L’Umbria è una regione in crisi economica e sociale perchè non è riuscita nemmeno a mantenere il basso trend economico nazionale. Una crisi che ha avuto il suo epilogo nella mala gestione dei concorsi nel settore della sanità che hanno portato alle dimissioni della Presidente della Giunta regionale.
Non è più rinviabile un totale rinnovamento nei metodi e nelle persone che, nell’istituzione regionale, dovranno garantire il rilancio economico e sociale.
L’Umbria ha investito poco o nulla sull’innovazione tecnologica e di processo produttivo facendo recedere il tessuto industriale e produttivo al livello tra i più bassi dell’intera penisola.
Sono state centinaia le aziende, le più importanti delle quali sono passate nelle mani di multinazionali che non hanno certo a cuore il destino degli abitanti della regione, che hanno chiuso i battenti lasciando a casa migliaia di lavoratori.
La regione ha registrato una forte contrazione dell’attività economica: tra il 2007 e il 2014 il valore aggiunto regionale si è ridotto del 16.7% (-7,7% la media italiana). Nel 2018 il valore aggiunto umbro era ancora inferiore del 14,6% rispetto ai livelli pre-crisi (3,4% in Italia). Nel 2018 la crescita dell’attività economica umbra è continuata a un ritmo modesto, inferiore a quello dell’Italia. A fronte di un’espansione delle esportazioni si è contrapposto un forte indebolimento di consumi e investimenti e la produzione industriale ha mostrato un progressivo rallentamento.
Ci troviamo di fronte ad una grave situazione di sofferenza per le famiglie e a scarse prospettive di lavoro per i giovani. I dati dell’ultimo Rapporto Istat sulla povertà in Italia confermano la rilevanza e l’intensità della povertà in Umbria e nel nostro Paese. Nel 2018 in Italia oltre 1,8 milioni di famiglie si sono trovate in condizioni di povertà assoluta, con un’incidenza pari al 7,0%, per un numero complessivo di 5 milioni di individui (8,4% del totale). Le famiglie in condizioni di povertà relativa in Italia nel 2018 sono un po’ più di 3 milioni (11,8%), quasi 9 milioni di persone, mentre in Umbria risultano coinvolte 55 mila famiglie (l’incidenza è del 14,3%), è il dato peggiore del Centro Italia, e il 14,7% dei minori si trova in gravi condizioni di disagio.
L’area del Trasimeno non è certo immune da questa situazione di crisi nel settore manifatturiero e i dati sul turismo, che dovrebbe essere il settore in espansione, confermano che si è ancora molto lontani dal trovare una soluzione adeguata.
Nel prossimo autunno si terranno le elezioni regionali e sarà determinante riuscire a presentare programmi e candidature adeguate per una prospettiva di sviluppo, sostenibile e durevole, sulla quale investire risorse umane e finanziarie.
Per quanto riguarda il Trasimeno non si potrà prescindere da una inversione di tendenza rispetto alle modalità utilizzate , nel recente passato , per programmare gli interventi.
E’ inutile ricordare la disattenzione grave da parte della regione nei confronti della tutela e della valorizzazione delle risorse ambientali ,agricole e del bacino lacustre. Disattenzione che si è plasticamente confermata nel non aver voluto riprendere le misure previste dal Piano Stralcio per l’area del Trasimeno , approvato nel lontano 2002, e che , di fatto , non ha trovato applicazione pratica. Lo stesso si può dire per le infrastrutture viarie che versano in condizioni pietose al limite della pericolosità assoluta. La destinazione turistica “Trasimeno” , intesa come l’intera area che comprende gli otto comuni è lasciata ad una gestione improntata sulla iniziativa , seppur ammirevole , di una rete di operatori che non può, per ovvie ragioni , concretizzarsi in una attività di promo-commercializzazione efficace che dovrebbe invece basarsi su piani e strategie elaborate da tutta la filiera , pubblica e privata , che fa riferimento al turismo. C’è, insomma, una sottovalutazione dell’importanza di fare fronte comune per evitare di utilizzare in maniera non adeguata le poche risorse finanziarie che messe a disposizione. E’ successo per gli investimenti relativi agli Interventi Territoriali Integrati (I.T.I.) che sono stati utilizzati , per grande parte , per fare opere che nulla hanno a che vedere con la integrazione territoriale.
Uscire quindi da una visione localistica per entrare in quella più globale che ha l’ambizione di affermare quest’area, in tutti i settori della economia e del sociale , come una delle aree fondamentali per il rilancio dell’ Umbria , della sua immagine e della sua qualità della vita.
E’ evidente che questa visione dovrà essere oggetto di ampia discussione tra le comunità , anche quella più prettamente politica, per approdare a una progettazione veramente integrata e di forte suggestione strategica tale da essere inserita, a pieno titolo , all’interno della programmazione regionale dei prossimi 5 anni affinché anche la salvaguardia delle attività e dei posti di lavoro esistenti abbia la massima priorità.
Tutto va sistematizzato per rendere al massimo efficienti i servizi , specie quelli riguardanti la salute e l’istruzione , le azioni per la tutela e valorizzazione dell’ambiente e del paesaggio ,gli investimenti in infrastrutture e sicurezza. Avere un territorio che risponde positivamente all’esigenza di miglioramento della qualità della vita è di per se la prima azione di marketing che può attrarre investimenti da parte di imprese che , insieme allo sviluppo di nuovi processi produttivi, hanno a cuore i la sicurezza nel e del posto di lavoro e la tutela della salute e dell’ambiente.
Fiorello Primi
Coordinatore area Trasimeno