Home Rubriche Città della Pieve. Il Comitato per la Salute Art.32 risponde a Burico.

Città della Pieve. Il Comitato per la Salute Art.32 risponde a Burico.

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Non ci ha colti di sorpresa la recente dichiarazione della Corte dei Conti:  “La concentrazione delle cure nei grandi ospedali, verificatasi negli ultimi anni, e il conseguente impoverimento del sistema di assistenza sul territorio ha lasciato la popolazione italiana “senza protezioni adeguate” davanti all’emergenza Covid”

Sono più di tre anni che, in linea con quanto rilevato dalla Corte dei Conti, il Comitato Art32 denuncia il depauperamento di strutture e assistenza territoriale, le criticità dovute alla centralizzazione delle cure negli ospedali Hub; la grave perdita di posti letto, reparti, punti nascita, personale sanitario. Sono più di tre anni che evidenziamo l’inefficienza della sanità nel territorio del Trasimeno, che rivendichiamo il diritto ad un presidio di area disagiata per l’area del Pievese e dell’alto Orvietano (previsto dal DM70), e la costruzione di un ospedale territoriale, previsto ma depennato dal piano sanitario regionale attualmente in vigore.

Ci lascia, invece, perplessi la dichiarazione del Sindaco Matteo Burico di Castiglione del Lago circa una “più intensa interazione con la Toscana, e in particolare con gli Ospedali di Nottola e Santa Margherita, località La Fratta” riportata dal TG regionale del 27 maggio scorso. Significa ammettere che il territorio non offre servizi sanitari adeguati. E che invece di risolvere il problema con l’attuazione di una politica sanitaria efficace, che risponda alle esigenze del territorio, lo si aggira rivolgendosi altrove.

Uno dei fattori che incide sulla mobilità interregionale è la mancanza di uniformità nei LEA (Livelli essenziali di Assistenza), cioè l’insieme di prestazioni, servizi e attività che il Servizio Sanitario Nazionale è tenuto a fornire a tutti i cittadini. In teoria, i LEA dovrebbero essere garantiti in modo equo su tutto il territorio. In pratica, non lo sono, come ampiamente evidenziato dall’emergenza Covid ( se proprio ce n’era bisogno). Esistono due tipi di mobilità interregionale: la mobilità attiva, che esprime l’indice di attrazione di una regione, e la mobilità passiva, che esprime l’indice di fuga da una Regione.

La prima è di carattere qualitativo, il paziente sceglie cioè i servizi di un’altra Regione perchè li reputa qualitativamente superiori; la seconda si riferisce al grado di efficienza, efficacia, accessibilità e disponibilità delle tipologie di prestazione (medicina territoriale, assistenza domiciliare, eccetera) di una Regione. La ragione principale della mobilità interregionale risiede pertanto nella criticità (o assenza) di servizi sanitari in un dato territorio della propria regione, o nella loro qualità inferiore.

Non sono da sottovalutare, inoltre, le implicazioni economiche. La Regione che eroga la prestazione deve essere rimborsata (sulla base di un sistema di compensazione sanitaria interregionale) dalla Regione in cui il paziente risiede. Quindi, se il paziente è assistito all’interno della Regione di residenza, le risorse economiche restano ( e sono impiegate) all’interno di quella Regione. In caso contrario, avviene una dispersione di risorse.

Il Sindaco Burico aggiunge poi che le distanze dagli ospedali citati sono minime. Va precisato che se lo sono da Castiglione del Lago, non lo sono certo dal territorio Pievese e dell’Alto Orvietano. E che non possiamo andare tutti in massa a Orvieto o al Silvestrini di Perugia, perchè è esattamente questo afflusso forzato dall’impoverimento della sanità territoriale che ha generato, e continua a generare, la saturazione degli ospedali centrali, come rilevato dalla Corte dei Conti. Purtroppo, la logica (largamente sperimentata), vuole che ad un massimo di quantità corrisponde inevitabilmente un minimo di qualità.

In conclusione, più che una maggiore interazione con ospedali fuori Regione, bisognerebbe auspicare un’azione unita e compatta verso un unico obiettivo: un piano di ricostruzione sanitaria regionale che ripristini l’equilibrio tra le necessità territoriali (distretto) e quella dei presidi ospedalieri; superi la (non) politica dell’approssimazione e dell’emergenza; prediliga la tutela della sanità territoriale, in quanto bene comune, piuttosto che gli  interessi individuali di una singola comunità, o di un singolo elettorato.

comunicato stampa