Home Rubriche La Voce: Umbria, la regione che non c`era

La Voce: Umbria, la regione che non c`era

Condividi

Sulla “Voce”, il periodico cattolico più qualificato dell’Umbria, abbiamo trovato un interessante articolo sulla riforma e l’accorpamento delle Regioni che vi riproponiamo.

VOCE del 18-09-2015 – di Enzo Ferrini

Della riforma per la nascita di macro-regioni, la politica non parla più. Se ne è invece discusso all’Università di Perugia

La nostra regione ha tanti problemi, ma eccone uno di cui non si parla più molto: la sua sopravvivenza “in quanto” regione a sé. O meglio, la politica ha (momentaneamente?) smesso di tirare in ballo il progetto delle macro-regioni, però se ne è parlato di recente all’Università di Perugia in occasione della Giornata della geografia.

Ne sono emersi tanti punti interrogativi, sia sul piano economico che su quello dell’appartenenza al territorio Della riforma per la nascita di macro-regioni, la politica non parla più. Se ne è invece discusso all’Università diperugia Esisterà ancora la regione Umbria? ci sarà ancora la regione Umbria?

Il governo Renzi nell’ambito delle riforme costituzionali aveva annunciato anche la creazione di macro-regioni. Nel dicembre scorso il Pd aveva presentato un disegno di legge costituzionale per ridurre il loro numero da 20 a 12. Secondo questa proposta, l’Umbria entrerebbe a fare parte della Regione appenninica con la Toscana e la provincia di Viterbo. Una riforma che stravolgerebbe l’attuale assetto amministrativo (e forse anche il quadro politico) dell’Italia.

Sul tema però è calato il silenzio, mentre si continua a litigare sulla riforma del Senato e sulla nuova legge elettorale.

Delle macro-regioni però si è tornato a parlare alla fine della scorsa settimana nelle Giornate della geografìa, l’incontro annuale dei geografi italiani, che per la prima volta si è svolto a Perugia, organizzato dalla Università degli studi con il coordinamento del prof. Giovanni De Santis.

Il tema della prima tavola rotonda era infatti “L’Umbria, regione centrale nell’Italia di mezzo”. Una posizione di centro che – come emerso dai lavori – l’Umbria occupa soltanto nelle carte geografiche. Non lo è infatti dal punto di vista economico, e con una popolazione in cui gli anziani con più di 65 anni sono percentualmente superiori alla media nazionale.

Una regione di 900.000 abitanti, tanti quanti ne conta un grande quartiere di Roma, che non è mai esistita nelle carte geografiche prima dell’Unità d’Italia e che – come ha detto lo storico Mario Tosti – è una “costruzione amministrativa”.

Dunque l’Umbria come ente Regione è da cancellare? Una domanda alla quale non possono rispondere i geografi ma i politici, i quali invece – come ha sottoli neato il giurista Paolo Rossi – hanno fatto calare il silenzio su una questione complessa che rischierebbe di rimettere in discussione delicati equilibri tra le forze politiche in campo.

L’Umbria geograficamente – ha detto l’economista Sergio Sacchi – è proprio il centro dell’Italia, ma non dal punto di vista economico. Nel 1980 aveva un Pii superiore alla media nazionale, ora non è più così. Soprattutto negli ultimi anni c’è stata una discesa costante, con l’aumento del lavoro precario e irregolare e una diminuzione della capacità di esportare. Dal punto di vista dei parametri economici, l’Umbria ha spiegato – si colloca al 12° posto tra le 20 regioni italiane.

“Dunque – ha sintetizzato – l’essere al centro evidentemente non paga”. Anche per le difficoltà nei collegamenti stradali e ferroviari, ha osservato il prof. Carlo Pongetti, dell’Università di Macerata, che ha coordinalo la tavola rotonda. Dall’intervento del demografo Odoardo Bussini è emerso che l’Umbria è una regione con tanti vecchi e pochi giovani. Il 24,2% degli abitanti hanno più di 65 anni, una percentuale che supera del 2,6% la media nazionale e dell’1,8 quella dell’Italia centrale. Nella classifica degli “over 65” è preceduta soltanto da Liguria, Friuli e Toscana. C’è poi anche una forte riduzione della natalità, superiore alla media nazionale e anche a quella dell’Italia centrale. Le persone che muoiono sono il 5,2% in più dei nati, con un calo demografico cominciato già negli anni ’90 e compensato solo dall’arrivo di immigrati.

Umbria proiettata verso l’Adriatico o verso il Tirreno? U progetto di riforma costituzionale, con l’Umbria inserita nella Regione appenninica con Toscana e Viterbo, “ci proietta – ha detto ancora il prof. Paolo Rossi – verso il Tirreno”

. Di questo si era discusso anche in Umbria, con pareri contrari tra chi lo condivide e chi invece preferisce una “proiezione verso l’Adriatico” con una macro-regione comprendente le Marche. “Una riforma però – ha ricordato il giurista – della quale non si parla più e che sembra essere un non-problema, il grande assente nel dibattito politico”.

Perché? “Si dovrebbero rimettere le mani sulla riforma elettorale e alle Circoscrizioni – ha risposto – riponendo in discussione delicati equilibri politici”. Nel suo intervento il prof. Mario Tosti, presidente dell’Isuc (Istituto per la storia dell’Umbria contemporanea), ha sottolineato la “difficoltà di identificare l’Umbria” che per secoli è stata caratterizzata da una frammentazione territoriale.

È soltanto con l’Unità d’Italia che ha cominciato ad assumere una sua identità. In merito poi al progetto per le macro-regioni, Tosti ha detto che la Storia insegna che la ridefinizione di assetti amministrativi “non funziona se calata dal centro. Sono invece operazioni che vanno costruite dal basso, tenendo conto delle diversità e delle vocazioni dei territori e della valorizzazione delle autonomie locali”. “Ogni soluzione – per l’economista Sergio Sacchi – ha aspetti positivi e negativi”. Se si dovesse andare avanti nel progetto di macro-regioni, a suo parere l’Umbria dovrà superare la “riserva mentale” di sentirsi al centro. “Io – ha concluso parlando con La Voce – sogno una Umbria come provincia di una macro-regione”.