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Aeroporto di Sant’Egidio. Si comincia a capire il problema.

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Avevamo qualche settimana fa fatto notare i due pesi e le due misure che la Regione stava adottando fra le cosiddette “diseconomie” e i “bacini di utenza” negli ospedali e nella sanità e quello che veniva fatto in altri settori, come per esempio l’ aeroporto. Ed avevamo indicato i dati dei disavanzi annuali ricavabili dal bilancio della Sase, società di gestione dell’Aeroporto di Sant’Egidio, che venivano ripianati , prevalentemente dai soci pubblici, cioè da noi contribuenti. I disavanzi nascono in particolare da un numero di passeggeri che utilizzano l’aeroporto troppo basso e ancora, nonostante un qualche aumento negli ultimi anni, molto lontano dal numero minimo necessario ( oggi è circa la metà).  Gli amministratori della Sase hanno lanciato tuoni e fulmini verso chi ha osato mettere in discussione non tanto e non solo il loro operato, ma il senso dell’operazione e dell’investimento iniziale. In particolare hanno minacciato la stampa di querele e di richieste di danni. Questo anche dopo alcuni ottimi articoli di approfondimento fatti dal Corriere dell’Umbria. Pare però che  qualcosa si stia movendo in Regione. E si comincia  a capire che così non si può andare avanti. E qualche segnale lo si trova nelle parole della stessa presidente Marini anche nell’articolo che riportiamo. (N.d.R)

Rassegna stampa. Da Micropolis del 27-04-2016 (titolo e sottotitolo del Corriere Pievese)

Le travagliate vicende dell’aeroporto regionale S. Francesco (più noto ai perugini come Sant’Egidio) hanno le tinte forti e le trame nervose della letteratura popolare: un ciclo di speranze, docce fredde, polemiche furibonde e solenni dichiarazioni di intenti, che si ripetono a intervalli più o meno regolari. Il ciclo è ripartito ad aprile: dopo le solenni dichiarazioni di Sase e Sviluppumbria circa il buono stato dei conti e la volontà di andare avanti, è divenuta effettiva la prevista interruzione dei collegamenti Alitalia con Fiumicino (sostituiti da tratte in corriera della durata di due ore e quarantacinque minuti), che segue la sospensione dell’effettuazione di alcune tratte da parte di Ryanair. Ciò è coinciso con la riapertura di forti polemiche in seguito ad un’inchiesta pubblicata dal “Corriere dell’Umbria” il 15 aprile, in cui in sostanza si sostenevano due cose: 1) fra finanziamenti pubblici e interventi privati nell’ultimo quindicennio sono stari impiegati circa sessanta milioni di euro, e per incrementare la collaborazione Alitalia chiede ulteriori sei milioni; a fronte di tutto ciò, l’obiettivo dei cinquecentomila passeggeri annui resta lontanissimo; 2) la Regione, secondo la presidente Marini, preferisce concentrare sforzi e risorse sul trasporto ferroviario piuttosto che sull’aeroporto. La Sase reagisce indignata, sostenendo che “la situazione economica della società di gestione è tra le migliori in termini di efficienza tra gli aeroporti italiani cosiddetti minori e che lo scalo non è in alcun modo a rischio chiusura, che non esiste alcun ‘buco’ multi-milionario nei nostri bilanci, i bilanci degli ultimi tré esercizi evidenziano un dimezzamento delle perdite, e che il traffico passeggeri ha visto una crescita dal 2010 al 2015 del 140%”. Piccate anche le precisazioni dell’assessore regionale Chianella, il quale accusa il “Corriere dell’Umbria” di confondere spese di gestione e investimenti, difende la gestione e soprattutto smentisce che la Regione non dia valore strategico all’aeroporto. Su quest’ultimo punto il giornale ha avuto facile gioco, riportando le dichiarazioni registrate di Catiuscia Marini, rilasciate pochi giorni prima al Festival del giornalismo: “Prima di dare i sei milioni all’Alitalia preferiamo investirli per l’alta velocità”; fra l’altro nella stessa intervista la governatrice rivelava che i voli sulla tratta Perugia-Roma avevano raggiunto un massimo di 19 passeggeri. Nel frattempo, assieme alle preoccupazioni dei sindacati per il futuro occupazionale, non sono mancati gli interventi di Leonelli del Pd, che chiede spiegazioni a Marini, di Squarta, Fdi, che attacca la politica regionale dei trasporti, e di Claudio Ricci, leader del centrodestra in Regione ed ex sindaco di Assisi, che affida la possibilità di rilancio dello scalo umbro alla costituzione di una public company. Che dire: fatta la tara alle schermaglie politiche, che spiegano tanto le divergenze in seno alla maggioranza quanto gli attacchi dell’opposizione, si gira attorno alla sostanza del problema, più volte ricordata anche da queste colonne: nonostante gli sforzi e le iniziative più o meno azzeccate (quella del collegamento con Roma non sembrava tale fin dall’inizio) l’aeroporto umbro non è in condizione di raggiungere il volume di traffico sufficiente a garantirne il funzionamento efficiente. Occorre assumere questo dato per costruire alternative socialmente, economicamente e ambientalmente sostenibili. Ma è assai improbabile che il romanzo popolare del santissimo scalo possa avere un lieto fine.