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Dramma di Vaiano. “Senza via d’uscita”

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Il Comune di Castiglione del Lago ha invitato i mezzi di comunicazione a trattare il dramma vissuto nella piccola frazione di Vaiano con “sobrietà” e senza  solleticare, aggiungiamo noi, la morbosità che in questi casi si scatena e viene sollecitata.  A cominciare da quella televisione che paghiamo noi tutti contribuenti e che dovrebbe svolgere una funzione pubblica.

Noi aggiungiamo che questi fatti andrebbero trattati con “appropriatezza”. Con lo scopo di prevenire il loro accadere. Prevenire appunto argomento fuori moda e fuori bilancio, anche da noi.

Pensiamo che questa riflessione, comparsa sul Corriere dell’Umbria qualche giorno fa sia il modo migliore per farlo. E semmai per parlarne nel modo più corretto e soprattutto utile, per il singolo e per la comunità. (N.d.R)

corrierepievese@gmail.com

Dal Corriere dell’Umbria del 31-01-2016 – Autore: Laura Dalla Ragione

L’evento tragico dell’uccisione da parte del padre di Vaiano dei propri bambini, seguita poi dal suo suicidio in diretta di fronte alle forze dell’ordine, ci riporta alla riflessione di come la malattia mentale, quella più grave, si nasconda e prenda forme sempre più insidiose e difficili da decodificare. Ora, innumerevoli potrebbero essere le parole per tentare di colmare la distanza tra una tragedia umana e le domande che vi si aprono, le stesse domande che ci eravamo posti poche settimane fa, di fronte al fatto tragico della madre uccisa a Città di Castello, forse per mano del proprio figlio.

La vera domanda, in ambedue i casi, è come mai nessuno si accorga di niente, prima, e ci si sgomenti tanto, dopo. Come possano dire, tutti quanti e sempre: è stato un raptus di follia e niente faceva presagire. Il problema è che l idea comune di sofferenza mentale, è quella di un cambiamento della persona vistoso, molto visibile; l’idea che se una persona non “ha la testa a posto”, questo sia ben in evidenza. In realtà non è quasi mai così. Tutto si costruisce in un mondo parallelo all’interno di una situazione di apparente normalità, Qualcosa dentro si rompe, qualcosa che determina, lentamente ma inesorabilmente, l’idea che la via di uscita da un’angoscia intollerabile possa essere costituita da atti come questi.

Rimane un’interrogazione lacerante, perché è come se la comunità avesse perduto la capacità di far da argine e da sponda alle difficoltà degli uomini e delle donne che la compongono. E immediatamente, spudoratamente, dovesse denudarsi di ogni sua miseria, fino a spingersi fino alla crudeltà, rivolta anche ai più piccoli. Ma se da un lato, questa società, ci consegna un’immagine così spudorata degli stati emotivi, dei sentimenti e delle azioni degli uomini, rimbalza ancora più potente il grido di scandalo sulla gratuità del male negli innocenti.

Tutta la letteratura si è interrogata su questo, da Dostoevskj, nel famoso passo dei Fratelli Karamazov al grido di Giobbe. Si scatena nell’animo umano un incessante perché, come se in gioco non ci fosse solo la giustizia umana ma quella di Dio. Sono interrogativi vertiginosi che tuttavia queste vicende, così crudeli, non possono non riproporci come urgenti. Le depressioni maggiori, come le psicosi, sono purtroppo patologie gravi che se non curate possono portare a conseguenze drammatiche. Perché questo non succeda vanno intercettate precocemente, non vanno mai sottovalutate, nella consapevolezza che nessuno si salva da solo.

La patologia mentale vissuta m solitudine assomiglia ad un vicolo cieco, senza uscita. Dove spesso le persone che ne soffrono e, a volte anche le loro famiglie, vivono una condizione di isolamento, nella vergogna di chiedere aiuto per paura dello stigma sociale, purtroppo ancora fortissimo. L’essere umano può affrontare difficoltà insormontabili ma deve avere intorno a sé un contesto protettivo, una cornice sociale e politica, nella accezione più nobile del termine, che lo faccia sentire appartenente ad una comunità. E contemporaneamente gli consenta di custodire dentro di sé una idea di speranza. La speranza non è una ipoteca sul futuro, una assicurazione senza deroga, ma è, come ci dice il filosofo Bloch, vedere il mondo in movimento. Nessuno, per nessuna ragione, sopravvive alla sensazione di sentirsi in un vicolo cieco, senza via di uscita.