischioso, di preoccupante , lo sappiamo. Ce lo hanno detto con una sfilza interminabile di bollettini, di commissari, di virologi, di economisti, di poveri sindaci messi in croce.

Ce l’hanno detto e lo abbiamo ascoltato e ingoiato spesso in silenzio, spesso con rabbia. Ma per spirito di sopravvivenza sempre con una speranza. Capirete dunque, genti delle altre contrade , che ora, noi pievesi, noi gente delle Terre di Mezzo, ci attacchiamo a tutto nella speranza di voltare pagina. Vogliamo pensare e fare qualcosa di diverso e, per esempio, sentirci un “ticchio” importanti. Ma scherzandoci un poco sopra perché la situazione da qualunque punto la si guardi “è grave ma non è seria” come disse lo scrittore.

Da noi quando si vuole scherzare si dice anche “ruzzare”. Ruzziamoci un po’ dunque su queste telecamere che ci fanno parlare “tra il serio e il faceto”, mentre stiamo tutti in questo “uscio e brusco” planetario.

In questi giorni, Città della Pieve, o meglio la “nostra Pieve” è sulle pagine dei giornali e dei mezzi di informazione. Perché? Perché il professor Mario Draghi ha fatto tappa a Città della Pieve, subito dopo avere ricevuto l’incarico dal Presidente Mattarella, di formare il nuovo governo. Ci ha fatto “un pensatoio” cominciando a ragionare sul governo di salvezza nazionale che gli è stato chiesto. Ha fatto tappa nella sua abitazione pievese prima di iniziare ad incontrare i partiti. La cosa ha fatto notizia e questa è straripata ovunque.

C’è stato anche chi ha preso un po’ in giro quei nostri concittadini che ne hanno parlato, e c’è stato anche qualche giornalista un’ po’ rozzo, che con in testa le coordinate del “fuoriporta e del caciottaro buono” ha chiamato questo nostro paese, questa nostra Città, “borgo”, non sapendo niente della sua storia, non sapendo che, anche con solo qualche migliaio di abitanti, questi nostri palazzi, queste vie, questi mattoni rossi, sono da più di quattro secoli bollati ufficialmente come “Città”. E l’ha fatta “Città” mica un pincopallino qualsiasi, ma il dominus dell’epoca, cioè Papa Clemente VIII nel mentre che la elevava a Diocesi, una diocesi che doveva arrivare addirittura fino a Santa Fiora, in Toscana, forse perché sapeva che di lì a qualche secolo ci sarebbe venuto in villeggiatura nientemenoche Andrea Camilleri, con il su Montalbano. Comunque sempre cose grosse, non da “borgo”

Vi meravigliate quindi che Draghi abbia trovato ispirazione da queste parti quando ha cominciato a pensare sul come rimettere in sesto l’Italia quasi rovinata dalla pandemia e dalla politica politicante?

Ma lo sapete che sui colli e sui costoni che digradano giù verso la Valdichiana Romana, c’era vita ricca e produttiva fin dai tempi degli antichi Etruschi, raffinato e misterioso popolo che qui commerciava tramite il grande fiume che andava a Roma a portare grano ai figli dei figli della Lupa affamati. Ma lo sapete che qui nel Rinascimento quando ancora l’Italia, nonostante le divisioni era una Superpotenza, nacquero gli artisti della scuola umbra e toscana che hanno inventato la pittura moderna? Ma lo sapete che qui per secoli si è cercato di saltare la grande palude che stava nella piana per andare dal giogo dei Papisti verso il Granducato? E lo sapete che qui si è alla fine diventati maestri di bonifiche e tra il sette e l’ottocento abbiamo ridato all’Italia la Valdichiana, per il grano, per il treno, per le autostrade? Dove poteva trovare ispirazione migliore Draghi per mettere in fila tutta la politica inconcludente di questi anni e provare a raddrizzare le sorti delle italiche genti?

Mario Draghi soggiorna a Città della Pieve dagli inizi di questo secolo, e pare che sia venuto, da queste parti perché aveva una parente ospite del Monastero delle Clarisse di Santa Lucia , una delle tante, prestigiose, istituzioni religiose, che vivono da secoli appena fuori Porta Perugina. Ha conosciuto questa Città ma poi qui si è fermato e qui infine ha scelto di preparare il cambiamento dell’Italia. Perché questa è terra destinata, per opera di qualche sconosciuta divinità,  a consacrare i cambiamenti, i Rinascimenti, le Bonifiche, dalla acque e da tutte le impurità, quelle dei secoli scorsi, e quelle di oggi.

Stessa scelta che ha fatto il Cardinale Bassetti, il nostro vescovo Gaultiero Bassetti, vescovo della Diocesi di Perugia e Città della Pieve e Presidente dei vescovi italiani. Pastore convinto e fedele esecutore delle parole nuove annunciate in questi anni da Papa Francesco. Quel Papa che sta cercando di riportare la Chiesa al suo messaggio originario, quello che parla alla gente più povera ed emarginata ed alla natura più offesa dagli interessi dell’egoismo economico. Quel Papa che viene visto come il fumo negli occhi dagli ambienti più chiusi e retrivi del mondo cattolico. Il cardinale Bassetti frequenta spesso la seconda città, capitale della Diocesi, ed ha annunciato che quando sarà il tempo del suo riposo, questo riposo lo trascorrerà a Città della Pieve, che custodisce oltre allo splendido Vescovado, un patrimonio di chiese, conventi e monasteri,   ben conservati e sempre ricchi di attività.

Non ci scherzate, allora con la “draghimania”, non scherzate con noi cittadini di questa Terra di Mezzo, che insieme alla vicina Toscana, è il cuore della storia artistica, culturale e civile del nostre paese. Da diverso tempo qui vivono periodi, più o meno brevi, o addirittura qui si trasferiscono molti professionisti, uomini di azienda, della cultura e dello spettacolo, che soffrono la pressione eccessiva delle aree metropolitane con cui confiniamo. Perché qui trovano la giusta dimensione, la giusta miscela di periferia e di città, qui in un’ora siamo a Roma, in poco più a Firenze, senza parlare di Perugia, Orvieto Siena, Arezzo, e delle miniere d’oro diffuso nei tanti centri del Trasimeno, della Valdichiana e della Valdorcia. Qui ad un tiro di schioppo passano la vie di comunicazione e veloci, che vanno in Europa, non a Senigallia, dall’Autostrada al Frecciarossa. Qui in molti saranno spinti dalla ricerca di dimensioni diverse, dopo la bufera della pandemia, quando i parametri della vita individuale e sociale dovranno essere ripensati.

Qui si è fermato ed ha investito anche Roberto Wirth, il proprietario dell’Hotel Hassler di Trinità dei Monti, a Roma, ultimo rappresentante di una dinastia internazionale di albergatori che ha acquistato e sta trasformando lo storico l’Albergo Vannucci. Anche lui portato da un amico che si è trasferito in questi tesori nascosti fra le colline del Trasimeno, ma anche lui, crediamo, perché attratto dalla possibilità di un turismo diverso, un turismo che quando farà rete, anche con la vicina Toscana, quando farà rete con tutte le sue risorse storiche naturali ed artistiche, quando farà rete con i suoi servizi e le istituzioni, potrà addirittura creare elementi di un nuovo distretto specialistico, un cluster del duemila,, magari con qualche euro del “Recovery Plan” messo in moto finalmente e non sprecato, da Draghi e dal suo nuovo governo.

Non so se lo abbiamo detto ai cronisti della “draghimania” ma lo scorso anno qui a Città della Pieve è cominciato anche un altro grande cambiamento. Quello del rapporto dei cittadini con la vecchia politica. Quella vecchia politica. Dopo circa settanta anni una lista civica ha vinto le elezioni comunali ed ha mandato a casa i partiti di sinistra che erano diventati stanchi ed improduttivi gestori del potere. Una lista con dentro storie diverse, motivazioni, professioni e capacità diverse, unite però dalla volontà di occuparsi dei problemi del paese al di là delle vecchie e tradizionali fedi. In una parola uniti da una forte volontà di cambiamento. Così come da qui sono partiti alcuni dei fondatori dell’associazione che si è costituta a Perugia ed in Umbria “Civici per l’Umbria” che sta lavorando per lo stesso obbiettivo a livello regionale.

Ora cari amici io forse ho un po’ esagerato parlando di Città della Pieve come ” Capitale del Cambiamento”. L’ho fatta forse un po’ alta e come il “buon Trinchetto”  se volete provo a calare. Ma detto fra noi non ci sono mica andato tanto lontano, anche perché in tutto questo trambusto, non vi ho parlato per niente delle nostre Monne e dei nostri Cavalieri, ma se volete anche con questo altro piccolo tesoro vi potremmo trastullare un po’. Parlando del nostro Palio dei Terzieri, che da secoli ci vede andare  a caccia di tori nei campi e nelle piazze, condendo tutto il menù con i rulli dei nostri tamburi e gli squilli delle nostre chiarine. Tutta roba che al Palio della amata Siena ha ormai poco da invidiare. “Draghimania”? Ordunque! Siate seri, parlate pure, tranquillamente, di “Pievemania”!

Gianni Fanfano