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Cecilia Anesi ed il suo giornalismo d’inchiesta. Galeotto fu Terzani ed i suoi libri.

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Cecilia Annesi è una nostra amica ed una cittadina pievese di adozione molto conosciuta, in particolare nel mondo giovanile. Cogliamo l’occasione di un importante premio che gli è stato assegnato, insieme ai suoi colleghi dell’Irpi, per fare una chiacchierata con lei, in modo da conoscerla ed apprezzarla più da vicino, come persona e come professionista.

Cominciamo dall’inizio. Cecilia è una dei componenti e una fondatrice dell’ Investigative Reporting Project Italy (IRPI).

Lei con Lorenzo Bagnoli, Luca Rinaldi e Giulio Rubino di IRPI, si è aggiudicata il “Premio Carlo Azeglio Ciampi 2019 sezione web” per l’inchiesta “Vite spezzate, giustizia incompiuta”, che ha ripreso e proseguito il lavoro di Jan Kuciak. Un riconoscimento importante condiviso con i partner internazionali di Investigace e OCCRP e con Il Dispaccio e La Repubblica che hanno pubblicato le storie in Italia.

Ecco le motivazioni: “Raccontare la criminalità organizzata significa immergersi come palombari nel buio di un abisso sfidando ogni corrente, consapevoli che la risalita non è per nulla scontata. Era il lavoro di Jan Kuciak, il giornalista slovacco ucciso nel febbraio 2018 perché raccontava gli intrecci tra il potere locale e le famiglie dell’ Ndrangheta capace di allungare i tentacoli al di là di ogni confine. E’ diventato l’impegno di un gruppo di giornalisti che ha scandagliato gli affari illeciti, le ramificazioni, le complicità, i silenzi. Una ricostruzione dettagliata, puntuale, rigorosa, tradotta in più lingue, nel segno della migliore tradizione del giornalismo d’inchiesta.”

“E’ un premio, ci ha detto Cecilia, che vuole segnalare il giornalismo fatto a “schiena dritta”
che non si ferma alle conferenze stampa che sfida il potere, un classico concetto di giornalismo prevalentemente di stampo anglosassone, cioè il “quarto potere”
diciamo il “cane da guardia della democrazia”

Ed ha aggiunto “ Ormai non siamo al sicuro di niente, non ci sono più isole felici, l’unica garanzia sono i cittadini, non bastano le forze dell’ordine, e il giornalismo può fare da terzo importante protagonista.”

Irpi nasce nel 2012, primo ed unico caso in Italia di giornalismo di gruppo, fa parte di una rete di centri di giornalismo di inchiesta che ha utilizzato anche fondi occidentali, dopo le guerre nei Balcani per sviluppare il giornalismo indipendente.

Ho chiesto a Cecilia come è nata questa passione per il giornalismo e lei mi ha risposto che il suo ispiratore è stato Tiziano Terzani. Aveva tredici anni quando lesse “Lettere contro la guerra” e da lì capì che quella doveva essere la sua strada.
Nata a Bressanone, si è trasferita a Città della Pieve, con la famiglia a otto anni, alla fine degli anni novanta. In realtà voleva fare l’archeologa “Quindi volevo scavare e quindi un nesso con il mio giornalismo c’era! Ma sono stata nei primi anni di scuola attiva sul fronte artistico,  della scrittura narrativa, abbiamo anche vinto un “Premio Grinzane Cavour per i ragazzini”, il tema era Il paesaggio dell’olio di oliva”

Poi Cecilia ha frequentato un collegio “Mondo Unito” vicino Trieste vincendo una borsa di studio, un collegio dove erano presenti studenti di ottanta paesi del mondo e dove si studiava in inglese. Un percorso, fatto lì, con  uno degli insegnanti l’ha portata a considerare l’idea di fare giornalismo.
Ma in Italia non c’erano università dedicate ed allora si è iscritta alla Università di Londra, la City University, corso in giornalismo.

Poi, tornando a Terzani, Cecilia, ha capito che era, “poco adatta”,  al  giornalismo di guerra e quindi si è indirizzata verso il  “giornalismo di inchiesta”

Dopo la laurea  nel 2009, il suo battesimo è stata la “Crisi dei rifiuti” a Napoli, dove ha realizzato un piccolo documentario con Giulio Rubino con cui lavora ancora e che vinse un anche un premio.

L’annuncio importante che ci fa Cecilia, nel corso della nostra conversazione è che “dal primo febbraio diventeremo testata giornalistica on line”. Ma sul nome con cui usciranno continua tra i soci il confronto e c’è il massimo riserbo.
Alla domanda di quali sono i loro budget e le loro fonti di finanziamento ci ha risposto che attingono ai bandi per giornalismo di inchiesta ed a contributi di Enti filantropici stranieri.

Quella che ha vinto il premio Ciampi è sicuramente una delle inchieste più importanti. Cosi come il “Dafne Project”,  con un consorzio internazionale di giornalisti, che ha proseguito il lavoro di Dafne Caruana, la giornalista assassinata a Malta, e che ovviamente ha esteso il raggio di inchiesta anche sulla sua morte.

Un altro filone importante, di lavoro, su cui si sta lavorando è in Italia ed è quello della presenza e dell’ influenza della Russia nella politica  e nell’economia italiana. Un lavoro di grande mole, per una attività di grande mole,  che aggira ed entra in Europa grazie alla presenza di Lettonia e Lituania.

C’è stata una prima presenza di investimenti di oligarchi russi anche in Umbria con l’acquisizione del Castello dell’Antognolla.

Avviandoci alla conclusione del nostro colloquio Cecilia ci ha detto che di solito non si occupa, nel suo lavoro, della nostra zona. Solo nello scorso anno con i Comitati di Fabro e Città della Pieve ha seguito la vicenda dell’impianto a biomasse di Città della Pieve. soprattutto per fare chiarezza nei  rapporti fra investitori e gestori e per le minacce che erano circolate.

In Umbria poi all’inizio di questo anno si è occupata di ”ndrangheta” con un servizio  per il Corriere dell’ Umbria, seguendo il processo al “Clan Farao” ed alla pista Ciro Marina, Perugia, Germania, con attività nel settore delle costruzioni e della ristorazione, oltre naturalmente allo spaccio di droga.

Ma il settore che, secondo Cecilia merita e meriterà la massima attenzione è la gestione dei rifiuti. E’ un settore che crea oro. Sia per gli incentivi che per le tariffe. E dove quindi la potenza di fuoco dei protagonisti è notevole.

Credo che di questo e di tutto quello che ci ha detto avremo modo ed occasione  di parlare con Cecilia anche in seguito. Intanto le facciamo i complimenti e gli auguri per il suo lavoro. Con un pizzico di invidia e di nostalgia. Perché in tanti vorremmo incontrare un Tiziano Terzani che ci spinga a fare il cane da guardia del potere, grande e piccolo.  E magari ricominciare una nuova vita.

Gianni Fanfano

*la foto in evidenza dell’articolo è di Naoki Tomasini