Non ci interessano i giochini della vecchia politica. Ma lo sviluppo della politica nei suoi rapporti di forza, si. Sui giornali cominciano a spuntare i primi articoli sulle prossime, e qualcuno dice imminenti, elezioni politiche, così come sui contenuti e sugli schieramenti dell’ ugualmente prossimo congresso del Pd umbro. Sono primi bengala, qualcuno, forse, suggerito e stimolato dagli stessi protagonisti interessati. A noi interessa guardare tutto questo con una lente speciale. E’ la lente della nostra area, degli interessi della nostra zona. Ebbene in questi primi flash, la tanto citata “Città del Trasimeno” non c’è per niente. Nè come uomini e donne protagonisti, e nemmeno come entità e soggetto politico, economico ed istituzionale. Le interpretazioni possono essere le più varie. Perché siamo i più seri? Perché è troppo presto per parlarne? Forse. A qualcuno viene il sospetto che il motivo risieda nel fatto che da molto tempo e per molto tempo, questa zona non abbia contato una cicca. Quindi adesso che i Comuni sono a metà legislatura, che l’Unione dei Comuni è stata costituita e presentata nei suoi ambiziosi programmai. Che il progetto di contenuti e di uomini diventa sempre più determinante. Che ci sono addirittura delle linee di finanziamento comunitarie e regionali appositamente dedicate, sarebbe il caso che anche dal punto di vista più squisitamente politica qualcosa si muovesse. Si dice che il partito, come struttura organizzata, è in difficoltà, se non in crisi. Si dice che la politica ormai la fanno i Sindaci ed i Comuni. Allora è il caso che Batino, Chiodini e Scricciolo, per prenderne tre a caso, battano un colpo, altrimenti la “Città del Trasimeno” rischia di essere assente non perché partita in anticipo, ma perché arrivata fuori tempo massimo. (g.f)
*Il titolo dell’articolo è del Corriere Pievese
Liti? Ce ne sono state. Tensioni? Tante. Adesso un po’ di sereno nel cielo della politica umbra e in particolare del suo partitone (il Pd), da sempre condannato a fare la maggioranza e l’opposizione insieme, sembra tornato. Ma quello che è vero oggi, può diventare incerto o proprio falso già nel pomeriggio di domani. Ma perché non godersi questa spiccio di sereno, che vive di qualche incontro tra fieri competitor e perfino di ipotesi di intesa? Il sereno, ben inteso, non è dovuto a nuove esplosioni di amorosi intenti. Più prosaicamente ha inciso la situazione che si è venuta a creare col terremoto. Di fronte a un evento così disastroso, che impone l’impegno massimo da parte di tutti i protagonisti della politica e dell’amministrazione, non è ammesso continuare ad alimentare discussioni e divisioni. Secondo fatto nuovo: ci sono delle iniziativa delle procure, Terni in testa, che costringono a una riflessione non superficiale tutta la classe dirigente di questa regione. Come finisce, finisce. Niente tornerà come prima. Se ci sono responsabilità, saranno perseguite, ma, comunque, davanti al faro acceso su amministrazioni umbre e appalti è giusto che tutti si chiedano quale sia la strada da percorrere per una gestione corretta. Sul clima collaborativo ha poi ancora inciso non poco la situazione politica che si è venuta a creare a Terni, dove il Comune da l’impressione di essere un vascello che imbarca acqua da ogni dove, con l’equipaggio impegnato a svuotare la stiva col cucchiaio. Il sindaco Di Girolamo, indagini o non indagini, è di sicuro un capitano coraggioso: neanche lui sa come la barca riesca a stare galla. Ma se Terni piange, si ride tanto poco a Foligno. Maggioranza in brandelli, la giunta che è un vestito fatto di toppe. Mismetti per restare in sella deve affidarsi ad amici improbabili, che è come se la nonna di Capuccetto rosso assumesse il Lupo come badante. Non c’è da stare tranquilli. Se poi, insieme a questo, nel centrosinistra ricordano che hanno perso Perugia e Spoleto, si capisce ancora meglio perché ora hanno tutti optato per una tregua di fine anno. Il ritorno del sereno va sempre salutato con favore, ma per l’Umbria in affanno non cambia molto. La situazione economica resta sempre preoccupante e su tutto quella inammissibile del lavoro che non c’è, delle tante praterie riarse della produzione dove non arriva la mano pubblica, direttamente o indirettamente. Si ha l’impressione che il pubblico sia rimasto l’unico player economico (e quindi unico datore di lavoro) in tante parti dell’Umbria. E le eccezioni tra l’Alto Tevere e il Folignate sono solo la conferma che un aumento del 6.6% della povertà nella regione è molto più di un campanello di allarme e i 30mila voucher sono segno di incertezza in chi produce e che il Pii, la ricchezza prodotta, è ben lontano dal tornare a decollare dopo anni di risacca. Così messi ci si appresta ad affrontare il 2017, anno che si annuncia, se possibile, con incognite ancora maggiori rispetto a quello che stiamo lasciando. Però due-tre appuntamenti lo rendono pure insidioso per la politica umbra e la sua classe di governo. Le elezioni che molti pronosticano come imminenti, il congresso del Pd e la mannaia del possibile referendum sul Jobs act sono altrettanti stress test da non dormirci la notte. Pensate – per iniziare dalla fine – alle ricadute umbre di un eventuale referendum promosso dalla Cgil sul Jobs act. Altro che riforme costituzionali. Nel Pd tornano i cartelli rosso fuoco dell’Umbria profonda contro le scelte economicamente ben educate della classe dirigente. E spaccature a tutto andare, con equilibri (anche di potere regionale) rimessi in discussione. Quanti eskimo fuori dalla naftalina, quanti nostalgici slogan copiati dalla disfida – ricordate su contingenza e scala mobile. Ma meglio stare sul sicuro, le questo momento aiuta a mettere in fila un po’ di fatti. Intanto, mai
così come questa volta le elezioni nazionali, nell’Umbria ex rosso fisso, saranno incerte. Con Terni tanto malmesso, con l’amministrazione occhi scavati ed emaciata come la reclame di un sanatorio, chi vince? A Perugia l’ultima volta che si è votato ha vinto il centrodestra, chi correrà? Qualche giovanotto tirato su a ragù Umbro, film del Nagorno-Karabakh e sacri testi Arci? Foligno-Spoleto da sempre è la zona più difficile da convincere per il centrosinistra figurarsi stavolta, con Spoleto già al centrodestra e Foligno a spasso sulle sabbie mobili. Da qui ancora focus sul partitone umbro di governo, il Pd. Tutti gli uscenti possono essere ricandidati per statuto (che prevede 15 anni di mandato), tranne la Marina Sereni, che potrebbe però chiedere la deroga. La tregua in corso permetterebbe, in teoria, di fare liste equilibrate, senza eccessive imboscate o soverchie stragi. Ma soprattutto potrebbe far prendere atto nel partitone che la situazione è radicalmente cambiata. Tutti possono essere ricandidati e va bene, ma chi è in grado di correre nel nuovo sistema tripolare, dove bisogna prendere non pacche sulle spalle, ma voti sonanti dagli elettori? E allora mi sa che da qualche parte si è già iniziato a fare i conti. Gianpiero Bocci, appena riconfermato sottosegretario, è uno che a prendere voti ci va di gusto. È stato l’unico a fare le primarie per le candidature alle ultime elezioni, per non rivangare altre primarie, che qualcuno voleva far ricontare come il Wisconsin. Corre e va. Gianpiero Giulietti ha vinto da sindaco ed è l’uomo di punta della Marini. Chi altri c’è in giro avvezzo alla sfida dei freddi numeri del consenso? Già uno come Gianluca Rossi rischia e rischia forte, in una situazione deteriorata come quella di Temi. Ecco perché si affacciano tanti pretendenti alla candidatura.
Qualcuno? A Temi il vicepresidente Paparelli più di un pensiero lo ha fatto eccome, anche il segretario provinciale Trappolino sonda e studia dato che solo per disciplina di partito ha accettato l’esclusione della lista della Camera l’ultima volta. A Perugia il segretario regionale Leonelli, che non riesce a stare nello stesso posto più di un tot (poco), avrebbe fatto confidenze agli amici più vicini a lui. La candidatura nazionale lo attira. Attenti ora alla Cecchini. A detta di cecchinologi di provata fama, l’assessora si rende conto che o fa il salto stavolta o mai più. Qualcuno ha poi notizie dal fronte di Anna Rite Fioroni? Un’altra esclusa senza motivo, che ha la forza e la determinazione per riprovare. Ma attenti ancora: da Foligno Mismetti ha tutte le caratteristiche per essere tentato dalla prova. Soprattutto un timore lo guida verso la candidatura: non vuoi diventare il Boccali-bis. Come si vede è un bei lotto di partenti, roba vera. E stavolta, che si voti sia col Mattarellum rivisitato, sia con il Consultellum tutto proporzionale, sia con l’Italicum modificato dalla Corte costituzionale, non si prescinde dal consenso conquistato direttamente nei territori e tra la gente. Seguono brividi, come in un thriller mozzafiato. C’è rimasto da prendere in considerazione il congresso Pd. Si fa, se non si vota entro giugno. Come sarà? Tutti contro tutti, con ricadute umbre che si attendono particolarmente pesanti. Basta uno scenario per chiarire: se Orlando, come al momento potrebbe essere realistico, si candidasse contro Renzi, ecco la spaccatura come sarebbe: da una parte Marini, Giulietti e Di Girolamo, dall’altra Bocci e tutti i bocciani e Paparelli e Guasticchi. Mica male come incognite per un anno che deve ancora cominciare.