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Comitato Art.32 “Emergenza e futuro in sanità. Prevedere e provvedere”

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LA POLITICA CHE SI RIDUCE AD AZIONE NELL’EMERGENZA NON È POLITICA

Pur consapevoli della situazione di eccezionale emergenza che stiamo vivendo, per quanto contenuta in Umbria rispetto ad altre regioni italiane, esprimiamo preoccupazione per lo stato di salute del Sistema Sanitario italiano e le sue gravi ripercussioni a livello regionale.

La prevalenza della logica del profitto aziendale sulla cura e la salvaguardia della persona umana è il disastroso bilancio dell’aziendalismo della sanità, cui fa eco la totale assenza di una politica sanitaria degna di questo nome. La politica che si riduce ad azione nell’emergenza NON è politica. E se il sistema finora non è collassato, lo si deve alla resistenza e allo spirito di abnegazione di medici, infermieri e di tutto il personale ospedaliero.

LA SITUAZIONE Già EMERGENZIALE DELL’AREA DEL TRASIMENO

Estrema è la preoccupazione per quanto riguarda il territorio del Trasimeno-Pievese e Alto Orvietano, dove la scelleratezza dei decisori pubblici e l’assenza di una politica sanitaria fondata sul principio di equità (ma anche di semplice buon senso) hanno prodotto una totale inadeguatezza delle strutture sanitarie esistenti. Due le conseguenze di maggiore impatto: la drastica riduzione del numero di posti letto; la risposta inadeguata a tempi e difficoltà dell’emergenza/urgenza.

Se la Asl Umbria 2 (numero abitanti 379.829) può contare su un totale di circa 1400 posti letto, la Asl 1 (numero abitanti 501.186) attualmente ne conta circa 1500. Il presidio di Castiglione del Lago, il CORI di Passignano e la struttura di Città della Pieve hanno circa 81 posti letto contro i 232 previsti per legge. Alla luce dell’emergenza storica che stiamo vivendo, il rischio di aggravare una situazione già drammatica è più che reale.

IL PROSSIMO FUTURO. UN MODELLO SANITARIO SANO E FUNZIONALE PER UN PIANO DI “RIPARTENZA”

Durante l’emergenza tutte le operazioni sanitarie ordinarie non urgenti come diagnostica e interventi programmati, per citare due aree, sono state sospese (pur non essendo diminuiti i pazienti di oncologia o affetti da patologie tempo dipendenti). Tuttavia, quando i numeri del Covid-19 lo consentiranno, bisognerà ripristinare l’attività sanitaria ordinaria pur mantenendo alto il livello di allerta per evitare un ritorno del contagio nelle sue forme più devastanti. Per allora, però, è facile temere quanto segue:

1) un sovraccarico di richieste che graveranno sull’atavico problema delle liste di attesa e sui tempi di risposta

2) una difficoltà degli spostamenti soprattutto dal territorio del Trasimeno Pievese, dove le strutture esistenti ( in corso d’opera ad infinitum dal 2017) non consentono una pluralità di esami o di interventi

3) un’ulteriore riduzione del personale medico e sanitario, già allo stremo delle forze, che dovrà beneficiare di un periodo di meritato riposo

4) una pericolosa confusione tra ospedali “misti”, ovvero ospedali virus-free e strutture destinate alle malattie infettive

Per evitare un crollo ulteriore che potrebbe creare un’emergenza nell’emergenza, sollecitiamo la Regione Umbria a redigere sin da ora un piano di azione che abbia come fondamento essenziale la cura delle persone e non quella dei bilanci dell’azienda ospedaliera. Di seguito le nostre proposte:

Personale sanitario – è necessario aumentare le assunzioni a lungo termine di personale medico, infermieristico e assistenziale (in Italia ci sono 5,6 infermieri ogni mille abitanti, contro i 10,5 della Francia e i 12,2 della Germania) che deve essere preparato per le pandemie del futuro. Bisogna rivedere le modalità di contratti e stipendi, pensando, ove possibile, di offrire alloggio in caso di mobilità del personale.

Servizi di diagnostica (radiologia tradizionale, ecografie, TC, MOC, ev.RM) individuazione dei bacini di afferenza al fine di determinare punti di erogazione dei servizi più vicini alla cittadinanza. Effettuare le prestazioni nel bacino di afferenza riduce la mobilità della popolazione, la spesa sociale e, nell’attualità, favorisce anche la riduzione del contagio. Per il presente e per il futuro i servizi di diagnostica potrebbero essere erogati in diversi punti del territorio mediante l’impiego della telemedicina e/o tramite un equipe mobile di professionisti in grado di soddisfare le necessità emergenti.

Un modello che si fa ancora più necessario nel territorio del Trasimeno – come già denunciato nel Comunicato Stampa del 17 aprile, in seguito alla riduzione del personale di radiologia e anestesiologia (emergenza Covid in corso), la discriminazione dei servizi tra il territorio del Trasimeno e altre aree dell’Umbria si è resa ancora più evidente. Il bacino di afferenza dell’Alto Chiascio – Ospedale Branca- è di 54.062 abitanti, operativi 10 radiologi; il Trasimeno conta 62.812 abitanti, operativi 3 radiologi. Queste enormi differenze si ripercuotono inevitabilmente sull’assistenza. Si rende pertanto necessaria un’equa ridistribuzione del personale su tutte le sedi del territorio.

Assistenza territoriale – bisogna ripristinare l’equilibrio tra le necessità territoriali (distretto) e quella dei presidi sanitari ed ospedalieri. Come rilevato dall’emergenza Covid, e in base a ciò che si è drammaticamente registrato nell’area lombarda, un intervento precoce su base territoriale può arginare, controllare e contribuire a sconfiggere la pandemia. Parallelamente, in una gestione ordinaria, i presìdi sanitari e ospedalieri di territorio agiscono da filtro all’hub, ospedale di II livello che dovrebbe trattare solo patologie di elevata complessità.

Presidi di area disagiata – l’area del Trasimeno Pievese e Alto Orvietano, come denunciamo da tre anni, è classificata come area disagiata. In quanto tale ha diritto ad un Pronto Soccorso di Area disagiata come previsto dal DM70/15 (punto 9.2.2). La chiusura del presidio, senza alcuna realizzazione previa di strutture sanitarie alternative, ha depotenziato in maniera drastica i servizi territoriali, contravvenendo al principio di equità di assistenza sanitaria.

Convenzioni: i rimborsi alle strutture private convenzionate da parte delle Regioni – finanziate dallo Stato- ammontano a tre volte il costo della prestazione sanitaria erogata (tariffari del 2012 regolati dal Governo Monti). “Su scala nazionale, proiettando i dati di Veneto, Lombardia e Liguria e solo per 2 mila esami ambulatoriali, il totale della spesa rimborsata ai privati ammonta a circa 4,6 miliardi l’anno, gettando via un risparmio di circa 2 miliardi di euro” (Altovicentino online, dati Indagine Gabanelli). Di fatto, risorse sottratte alla sanità pubblica. In base alle nostre ricerche, la riorganizzazione dei servizi sanitari territoriali prevista al punto “Servizi di diagnostica” garantirebbe invece un introito alla sanità pubblica investibile in costruzione/ristrutturazione/ammodernamento degli ospedali, assunzioni di personale sanitario.

Ricerca scientifica: la ricerca scientifica è il futuro. La situazione pandemica ha ampiamente dimostrato che il futuro è oggi

Maggio 2020                                                                                                Comitato per il diritto alla salute Art.32